Capitolo 6 "Buonanotte"

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Finalmente arriviamo al portone principale. Il ritorno a casa mi è sembrato interminabile.

Raven non ha proferito parola e ogni volta che la guardavo sembrava sempre più a disagio. Non è da lei.

So che venire qui non era nei suoi piani ma in fondo non credo di aver fatto nulla di male.
Magari mi ha preso seriamente per uno stupratore.

Cerco le chiavi nella tasca non riuscendo a trovarle.
Ricordo che ce le ha lei solo quando le tira fuori dalla borsa e apre la porta.

Ci sediamo davanti al tavolo ma presto mi alzo per andare a preparare un caffè. Tutto questo silenzio mi infastidisce.

Appena mi risiedo con le due tazze in mano cerco di sforzare i pochi neuroni presenti nel mio cervello per trovare un argomento di cui parlare.

"Come si chiamava il tizio della spiaggia?"

Mi deludete neuroni.

Quale argomento migliore di un omicidio?
Mi sembra un ottima idea invitare a casa mia un'assassina che mi vuole fuori dalla città e chiederle informazioni sulla persona che ha ucciso.

Direi che posso iniziare a scrivere il testamento.

"In realtà non lo so"
Che vuol dire non lo so?
Ha ucciso una persona di cui nemmeno sapeva il nome?

"E cosa ti aveva fatto di male?"
"Niente"
"Ma allora perc-"

Senza accorgermene le ho sputato in faccia. Ottimo lavoro Kurt. Mio dio che schifo.

"Scusami non volevo!"

Cerco in fretta di andare a prendere un tovagliolo ma per sbaglio urto la brocca e un fiume d'acqua le si rovescia sulla maglietta.

Se prima era a disagio penso che in questo momento voglia sotterrarsi.

Devo pensare a qualcosa di gentile e carino da fare per rimediare a tutte le cazzate che ho appena fatto.

D'istinto mi tolgo la maglietta.
"Tieni metti questa"

Adesso è più terrificata di quanto lo potesse essere prima.

Forse darle la maglietta che avevo addosso da tutto il giorno spogliandomi davanti a lei non era proprio una buona idea.

Ci guardiamo per qualche secondo, o meglio io la sto guardando negli occhi ma lei è impegnata a osservare altro.

Ora sono io quello a disagio.

Mi dirigo in camera mia con una risata isterica e facendo cadere qualche quadro nel corridoio.

Frugo nel cassetto nel tentativo di trovare due magliette pulite e intanto penso a quanto posso essere stato idiota in soli cinque minuti.

Quando torno nell'altra stanza però mi accorgo che lei indossa già quella che le avevo dato prima.
È seduta sul divano e sta guardando fuori dalla finestra.

Attorciglia una ciocca di capelli attorno al dito ed è...carina.

Poi si gira verso di me.

"Io- scusami"
Sono le uniche cose che riesco a dire.

"Non fa niente.
Il tizio della spiaggia non mi aveva fatto nulla di male e non volevo di certo ucciderlo, ma sono ordini."
"Cioè ti costringono?"
"Costringere me? Ma no figurati! Non mi faccio controllare da nessuno."

Non so se crederle o meno ma è così convinta di quello che dice che mi ritrovo a farlo.

"Non vorresti sapere chi era?"

Mi guarda incuriosita. Non credo ci avesse mai pensato.
Spostiamo il tavolo e prendiamo il computer.
Mi siedo accanto a lei e prendo gli occhiali.

"Da quanto porti gli occhiali?"
"In realtà li uso solo per leggere."
"Peccato dovresti metterli più spesso, sembri meno coglione."

Probabilmente è stata la mia espressione a farla ridere, ero piuttosto irritato.
Poi però ho inziato a ridere anche io senza rendermene conto.

Abbiamo passato il resto del pomeriggio a ridere e a scherzare mentre facevamo ricerche sul ragazzo in questione.

Finalmente lo troviamo. Il suo nome è Richard Elben e lavorava per una piccola gang di spacciatori.

Appena scoperte queste informazioni l'espressione sul volto di Raven appare più seria, tuttavia quello era tutto ciò che siamo riusciti a scoprire su di lui così chiudiamo il computer e decidiamo di prenderci una pausa.

Siamo stesi sul divano uno accanto all'altra guardando il soffitto.
A un tratto poggia la mano sulla fronte e chiude gli occhi. Mi alzo e incuriosito appoggio anche la mia. Scotta. Penso che abbia la febbre.

"Va tutto bene?"
"Mi gira un po' la testa"
"Vado a prendere qualcosa"

Vado in cucina e cerco nel cassetto dei medicinali. Guardando l'orologio mi accorgo che sono le otto.
Non pensavo che fosse così tardi.

Dopo aver trovato qualche compressa mi metto a cucinare qualcosa di caldo.
È una sensazione strana.
Non mi ero mai preso cura di qualcuno in questo modo.

Quando le porto il piatto mi accorgo che si è addormentata. Cerco di svegliarla con cautela e le lascio la cena sul tavolo di fronte a lei.

Preparo un piatto anche per me ma quando mi siedo accanto a lei mi accorgo che ha già finito. Sto rivalutando le mie qualità di cuoco.

Magari non sono poi così male.

All'improvviso un senso di vomito mi raggiunge la gola. Sono costretto a sputare tutto a terra e devo dire che la cosa ha fatto parecchio senso anche a me.

"Ma fa schifo!"
"Lo so."
La vedo alzarsi e pulire a terra come se fosse una cosa naturale e mi rendo conto adesso che ha mangiato tutto solo per farmi piacere.

Mi alzo anche io visto che aiutarla è il minimo che possa fare.

Poi però succede troppo in fretta.

Lo straccio e la scopa cadono sul pavimento e le sue mani finiscono a cingermi il collo.
Mi accorgo solo adesso di quanto sia più piccola e bassa di me.

Mi faccio prendere da un piccolo momento di follia e inizio a baciarla come non avevo mai fatto con nessuno.
Ci spostiamo lentamente in camera mia senza mai separarci l'uno dall'altra.

La prendo in braccio e la poggio sul letto per poi stendermi accanto a lei.
Ha il sorriso più bello che abbia mai visto.

Quella notte abbiamo dormito così. Io abbracciavo lei e lei abbracciava me.

Ci tenevamo stretti a vicenda come se avessimo entrambi paura che l'altro potesse andare via.

Sapevo che quel momento non sarebbe durato per sempre ma avevo deciso di godermelo finchè potevo.

Spengo la luce e le do un bacio sulla fronte.

"Buonanotte"

Black RoseWhere stories live. Discover now