Capitolo 34

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Niente.
Tom Riddle cominciava a perdere la pazienza.
Col camino, aveva cercato per due ore buone di raggiungere Cedar House e un dannato elfo domestico che ficcasse la testa nelle fiamme per rispondergli, ma non c'era stato verso.
Sembrava che non fosse rimasto nessuno alla residenza londinese dei Mckay.
E questo gli faceva capire che la situazione non era migliorata.
Né per sua madre né per sua sorella o per Tristan.
Ma che nessuno si degnasse di dirgli qualcosa, di mandargli delle novità, lo faceva imbestialire.
Ok che non viveva più da loro, ma Lucilla era sempre sua madre e almeno Degona avrebbe potuto tenere il suo dannato cellulare accesso. E invece no.
Tutti dispersi.
- Stronzissimi elfi domestici.- masticò fra i denti, senza frenare la lingua in tempo.
- Amen.- tubò Sirius, seduto a tavola a farsi una mano a carte con Beatrix, Asher e Kingsley.
- Dio, perché nessuno mi dice nulla?- ringhiò, rimettendosi ad armeggiare col telefono della Vaughn, visto come Cloe aveva fatto a pezzi il suo - Che cazzo sta succedendo in quella casa, si può sapere? E dove diavolo è Jess?-
Milo, seduto in poltrona a bersi la merenda, alzò appena il viso dalla Gazzetta.
E dal reportage che i suicidi avevano fatto andando a pochi metri dal demone che aveva fatto un massacro di prima mattina. E che, a quanto pareva, era anche il responsabile di quel maledetto mal tempo.
Ancora un tuono e la casa sarebbe finita sbriciolata.
Sembrava che tempesta e vento e bufera stessero scuotendo le fondamenta di tutta la Gran Bretagna.
C'era rabbia nell'aria.
Ira nella pioggia.
Veleno in terra.
Che scorrevano in un miscuglio mortale.
- Qualcuno è incazzato.- commentò Asher, pigramente.
- Si, io.- sibilò Tom, imprecando di nuovo - Se prendo Tristan e Jess, giuro che gli tiro il collo! E mi fa male la schiena!- urlò ad alta voce - Draco! Voglio del Lazzaro!-
Una risata maligna giunse da una delle stanze accanto al salone.
A seguito di quella diabolica di Draco Lucius Malfoy, lo raggiunse anche quella bieca di Harry Potter.
Merda.
Draco aveva detto al bambino sopravvissuto dell'anticoncezionale.
E quando rideva uno, lì dentro ridevano tutti, perciò tempo mezz'ora e si stavano tutti sbellicando come dei bastardi.
Sirius poi si stava ancora tenendo la pancia, quando Harry entrò letteralmente piegato a novanta, con le lacrime agli occhi, e riuscì a lanciargli un'ampolla azzurrina, piena di acqua di Lazzaro.
- Sicuro che sia Lazzaro?- frecciò Black, battendo un palmo sul tavolo e continuando a sganasciarsi.
- Se non altro non finirai incinto.- celiò anche Beatrix, sbellicandosi pure lei - Ma per le malattie come la mettiamo?-
- Per non parlare della tua reputazione rovinata.- concluse Harry, mordendosi le labbra per trattenere l'ilarità - Chi è devo convincere a sposarti, nel caso venga fuori un erede?-
Parole profetiche, quelle del bambino sopravvissuto.
Solo che il divertimento, in una situazione simile, era veramente troppo.
Specialmente a causa del rossore profuso sulle guance pallide del povero Tom Riddle, che anche con gli anni era rimasto devoto al suo essere schivo e restio a una promiscuità...non legata ai sentimenti, questo era certo.
- Che palle.- brontolò, sedendosi accanto a Morrigan - Mi avete rotto.- e si attaccò alla boccetta, mandando giù un lungo sorso di Lazzaro - Quella fiala poteva essere di chiunque!-
- Si e intanto qualche poveraccia è rimasta senza i suoi anticoncezionali.- gli ricordò Trix, sarcastica - E magari è pure rimasta incinta se ha fatto sesso. Avrai sul collo un bel marmocchio. O adesso pensi che si facciano così per distrazione?-
- I figli si fanno per tanti motivi.- cinguettò Edward, entrando in salone con del whisky incendiario.
- Ah si?- ironizzò Tom - Se lo dici tu.-
- Certo. Caroline è nata così.-
- Come sarebbe scusa?- allibì Harry.
- Mi ero scordato del compleanno di Ophelia.- celiò Dalton, stringendosi nelle spalle con aria da cucciolo, mentre gli altri lo fissavano cercando di capire se dovevano credergli o lanciargli un Cruciatus seduta stante - Così...-
- Bhè, non dimenticarti mai del mio.- sibilò Draco, entrando con cipiglio bellicoso - Allora, fra trenta minuti arrivano due squadre dal Quartier Generale. Si prendono questa dannata babbana e se la portano al Ministero. Duncan ha già firmato le carte, tutto a posto.-
- E dove la metteranno?- gli chiese Tom, in piedi accanto a Nicole, ancora seduta nella stessa posizione, con occhi rossi e gonfi - Non è che la butteranno in gabbia?-
- Ma certo che no, se vuoi ce la portiamo a casa e l'adottiamo.- ringhiò suo cugino, seccato - Tom non farmele girare, per cortesia! E' una babbana e quindi che s'impicchi.-
- Che scortesia.- fece Nicole, fra i denti - E dire che con sangue come il suo, dovrebbe essere educato lei...-
- Così tanto che mi metterò i guanti per strozzarti.- sibilò Draco, diabolico - Damon dov'è?-
- A farsi urlare dietro da Neely.- Beatrix imprecò al full di Sirius - State in fase calante, ometti miei. Com'è che tutte le donne in questa casa non hanno mai voluto avere figli da voi?-
- Perché guardi me?- fece Malfoy, cupo come un corvo.
- Chi altro dovrei guardare?-
- Riddle, per esempio.- rise Asher, che in coppia con Black si prese una buona parte di galeoni buttati sul tavolo.
- Va al diavolo, Greyback.- brontolò Tom, buttando le gambe sul tavolo e rovistando nelle tasche per cercare le sigarette - Vedrete che nessuna è rimasta incinta, tantomeno per colpa mia.-
- Sai a cosa servono gli anticoncezionali, vero?- lo sfidò la Vaughn.
- Certo che lo so. Ma non vuol dire che io abbia rovinato accidentalmente la vita a qualcuna solo perché...-
- Ha fatto sesso non protetto grazie a te?- concluse Draco, dando una pacca a Damon quando tornò, tutto mogio e pallido - Che succede? Tutto a posto?-
- Si.- bofonchiò il Legimors, buttandosi malamente sul divano e passandosi una mano sugli occhi - Sono solo a pezzi.-
- Ma i tuoi futuri suoceri lo sanno cos'hai fatto?- gli chiese ancora Beatrix, che sembrava voler battere su quel chiodo.
- Senti ma che cos'hai oggi? Mica l'ho messa incinta da solo.-
- No, infatti...magari Tom le ha rubato gli anticoncezionali mesi fa.-
- Ahah, molto divertente Trix.-
- La finiamo o no di parlare di bambini?- sbuffò Howthorne, veramente stremato - Scusate, ma non è la giornata buona. Ho un mal di testa che mi stronca.-
- Voi Veggenti e le vostre visioni.- ridacchiò Sirius, facendo imprecare Kingsley quando vinse l'ennesima mano e scippò sia Shacklebolt che la Vaughn di metà stipendio - Non dovresti strapazzarti tanto, ora come ora. Senza contare che Dibble sembrava propenso ad usare i tuoi begli occhietti per darci una mano contro Badomen.-
- L'unica cosa che dovrebbe fare è velocizzare le nozze.- fece Trix, bastardamente - E prendersi qualcosa per l'emicrania. Damon, idiota, sai che leggere le carte poi ti fa questo effetto.-
- Ma hai visto qualcosa di utile almeno?- lo inquisì Draco.
Howthorne non si sprecò a rispondere.
Aveva un diavolo per capello, un sacco di pensieri per la testa, ma uno solo sembrava essersi conficcato nel suo cervello come un chiodo. Un chiodo che sapeva non sarebbe riuscito a togliersi facilmente.
La sua visione.
Suo figlio.
Neely che poteva rischiare molto...troppo...
E se la sua visione non fosse stata esatta?
Se fosse stata...una reminiscenza, un parto dei suoi sogni più bizzarri?
Dannazione, ne valeva la pena?
Valeva rischiare la serenità del suo rapporto con la donna che amava per avere un figlio?
Guardò Draco, senza neanche accorgersene.
No, Draco avrebbe risposto di no.
Sapeva che un figlio non valeva la donna amata.
Lui l'aveva scoperto sulla sua pelle, nonostante l'ambiente in cui lui e Malfoy erano cresciuti ed erano stati educati aveva impresso nella loro mente tutt'altro messaggio.
Un erede.
Sangue del proprio sangue.
Niente era più importante di un erede...almeno per il mondo dorato e ipocrita dei maghi di alta generazione.
Si, un figlio...sarebbe stato bello, ammise con se stesso, cercando di essere sincero.
Sarebbe stato fantastico.
Un figlio suo e di Neely...ma prima avrebbe tanto desiderato sposarla.
E poi...il fatto che le donne dell'intera famiglia Montgomery avessero avuto problemi col parto, che alcune di loro poi avessero rischiato la salute fisica e mentale, perfino la vita...lo infastidiva ogni secondo che passava.
Neely rischiava troppo.
Non erano pronti...
- Quando prendo mia sorella la strangolo!-
Riuscì a sorridere, staccandosi da quei cupi pensieri, vedendo Tom prendersela col cellulare di Beatrix.
C'erano troppi guai da cui guardarsi.
- Gente, ci siamo.-
Si volsero tutti, quando Hermione apparve sulla soglia. La sua voce però era stata coperta da mille strilli che avevano improvvisamente invaso Grimmauld Place n°12. C'era da uscirci pazzi, soprattutto perché i ritratti dei Black attaccarono con un concerto d'indecenze, veramente d'alto livello bisogna specificare, all'ingresso di due gruppi di Auror nella palazzina.
Una era la squadra di Gary Smith, che si fermò a parlare col bambino sopravvissuto e Ron, fermi nell'ingresso.
L'altra squadra era composta da quelli che Edward e Draco avevano sempre definito come "mocciosi".
Che poi mocciosi non lo erano poi tanto, perché la squadra di sei Auror a cui capo faceva Mason Ombrodoro, erano tutti fra i ventisei e trent'anni.
Quando varcò l'Ordine della Fenice, Mason Ombrodoro, che era stato l'Auror venuto a perquisire la Lucky House e che poi aveva voluto stringere la mano a Harry, si guardò attorno con occhi languidamente emozionati.
Si dichiarò orgoglioso di poterli aiutare, fece nuovi salamelecchi a Potter e alla sua squadra, chiedendo gentilmente come stavano Elettra e i bambini, poi Ron accompagnò Gary e Ombrodoro nel salone.
Di fronte a loro, Nicole iniziò a tremare.
Si poggiò su un gomito, desolata.
Era una suicida.
Non faceva che dirselo.
Si sarebbe fatta ammazzare.
Poteva quasi sentire il freddo respiro della morte sul collo.
Aveva la pelle d'oca...
- Tranquilla, andrà tutto bene.- le disse Tom, staccandosi per un minuto dal cellulare.
Ora gli sembrava così indifesa.
E lei per tutta risposta rise istericamente.
Scosse il capo, neanche gli rispose.
- Non perderci tempo.- gli consigliò Sirius, agitando la mano ed rimettendo le carte a posto tramite la telecinesi - Qualche notte al fresco le farà solo bene.-
- E lei sa bene.- stoccò Nicole, alzando il capo piena di stizza.
- Visto?- celiò il padrone di casa, ridacchiando - La fanciulla che è una meraviglia.-
- Come dobbiamo procede?- chiese Gary, serio e professionale.
- Duncan non vi ha detto niente?- allibì Kingsley.
- Duncan è chiuso nel suo studio a fumare.-
- Ah.-
Ron agitò la mano - Dai ragazzi, lasciate perdere. Prendetela in custodia e portatela nei sotterranei del Ministero. Lì nessuno andrà a cercarla. Tra un'oretta andrò dal Ministro. Il professor Silente si è offerto di farci da portavoce.-
- Come se ce ne fosse bisogno.- insinuò Sirius, seccato.
- Essendo una babbana potreste incappare in grossi problemi.- commentò Mason Ombrodoro.
- Abbiamo già avvisato gli avvocati.- s'intromise Draco, che spiava continuamente fuori dalle finestre - Voi occupatevi solo di proteggerla per qualche giorno. Una volta che avrà cantato di fronte al Ministro mi occuperò io stesso di lei.-
Nicole fece una smorfia, incrociando le braccia al petto.
Erano le undici ormai.
Tempo qualche istante e avrebbero potuto mettersi in marcia, ma di nuovo qualcuno la soglia di Grimmauld Place.
Scattò l'allarme, però stavolta i ritratti non si misero a strillare all'oltraggio. Perché?
Semplice.
- Cloe!-
La King quasi si sbrodolò con la tazza di thè, sconvolta, vedendo Oliver Trust nel corridoio.
Avanzava rapidamente, i suoi occhi scuri lanciavano fiamme di collera e frustrazione.
- Ehi, ehi.- fece Tonks, cercando di bloccare Trust - Cosa ci fa lei qui?-
- Si sposti.- berciò Oliver, scansandola rudemente e raggiungendo il salone - Cloe!- tuonò - Io e te dobbiamo parlare.-
- Ti sembra il momento questo?- s'intromise Trix - Oliver, non è il caso.-
- Mi dispiace Beatrix.- disse lui, cupamente - Porto via Cloe, voi fate quello che dovete.-
- Io non vado da nessuna parte.- sibilò la duchessa, alzandosi e raggiungendolo per spingerlo in un angolo del corridoio - Oliver, che diavolo ci fai qui? Questa è la sede dell'Ordine della Fenice!-
- E tu non sei un Auror!- replicò lui, afferrandola saldamente per il polso destro - Ti porto via adesso, andiamo!-
- No!-
Lei si liberò dalla stretta, rigida come una morsa, e il suo viso di era trasformato in una maschera di pietra.
Dio, non riusciva a crederci.
- Io non vengo da nessuna parte.- disse, gelida come il ghiaccio - Non con te e non stasera.-
- Tu sei la mia fidanzata!- replicò lui, quasi schiacciandola contro la parete e sovrastandola con la sua altezza - Questo non è il tuo posto! Non voglio che tutti vengano a sapere che bazzichi Auror e gente del genere... un conto è Damon, un altro paio di maniche è...- fissò Tom, che da parte sua se avesse potuto l'avrebbe ucciso con uno sguardo -...con lui...-
- Ancora con questa storia!- sbuffò la bionda - Oliver, adesso non voglio parlarne.-
- Infatti, vieni via.-
- No.-
Trust, all'ennesimo rifiuto, serrò le mascelle.
Da lontano, Damon, Trix e Tom avrebbero giurato che avrebbe potuto spezzarsi i denti.
Ma Riddle avrebbe dato dieci anni della sua vita...anche solo per spaccargli la faccia con un pugno.
Se si azzardava a parlarle di nuovo in quel modo...
- Calma.- l'ammonì Harry, mettendogli una mano sulla spalla - Stai calmo.-
Tom tacque, ma sentiva i muscoli tendersi sotto la pelle.
Doveva solo dargli un'altra occasione...fare un'altra cazzata e...
- Perché vuoi a tutti i costi vivere fra questa gente?-
Si girò, vedendo Nicole che lo fissava.
- Perché perdi tempo?- gli chiese ancora, poggiata su un gomito, protesa verso di lui.
- Per chi lo fai?-
- Non lo so.-
Tom fu stupito della sua risposta.
Quasi sgomento.
Lei gli aveva chiesto perché combatteva per restare libero...e non tornare in gabbia.
Ne valeva la pena?
Anche da libero...sarebbe stato marchiato per sempre.
Un Riddle.
Un sangue dannato.
- Mi hanno detto che hai poche speranze.- continuò la babbana, accavallando le lunghe gambe.
Sembrava lo stesse inquisendo.
Sembrava un esame.
- Donovan è molto intelligente. Sappilo. Lo conosco. Non mollerà fino a quando non sarai prigioniero ad Azkaban, all'inferno...o morto. Non puoi farcela.-
E se invece...una speranza l'avesse ancora avuta?
Volse lo sguardo al corridoio.
Claire.
Non si erano fatti promesse.
Lei non gli aveva giurato che avrebbe lasciato il suo futuro marito.
Ma dannazione...voleva tanto, tanto, tanto...tornare a vedere il sole senza nascondersi dietro a una finestra e a una parete.
Un vuoto d'aria.
I tarocchi che Damon teneva in mano scivolarono via, sbalzati da quel vuoto che esplose in una visione.
Fiamme.
Fuoco.
E fulmini...
Si, fulmini...
Un crollo.
Un turbine di polvere.
L'Ordine della Fenice che...crollava...
Sepolto dalle macerie.
E Nicole...
Qualcuno strillò.
Ci fu un altro vuoto d'aria, poi una sorta di energia pungente passò oltre la fessura della porta dell'ingresso.
- A TERRA!-
Tutti i quadri ora urlavano.
Sembrava quasi i muri e le intere fondamenta di Grimmauld Place traballassero.
E poi...iniziarono ad emanare vapore, fumo.
Come se fossero andati in fiamme.
Fu il panico, il caos.
Scattò inutilmente l'allarme e contemporaneamente saltò per aria la porta dell'ingresso, i muri, le finestre dell'ala nord.
Un'onda d'urto scagliò tutti a terra, ricoprendoli di macerie.
Tutto questo durò dieci interminabili minuti ricolmi di esplosioni e fiammate roventi.
Chi riuscì a proteggersi dai detriti e a non venire sepolto da essi, rimase in piedi il tempo necessario per vedere una figura nera e sinuosa muoversi nella nube di polvere che aveva preso il dominio di Grimmauld Place n°12.
Fra i gemiti, le richieste di aiuto e i deboli richiami di dolore, Tom riuscì a mettersi in piedi...
Cercava Claire, cercava Harry e Draco.
Con la schiena che grondava sangue e gli occhi pieni di polvere, riuscì a trascinarsi fino a Damon, che trovò inginocchiato poco dopo di lui, accanto ai resti del pianoforte a coda della madre di Sirius.
L'aiutò, per come poteva, a rialzarsi.
Si appoggiarono l'un l'altro.
Con sgomento, videro che l'intera palazzina era stata scoperchiata del tetto...
Una mano pallida e insanguinata era seminascosta da un divano rovesciato.
Poi di nuovo quello sfrigolio.
Era elettricità.
Damon la ricordava, dai suoi incubi più terribili.
Wizloon.
La scuola di magia di Scozia, fatta a pezzi dall'alto...da una folgore gigantesca.
- Cristo.-
Non riuscì a parlare, perché Tom era corso, ignorando il dolore alle gambe ferite, verso le finestre sradicate.
I vetri ridotti in pezzi si erano conficcati come lame nella tappezzeria. E non solo.
Ribaltando pezzi di muro e cemento, Riddle trovò Asher sotto l'enorme pendolo del salone.
Il principe dei Greyback sembrava essere ancora vivo. Una grossa scheggia di vetro gli si era piantata nella spalla.
Un'altra nel braccio.
- Aiuto!- urlò Damon ad alta voce - Aiuto! Ci serve aiuto!-
Una risata di donna colpì il Legimors alle spalle.
Era ancora lì...
Era stata una donna...
Un'Illuminata.
- Evocazione di Minegon.- alitò allora in un soffio, girandosi di nuovo verso Riddle - Tom, sbrigati! Vieni via!-
- Cristo qui è pieno di sangue Damon!- urlò l'altro, tossendo raucamente e sentendo il metallico sapore che gl'invadeva la gola. Si passò le mani al collo, accorgendosi che il suo collare...si era stretto.
Come per...strangolarlo.
Risollevò il volto.
I suoi occhi sbarrati incontrarono quelli di Howthorne. Fu un solo istante.
Perché la risata di donna riapparve sulle loro teste, sotto il cielo che piangeva pioggia e tempesta.
Minegon.
- E' qui.- sussurrò Riddle.
- Vieni via.- ringhiò allora il Legimors, tremando - Vieni via!-
Non fece in tempo a finire che una saetta rossastra di piccola portata sfrecciò sulla sua testa, costringendolo a gettarsi a terra. Un'altra piccola esplosione e i due, fra fumo denso come nebbia, sentirono il tintinnio dei tacchi della colpevole di quella strage.
Si muoveva come un'ombra.
Ma si erano sbagliati.
Non era abbigliata di nero.
Indossava un mantello color panna.
E la sua voce...la sua risata...Tom la riconobbe subito.
- Salve, giovane Lord Oscuro.-
Quella voce...
La donna che l'aveva ferito a morte, appena uscito da Cameron Manor.
La donna che aveva organizzato la trappola della Dama dell'Acqua.
Un'altra risata, poi lo sfrigolare di quella magia distruttiva.
Una mano nodosa, per nulla giovane ma ricolma di cicatrici e brandelli di pelle cadente si allungò verso Tom.
Lì l'evocazione artigliò elettricità.
Lì artigliò fulmini e tempesta.
- Addio, feccia.-
Un colpo del genere avrebbe ucciso una persona. Ma scaricandosi sul corpo di due maghi adulti in buona salute, visto che Damon si era Smaterializzato al suo fianco per proteggerlo, finì solo per farli strillare.
Levare loro le forze, quasi incendiare il sangue nelle loro vene...e farli cadere.
Esanimi.
Privi di conoscenza.
Quando l'assalitrice raggiunse i loro corpi riversi a terra, scostò Howthorne di lato.
Provò per un secondo un moto di confusione, quando notò che gli occhi di quello sporco Legimors erano aperti.
Fissi, come quelli di una bambola di porcellana.
Quelli del suo principale bersaglio invece, erano chiusi.
Da sotto le ciglia nere, sgorgava sangue.
Nella mano aperta ora comparve un pugnale, lungo e affilato, rilucente come argento.
Sollevata la lama, fece per calarla sulle sue vittime ma qualcosa, o meglio, qualcuno, le parve una vittima ancora più gustosa. Un sorriso perfido e maligno si piegò sinistramente sotto quel cappuccio.
I passi scricchiolarono sulle macerie.
Ancora una volta, quella donna si era fatta facilmente sviare.
Ma per Tom e per Damon fu un vero colpo di fortuna...che Nicole spuntasse fuori dallo stucco caduto di una parete, pallida e con gli abiti stracciati, ricolma di graffi sul viso segnato dalla tensione.
Da lontano, dagli occhi di quell'assassina, una babbana era una preda così facile...
- Salve, mia cara.-
Nicole spalancò palpebre e bocca, ricordando quel tono soffuso.
Quel tono...cattivo e viscido.
Cercò di alzarsi, ma urlò quando una scheggia di legno pianta nel polpaccio la fece ricadere malamente.
Schiacciata a terra da quel peso, rimase immobile...fino a che la donna ammantata di bianco non fu di fronte a lei.
La sovrastava.
Armata di lama, bacchetta e magia.
Un bambino di fronte a un insetto.
- Buona sera, Nicole.-
La ragazza deglutì. Avrebbe riso, se un graffio sul viso non le avesse tirato troppo la pelle ferita.
Sapeva che sarebbe accaduto.
Lo aveva sempre saputo.
Neanche il bambino sopravvissuto e gli Auror potevano proteggerla.
Neanche loro.
- Come sei arrivata qui?- mormorò Nicole, chiudendo gli occhi.
E attendendo.
Un altro passo.
Un'altra risata.
- Lo sai. Donovan è il Segretario. Lui sa bene dove si trova l'Ordine della Fenice.-
- Mi hai fatta seguire per tutti questi mesi.-
- Esatto. Ti ho creduta pulita fino a quando l'altra notte non ti sei fatta volgarmente rimorchiare dal figlio del Lord Oscuro.-
Uno sputo a terra, segno di disprezzo.
Nicole si morse le labbra, restando al buio.
- Tu non sei Halley Brockway, vero?-
- Finalmente l'hai capito.-
- Allora perché vivi sotto le sue sembianze?-
- Perché quel bastardo a cui tu hai spifferato tutto e Harry Potter mi hanno trasformata in questo.-
Uno scatto e il volto di quella donna divenne limpido agli occhi di Nicole.
La ragazza non riuscì a trattenere un gemito terrorizzato, chiudendosi il palmo sulle labbra.
Era ripugnante.
Non aveva mai osato immaginare una cosa del genere neanche nei suoi incubi più terribili.
- Già...- rise la donna, ricoprendosi subito - E' stata tutta colpa dei Riddle.-
Nicole tacque.
Ormai non poteva più dire nulla.
Tantomeno avrebbe dato la soddisfazione a quella strega di supplicare e pregarla.
No, mai.
Non aveva scampo.
Ma le restava la dignità che i maghi le avevano portato via.
- Non possiamo permettere che tu parli di fronte al Wizengamot.-
La lama si alzò sopra la testa della babbana, brillante ed evanescente.
- Non avrai pensato davvero che ti avrebbero protetta. Tu non sei più di nessuna utilità. Né per noi, né per i Mangiamorte...né per gli Auror, a quanto pare.-
Un tuono rombò in cielo, squassandolo.
Lo scroscio della pioggia sembrava solo un lamento lontano.
E la ragazza, sentendo la lama fendere l'aria e farla vibrare, fissò l'ultima cosa il cui bagliore avrebbe attirato i suoi occhi, prima di morire.
Quella luce, quel leggero bagliore...proveniva da un rubino nero.
Al collo di Thomas Maximilian Riddle.
Erano strano che brillasse così tanto...come per farle vedere la strada.
- Addio Nicole.-


Islanda.
Red Rose, Residenza Padronale degli Harkansky e Casa delle Mille Rose.
Luogo di nascita di Julian Ades Harkansky, demone che era nato ai tempi dei Fenici.
Che quella notte era di particolare cattivo umore.
Ma cattivo umore serio, roba così non gli capitava da secoli ormai, da quando la cicisbea di Napoleone Bonaparte gli aveva fatto girare i cinque minuti dicendogli che, anche se Napoleone era piccolo, molesto e maleodorante a volte, lo preferiva a lui. Proprio perché era piccolo, molesto e maleodorante.
Ma Julian Harkansky non aveva mai capito molto di donne.
Sebbene avesse avuto una quantità innumerevole di amanti. E una sola moglie.
Che gli aveva giurato indifferenza e freddezza eterne il giorno stesso in cui era stata costretta a sposarlo. Un matrimonio combinato, ovviamente.
Comunque, sebbene non avesse mai capito nulla dell'universo femminile, anche con quasi tremila anni sul collo, Julian Harkansky era sopravvissuto a centinaia di amanti che l'avevano piantato in lacrime, a quella sua moglie tanto bella quanto consacrata a rendergli l'eternità un inferno e...a sua figlia.
Forse l'unica donna che avesse amato davvero.
E incondizionatamente.
Senza pretendere indietro altrettanto affetto. Altrettanta stima.
Altrettanto amore.
Ma con sua figlia...si, come Degona aveva fallito.
Perché sua figlia si era dimostrata come sua madre.
Aveva saputo votarsi all'amore, come Arcadia con lui si era votata alla vendetta.
Degona. La sua bambina.
La sua piccola e perfetta bambina...sposata con un mortale.
Non gliel'aveva mai perdonato.
Sua figlia non gliel'aveva mai chiesto quel perdono. E quella sua gelida noncuranza l'aveva trasformato nel vecchio acido che da un'ora esatta scrutava ostinatamente fuori dalle porte finestre del suo immenso studio.
E ciò che lo faceva ribollire veramente non era il fatto che sua moglie si fosse arrogata il diritto di portargli in casa due perfetti sconosciuti...no. Non gli seccava neanche che Lucilla, sua nipote, avesse finalmente deciso di smetterla di comportarsi da ostinata orgogliosa e fosse finalmente andata a trovarli.
Niente di tutto ciò che gli seccava.
Quello che davvero lo faceva andare in bestia era il fatto che nessuno, tantomeno sua moglie, si fosse preso la briga di andare a chiedergli se gli giravano i cinque minuti per non essere stato informato che la sua unica nipote fosse stata male negli ultimi tempi.
E quell'altro dannato di Horus, dannato doppiogiochista, aveva quasi rovinato la vita a Lucilla.
E il sonnellino pomeridiano a lui.
Il problema ora erano gl'intrusi.
Julian Harkansky aveva tanti difetti. Tutti lo sapevano e a parte gli amici di vecchia data, nessuno osava andare a pestargli l'orlo del mantello. Eppure sua moglie era dannatamente brava a farlo.
Intrusi, intrusi.
Risucchiando l'aria fra i denti, cosa in cui lui eccelleva, il demone posò lo sguardo regale oltre i vetri della sua residenza. Eccone altri.
Non sapeva di aver invitato uno spocchiosissimo Cameron nella sua dimora.
Sua moglie però...
Julian Harkansky era un demone stupendo, questo era da precisare. Come tutti gli Harkansky maschi della sua dinastia, possedeva un viso dai lineamenti spigolosi ma fini, con una mascella marcata. La barba e le basette, curate alla perfezione, anche se ormai bianche, gli conferivano una certa aria piena di contegno che tutti prendevano in gran rispetto. Specialmente le donne.
E la moglie di Cameron...c'era da credere ai pettegolezzi allora.
Aveva sempre pensato che il riservatissimo e misantropo figlio di Ocean Cameron fosse appunto un essere piagnucolante che viveva nel ricordo di una femmina morta, e questo indicava molto bene che razza di considerazione Julian avesse per il genere femminile, ma se aveva fatto il diavolo a quattro e insultato tutti i Loderdail rimasti per sposarsi quella demone...bhè, aveva buon gusto.
O ragionava con un organo ben lontano dal cervello.
Comunque a lui non interessava del perché Caesar Cameron fosse lì, alle soglie della sua porta.
Lui aveva altro da fare ora.
Raccolse il suo bastone, prese il bocchino con stizza e si Smaterializzò al primo piano, nella sala da thè dove sua moglie, secoli prima, aveva dato numerosi balli, serate musicali e cerimonie.
Trovò Arcadia seduta a una piccola tavola d'ebano accanto a una portafinestra socchiusa.
La brezza serale dell'Islanda le carezzava i capelli, sollevandoli come un ventaglio.
La moglie però, intenta a leggere chissà che ozioso manoscritto che dal titolo doveva essere scritto in lingua vichinga, non sollevò nemmeno lo sguardo.
- Ebbene?- sibilò Julian Harkansky.
Lei sbatté le ciglia. Poi riabbassò gli occhi sul tomo.
- Sto parlando con te.-
- Credevo alla mia gemella.-
- Molto spiritosa, moglie. È impressionante come tu sia in grado di fare del sarcasmo solo quando ne sei in vena.-
- Prenditi un drink Julian.- gli suggerì la donna, girando pagina - E poi dileguati.-
- Dov'è mia nipote?- sibilò lui, sedendosi con aria scorbutica di fronte a lei - Voglio vederla.-
- Oh. La ramanzina di Lord Demetrius ti ha irritato per caso?-
- Hn. Non mi faccio di certo intimorire da un moccioso.-
- Caro, sto leggendo.-
- E io ti sto parlando.-
- E' il secondo sabato del mese. Non dovrebbe essere la serata di...una qualche Lulù, Babet o Laila?-
- Vedo che hai buona memoria per i nomi.-
Arcadia sogghignò appena, versandosi altro thè, che però sembrava corretto con dell'alcool, in una tazza alta di preziosa ceramica veneziana - Stai cercando d'ingelosirmi caro?-
- Servirebbe a qualcosa a questo punto?-
Lei rise di più, quasi senza pietà - Certo che no.-
- E allora che t'importa con chi passo le serate.- sbottò a quel punto, serrando i lineamenti, al colmo della frustrazione - Avanti, Arcadia. Dov'è Lucilla?-
Senza sprecare altro fiato, la padrona di Red Rose alzò la mano e con un gesto aggraziato indicò una piccola saletta aperta alle loro spalle. Facendolo, Julian si alzò di scatto, quasi rovesciando la sedia.
Poteva vederla anche da lì...come aveva fatto prima a non notarla?
Lentamente, cercando di non fare rumore, entrò nella piccola stanza, piccola risposto alle proporzioni del palazzo costruito in cima a una scogliera e perennemente allietato dal canto ristoratore di serene, per fare il giro di un lungo divano damascato, dalla forma fluida e sinuosa.
Rimase in piedi.
E fissò la nipote.
Dimostrava poco più di vent'anni.
Aveva sentito grazie ai pettegolezzi dei soliti ben informati che sua nipote in tenera età aveva passato alcuni anni nella Dimensione Senza Tempo, a causa di un mago mortale.
I capelli lunghi e bruni, lucidi e soffici. Come quelli di sua figlia.
Anche il viso...nessuna imperfezione, la pelle liscia e fresca, gli zigomi come pesche.
Le labbra del colore dei lamponi.
Stava sdraiata quasi senza difese, un braccio adagiato sul petto, una mano sul cuore.
Il vestito che aveva indosso però...
Deglutì e fissò sua moglie con espressione di rimprovero.
Quell'abito di seta blu con un doppio strato di tulle trasparenti era appartenuto a Degona.
L'aveva indossato per la sua maggiore età.
- Che cos'ha?- chiese, tornando nella sala.
- Non sta bene.- rispose semplicemente Arcadia, sorseggiando la sua bevanda con apparente tranquillità - C'eri da Horus, mi hanno detto. Quindi saprai che porcheria abbia fatto nostro nipote per togliere Lucilla dalle braccia di suo marito.-
- Hn. E' solo un mortale. Mi stupisce che tu ancora non abbia provveduto a sistemarlo, moglie.-
- Ora è un demone.-
Julian lasciò andare momentaneamente la sua sigaretta, lo sguardo allibito.
- Come prego?-
- L'umano ha superato le Cinque Prove.-
- Ha superato...-
- E Horus l'ha pugnalato, trasformandolo in un demone. Ma Lucilla non ha gradito la trasformazione e non credo che suo marito si adatterà bene a questo nuovo potere. Umano è nato e umano deve restare.- Arcadia posò il libro, guardando finalmente in faccia il consorte - Inoltre Winyfred mi ha informata che era un Auror, prima che Horus lo trasformasse in un demone. Ha ucciso della gente, in questi giorni. E il sangue di quella gente finisce, come ben sai, per legge, sulle nostre mani e sui nostri nomi perché è stato un Harkansky a combinare questo pasticcio.-
- E' stato un Lancaster, vorrai dire.- sibilò il demone, infilandosi la sigaretta fra le labbra - Non farmi perdere tempo Arcadia. Uccidiamo quel mortale o qualsiasi cosa sia diventato e riportiamo nostra nipote nel suo mondo.-
La donna tacque per un istante.
Sembrava lo stesse studiando.
Quando parlò, il suo tono era calmo a differenza della strana espressione che le aleggiava in viso.
- So che, a causa della trasformazione, suo marito l'ha tradita.-
Di nuovo, Julian Harkansky non parve stranito.
- E allora?-
Come si aspettava Arcadia, non capiva.
Sorrise, facendolo irritare di nuovo.
- Che c'è di buffo?-
- Nulla, nulla.- replicò lei - Non mi aspettavo altro da te. E non prenderlo come un insulto. Sei solo ligio al tuo credo.-
- E sarebbe?-
- Che il matrimonio è solo la più bassa forma di schiavitù.-
- Sei tu che la pensi così, cara.-
- Forse hai ragione.- ammise Arcadia Harkansky, abbassando lo sguardo sulle mani curate del marito - Ma Lucilla ama suo marito. E lui s'è fatto portare via l'anima per lei. E' meglio che tu sappia fin da ora che farò quanto in mio potere perché nostra nipote riabbia suo marito e la sua vita com'erano prima.-
Il padrone di Red Rose si alzò di nuovo, imprecando fra i denti e senza curarsi di abbassare la voce.
- Il diavolo se lo porti, quell'umano.- tuonò furente - Avessimo avuto maggior fortuna con Degona, ora nostra nipote non sarebbe in queste condizioni! Stremata nel corpo e nella mente per un ridicolo mortale!-
- Il mortale ha le palle che tu e Horus non avete mai avuto.- fu il commento finale di Arcadia, che per un secondo lasciò a bocca aperta il marito. Si mise in piedi a sua volta, agitando la mano e facendo sparire tazza vuota e libro - Ora scusami. Ma vado a cercare Degona.-
Stravolto, suo marito la fissò come se le fossero spuntate due teste ma non fece in tempo a chiederle cosa stesse farneticando che un discreto bussare interruppe quel colloquio.
Si volsero e un valletto disse loro che la signorina col suo ospite erano tornati dal giro in giardino.
Degona entrò tutta intirizzita, avvolta in un lungo cappotto di pelliccia.
William le stava a fianco, perfettamente a suo agio in una giacca leggera.
- Nipote.- sorrise Arcadia, chiedendo del thè al valletto - Ti è piaciuto il parco?-
- Stupendo bisnonna.- rispose la strega, che perse il sorriso quando l'aria velenosa di quella stanza le si catapultò addosso. Arrossendo lievemente, notò Julian.
- Cara, ti presento quell'alcolizzato di mio marito.- fece la padrona di Red Rose con aria amabile.
Julian emise un grugnito, cercando di mascherare...l'emozione.
Già, aveva sentito che sua nipote aveva avuto una figlia mezzosangue.
E per il diavolo, quella ragazzina era una goccia d'acqua con sua figlia.
Non a caso portavano lo stesso nome.
Quando aveva sollevato gli occhi verdi su di lui, gli era parso di rivedere Degona il giorno in cui gli aveva detto che si era innamorata di un misero mortale.
- Buonasera.- si sforzò di dire Julian, borbottando.
- Buonasera.- replicò Dena con un piccolo sforzo, facendo un leggero cenno col capo.
- Tua madre sta ancora riposando cara. Gradite qualcosa di caldo spero. Vedo che tremi.-
- C'è molto vento.- balbettò la strega, stringendosi istintivamente a William.
- E lei sarebbe?- berciò subito Julian, quasi seccato.
William non fece una piega, mentre Arcadia lo presentava.
- Caro, ti presento William Crenshaw. Il ragazzo è stato tanto cortese da riaccompagnarci a casa.-
- Crenshaw?- Julian Harkansky emise un gemito sarcastico - Ma tu guarda...il pronipote di Ebenezer Crenshaw in casa mia. Suo nonno è una carogna e un ladro, lo sa ragazzo?-
- E tu un ubriacone fedifrago.- replicò Arcadia, prima che William potesse rispondere per le rime - Forza, ragazzi. Sedetevi.- poi afferrò il marito per un braccio. Accostandosi di poco a lui, gli rivelò con estrema soddisfazione il potere empatico di Degona. E vedendolo sempre più infastidito, godette nel vederlo brancolare con quella ragazzina.
Fu servito il thè, Dena lo bevve avidamente ma a piccoli sorsi.
Cercava di scaldarsi, perché a parte la mano tiepida di William che non abbandonava mai la sua e l'ospitalità gentile della sua bisnonna che aveva conosciuto solo poche ore prima e che, tra l'altro, era stata davvero molto dolce e disponibile con lei, il suo bisnonno invece era...come dire...lo sentiva nervoso.
Infastidito.
Non capiva se dalla loro presenza o da altro, ma la metteva estremamente a disagio.
Era un bell'uomo. Un algido demone dal portamento decisamente fiero.
E sembrava anche saggio...anzi, uno che conosceva parecchio il mondo e i suoi meccanismi.
-...e li ho portati qui.- stava dicendo Arcadia, spiegando la situazione al marito - Mi è sembrata la soluzione più logica.-
- A voi donne la logica.- brontolò Julian, soave, giocando col bocchino della sigaretta - Si vede dove ha portato Lucilla.-
Sia Dena che Arcadia s'irrigidirono, ma nessuna delle due parve aver voglia di replicare.
- E così...- continuò Julian, imperturbabile - Tu sei il fidanzato della mia pronipote.-
William, fortunatamente, non stava bevendo nulla perché altrimenti si sarebbe di sicuro strozzato.
- Come prego?- replicò con vocetta angosciata.
- Caro, non dare il tormento alle persone.- lo pregò stancamente Arcadia.
- E' una semplice domanda, mia cara.- ironizzò il padrone di casa - Allora?-
- Come se qualcuno venisse a chiederti se sei sposato con me, tesoro.- replicò sua moglie, con tono lezioso.
- Basta guardare la fede nuziale.-
- Allora tutte le donne che incontri sono cieche...o forse sei cieco tu...-
- Non ci avevo mai pensato. Forse dovresti farti controllare gli occhi anche tu, moglie mia.-
- Per favore, smettetela.-
Degona si alzò in piedi quasi di scatto, con un sorriso luminoso in faccia e gli occhi lucidi.
- Mamma!- urlò, precipitandosi fra le braccia di Lucilla e stringendola forte - Mamma, come stai?-
L'abbraccio caldo di sua figlia riuscì a lenire momentaneamente il dolore che fustigava il petto della Lancaster. Un petto in cui un cuore continuava ostinatamente a battere.
- Mi dispiace tanto, mamma.- sussurrò Dena, mortificata - Non dovevo andare via...-
Lucilla le carezzò la guancia, asciugandole una lacrima furtiva.
- Stai tranquilla.- le sussurrò, baciandole la fronte - Va tutto bene.-
- Se a te sembra che vada tutto bene, nipote.- fece Julian in sottofondo.
- Lucilla, tesoro, lascia perdere tuo nonno.- Arcadia le scostò la sedia accanto a lei - Oggi non ha ancora bevuto abbastanza. Come ti senti?-
- Un po' meglio.- Lucilla sorrise a William, in maniera blanda e vuota - Grazie di esserti preso cura di Dena.-
- Nessun problema.- replicò Crenshaw - Lo sai.-
Poco dopo, Lucilla fu grata dell'arrivo di Caesar e Denise, accompagnati da Demetrius.
Da quel momento in poi non la Lancaster non sentì più nulla.
Gli altri discutevano. Suo nonno sbraitò, sua nonna gli sibilava cortesi cattiverie, Caesar e Demetrius non facevano che maledire Horus e le sue follie...ma Lucilla aveva in testa ben altro.
E agli occhi di una donna innamorata e ferita doveva essere ben chiaro quel sentimento.
Perché Denise non smise mai un secondo di fissarla.
I loro occhi rimasero incatenati fino a quando anche alla Loderdail non fu chiaro cosa Lucilla desiderava.
E tacitamente, senza parlare, Denise acconsentì.
Era d'accordo.
E nessun altro doveva saperlo.


Era ormai l'alba.
E al San Mungo letteralmente braccato da giornalisti che spuntavano da ogni dove, girava un'aria tetra.
Silenziosa.
Malinconica.
E rabbiosa.
Nel Reparto Segreto riservato agli Auror, all'ultimo piano dell'ospedale, Karen Stanford, la madre di Sedwigh, girava come una trottola da un collega all'altro, per gestire le emergenze dell'incidente accaduto alla sede dell'Ordine della Fenice, e anche dal Capo degli Auror ai segretari del Ministro Dibble, accorsi non appena avevano saputo.
C'era caos nei corridoi.
Silenzio pesante nelle stanze.
Duncan urlava a sprazzi. Insultava i suoi collaboratori più stretti, la sua segretaria che tanto non lo ascoltava.
Fumava come un turco anche quando Karen Stanford gli aveva sbraitato di smetterla.
Inaudito.
L'Ordine della Fenice. La più grande forza mistica della branca degli Auror del Ministero era stata distrutta.
Rasa al suolo.
Duncan non riusciva a crederci.
Non c'erano state vittime. Per il momento almeno...
Tutti feriti, più o meno gravi.
Un nome potente e legato a cattivi ricordi come quello di Tom Riddle era finito in quel disastro, affossando ancora di più la reputazione che Harry Potter tanto cercava di onorare di nuovo.
E un civile era in coma.
Quando vide i parenti dei feriti in fondo al corridoio, ancora buio e non toccato dal sole appena sorto, imprecò e gettò il sigaro dentro una pianta di ficus. Che, non gradendo, glielo risputò addosso.
- Signore.-
La sua segretaria, la signorina Molly, lo raggiunse sistemandosi gli occhialetti rossi sul naso aquilino.
- Aggiornami.- sibilò Duncan.
La strega guardò la sua cartelletta con espressione professionale.
- Bene. La squadra del signor Shacklebolt è fuori pericolo, ma tutti dovranno passarsi qui almeno due giorni. I feriti più gravi sono nella squadra del signor Smith e del signor Ombrodoro, ma quest'ultimo è il meno grave, infatti è stato subito rilasciato dai Medimaghi.-
- Continua. Che mi dici della squadra di Potter?-
Quella, al nome di Harry, parve gongolare.
- Il signor Potter sta bene, in perfetta forma, ma ha delle leggere contusioni. Idem il signor Malfoy idem. Il signor Weasley dovrà passare qui la giornata, mentre il signor Dalton e il signor Coleman stanno piantando una grana per farsi medicare e hanno una galleria che gli trapana il cranio, se me lo consente.-
- Che prendano un po' d'aria al cervello.- masticò Gillespie, infilandosi in bocca una stessa di liquirizia - Che mi dici dei veterani dell'Ordine?-
- Al massimo un giorno d'osservazione, ma i Medimaghi sono preoccupati per il signor Black.-
- Cos'ha quel piantagrane?-
- Vuole andarsene contro il parere dei Medimaghi.-
- Per Merlino, come se non avessi già abbastanza problemi.-
- I civili sono il guaio.- concluse la signorina Molly, stringendosi la cartelletta al petto prosperoso - La duchessa King dovrà passarsi qui una settimana. Contusioni su tutto il corpo. Il signor Trust minaccia di farci causa...- e lo disse con una smorfia annoiata.
Duncan però se ne fregava di Trust, che urlava contro i suoi avvocati, i genitori di Cloe e mezzo personale del San Mungo. E in un certo senso, non gl'importava neanche che la loro unica testimone, quella che sarebbe valsa la pena per quell'immane disastro in termine di sangue, fosse stata uccisa.
Un unico colpo di lama al collo.
E Nicole era morta.
Era stata trovata in posa, seduta contro un divano. Presa di fronte, non si erano neanche accorti del coltello che le era stata piantato un coltello nella nuca.
Era stato tutto inutile, a quel punto, Duncan l'aveva capito quando il cadavere era stato portato via.
Ma non gl'importava più ora.
No, il Capo degli Auror temeva per un altro motivo. E per due persone.
Si sporse verso la camera 764, quella che gli stava a fianco.
Era semi vuota.
Con un solo letto, occupato dal civile che era caduto in coma.
E nessuno, neanche Karen Stanford, sembrava riuscire a spiegarselo.
Lord Damon Howthorne stava sdraiato a letto.
E a parte i suoi occhi completamente aperti, sbarrati verso il soffitto, tutto in lui indicava il coma.
Dormiva.
O forse sognava.
Nessuno lo sapeva.
Tom Riddle era seduto sulla sponda di quel letto.
Piegato e ferito, pallido come un cadavere, non faceva che guardare il suo migliore amico.
La mano stretta nella sua. Ma quella di Damon era totalmente inerte.
Perché?
Tom non faceva che chiederselo.
Perché se lui si era ripreso, dopo una dose massiccia di Lazzaro, Damon si svegliava?
Perché non sbatteva le palpebre, non si girava, lo guardava e gli sorrideva? Dicendogli che ora andava tutto bene?
- Se non avesse cercato di proteggermi ora starebbe bene.-
Un braccio gelido al collo e un bacio sulla tempia non lo calmarono.
- Dovrei esserci io in questo letto.-
- Tu non centri niente.-
- No, Trix?- alitò, girando appena il capo - Invece si.-
La Diurna rimase abbracciata a lui, chiudendo gli occhi. Lo sentiva inspirare forte, quasi con dolore.
Anche lei. Anche lei non si capacitava di come li avesse lasciati soli.
Di come, sovrastata dalle macerie, non fosse arrivata in tempo per proteggerli.
Lei che ora non aveva più nemmeno un graffio.
- Cloe starà bene.- mormorò al suo orecchio - Ha solo un polso slogato e ferite che guariranno con del Lazzaro. Milo è già andato a Cedar House per prenderne altro.-
Tom non rispose.
Si chiuse i palmi sul viso, desiderando sparire.
Era tutta colpa sua.
Stavano facendo tutto per lui e Claire quasi aveva rischiato l'osso del collo.
- E adesso cosa dico a Neely?- mormorò angosciato.
Già, Neely.
Come poteva stare lì a guardare l'uomo che amava...piegato in quel letto?
Dei passi concitati in corridoio li fecero voltare. Sconvolti, videro Lady Ethel e Lord Michael Howthorne farsi avanti.
- Damon!- mormorò la strega, sgomenta - Mioddio!-
Si gettò sul letto, carezzò il figlio. Gemette non ricevendo alcuna risposta ai suoi stimoli.
- Ma cos'è successo?- chiese Lord Howthorne, serrando le mascelle - Beatrix cosa...- e vide Tom. Sgranò lo sguardo solo per un istante. Ma ora tutto gli era chiaro.
- Tom.- fece, mantenendo il controllo - Avrei dovuto immaginarlo.-
- Occhio a come parli, Michael.-
Si girarono di nuovo, trovando Draco appoggiato alla porta della stanza.
Aveva la testa fasciata e alcuni tagli che gli segnavano lo zigomo destro.
Eppure i suoi occhi grigi lanciavano fiamme d'argento.
- Sai che ti sono affezionato.- continuò Malfoy - Ma stai attento a come parli.-
Lord Howthorne inspirò a fondo, abbassando il capo.
- Cos'è successo?- richiese, esasperato.
- Hanno distrutto la sede dell'Ordine della Fenice.- spiegò Trix a bassa voce - Sono stati feriti altri Auror.-
- Damon non è un Auror.- scattò Lady Ethel - Cos'ha?-
- E' in coma.-
Sgomenti, i due genitori spalancarono la bocca verso Draco.
Pallidi come statue, non riuscivano ad elaborare quella semplice parola.
Pesante come un macigno.
Coma.
Eppure Tom, sentendola sulle labbra del cugino, qualcosa iniziò a sentire.
Sentiva di nuovo le sue parti del corpo.
I crampi alle mani, che riprendevano sensibilità.
Avvertiva anche il sangue, che ricominciava a scorrere.
Coma.
Quella donna...
Quella donna aveva praticamente quasi ucciso Damon.
E più guardava i suoi occhi fissi nel vuoto, più stava lì seduto, più si chiedeva cosa diavolo stava lì a fare.
Perché stava lì seduto?
Quando Damon gli si era parato davanti, impedendo a quella donna di ucciderlo...
Quando Damon non aveva esitato un istante.
Ricordava la voce di quella donna.
La sua risata.
Il dolore alla schiena che continuava a tormentarlo come il veleno che gli bruciava il corpo.
Coma.
Anche Claire era lì, sdraiata in un letto.
Piegata e ferita.
Quella donna aveva calpestato le persone sbagliate.
Si alzò di colpo, rifiutandosi di dare ascolto alle fitte alla schiena e alle spalle contuse, ma per un attimo la mano di Damon si serrò nella sua.
Quel movimento lo lasciò senza fiato.
Gli aveva stretto la mano...appena percettibilmente, perché dopo un istante ricadde mollemente sulle lenzuola.
I segni esistono, pensò, marciando dritto verso la porta.
E lui li avrebbe ascoltati.
Se non altro, aveva un punto di partenza.
Il luogo dove aveva visto quella donna la prima volta.
Little Hangleton.
Casa Riddle.
- Dove vai?- gli chiese Draco, quando Tom gli passò a fianco.
- A caccia.- fu il sibilo in Serpentese di Riddle.
Si, la caccia cominciava da quel momento.
E quella donna avrebbe fatto bene a trovarsi un buon nascondiglio, anche se nemmeno l'inferno, a quel punto, sarebbe stato un luogo sicuro per lei.


T.M.R |DRAMIONE|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora