Just Brothers

Galing kay we-are-young-

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Vive con il suo peggior nemico, ma se l'odio provato da entrambi si trasformasse in un altro sentimento? IN R... Higit pa

Capitolo 1 - The move
Capitolo 2 - Taylor
Capitolo 3 - He kissed me
Capitolo 4 - We're engaged
Capitolo 6 - Hangover
Capitolo 7 - Dad
Capitolo 8 - I remember
Capitolo 9 - Trent
Capitolo 10 - Sister
Capitolo 11 - Back to home
Capitolo 12 - Hotel
Capitolo 13 - Accident
Capitolo 14 - Bonfire
Avviso
Capitolo 15 - We leave again
Capitolo 16 - Film
Capitolo 17 - WOULD YOU BE MY GIRLFRIEND?
Capitolo 18 - Why?
Capitolo 19 - We end it?
Avviso
Capitolo 20 - No regrets
Capitolo 21 - Surprise
Capitolo 22 - I felt in love with you
Capitolo 23 - ASSHOLE
Avviso
Capitolo 24 - I FUCKING LOVE HER
Capitolo 25 - We're getting married
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Nuova storia
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Avviso!!
Capitolo 33
Avviso.
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Avviso
Capitolo 42
Capitolo 43 (END)

Capitolo 5 - The party

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Galing kay we-are-young-

«Mi permetti solo una domanda?» domandai, indipendente da quello che avrebbe detto, gli avrei posto lo stesso la domanda.

«Si, dimmi» rispose mentre nel frattempo si dirigeva verso le ceste dei palloni. Ne afferrò una a basket e un'altra da pallavolo.

«Cosa ti ha fatto quella ragazza che ti sei fatto sta mattina nel bagno? Perché se questo è l'effetto che ti fa, fattela più spesso» dichiarai incrociando le braccia sotto il seno aspettando che mi raggiungesse per allenarsi.

«Oh lei niente, più che altro mio padre mi ha chiamato e ha detto che si sarebbero fermati più del previsto a Londra» urlò dall'interno del piccolo stanziano dove giaceva la maggior parte degli attrezzi sportivi. Tuttavia se ne uscì solo con i due palloni che aveva già prima.

«Ed ecco a te un pallone da pallavolo» Con un lancio forte e rude me lo lasciò facendolo arrivare all'altezza dello stomaco. Imprecai in tutte le lingue del modo e ringrazi mentalmente dio per essere riuscita a bloccarlo prima che potesse distruggermi lo stomaco.

«Stronzo» sibilai schiacciando il pallone addosso a lui, cercando di metterci tutta la potenza a me possibile per lanciarlo.

«Stronza» ribatté avvicinandosi pericolosamente a me, lasciandomi un veloce bacio a stampo.

Sbuffai rumorosamente non appena si allontanò. Mi era impossibili capire le sue intenzioni, si muoveva con troppa rapidità e furbizia, ingannandomi.

Passammo minuti o forse ore a buttare la palla dentro il canestro e a discutere ogni qual volta fosse possibile.

Era strano dirlo, ma nonostante avessimo litigato parecchie volte, mi ero divertita.

Una ragazza entrò in palestra mentre nel frattempo io e Taylor ci insultavamo a vicenda, di nuovo. Eravamo estremamente vicini e la cosa mi faceva infuriare ancora di più.

«Scusate non volevo disturbare, ma pensavo si tenessero qui le selezioni, quelle per le cheerleader» parlò arrossendo lievemente.

In quel momento mi accorsi di quanto veloce fosse passato il tempo. Feci scattare lo sguardo sull'orologio appeso alla fine della palestra e sgranai gli occhi non appena vidi che eravamo in ritardo di ben mezz'ora per le selezioni.

«Si sono qui. Il tempo di cambiarmi e incominciamo. Fai qualche esercizio di riscaldamento nel frattempo» spiegai afferrando il pallone per poi ributtarlo nella cesta apposita.

Dopo essermi cambiata raggiunsi il mio posto dietro il piccolo banco, affianco a quello di Taylor, e cominciammo a selezionare i giocatori della squadra e le cheerleader.

«Non ce la faccio più» sbuffai esausta appoggiandomi allo schienale della sedia. Era stressante e stancante stare seduta per ore su quella sedia per vedere ragazze e ragazzi fare acrobazie oppure lanciare la palla contro il canestro.

«Non è male vedere nuove ragazze, sto facendo la lista di quelle che scoperò» disse sorridendo maliziosamente. Lo guardai schifata lasciandomi sfuggire un gemito di frustrazione. Quel ragazzo era malato, malato di sesso, e quella lista lo provava.

«IL PROSSIMO» urlai in modo che i ragazzi fuori mi sentissero.

Fece la sua entrata un ragazzo alto, fisico tonico fasciato da una tuta ed una canottiera, capelli biondo cenere e occhi nocciola scuri. Non era niente male.

Ne rimasi incantata e senza farci caso mi morsi il labbro inferiore.

«Allora basket o cheerleading?» domandò il ragazzo affianco a me usando un tono piuttosto distaccato e freddo, tutto il contrario di quello che aveva usato con le ragazze. Mi girai verso di lui e lo incenerii con lo sguardo, ma non se ne accorse nemmeno dato che era troppo concentrato a lanciare occhiate di disapprovazione al ragazzo biondo.

«Cheerleading» rispose distraendomi da Taylor.

Ero rimasta a guardarlo per troppo tempo.

«Come ti chiami e da quanto frequenti questo sport?» chiesi accennando a un sorriso mentre nel frattempo picchiettavo la penna sul tavolo.

«Sean Diroy. Faccio cheerelading da due anni, da quando ho smesso di fare basket» annuii semplicemente pensando a cosa poterli far eseguire.

«Faremo una cosa semplice, le basi del cheerleading acrobatico» affermai alzandomi e raggiungendo il ragazzo biondo.

«Cosa hai intenzione di fare? Lo sai che se ti schianti a terra tua madre mi ammazza?» chiese Taylor riducendo i suoi occhi a due fessure, tanto che era impossibile definirne il colore.

«Dimostrazioni pratiche» risposi, per poi porgere una mano a Sean come a intendere di poter cominciare. La afferrò senza esitazioni e mi sollevò come se nulla fosse.

«Prova a darmi la spinta per eseguire una salto singolo» spiegai mentre lui eseguiva gli ordini per poi afferrare saldamente alla fine del salto. Poggiai i piedi a terra e sorrisi compiaciuta. Era bravo e dannatamente carino.

«Prova a fare due rovesciate di seguito e poi hai finito» dissi riaccomodandomi sulla sedia mentre lui nel frattempo eseguiva ciò che avevo detto. «Congratulazioni, fai parte della squadra, gli orari degli allenamenti ti verranno dati in seguito dal capitano» conclusi rivolgendogli un enorme sorriso che lui ricambiò prima di uscire.

«Lo aggiungerò alla mia lista» affermai facendo finta di annotare il suo nome su un foglietto, tutto questo sotto lo sguardo attento del capitano della squadra di basket.

«Davvero? Ci sono ragazzi migliori e poi da quando hai una lista?» domandò alzando un sopracciglio.

«Da questo preciso istante e poi non puoi mica essere l'unico ad averne una» dichiarai facendogli spuntare un lieve sorriso che tentò in tutti i modi di nascondere.

Finimmo verso le otto di sera dopodiché ci dirigemmo a casa, non prima però di aver ordinato delle pizze da mangiare.

«Sarà una lunga settimana» sospirai esausta sdraiandomi sul divano.

«Molto lunga, ma come ti ho detto prima non mi dispiace per niente vedere tutte quelle belle ragazze» commentò accomodandosi sopra di me.

«Ci sono tre divani, di cui due liberi e tu devi accomodarti qui?» domandai mentre il mio respiro scarseggiava. Era pesante, ma nonostante questo la sua presenza mi lasciava senza fiato.

«Fino a prova contraria questo è sempre stato il mio posto» disse girandosi e posizionando le mani ai lati della mia testa, in modo da non pesare troppo su di me e lasciarmi l'opportunità di respirare.

«Mi stai seriamente dicendo che questo è di tua proprietà?» domandai alzando un sopracciglio. Sembrava un bambino di tre anni. Solo che i bambini non erano così stronzi.

Il mio battito cardiaco cominciò ad aumentare quando vidi che non stava prestando più attenzione alle mie parole, quanto più alle mie labbra.

Pregai mentalmente che non avrebbe fatto combaciare ancora le nostre labbra, ma ad ogni centimetro che diminuiva le mie speranze crollavano.

Il campanello suonò facendomi sobbalzare tanto da farmi quasi sbattere contro la fronte del ragazzo sopra di me.

Si alzò come se nulla fosse e si diresse verso la porta.

«Abbiamo ospiti a cena» affermò ritornando in salotto insieme ad Alesha. Non poteva tornare prima? Avrebbe fatto lei le selezioni, in quanto capitolo della squadra, e non io.

«Cosa cazzo ci fa lei qui?» chiese con la sua solita voce acuta, assomigliava molto a quella di un'oca oppure di una gallina, in ogni caso era troppo acuta.

Il campanello suonò una seconda volta.

«Ci vivo» risposi prima di dirigermi alla porta. Pagai le pizze al fattorino e richiusi la porta alle mie spalle.

Posai la pizza del mio coinquilino sul tavolo da cucina e presi un lattina di Coca-Cola da frigo per poi dirigermi con la mia pizza in camera, togliendo così il disturbo ai due fidanzatini.

Dopo aver finito di cenare andai alla ricerca della chitarra che non trovavo ormai da giorni. Provai a cercare in salotto ma non la trovai, in cucina e in camera di mamma nemmeno. L'ultima posto che rimaneva da controllare era il retro.

I miei occhi si illuminarono alla vista della mia chitarra posta sul dondolo con affianco il pacchetto di sigarette.

Sospirai sollevata accomodandomi sul dondolo, avevo tempo per fumarmi una sigarette, dopodiché sarei andata a dormire.


****


«La finisci di lamentarti sempre?» sbuffò Taylor passandosi una mano fra i capelli.

«Io la mia camera non la offro per soddisfare i bisogni degli altri!» ribadii per la millesima volta, imprecando mentalmente mentre pensavo al casino che ci sarebbe stato quella sera a casa.

«Okay» disse mettendo le bottiglie di alcool sulla penisola della cucina, sbattendo quest'ultime con così tanta forza che per un momento pensai che si erano rotte.

Mi accomodai sul divano aspettando l'arrivo di Jessica che aveva insistito per prepararci insieme in vista della festa.

La festa che si sarebbe tenuta quella sera a casa, a casa mia.

Poco dopo sentii il campanello suonare e mi precipitai ad aprire la porta, ma nonostante la mia velocità, Taylor mi precedette.

«È Jessica» lo avvisai, ma lui negò.

«Non ne sarei tanto sicura» disse aprendo la porta mentre io continuavano ad insultarlo interrottamente.

«Vedo che i vostri rapporti migliorano» rise la mia migliore amica affiancata da Alex, entrambi desiderosi di entrare dentro casa.

«Bro» lo salutò Taylor «Hai visto?» disse infine rivolgendosi a me con un'espressione che diceva "te lo avevo detto".

«Credo che tu tenga a quelle cose laggiù, quindi vedi di non farmi arrabbiare più di quanto tu non abbia già fatto fino ad adesso» lo minacciai chiudendo gli occhi in due fessure.

«Eh no eh le palle di nuovo no» disse implorandomi, facendomi così ricordare la volta che gli tirai una ginocchiata nelle parti basse.

Risi solo al pensiero. Quello era stato il iron più bello della mia vita. In ogni caso ero riuscita a spaventare Taylor o meglio a farmi temere da lui.

«E chi vi capisce a voi due» affermò Jessica chiudendo la porta dell'ingresso per poi superarci.

Sbuffai sonoramente prima di dirigermi in camera mia seguita da Jessica.

«Allora c'è Sean questa sera?» chiese intenta a truccassi mentre nel frattempo io indossavo le scarpe nere con il tacco.

Avevo optato per un vestito, dello steso colore delle scarpe, molto corto, con lo scollo a cuore e con alcuni strass neri e argentati. Avevo risaltato i miei occhi azzurri con del eye-liner, della matita, del mascara e avevo applicato un rossetto piuttosto acceso sulle labbra. Non era da me. Tant'è che mi affrettai a togliere immediatamente quel rossetto che mi faceva aprire tutto meno che casta.

«Credo di si» risposi mettendomi davanti allo specchio per vedere come risultavo. Ero strana.

«Porca miseria Melissa sei uno schianto» urlò Jessica comparendo con il suo vestito rosa shock che aveva una cintura nera sotto il seno, in tinta con le scarpe.

«Se fosse più lungo, meno scollato e meno aderente sarebbe fantastico» borbottai afferrando il bordo del vestito per poi tirarlo giù, ma non facevo altro che peggiorare le cose dato che la scollatura si abbassava sempre di più.

«È stupendo così, andiamo giù» disse e la seguii di sotto.

«Porca miseria» sussurrò Taylor sbiancando quando mi vide.

«Cosa c'è?» chiesi sorpresa nel vedere quella sua reazione.

«Come cazzo faccio a tenerti sottocchio quando hai addosso un vestito del genere?!» mi squadrò da capo a piedi, per poi riportare lo sguardo sul mio viso.

«Nessuno ha detto che devi tenermi d'occhio» tagliai corto cercando si trattenere un sorriso involontario.

Perché mi veniva da sorridere?

«Lo dico io» sussurrò al mio orecchio facendomi sentire indifesa davanti ai suoi occhi.

Poco tempo dopo la casa era colma di gente che ballava, beveva, limonava e che si spingeva troppo oltre per essere in pubblico. Al contrario di loro, io ero comodamente seduta al bancone a bere e servire agli altri. Jessica stava ballando con Marco mentre Alex, sparito da parecchio tempo, immaginavo fosse alla conquista di qualche ragazza.

«Ehi» disse una voce alle mie spalle.

«Sean» sorrisi porgendogli un bicchiere di birra.

«Come mai tutta sola?» chiese posizionandosi difronte a me, mettendo poi le sue mani sulle mie ginocchia, scoperte, e risalendo leggermente fino alle cosce.

«Stavo bevendo qualcosa» risposi mentre la tensione aumentava. Il suo tocco mi infastidiva e non poco e in più era ubriaco e molto probabilmente aveva fumato erba. Lo si notava dai suoi occhi rossi e dalla puzza di alcol che emanava.

Con un movimento veloce mi allargò le gambe e si posizionò in mezzo per poi baciarmi con foga, molta foga.

Perché avevano tutti l'abitudine di baciare senza avvertire, ma soprattutto di non lasciarti nemmeno il tempo di controbattere.

Non erano i baci di Taylor, non sentivo assolutamente niente, non mi faceva né caldo né freddo, anzi mi disgustava.

Mi staccai immediatamente per poi allontanarmi, prima che potesse ostacolare la mia fuga. Mi feci spazio tra la gente per andare in bagno o raggiungere camera mia, ma fui fermata da una forte stretta al polso che mi trascinò in camera mia. La cosa positiva era che ero in camera mia vero? 

«Sean levati dalle palle» strattonai il polso pensando si trattasse di lui, ma quando mi voltai verso la persona che mi aveva portata lì fui sorpresa e sollevata allo stesso tempo.

Sorpresa che si trattasse di lui e sollevata che non fosse Sean.

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