Capitolo 39

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Tanto per intendersi, il sacro rito della colazione dopo una battaglia era qualcosa che, alla Lucky House, travalicava anche il concetto della quotidiana litigata fra Potter e Malfoy.
E tanto per capirsi ancora meglio, dopo essersi salvati in extremis, era uso e costume presentarsi al cospetto di Harry Potter per farsi un'overdose di caffè tutti insieme, ridendo in faccia alla morte che ancora una volta era rimasta a mani vuote.
Peccato però, per Harry James Potter, che avesse dormito veramente da cani per tutta la notte.
Un sonno leggero e fastidioso, tipo quelli estivi che sfinivano a causa dell'afa e dell'umidità.
Uno strano sonno affastellato di...visioni e flash di una vita.
Una vita non sua.
Per questo, quando all'alba di mezzogiorno scese in cucina, con Lucas in spalla che parlava a manetta di come fare a bruciare tutti i capelli a Badomen e pure la coda (si, il Phyro era convinto che chi lavorava in livrea e portava cappotti lunghi, lo facesse per nascondere la coda!) non si stupì di trovare una ressa incredibile di persone che chiacchieravano allegre...e una sola, seduta a tavola con lo sguardo fisso nella sua tazza di porcellana, costata quanto un televisore al plasma.
Draco Lucius Malfoy non era in vena di festeggiare.
Perché non aveva neanche toccato il suo caffè nero e già stava fumando, gli occhi di un grigio sporcato dall'ansia e dall'insonnia puntati sulle finestre spalancate, da cui giungeva un delizioso profumo di fiori estivi.
- Era ora, signori!- li apostrofò Ron, distogliendo l'attenzione di Harry da Malfoy - Ragazzi che preferite? Frittelle ai lamponi o dei muffin?-
- Chi ha fatto le frittelle?- sindacò Potter, non tanto sicuro.
- Già, col cavolo.- lo seguì Lucas, saltando giù dalle spalle del padre e piazzandosi su uno sgabello accanto a Faith e sua madre - Se hai cucinato tu, piuttosto mi butto nella fontana.-
- Ah, che spiritoso tuo figlio.- ironizzò Weasley, puntando addosso a Harry una paletta antiaderente - Che faccia orribile.-
- Grazie.-
- Che hai fatto? Non hai dormito?-
- No, ieri sera qualcuno ha esagerato con gli alcolici.- insinuò Potter, velenoso.
- Fottiti Sfregiato.- fu l'immediata risposta, detta senza inflessione.
Bene. Se non altro era ancora ricettivo.
- Gente, ho portato artiglio del diavolo per tutti.- sorrise Blaise, entrando con un sacchetto di carta sotto braccio, per poi fermarsi a guardarli tutto impietosito - Gente, prendetevi una vacanza. Fate schifo a un goblin.- e buttò il sacchetto sul bancone di pietra, tornando a sorridere - Allora? Edward, Trix ed Efren?-
- Coleman arriva fra mezz'ora. Gray l'ha bloccato al Ministero stanotte col turno del pipistrello.- ridacchiò Ron, lanciando a Lucas un biscotto, che prese al volo coi denti come un piccolo segugio - Edward è passato a riprendere i bambini da suo padre, arriva subito. Ophelia invece è già qui.-
- Tom come sta?-
- Una favola.- rispose l'interessato, apparendo sulla soglia come uno spiritato, con grandi cerchi violacei intorno agli occhi. Si lasciò andare seduto malamente e buttò giù la tazza di caffè che suo cugino, messo peggio di lui, stava lasciando raffreddare.
- Senza zucchero.- si lagnò, con una smorfia - Dove avete detto che è Trix?-
- Arriva con Efren.- sbadigliò Elettra - Notizie di Damon?-
- Neely è rimasta su in camera, era esausta.- spiegò Riddle, buttando svogliatamente un occhio alla Gazzetta del Profeta, dove, tanto per cambiare, appariva il solito titolone catastrofico dove il fesso di turno, giornalista patentato, esaltava l'attacco al San Mungo come un attacco all'autorità del Ministro Dibble.
Poco sotto, in grassetto, la risposta al Ministro.
"Non seccate me. Ma gli Auror. E' il loro lavoro rispondere ai vostri quesiti, altrimenti a quest'ora sarebbero politici."
- Mi piace questo Ministro.- fece, con tono quasi allegro.
- Che cazzo ridi, siamo nella merda fino al collo.- si lagnò Harry, tirandogli quasi in testa una ciambella - Fra una settimana, neanche, dovremo riportarti dal Wizengamot e faranno iniziare la loro dannata Inquisizione.-
- Perché non abbassi la voce?- sibilò Draco all'improvviso, gelido come il ghiaccio - Anzi, perché non te ne vai proprio Potter?-
Harry non si scompose - Sei nella mia cucina.-
- Questione di punti di vista.-
- Siamo di cattivo umore eh?- fece Blaise, sedendosi davanti a lui.
Di nuovo da Malfoy non ottenne alcuna risposta. Era tornato a fissare la sua tazza ormai vuota e fredda.
Però la linea serrata della mascella, per un occhio esperto come quello di Zabini, che per sette anni si era sorbiti i malumori mattutini di Draco, era un chiaro segno che. Qualcosa lo impensieriva.
Certo, Draco Malfoy era sempre di umore tetro.
Ma iridi tanto schiarite e dal colore sciupato, erano indice di un sentore interno.
Un malessere.
- Qualcosa non va?- gli chiese, con la sua espressione più calma.
Sempre per esperienza, sapeva che urtare nervi così sensibili era l'impresa più facile del mondo. E farsi vedere preoccupati o seccati, avrebbe solo peggiorato le cose.
Come previsto, gli arrivò un grugnito in risposta, ottenendo anche di vedergli serrare la mano sulla ceramica, tanto da farsi diventare bianche le nocche.
Tirava cattiva aria.
Blaise ne era sicuro. Perché i giorni neri per Draco, son giorni bui per tutti.
- Io vado.- sibilò Malfoy, alzandosi di colpo, senza alcun preavviso.
- Vai?- Potter non ne fu minimamente sorpreso - Vai dove?-
- Ovunque.- ringhiò Draco, girandosi a lanciargli un'occhiata gelida - Qui non si respira.-
Si, gli mancava l'ossigeno in quella casa.
Non ce n'era abbastanza per lui, quella mattina. Forse non ce ne sarebbe stato più.
Codardo.
Si, era un codardo.
Un vigliacco.
Era l'essere più indegno sulla faccia di quella terra desolata e infame.
Attraversò l'atrio, ma sotto lo scalone andò a sbattere contro il corpo profumato di sua moglie.
Era morbida e setosa, avvolta in una nuvola di organza color fragola.
L'afferrò prima di farla cadere e a sua volta, Hermione si strinse forte alla sua vita.
- Ehi.- borbottò, reprimendo uno sbadiglio con la mano - Che fretta. Ma dove vai?-
All'inferno.
Dove potrò soffrire in pace senza soccombere ai tuoi occhi.
Si staccò da lei bruscamente, facendosi indietro.
Lei, sbattendo le ciglia, lo fissò confusa. Fu rapida a cogliere ogni sfumatura nei suoi occhi e nel suo sguardo.
Poteva essere una brutta giornata semplicemente, poteva solo essersi alzato male. Sapeva che suo marito era avvezzo a cambiare umore come le donne. Ma non quel giorno.
Cercò di aprire la bocca, ma ancora prima di schiudere le labbra, un guizzo delle iridi di Draco la bloccò.
Era arrabbiato.
Sconvolto.
- E' successo qualcosa?- mormorò, iniziando ad agitarsi.
Di nuovo, lui non fece un fiato.
Ma la fissò come se fosse colpa sua. Hermione in rapida sequenza pensò a una varietà d'ipotesi allucinanti. La gelosia per Aleandro, i fatti al San Mungo, il suo rifiuto per le cure. Sargas.
Le pensò tutte, agitandosi sempre di più.
Perché continuava a fissarla come si fosse alzato quella mattina e vedendola a letto accanto a sé avesse capito di odiarla. Di aver commesso il più grande errore della sua vita.
Purtroppo per lei non riuscì più neanche a guardarlo in faccia.
Draco si Smaterializzò via senza neanche salutarla. Andato via lui, Hermione ebbe l'impressione di tornare a respirare dopo un periodo prolungato in apnea.
Si portò le mani al cuore, col serpente del sospetto che si annidava in lei, torcendole le viscere.
L'aveva fatto arrabbiare così tanto?
Eppure quella notte per loro era stata speciale. Lui era stato appassionato come non mai. E di una dolcezza insolita, quasi disperata.
Possibile che gli avesse fatto uno sgarbo senza saperlo?
- Ma che gli è preso a sua maestà?- borbottò Ron, quando la ragazza entrò in cucina.
- Non lo so.- ammise, con vocina sottile che fece sorridere Harry ed Elettra con tenerezza - Eppure sembrava stare bene ieri sera.-
- Certo, dipende come ha ricevuto la "buona notte".- fu il laconico commento di Blaise - Non è che è geloso di Iesi?-
- Ma va, non avrebbe motivo di essere geloso.- fece Hermione, agitando la mano con assoluta sicurezza - E poi...no, neanche per idea!-
Ma dai, l'autostima di Draco Malfoy toccava picchi allucinanti. Era biondo, bello, sexy e ricco. Se una donna gli tappava la bocca con una sigaretta o una mela, sarebbe riuscita a farselo andare bene e in allegria anche per tutta la vita!
E poi non era mai stato seriamente geloso in vita sua. Lei era più che convinta che per lui, possessivo fino allo spasimo con le sue cose, mettere paletti e recinzioni intorno alle sue "cose" era solo un modo per sentirsi sereno.
A posto. Purtroppo, coi suoi precedenti e la sua infanzia, aveva imparato presto a difendere il suo territorio e la sua piccola sfera di affetti. Possesso.
Ma non gelosia. Perché la gelosia era data dall'insicurezza.
- Perché non dovrebbe essere geloso?- se ne uscì invece Tom, guardandola da capo a piedi - Credi di essere invisibile?-
- Hai presente tuo cugino, vero?- replicò a tono la bella strega - Alto, biondo e dispotico?-
- Quello che ieri sera stava per uccidere l'uomo che ha osato sfiorarti la mano? Si.-
- Su, Tom, ti prego. Non ti ci mettere pure tu.-
- Bah, voi donne non capite niente.- bofonchiò Riddle, addentando una ciambella.
- Già, non riconoscete i pedofili.- se ne uscì Lucas all'improvviso, facendosi accarezzare dolcemente la testa da sua madre - Il maniaco non torna più spero. O è la volta buona che lo faccio alla griglia!-
- Qui non ce n'è uno normale.- sbuffò Hermione, afferrando la Gazzetta - Qualcuno vada ad aprire, hanno suonato.-
- Lascia, vado io.- Harry fermò Ron, lasciandolo in balia dei muffin e del forno, pronto a esplodere. Se tanto gli dava tanto, quel giorno tutti i mezzi Black rimasti sul suolo londinese erano tutti dello stesso umore. Draco sparito, Tom gioioso come un cadavere e...
- Tu!- sbraitò Sirius, varcando la soglia dopo Cloe, puntandogli praticamente il dito in faccia - Harry James Potter, come diavolo hai fatto a farti dire da Nettunia certe cose che appartengono solo alla mia vita privata?!-
- Vita privata?- fece la King, salutando appena Potter e avviandosi - Tutta Londra sa che sei un Casanova, Sirius.-
- Si, ma nessuno sapeva che si facesse l'avvocato.- attaccò a ridere Weasley, piegato pericolosamente sui fornelli accesi - Cazzo Paddy, sei il mio mito, davvero.-
- Pure il mio.- rise Blaise a crepapelle.
- Non fa ridere, se Deirdre viene a saperlo saranno cazzi amari per tutti, lo sapete?- sbottò Black.
- Non ti credevo uno da tenere le mani in due guanti.- fece Harry, dall'alto della sua posizione di uomo fedele e devoto - Non che la Perfida mi sia mai piaciuta...ma addirittura la Sparks. E Remus ti copre? Ce l'avessi io un amico così.- e sorrise poi ad Elettra, tutto angelico - Ovviamente non per questioni simili, amore.-
- Ovviamente.- sorrise la bionda con espressione stucchevole - Già che ci sono penso che andrò a cercare Iesi. Magari, anche se non sono Veggente, il mio conto in banca e il mio buon nome gl'interessano lo stesso.-
- Col cavolo mamma, quello è un porco!-
- Lucas, ti prego! Parla bene!-
- Alla fine della fiera...- riassunse Herm, senza neanche alzare il viso dalla Gazzetta - ...qua non gliene frega niente a nessuno, Sirius, che tu sia il più immorale e chiacchierato fedifrago di Londra. A questo punto però devo dare una bella somma a Edward, accidenti.-
- Quanto gli devi?- allibì Blaise.
- 150 galeoni.-
- Solo? Io ne ho puntati 300!- sbottò Zabini - Dalton è un bastardo, gioca a rialzo!-
Sirius era inferocito. Li fissava come prede di caccia e sicuramente li avrebbe fatti secchi uno per uno, tanto ormai, visto che era stato considerato innocente e si era preso milioni di scuse per anni, più nessuno al Ministero avrebbe potuto accusarlo davvero di omicidio. Neanche se l'avessero trovato con le mani al collo del defunto bambino sopravvissuto.
Era il caso di mandare via i bambini, se voleva mettersi a urlare tutto il suo repertorio di parolacce. Pensò anche di mandare fuori Ophelia ed Elettra. Ma la prima era la moglie di Edward e la seconda di Harry. Quindi dovevano essere abituate a peggio. Hermione poi ci era cresciuta con loro...
- Neely ha dormito abbastanza?- chiese intanto Cloe, mentre in sottofondo gli Auror scatenavano la quindicesima guerra mondiale - Ha già mangiato?-
- Dorme ancora. Credo sia esausta.- le disse Tom, cercando, tra l'altro senza successo, di non fare il moccioso emozionato alla prima cotta, perché lei gli stava troppo vicino - Più tardi vado a portarle la colazione.-
- Che si fa con Damon?-
- Non lo so.- ammise Riddle, sospirando. Non lo sapeva proprio. Non sapeva più che fare col suo migliore amico.
Gli mancava già, anche se erano passati solo due giorni.
- Mi metterò sui libri, oggi.- continuò, passandosi una mano fra i capelli color inchiostro - Troverò un modo, devo trovarlo. Non capisco cosa l'abbia portato al coma. Se il colpo di Minegon di quella donna o un fattore interno...ma che sia dannato se lo lascerò in quelle condizioni un altro giorno.- e sbuffò, afferrando la prima cosa che gli capitava a tiro per farsi aria. Quel giorno c'era un'afa terribile.
Solo dopo si accorse che era la Busta. Si la mitica, unica e sola.
- Claire.- ruggì fra i denti - Che diavolo ci fa qui?-
- Eh?- fece lei, cadendo dalle nuvole - Di cosa parli?-
- I tuoi esami, impedita!- sbottò, buttandogliela sotto il naso - Perché non li apri, accidenti? E se proprio te ne freghi, almeno bruciala. Non lasciarla in giro per casa, che poi qui sono qui fuori di mina. Il tuo nome neanche si legge più e va a finire che l'aprirà Harry, pensando che sia la risposta dello psichiatra e legge, magari, che ha grane alle ovaie!-
- Merlino, che cosa disgustosa.-
Ora la strozzava. Aveva semplicemente cacciato la lingua, con un brivido, per poi prendergli la busta per farsi aria a sua volta. Che cervello di gallina quando voleva!
- Senti...-
- Hn?-
- Claire...stanotte dove sei stata?-
Cloe, di colpo, smise di farsi aria. E si volse, lentamente, a fissarlo.
- Cioè...dove hai dormito?-
Lei arcuò le sopracciglia, atteggiando un debole ghigno d'interesse - Perché me lo chiedi?-
- Bhè...magari sei ancora sotto i postumi del trauma all'Ordine.- abbozzò Tom, prontissimo - Magari dovresti tornare al San Mungo. Per un controllo.-
La King ovviamente roteò le pupille, tornando a farsi i fatti suoi, esasperata da quell'uomo imbecille.
- Certo. Già che ci sei vieni con me. Ma io in Traumatologia Magica. Tu alla Neuro Babbana.-
- Ma che ho detto adesso?-
- Niente!- brontolò irritata - Ho dormito da Trix, comunque.-
- Perché da Trix?-
- Perché mi piace farmi fare un succhiotto di prima mattina.- esplose, terrorizzandolo - Cos'è questo interrogatorio?!-
- Niente. Scusa.-
Piccolino e indifeso, si rannicchiò sulla sua sedia e stette zitto. Meglio non farla alterare con domande a trabocchetto su Trust, che Tom ovviamente faceva con espressione chiara come il sole.
Tempo dieci minuti e la Lucky House tornò al suo silenzio abituale. Chi era stanco per essersi fatto la notte, andò a letto. Elettra e Ophelia uscirono a fare spese, dopo essere andate a prendere Pansy; Hermione si vestì per andare a fare una cosa che faceva raramente...ovvero una visita ai suoi suoceri.
Harry prese la mattinata per andare alla Hayes a trovare i suoi piccoli e Tom si chiuse in camera da Damon, con Cloe e Neely. Ma al piano di sotto...gli scavezzacollo della futura generazione rimasero soli. Allo stato brado. A dire la verità qualcuno avrebbe dovuto controllarli. Di solito spettava agli elfi domestici, ma dopo che la settimana prima Hermione aveva quasi pescato Buzzy, l'elfo preferito di Draco, a lavare un water, ora tutta la comunità di lavoro sottobanco se ne stava ben nascosta, per uscire fuori solo di notte, quando la padrona veniva segregata nella stanza da letto dal marito.
E così Faith era attaccata alla tv nella sua stanza, con Cosmo in testa, i pulcini in braccio e il canale di Discovery Channel a farle vedere come gli americani avevano costruito le atomiche; Lucas stava nella cucina dei Potter a giocare con la x-box e Glory a casa sua, con la testa nel frigo a cercarsi uno yogurt bianco perché la mattina non riusciva a mandare giù altro.
Però non era sola, anche se non lo sapeva.
Aveva preso lo yogurt, usando lo sgabello perché il frigo hi-tech di casa Malfoy era alto e sottile, in nichel laccato, e non aveva neanche fatto in tempo a chiudere lo sportello che la paura dei giorni scorsi tornò a colpirla, impietosa e crudele.
Gli occhioni bicolore divennero vitrei come specchi di un lago, quando con lentezza esasperante e minacciosa, ogni oggetto in quella cucina iniziò a galleggiare.
Sgomenta, una decina di padelle iniziarono a roteare come impazzite attorno al delicato lampadario Hook, una sospensione di dodici luci con finissime lampadine appiattite.
Lucas, da parte sua, qualche minuto più tardi sentì un grido, poi il fracasso più infernale che si fosse mai udito in quella casa. Cacciando un'imprecazione che un bambino di quasi undici anni non avrebbe mai dovuto sentire, fece cadere il joystick e corse nell'ala Malfoy.
Quando si fermò sulla soglia della cucina, a bocca spalancata, non riusciva a credere ai suoi occhi.
Un pandemonio. Un nugolo di pentole di metallo, rame e alluminio si agitavano come impazzite. Andavano a sbattere ovunque, bollandosi e provocando tonfi agghiaccianti. Le ante degli sportelli sbattevano, calici di cristallo cadevano fuori dalle mensole e dalle vetrinette, finendo a terra in frantumi.
In mezzo alla cucina, nell'isola di preparazione, vide perfino il forno e la lavastoviglie sputare tutto ciò che contenevano.
Allibito si, da matti, ma quando una pentola cercò di prenderlo in faccia, si scostò senza fare un verso, anche se la sua espressione non faceva presagire nulla di buono. Perché sentì qualcosa che non si udiva tutti i giorni.
Come se non fosse stato abbastanza sentirsi bruciare come una torcia di notte, Lucas dovette assistere a una pioggia di pentole che cadevano contro Glory, accucciata e rannicchiata in un angolo della cucina, sotto il piano dei tre lavandini.
Ma le stoviglie non le cadevano addosso, stavolta.
Solo vicino, per spaventarla. E col viso nascosto sotto le braccia, tremava così tanto che era sicuro stesse piangendo.
Tirando un'altra parolaccia, Lucas artigliò la mano e, concentrandosi tutto, creò una simpatica sfera infuocata.
Con quella, spedita a tutta velocità verso le pentole, riuscì a fermare quel disastro.
Certo, di fu altro fracasso infernale, ma quando finalmente tornò il silenzio, il piccolo Phyro sembrava soddisfatto di aver sfondato tre pentole e aver annerito metà soffitto della cucina di Draco.
Il suo divertimento si spense, quando corse a inginocchiarsi da Glory.
Piangeva proprio. Singhiozzava come una matta.
- Bravo!- sbottò allora, letteralmente imbestialito - L'hai fatta piangere, complimenti! Tu si che sei bravo! Ma che ti ha fatto, si può sapere? Perché non te la prendi con me invece che con lei?! Vediamo se sarai ancora capace di fare lo spiritoso quando ti avrò bruciato tutte le lenzuola!-
Avrebbe sbraitato di più se la piccola Malfoy non avesse iniziato a piagnucolare più forte.
Uno strazio.
- Glory, ti prego...- Lucas si fece indietro, cercando disperatamente qualcosa per tapparsi le orecchie - Smettila, dai! E' solo uno stupido fantasma con qualche squilibrio! Andiamo...ti prego, basta!- ma non c'era verso, neanche a pagarla, così si giocò l'ultima carta - Se la smetti di piangere vado a rubare alla vicina quei fiori che ti piacciono, tanto è vecchia e rimbambita, non se ne accorge! Eh? Ti va bene?-
Niente.
Stava quasi per mettersi le mani nei capelli. In fondo, accidenti, era stata tormentata per giorni da quello stupido cadavere, ma forse lo stupido cadavere avere anche dei sensi di colpa perché, sbalordendo il piccolo Potter, qualcosa d'invisibile afferrò un lembo del rotolo di carta da cucina e tirandolo fino a rovesciarlo tutto, in mezzo ai cocci sul prezioso cotto di Draco, lo portò accanto a Glory.
Le aveva portato un fazzoletto...bhè, lungo, ma sempre un fazzoletto.
- Roba da matti.- sibilò Lucas, girandosi e inginocchiandosi di spalle davanti a Glory - Dai, andiamo.-
Uno strappo alla carta, una soffiata al naso e la bimba buttò le braccine al collo del Phyro. E Sargas, con le guance tutte gonfie, iniziò a seguirli come i pulcini seguivano Faith, passo dopo passo.


Edward Deverall Dalton si sparò la quinta tazza di caffè della mattinata. Ancora un po' e avrebbe fatto ricchi i produttori del macinato del Ministero, dei cani, se quel bastardo di Ron continuava a mettergli le notti tutte di fila.
- A che punto siamo?-
Edward ingollò una sorsata, facendo una smorfia. Ok, lo beveva, ma faceva comunque schifo. Forse doveva fare come Efren, che in quel momento stava buttando nella tazza del caffè anche del latte e un goccio, l'essenziale, di sciroppo per la tosse. Non capiva l'accostamento, però forse così riusciva a far passare quel retrogusto di limone tossico.
- Ho fatto rapporto a Duncan.- rispose il Medimago, sbadigliando - E ora, con permesso, me ne vado a dormire.-
- Vado a controllare ancora una volta l'Ordine della Fenice, dopo di che filo anche io.- rispose Dalton, lasciandosi baciare la guancia da Trix, quando la Diurna li raggiunse con un plico di fogli certificati sotto il braccio.
- Aprite le orecchie.- scandì seria - Sono stata nel Reparto Personale e ho i nominativi di tutti coloro che entrano al nostro livello e finiscono vicini al Quartier Generale, tanto da essersi appestati con l'incenso del capo.-
- Per me è uno che lavoro qua.- fece Efren.
- Anche per me, ma non voglio lasciare fuori nulla.- Trix continuò, tutta seria come una maestrina - Mentre voi dormite, io lascio questi alla Lucky House. Tom inizierà a controllare, mentre io vado a vedere come sta Asher.-
- Non gli hanno mandato qualcuno a casa?- ribattè Coleman, alzando un sopracciglio - Di solito lo fanno al San Mungo.-
- Mandarti una badante a casa intendi?- la cosa sembrava divertire la Vaughn - Vuoi dire che in questo momento, a Crenshaw Hill, c'è una povera strega da sola con Asher, William, Hacate e Jeager? Dovevo giusto fare colazione...-
- Ahah, spiritosa. Edward, hai intenzione di andare con lei?-
- Spiacente.- rispose Dalton, l'espressione talmente vacua e assonnata che sarebbe potuto crollare da un momento all'altro - Ma ho promesso a mia figlia il bacio della buona notte.-
- Sono le nove del mattino.- gli ricordò Efren.
- Quando faccio la notte, Caroline non dorme per partito preso.-
- E riesce a stare sveglia tutta la notte?-
- Guardando le registrazioni di Pollon.-
- Tua figlia diventerà una gran donna.- scandì Trix, rimettendosi la tracolla - Allora siamo d'accordo.-
- Si, io controllo in che stato è l'Ordine...- finì l'ex Corvonero -...e poi vado a casa.-
- Io mi faccio otto ore poi vado ai Guardiani di Giorno.- si accodò Efren, mentre uscivano dal Quartier Generale - Vedo se loro sanno dirmi qualcosa sugli spostamenti di Halley Brockway.-
- Basterebbe rapirla.- sentenziò la Diurna.
- L'ho detto a Duncan, ma non vuole starmi a sentire.- si lagnò Dalton - Malfoy in casa ha abbastanza Essenza di Oblivion da farle dimenticare anche il suo nome, ma il capo è sordo da quest'orecchio! Ciao Gary.-
- Salve ragazzi.-
Gary Smith si fermò insieme alla sua compagna June, per informarsi delle novità.
Dissero quattro parole, le necessarie per mettere qualche buontempone a conoscenza del fatto che la cara Halley Brockway aveva le ore contate. Trix poi, fece anche un rapido "sondaggio olfattivo" della situazione.
Colpa degli incensi di Duncan, accidenti!
Anche chi entrava un attimo al Secondo Livello restava appestato come un lebbroso!
- Salve, signor Ombrodoro!-
Sentendo il nome, la Diurna si girò verso l'ascensore. Mason era tornato dalla notte, distrutto pure lui, ma parve illuminarsi al solo vederla. Trix sapeva che persona coscienziosa fosse, una vera anima buona, che non aveva preso bene il ferimento di tanti suoi compagni di squadra. E ora, che tutti gli altri erano ancora al San Mungo, sembrava interessatissimo alla situazione di Tom.
- Salve, Beatrix.- la salutò, quando andarono verso l'ascensore.
- Salve Mason.- replicò lei, scrutandolo attentamente - Nottataccia?-
- Orrida.- rispose, salutando poi cordialmente Efren e Dalton invece, con maggiore referenza - Voi? Novità?-
- A parte il buco della Sede dell'Ordine, l'emicrania e la frustrazione, direi nessuna novità.- sibilò Edward, accendendosi una sigaretta.
- Signor Dalton!- sbottò subito Boris, sempre appostato lì all'ascensore - L'avrò detto un milione di volte a lei al signor Malfoy! Ci sono delle multe salate, lo sa?-
- Fammene avere una quando puoi.- bofonchiò Edward - E già che ci sei, fai sapere delle sanzioni al capo.-
- Lei è impossibile!- sbottò l'usciere mingherlino, tutto rosso per lo sdegno.
- Tu invece sei una favola.- commentò il mago, scrutandolo da capo a piedi - Ma piano con l'oro...- e indicò la sua livrea dorata - Quel colore ti dà un po' l'aria da epatite C.-
E facendo venire il nervoso a mezzo livello, Dalton prese allegramente il volo. Qualcuno però se la ghignava tanto che Boris decise di andarsene con aria oltraggiata, come un Malfoy con una macchia sulla camicia.
Al momento di separarsi, fuori al Ministero, alla luce di un pallido sole estivo, Trix capì le reali intenzioni di Ombrodoro quando le rivelò che una sua giovane recluta, un ragazzo di appena vent'anni, al San Mungo era stato ferito in maniera irreparabile.
- Resterà paralizzato.- concluse, fissandola attentamente.
- Vuoi vendetta?- gli chiese, restando immobile di fronte a lui.
Mason parve pensarci. Ma solo un istante. Rise, conscio che sarebbe stato da ipocriti mentire, e si cacciò le mani in tasca.
- Credo che il mio esatto volere sia vedere Badomen e la sua donna ad Azkaban, a strillare dietro le sbarre.-
- E io cosa posso farci?-
- Tu sei parte di tutto. Voglio dare una mano, ma non come esterno. Voglio entrare nei giochi.-
- Se entri...non ne esci più.-
- E' quello che voglio.- si toccò la guancia sfregiata, piegando la bocca in un ghigno - Da quel giorno al Tower Bridge.-
Era serio. Dannatamente serio.
In fondo, perché restare in panchina se non si è pronti a entrare in campo?, si chiese Trix.
- D'accordo. Vieni, seguimi. Ti porto a conoscere una parte fondamentale del gruppo.-
- Perdonami, Beatrix, ma le presentazioni m'interessano poco.-
- Qua si gioca in squadra, Mason.- gli disse, prima di dargli le spalle e infilarsi in un vicolo anonimo - Se non t'interessa, allora ci vediamo stasera a lavoro.-

- Ahi! Cristo Santo!-
- Senti, Asher...mi hai quasi rotto il cazzo, sei avvisato.-
- Al diavolo, questa ragazzina mica sta facendo a brandelli la tua di spalla!-
Jeager Crenshaw, seduto alla tavola di marmo della sua cucina ora più che mai utilizzata e vissuta, nascose un sadico ghigno di compiacimento a quello scambio di battute. Suo figlio e il suo...figliastro peloso?, avevano appena dato sfogo a una sequela di finezze che avevano fatto sbraitare Selma per tale mancanza di decoro.
Il fatto era che suo figlio non sopportava i piagnistei.
Il suo figliastro non sopportava l'argento, ovviamente, che quella notte quasi gli aveva procurato uno shock anafilattico e, per finire in bellezza, aveva reso l'epidermide della sua spalla sinistra gonfia come un melone.
Lo sfregio di per sé non sarebbe stato nulla, ma era profondo...e pareva che dentro, per causare tanta reazione allergica, ci fosse rimasto dell'argento inpolverito. I Mangiamorte erano ben arrabbiati con Greyback, per fargli uno scherzo simile. Ma il vero divertimento era quella mocciosetta...che si e no dimostrava diciotto anni, anche se ne aveva venti.
Una Medimaga tutta carina, le sarebbero mancati i fiocchetti in testa e sarebbe sembrata una bambolina di porcellana.
Ma, essendo una povera fanciulla, non era abituata a trattare con pazienti recalcitranti.
Era la stessa che, la sera prima, aveva curato Asher dopo l'attacco. La stessa che si era beccata un sacco di minacce di morsi cruenti da parte del principe e ancora adesso, di mattina, non faceva che scusarsi ogni qual volta il lupo sbraitava.
A buon diritto. La strega, giovane come la prima neve, sembrava un pochetto alle prime armi...
Giusto un pochetto...
- E che sarà mai?- bofonchiò di nuovo William, rischiando la giugulare, visto come il mannaro stava per esplodere - Ti sta solo mettendo dei punti!-
- Le vedi ago e filo in mano?- tuonò Asher, piegato coi gomiti sulla tavola - Non le darei in mano una cerbottana scarica, figurarsi ago e filo!-
La Medimaga, fattasi minuscola, cercò di disinfettare la ferita con manina più delicata.
- Mi dispiace tanto!- pigolò - Davvero, sto facendo del mio meglio...solo che...-
-...solo che sto perdendo la pazienza...- ruggì il mannaro - E anche la sensibilità, quindi muoviti!!-
- Si, certo! Scusi, scusi tanto!-
- Si può sapere cosa diavolo succede?-
Trix entrò in cucina con espressione seccata, dopo aver lasciato la giacca a Selma, con un bel sorriso e averlo perso, un istante più tardi, vedendo Asher a torso nudo, tampinato da una ragazzetta tutta tremolante.
- Greyback frigni come un bambino!- l'apostrofò, ricominciando a ridere.
- Sta zitta tu!- brontolò il principe - Questa maledetta è una macellaia! Mia madre ha più delicatezza!-
- Perché, hai una madre?- fece William, sarcastico.
- Se non stai zitto, fra poco tu non avrai più neanche un padre!-
- Si può sapere io cosa cazzo centro?- chiese elegantemente Jeager - E tu Hacate, per Dio, hai finito di mangiare?-
La demone gli sorrise, tutta luminosa quanto quella povera Medimaga era intimidita.
Hacate era sempre zuccherosa e benevola con Crenshaw, nonostante a volte le parlasse come uno scaricatore di porto. Senza contare che vederla avvolta, abbronzantissima, in quella vestaglia a stampa di farfalle colorate, faceva venire il buon umore a tutti. Anche Asher si rabbonì, quando la Trilocus gli cedette il suo yogurt.
- Ti piacciono scheletriche, papà?- attaccò William, acidamente.
- No, mi piacciono in silenzio tutti quanti. Sia donne che uomini.-
- A me piacerebbe masticare questa mocciosa.- sibilò Asher, di nuovo, quando la Medimaga ebbe la brillante idea di finirli addosso perché aveva pestato l'orlo del suo stesso vestito. E di fare cos'altro? Dargli, ovviamente, una bella manata sulla spalla, per tenersi dritta.
La calma e l'espressione stoica di Greyback erano un monumento a quei sacri momenti in cui, il protagonista, esplode e fa una strage. Anche se in questo caso il protagonista si sarebbe mangiato la crocerossina.
- Ti sei portata un amico Beatrix?- le chiese Hacate, distogliendo l'attenzione dal piagnucolare della Medimaga.
- Oh, si. Dena lo conosce. Gente, Mason Ombrodoro, Auror del Ministero. Era con noi al Tower Bridge.- e si scostò, lasciando che Mason facesse conoscenza con quella massa di psicopatici.
Gentilissimo con Hacate e Degona, che arrivò in quel momento attaccata al cellulare, e un po' meno fiducioso nei confronti di Jeager e Asher, che ormai aveva i denti di uno squalo e non di un lupo, parve mettersi a suo agio quando la giovane Mckay chiuse la comunicazione e gli strinse calorosamente le mani.
Jeager parve sollevato.
Se passava l'esame di Dena, allora andava tutto bene.
- Che ha detto?- sbottò subito William, fregandosene di Ombrodoro - Che ha detto tua madre?-
Trix fissò Dena senza capire.
- S'è svegliata?- e spalancò occhioni e bocca - Tua madre s'è svegliata? Oddio, ma Tom non lo sa!-
- Si.- borbottò la Mckay, sedendosi mollemente - Il problema ora è mio padre. E' lui che ha qualche problema adesso.-
- Tristan? Si può sapere cosa succede?-
- AHI! OK, ADESSO BASTA! VIENI QUI!-
Tutta la casa traballò in quell'esatto istante. Tanto che, per fermare Greyback, letteralmente salito sulla sedia per sbranare la sua "assassina" dovettero mettersi in tre, Jeager, William e pure Mason.
La Vaughn, che se ne fregava altamente, si fece dire da Degona l'essenziale.
Ovvero che Lucilla si era destata dal sonno (grazie per aver avvisato tutti!) e che, il rovescio della medaglia, era stata una sorta di vendetta patriarcale degli Harkansky su Tristan.
Al telefono, Degona era solo riuscita a carpire alla madre che suo padre era finalmente tornato umano, ma dal suo tono aveva inteso che i guai a Cedar House erano appena iniziati. Non era riuscita a farsi dire di più. Lucilla poi, prima di chiudere, le aveva strappato la promessa che sarebbe rimasta a vivere a Crenshaw Hill per un po' di tempo.
Il quanto tempo, non era stato specificato.
- Mi dispiace.- sospirò Trix, mentre a tavola Hacate versava del thè per Dena e la Medimaga, traumatizzatissima.
- Quando avremo notizie?- le chiese invece la Trilocus.
- La mamma ha detto che mi ritelefona stasera.- sospirò la Mckay. Sbattendo le ciglia, si accorse solo in seguito della presenza estranea a quella tavola. Fissò la bella biondina seduta con Hacate e le sorrise.
- Salve.-
- Buongiorno.- abbozzò la Medimaga - Mi dispiace tanto per questo chiasso.-
- Oh, figurati.- cinguettò Hacate, dandole un colpetto sulla spalla - Gli uomini non sanno sopportare il dolore.-
- Ah, io non saprei sopportare il dolore?- strombazzò il principe dei Greyback, infilandosi la camicia di volata - Quella lì è la figlia di Jack The Ripper! Meglio morire di shock anafilattico a questo punto!-
- Quella lì magari ha un nome.- gli fece presente Dena.
- Certo, Wolf Slayer!-
- Che palle, Asher.- sbuffò Trix - La manda il San Mungo, vero?-
La Medimaga annuì, rossa come un pomodoro - Si, sono stata assegnata al signor Greyback.-
Dena la studiò da capo a piedi - Quanti anni hai, scusa?-
- Io? Venti.-
- Quanti?!- urlò di nuovo Asher - Hai appena imparato a camminare e ti mettono in mano ago e filo? Ma siamo matti?-
- Mi dispiace, non volevo farle male...mi scusi...-
- Greyback, per Merlino.- lo rintuzzò di nuovo Trix - Non vedi che la spaventi? Come ti chiami?-
Alla domanda, la Medimaga arrossì di più.
- Dorotea...-
William, quell'idiota, gonfiò le guance. Jeager, molto meno pronto, spalancò un ghigno da iena.
- Mia madre adora il Mago di Oz...- si difese la ragazza, mordendosi un labbro.
- Che diavolo avete da ridere?- brontolò Asher.
- Mai sentito parlare del Mago di Oz?- rise William - Tua madre non te le raccontava le favole?-
- Vogliamo lasciare fuori mia madre da ogni discorso in questa casa? Comunque...- e puntò gli occhi arancioni sulla sua crocerossina come due fanali - Dorotea o come accidenti ti chiami, grazie, ma adesso sto bene! Mi faccio ricucire la spalla da un vampiro piuttosto!-
- Greyback non essere scortese.- celiò Trix.
- Già, poverina. Si è impegnata tanto a rimetterti in sesto.- tubò anche Hacate, senza dare assolutamente l'impressione che lo stesse prendendo in giro o meno - Quella spalla ha un brutto aspetto. Inoltre hai la febbre.-
- Si e anche un principio d'esaurimento!-
- Ti preparo una bistecca?- celiò la Trilocus.
- Possibile che pensate solo a mangiare?- si lagnò Jeager - Allora Trix, che si fa oggi?-
- Mentre i cuccioli riposano...noi andiamo a guardare in faccia Halley Brockway.- rise la Diurna, dando il gomito a Mason - Jeager, sei invitato ufficialmente.-
- Vedete di non farvi beccare.- li ammonì Dena.
- Tranquilla.- ghignò Crenshaw, carezzandole il capo di volata - Voi state pure qua a banchettare. Noi andiamo a tastare il terreno. Dorotea, mi raccomando, occupati del ferito.-
- Vaffanculo Jeager, non ho bisogno della macellaia!-
- Ma deve rimettersi in forze...- fu l'ultima cosa che sentirono gli avventurieri, uscendo dalla cucina - Adesso le preparo del brodo, starà benissimo!-
- Io non lo voglio il brodo! Vaughn, cazzo, torna subito qui!-



Lucilla del casato dei Lancaster rimase a fissare il telefono.
Il segnale della linea caduta le rimbombava in testa come un'eco.
Quel breve sprazzo di contatto con sua figlia era finito.
Tagliato.
Ed era tornata alla dura realtà.

Ora Tristan Nathan Mckay sapeva che faccia il baratro.
L'abisso.
Si, ora conosceva il volto della sconfitta.
Somigliava vagamente al suo viso riflesso nello specchio.
Era quello l'emblema del baratro.
Un vessillo nero, piantato duramente sul suo cranio.

Era il karma.
Tu fai di tutto per dargli contro. Ma poi ti accorgi che l'unico modo per ottenere quello che vuoi, è dare modo al karma di schiacciarti. Non è mai giusto, il karma.
Perché colpisce con la forza di cento uomini, per schiacciarti la faccia per terra.
Con soddisfatto sadismo.
Non si sconfigge.
Non si frega il karma.
Se l'era meritato...

Oltre la porta chiusa, sbarrata, addirittura non solo con la magia, ma perfino una sedia girata al contrario, appostata contro la maniglia, del bagno di Cedar House, quello al piano terra, si sentivano gemito e lamenti.
Lucilla, dopo un giorno in cui aveva vagato, umana, come una tigre in gabbia per Londra, era tornata a casa.
Aveva camminato per tutta la capitale.
Da sola.
Per non stare nella stessa casa, insieme a suo marito.
Poi, all'alba del secondo giorno era tornata.
Le scie d'acqua dalla stanza del Lazzaro le avevano fatto capire che suo marito aveva strisciato fino al bagno. Per non uscirne più. Come lei si era "chiusa" all'esterno di Cedar House, Tristan si era asserragliato in quella stanza di porcellane e pavimenti di marmo, luminosa e fresca...nonostante da sotto lo stipite, non arrivasse neanche uno spiraglio di un qualunque debole bagliore.
Per chiudere fuori chiunque, che assurdo comportamento, aveva usato una poltrona.
E lei stava lì seduta.
Seduta contro lo stipite, costretta a sentirlo vomitare, contorcersi e gemere a ogni rintocco del pendolo del salone.
Era passato un altro giorno.
L'aveva riportato alla vita come se avesse costretto una farfalla a tornare bruco.
Rivoleva le sue ali...
Dei colpi di tosse, qualcosa che finiva in frantumi sul pavimento.
Da quante ore temeva che usasse qualsiasi oggetto in quel bagno, per farsi del male?
E prima ancora...gliene importava davvero che si uccidesse?
L'aveva pugnalato.
Dopo aver fatto sesso, semplice sesso, per lei.
Aveva provato un moto di gioia, trafiggendolo.
E quando era riapparso dalle acque del Lazzaro...annaspando come un pulcino...non aveva provato la minima pietà.
Lui di pietà non ne aveva avuta, quando le aveva strappato il cuore e gliel'aveva fatto a pezzettini per godersi Elisabeth.
Ma allora perché...perchè stava lì seduta?
Una bambina spaventata, rannicchiata contro una porta, con le orecchie tese e il cuore spinto allo spasimo.
Perché quel bastardo le faceva battere il cuore, anche nascosto come un codardo, dietro a quella dannata porta?
Bastardo.
Sollevò appena il viso. Da lì seduta, vedeva la lucentezza dei pavimenti del salone.
C'era uno specchio a muro. Riusciva a vedere il suo stesso riflesso.
Che cosa insolita.
Lucilla non si era mai vista così.
Era debole. Ancora molto debole. La perdita di sangue le aveva impedito di Smaterializzarsi. Di usare la telecinesi per i gesti più quotidiani: raccogliersi i capelli, muovere oggetti, cambiarsi d'abito...
La sua immagine rimandava una giovane donna dai capelli scomposti ma lucenti come smaltati.
Le gote appena leggermente colorite, forse a causa della lunga camminata.
Del suo esodo per la Londra addormentata.
Una ragazza magra, in jeans e una canottiera bianca.
Scalza, con le unghie laccate di un lucido nero inchiostro.
Aveva profonde occhiaie.
Chissà se suo marito era messo male come lei...
E poi, quella voce dentro di lei, che urlava...
...che possa patire tutte le pene dell'inferno...
Passarono minuti, un'ora e poi un'altra.
Sentiva l'acqua scorrere...
Poi altri colpi di tosse, conati di vomito...qualcosa di metallico che finiva a terra.
Da suono prolungato, qualcosa di rotondo...qualcosa che poteva rotolare...
Chissà perché, ma aveva la vaga idea di cosa potesse essere quell'oggetto...
Si fissò la mano sinistra.
Liscia.
Fredda.
Metallo lucente.
L'oro della fede.
Perché umani, demoni e vampiri si fanno simili promesse?
Neanche il migliore degli uomini la può mantenere.
Pochi istanti più tardi si alzò. Lo fece a fatica, usando le mani come leva.
Era strano provare tanta spossatezza.
Strano essere...così deboli.
In cucina, aprì il frigo e afferrò una busta del latte.
Poi, rimase immobile. A fissare tutti gli sportelli.
Non sapeva dove fossero i bicchieri...
Era casa sua e...non ricordava dove fossero...
Lasciò la busta del latte, mettendosi penosamente a sedere a tavola.
Vi poggiò i gomiti, sforzandosi di controllarsi.
Ma cos'aveva? Cos'aveva che non andava?
Aveva ragione Elisabeth. Dannazione, non sapeva neanche dove fossero i bicchieri in casa sua!
Lei non beveva, d'accordo ma...Tristan e sua figlia si...
Ma perché le interessava?
Avrebbe dovuto aspettare il ritorno dei suoi poteri e poi votare il resto della sua eternità a rendere la vita un inferno a suo marito. Avrebbe potuto fare come ogni donna tradita.
Lasciarlo.
Chiedere il divorzio.
O inventare con ogni mezzo, modi sempre nuovi per ucciderlo lentamente.
Tradirlo. Farlo proprio di fronte a lui.
Magari nel loro letto.
Impedirgli di vedere Degona.
Già.
Una donna innamorata e infuriata l'avrebbe fatto.
Ma lei non era solo innamorata e infuriata.
Lei non...
Una lacrima le scivolò dalla guancia.
Finì contro la superficie del tavolo.
Lei non sapeva dove fossero i bicchieri...
Il forte rumore proveniente dal salone le fece alzare il viso di scatto.
Rumore di legno spaccato.
Provò ad alzarsi, ma poi capì che sarebbe stato inutile.
Veniva avanti, accostandosi alla parete. Come un vecchio senza bastone.
Rantolava.
Ansimava.
Aveva occhiaie che Lucilla non avrebbe pensato di poter vedere neanche a un moribondo.
I capelli biondi erano scomposti, bagnati.
Un leggero taglio sulla fronte, le diede l'idea che fosse caduto da poco.
Indossava morbidi pantaloni neri di una vecchia tuta. A vederlo, sembravano pronti a cadere, per questo li aveva girati più volte sui fianchi. Sopra, una vecchia maglietta stinta, dalle maniche lunghe.
Era scalzo.
Ma più camminava, più sembrava pronto a cadere.
Le sue ginocchia si piegavano a ogni passo.
E puntava fisso il frigorifero, ignorando completamente lei.
Non doveva guardarla.
Tristan lo sapeva.
Non doveva neanche provarci.
Lei era follia.
E non gl'importava niente se a ogni passo, gli sembrava di camminare sulle lame.
Non gliene fregava nulla se le sue ossa si sarebbero spezzate entro quella sera.
Sentiva solo...il veleno, scorrergli sotto pelle come un fiume in piena.
Giunto al lavandino, accanto al frigo, vi si appoggiò di peso.
Ansimò a lungo.
Tristan ricordava di aver fatto la pertosse da bambino.
Neanche allora aveva mai sentito un tale bisogno di ossigeno.
Ma...aveva sete...tanta sete...
Alzò la mano, verso lo sportello del frigo.
Facendolo, vide la sua epidermide.
Era come se mille serpenti neri gli stessero ancora correndo nelle vene.
Di nuovo lo colpì un conato di vomito, ma in bocca non gli restava che amara saliva.
Non mangiava da...già, da quanto?
Ritirò il palmo, tornando ad appoggiarsi al bordo di granito del mobile della cucina.
Fissò oltre l'immensa finestra a forma di mezzaluna che irradiava la luce del primo mattino.
Non vedeva solo la magia nera, ancora presente in lui, sulla sua mano.
C'era...sangue.
C'era sangue. Tanto sangue.
Sangue rosso.
E benché non avesse fatto altro in due giorni che lavarsi le mani, non faceva che vedere quel sangue dappertutto.
Voleva davvero sapere?
E lei?
Gli avrebbe risposto?
Era anche di spalle.
Cos'aspettava sua moglie a prendere un coltello e a piantarglielo in mezzo alle scapole?
Traditore.
Un traditore con le mani sporche di sangue.
Aveva troppa sete.
Aveva sete...e necessitava di aria...
Non ce la faceva a respirare.
- Dovresti andare a letto.-
Gli occhi già sbarrati e le pupille dilatate di Tristan ebbero un guizzo.
Andare a dormire. Riposarsi.
Certo.
Un sonnellino e avrebbe dimenticato tutto.
All'inferno.
Sentiva la magia nera residua in lui, montargli dentro come un rogo.
- Voglio che te ne vai da questa casa.-
Lucilla non staccò lo sguardo dal cartone del latte.
- Voglio che te ne vai.- ribadì nuovamente la voce arrochita e bassa di suo marito - Vattene Lucilla. Cedar House è intestata a me. Vattene e non tornare mai più.-
Tutta la cucina iniziò a traballare. Lucilla vide il fremito nella vetrinetta di tazze da collezione che Elisabeth teneva a fianco della dispensa. Quando finirono in pezzi, non ne rimase stupita.
Suo marito si accasciò contro il lavello, le dita piantate nel marmo, la schiena tesa come le sue braccia.
Forse era il momento buono per iniziare a pregare...
- Vai via, prima che dica qualcosa d'irreparabile.-
Stavolta la voce del marito le giunse come una supplica.
- Non mi controllo...voglio che vai via!-
- E' la magia nera rimasta. Passerà.-
- Vattene!-
L'urlo invase la cucina insieme a una bordata di vento che spalancò le finestre, mandando in pezzi vetri e sospensioni di legno. Lucilla ne venne investita. Una piccola scheggia le ferì lievemente il collo.
Ora lui era davvero più forte di lei. E sarebbe stato così per più di una settimana.
Se avesse voluto...sarebbe anche riuscito a strangolarla. O...di peggio...
Lo scricchiolio del vetro infranto sotto alcune suole fece girare verso l'ingresso entrambi i coniugi.
Jess e Sofia erano sulla soglia.
I tre fratelli si fissarono per un breve istante.
- Fuori.- ordinò Tristan, tornando a girarsi verso la finestra a pezzi.
- Ti cedo il piacere.- fu il soave commento di Sofia Mckay, verso il fratello maggiore - Lucilla vieni, noi andiamo a farci un bagno.-
- Fuori da questa casa.- tornò a ribadire Tristan.
- Voi andate.- disse Jess, levandosi la giacca e arrotolandosi le maniche della camicia, mentre la sorella e Lucilla uscivano silenziosamente - Qua me ne occupo io.-
Lucilla non era più nella stanza.
Inconsciamente, avvertiva qualcosa di gelido nel cuore.
Lei che non c'era più.
Allo stesso tempo, le avrebbe fatto le valigie e l'avrebbe personalmente buttata fuori di casa.
Arma a doppio taglio.
Lucilla lo era sempre stata.
- Vedo che stai meglio.-
Tristan rise, così debole che non colse neanche quel ghigno in una scheggia di vetro, sotto al suo naso.
- Se lo dici tu, fratellino.-
- Devi darti una ripulita.-
- Vall'inferno.-
- Certo, ci vedremo lì.- Jess non si scompose - Ma adesso vieni con me.-
- Torno a ripetere...nel caso tu sia diventato sordo...fuori da casa mia...-
Il tempo d'indicargli la porta e di sentirlo avvicinarsi rapidamente.
Fu il pugno a mandarlo completamente contro il frigorifero. Bastò.
Né magia né altra violenza.
Solo un manrovescio ben piazzato sulla mascella e Tristan scivolò dal frigo verso il basso.
Finendo seduto a terra.
Jess, in piedi, lo scrutava dall'alto in basso. Il pugno ancora chiuso e appena arrossato.
- D'ora in avanti, qua gli ordini li do io.- sussurrò, con tono aspro - E farai tutto quello che ti dico...-
- Tu non sai cosa ti ho fatto...-
Tristan fissava la fibbia della sua cintura.
Neanche lo vedeva.
- Non sai cosa ti ho fatto...lasciami qui...-
- Per sbronzarti e mandare tutto a puttane?- il fratello s'inginocchiò, gli prese un braccio e se lo passò sulle spalle, riuscendo a tirarlo in piedi - Non ci pensare neanche. Adesso mettiti pure a frignare, tanto ho preso due settimane di ferie rosse, perciò sarò il tuo stramaledetto incubo Tristan.-


Avrebbe dovuto lasciarlo morire.
Si.
Le mani...erano sporche di sangue.
Del suo sangue.
Aveva ammazzato suo fratello...
Si era fatto schiacciare da un demone...torturare da sua moglie...
L'aveva tradita...
Qualcun altro era morto...
Che senso aveva ancora vivere?

T.M.R |DRAMIONE|Where stories live. Discover now