Capitolo 22 "Rivelazioni"

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La mattina dopo mi sveglio nella tranquillità del mio letto con un sorriso stampato sul volto.
Saranno state le tre del mattino quando io e Raven siamo rientrati a casa.

Jason ci ha fatti entrare senza troppe domande ed è andato a dormire sul divano.

In realtà il suo letto non è servito a molto, ma ho apprezzato il gesto.

Mi rigiro tra le coperte e non ho per niente voglia di alzarmi, preferisco immergermi nel profumo dei capelli della ragazza che amo.
Non posso più ignorare quello che provo per lei ma quel segreto che si ostina a non dirmi rimane.

A giudicare da quello che mi ha raccontato ieri, Richard era importante per lei.
Che senso aveva farlo fuori?

E perchè aveva lei le lettere indirizzate alla sua ragazza?

Cerco di reprimere i dubbi abbracciandola forte mentre dorme ancora.

"Kurt!"

Jason entra allarmato nella stanza sbattendo la porta alle spalle.

Non ha il tempo di spiegare le cose che sento qualcuno tirare pugni sulla porta.

Più continuo a sentire chiamare il mio nome e più non riesco a capire un cazzo.

"Kurt fammi entrare subito!"
Riconosco solo adesso la voce di Anne strillare dall'altra stanza.

Jason continua a scuotere la testa e a tenere la porta chiusa con le mani.

"Kurt apri adesso cazzo! Sei con quella puttana di Raven, giusto?"

Mi alzo in fretta dal letto e commetto il fatale errore di aprire uno spiraglio della porta. Subito Jason esce di corsa dalla stanza e torna in cucina mentre Anne avanza verso di me con l'aria di una pazza omicida.

Purtroppo però mi accorgo di non essere io il suo bersaglio.

Raven si sta ancora rotolando tra le coperte quando Anne decide di urlarle addosso i peggiori insulti che abbia mai sentito.
Sono l'una il contrario dell'altra, eppure non ho capito chi delle due sia più fuori di testa.

In tutta risposta Raven si alza con calma dal letto e le tappa la bocca con le mani. Neanche un secondo dopo Anne ha le braccia bloccate e intanto Raven la spinge fuori dalla stanza.

Arrivati all'ingresso Raven la caccia fuori per poi sbatterle la porta in faccia.

Io e Jason intanto la guardiamo scioccati tornare a dormire nel mio letto come se nulla fosse successo.

Forse dovrei andare a parlare con Anne ma non mi muovo di un millimetro.
In compenso torno nel letto per accarezzare i capelli a Raven e lascio passare un'altra ora prima di svegliarmi definitivamente.

Ci facciamo accompagnare da Jason in macchina fino a scuola per poi farci lasciare davanti al cancello.

Da quando Raven mi ha preso la mano Michael non fa altro che fissare le nostre dita intrecciate con un'espressione confusa.

Sono abbastanza sicuro che Anne gli abbia già raccontato tutto e non so come comportarmi con lui.
È un ragazzo sveglio, saprà sicuramente com'è sua sorella, ma non sono sicuro che sceglierà me e non lei.

La giornata è noiosa, tremendamente noiosa e io non vedo l'ora di tornare a casa e affondare tutti i miei problemi tra le braccia di una ragazza piccola e bassina.
Oggi non ha detto una parola, è da stamattina che muore di sonno.
Dopo scuola le chiedo di andare a prendere insieme qualcosa da mangiare, ma dice di voler tornare a casa e mi saluta con un bacio sulla guancia.

Un'oretta dopo, salite le scale, mi faccio aprire da Jason che sta parlando al telefono, mi pare sia Michael.
Le cose tra loro non sembrano essere cambiate, ma Jason ha un'espressione alquanto strana. Mi fa un cenno con la testa che punta verso camera mia e mi fa passare.

Nell'altra stanza anche Raven è a telefono.
Non vorrei immischiarmi in altre faccende che non sono le mie,ma lei parla a voce così alta che mi risulta impossibile non sentire.

"No papà, ti ho detto che sto bene qui e non mi interessa quello che pensi tu."
"Intendi quell'aggeggio di tortura con cui cerchi costantemente di controllarmi? Credo di averlo buttato ieri sera."
"Adesso non mi va di parlare della tua azienda del cazzo, lasciala a qualcun'altro."

Poi attacca e si gira verso di me, quasi sorpresa di vedermi.

"Scusami...non volevo disturbare."

Mi si avvicina lentamente e mi guarda con degli occhi spenti, che quasi non sono i suoi. Non mi piace vederla così, fa stare male anche me.

Poi all'improvviso mi abbraccia.
Ma non è uno dei nostri soliti abbracci. Non è un abbraccio da" ti voglio", è un'abbraccio da "ho bisogno di te adesso".

E forse con questo gesto vuole solo farmi capire di aver bisogno di me più di quanto io creda.
Inizia a parlarmi prima lentamente e poi troppo veloce per riuscire a capire quello che dice.

Mi racconta della vita di suo padre, del fatto che avesse aperto un'agenzia illegalmente circa cinque anni fa, dal divorzio con sua madre.
Obbligava lei e Richard ad insinuarsi in circoli di droga dimenticando perfino chi fossero.

Mi racconta di quanto si sentisse sporca in quel palazzo che non sentiva essere casa sua, in quei panni che non erano quelli che avrebbe voluto vestire, in quella vita che non aveva mai accettato di avere.

Poi quest'anno.
Parlare di suo fratello la fa scoppiare a piangere come non le ho mai visto fare in questi mesi.

Mi racconta del fatto che se lei non avesse sparato a lui, suo padre avrebbe ordinato a qualcuno di farlo con lei.
Aveva deciso di liberarsi del più ribelle, e lei aveva tenuto il suo gioco.

"Se potessi scegliere ancora, morirei volentieri invece di convivere con i sensi di colpa."

Poi mi guarda negli occhi e sussurra un "scusa, non volevo dire questo", ma so che anche se morire non è quello che vuole, è così liberatorio poterlo dire in faccia a qualcuno.

Io però sto zitto.
Sto zitto e le accarezzo i capelli perchè forse l'unica cosa utile che posso fare, è rimanere qui e cercare di prendere con me almeno un pezzettino del suo dolore.

Black RoseTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon