Capitolo 105

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CAMERON'S POV:

Sento che la paura pian piano accresce in me e come la nebbia si espande per la mia mente, quasi fino ad offuscarla. Una nebbia piena di ricordi che mi sfiorano, dove la violenza e il terrore hanno il predominio assoluto...

La mia vita è stata privata di tutto, persino della mia stessa infanzia ed adolescenza. Sono passato dall'essere un innocente bambino che non conosceva certi aspetti della vita reale, a saperne più del dovuto, più dei miei compagni di classe che vivevano la loro vita con tranquillità, come dei semplici e normali bambini di quell'età. Ho dovuto lottare contro un mostro, ma improvvisamente ero arrivato a tal punto di pensare che il mostro in realtà fosse racchiuso dentro me, forse perché odiare il proprio padre mi faceva sentire esattamente in quel modo. Non è stato facile vedere tutta quella violenza, soprattutto essere scagliata sulla mia stessa madre, quella donna che ne ha dovute sopportare veramente tante, ma che ce l'ha sempre fatta, rendendola per me un esempio di vita da seguire.

Il mio essere maturo e la mia prospettiva di vita, derivano da quel che ho dovuto subire e l'unica cosa positiva che posso trarne da questa situazione, è che mi è servita a farmi diventare forte, a non abbattermi mai, ma a lottare per le cose che voglio, proprio come con Emily. Ho già perso una persona a me cara tempo fa, ma con lei non commetterò lo stesso sbaglio, lotterò e l'otterrò. Proprio questa mia voglia di non perderla mi ha portato qua, a Roma, una delle città più belle al mondo, ma che per me racchiude soltanto dolore e sofferenza. Emily non sa ancora molte cose su di me, non sa niente del mio passato, ma purtroppo è ancora una cicatrice aperta, che non voglio toccare o sfiorare, mi limito soltanto a guardarla, a soffrire in silenzio, nella finta quiete che mi assorbe a se. Emily non sa che proprio in questa città, c'è colui che mi ha rovinato la vita, colui che odio e che disprezzo tanto: mio padre.

Ricordo ancora tutti quei lividi, che persino una bambina dolce ed innocente come Sierra ha dovuto indossare. Ogni giorno ne aveva uno ed io, puntualmente, mi ritrovavo faccia a faccia con lui, pronto a scagliarmi contro con la poca forza che avevo, ma avrei fatto di tutto per mia madre e per mia sorella. L'unica cosa importante per me era proteggerle e tenerle al sicuro, cosa che non avrei mai potuto continuare a fare da solo con la mia quasi innocua forza da ragazzino e poi, proprio un giorno presi il coraggio di stravolgere tutto. Era il periodo in cui vivevamo qua, a Roma, che mi recai dalla polizia a denunciare le sue colpe e anche se non avevo la piena certezza che mi avrebbero creduto, ci provai, uscendone vincente. Era fatta, avevo vinto quella gara contro quel mostro che purtroppo aveva il mio stesso sangue, ma finalmente davanti a me vedevo quella luce che mi coprì e mi riscaldò come un caldo manto. La galera era il prezzo che doveva pagare per tutto quel dolore che ci aveva fatto subire, anche se a parer mio non sarebbe bastato, avrebbe dovuto soffrire di più, provare quel che avevamo passato noi, ma mi accontentai, felice di aver finalmente salvato la mia famiglia, le due donne che amo con tutta la mia anima.

Passarono mesi difficili, in cui preparammo le valige, diretti per la nostra prossima ed ultima tappa: Los Angeles. Lì ci sarebbe stata una villa ereditata dai miei nonni materni ad aspettarci e una volta che saremmo giunti là, la mia vita avrebbe potuto cambiare, forse in meglio, ma so soltanto che già al solo pensiero mi sentii più libero, con un peso in meno, però adesso, rammento anche un'altra cosa e neanche questa l'ho mai rivelata ad Emily, forse per paura, o per vergogna... il giorno prima di partire era una giornata cupa, dettata dalle nuvole alte in cielo e dalla pioggia che ricadeva sul suolo. Mi stavo recando a casa per preparare le ultime valige e per dire addio a tutto quello schifo, ma una cosa mi fece bloccare di scatto, una bambina dai lunghi capelli biondi che camminava in mezzo alla strada, con il viso chino e chiusa in se stessa, che vagava molto probabilmente senza una meta ben precisa. Era come se si stesse facendo cullare dalla melodia della pioggia, che colpiva dolcemente il suolo. Posai il mio sguardo su di lei, come attratto da qualcosa, ma poi una cosa subito mi fece spostare il capo in un'altra direzione: proprio dietro quella bambina che mi aveva tanto attratto dai suoi movimenti delicati, spuntarono come due lampioni e un rumore acuto di gomme che si sfregavano con il suolo, si espanse intorno a me. La piccola alzò lo sguardo e solo dopo si accorse che quella macchina si stava dirigendo nella sua stessa direzione, ma lei rimase immobile, molto probabilmente spaventata da quel che stava per accadere e io, senza neanche accorgermene, stavo già correndo con tutta velocità verso di lei e fu soltanto questione di pochi secondi che la macchina non la colpì, perché io la presi tra le braccia, stringendola forte al petto e insieme ci buttammo sul marciapiede, non permettendo così alla macchina di prenderci o di farci alcun male, furono soltanto pochi lividi a comparire sui nostri corpi, che in qualche modo ci unirono. Ricordo ancora adesso i suoi respiri scontrarsi contro la mia pelle, che rabbrividiva al solo tocco e ricordo ancora adesso i battiti accelerati del mio cuore, ma non a causa della paura provocata da quel che era appena accaduto, ma dalla nostra vicinanza. In qualche modo sapevo che c'era qualcosa che ci univa. Mi guardava con i suoi occhi azzurri e scorgevo da essi una luce talmente tanto luminosa che riuscì a colorare quella cupa giornata dal cielo coperto e dal sole oscurato. Feci soltanto una semplice cosa prima di sparire, le diedi una cosa in mano, un braccialetto con una piccola campanellina argentata, che mi aveva regalato mia madre per il compleanno, ma io in qualche modo sapevo che le dovevo dare qualcosa di mio per lasciarle un segno dentro e per non essere mai dimenticato e infatti è stato proprio quel bracciale a farmi rendere conto che la figura che è comparsa molte volte nei miei sogni quando ero solo un ragazzino, era lei, la mia Emily, la ragazza che pensavo di aver conosciuto per la prima volta in quell'aeroporto e colei che non sa che fui stato proprio io a salvarla quel giorno, ma molto probabilmente non lo avrei saputo neanche io se non avessi visto quella campanellina sporgere dal suo portafoglio, nel momento in cui ha preso i documenti per partire.

Mi sembra tutto così surreale, ma in realtà io ed Emily ci conoscevamo da più tempo di quel che pensavamo, seppur non sapendolo, ma io ho sempre saputo che c'era qualcosa che ci legava ed è proprio vero che se due persone sono destinate ad amarsi, si rincontreranno sempre e adesso che ci penso, sono vere anche le parole che mi ripete sempre lei, Emily:

Due cuori incatenati non possono essere separati...

FINE LINE 2 Where stories live. Discover now