My All. ||Stefano Lepri||

By _spicci

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'Ti tratterà come un burattino, e non devi farlo, non sei costretto' 'Preferisco essere trattato come un bura... More

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Ringraziamenti
Copertina!
Nel frattempo...
Our All. ||Stefano Lepri||

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By _spicci

Non sapevo cosa fosse più preoccupante: lo sguardo assassino di Stefano, rivolto a Giuseppe, o il fatto che fosse ubriaco da far paura.
Inoltre, aveva appena visto me e Giuseppe in una specie di bacio, in cui però il ragazzo aveva solo appoggiato le labbra sulle mie, anche tentando di spalancare, ma non riuscendoci.
Avevo come la sensazione di aver fatto qualcosa di proibito, ma non era accaduto proprio questo: non avevo scelto di mostrare quella scena al moro, non avevo scelto di "baciare" Giuseppe.
Era stata una pessima idea, quella di accettare l'invito di quel ragazzo nella propria abitazione.
Avevo la persona che amavo davanti, infuriato, con gli occhi rossi come il sangue ed i pugni chiusi, ma non sembrava lui: era come se avesse una seconda personalità, una persona che nessuno conosceva. Volevo gridargli contro per aver bevuto, anche se ci fosse stato un valido motivo per aver fatto quel gesto.
Il suo sguardo si concentrava su di me, per poi passare su Giuseppe per qualche secondo, ritornando poi a me. Non riuscivo a decifrare il suo pensiero, era come se fosse diventato un mistero per me.
Sentivo il mio cuore accelerare ogni volta che le sue iridi verdi si scontravano con le mie marroni, anche se erano irriconoscibili.

Non ricordavo da quanto tempo eravamo così: Giuseppe, dietro di me, che non sapeva cosa fare, come sperduto e stupito di quello che era successo; Stefano, che continuava a spostare lo sguardo su entrambi; ed io, che non facevo altro che osservare la persona che amavo, senza badare alla presenza dell'altra persona.
Era la prima volta che Giuseppe mi sembrava così impreparato: con le questioni d'amore non ci sapeva proprio fare.
Sembrava che avessi paura di avvicinarmi a lui e, in effetti, era così: era ubriaco e non sapevo come reagire. Era la prima volta che lo vedevo così e non l'avrei mai voluto vedere in quello stato.
Ma tutto quel silenzio non faceva altro che peggiorare la situazione.
Qualcosa era scattato in me: non mi interessava più la presenza di Giuseppe, la serata rovinata, il fatto che io e Stefano ci fossimo lasciati: tutto mi era completamente passato per la testa.
Feci un passo verso di lui, attirando l'attenzione di entrambi i ragazzi, ma sapevo bene quale mi interessava. Non separavo più i miei occhi dai suoi, erano la mia solita calamita ingannatrice.
Nonostante mi fossi avvicinata, lui continuava a restare immobile.
Da quello che percepivo, quel bacio si presentava nei suoi pensieri e, fortunatamente, lui era riuscito ad interromperlo prima che Giuseppe facesse qualcos'altro.
Finalmente, fece un gesto: scosse il capo, lentamente.
Poco dopo, arrivai al significato: non avrebbe mai dimenticato quello che era accaduto.

'Stefano..' sussurrai, avvicinandomi un po' di più a lui, facendomi sentire. 'Sai che non era una cosa voluta, io..' ma il suo sguardo furibondo passò su Giuseppe, interrompendo la mia frase.
'Come ti sei permesso di toccarla!' Gridò, tentando di sorpassami per andare verso di lui, ma riuscii a tenerlo più o meno fermo.
Sapevo che era forte, ma era ubriaco e non era detto che tutti gli ubriachi fossero forti, quando si trovavano nel loro stato preferito.
Ci rinunciò subito, quindi mollai la presa su di lui, ma me ne pentii poco dopo. Mi sorpassò e si avvicinò a Giuseppe, che cercò di allontanarsi ma non ci riuscì in tempo.
Appena mi voltai, per almeno fare qualcosa per evitare qualche violenza, vidi Giuseppe a terra, mentre imprecava.
'Oltre ad avermi rovinato la vita, vuoi anche la mia ragazza? Non ti azzardare mai più!' Gridò ancora il moro.
Lo presi per le spalle, cercando di allontanarlo da Giuseppe, nonostante avessi poca forza per il freddo e la situazione.
Non doveva andare così.
Era la vigilia di Natale, nonostante tutto, ma sembrava un giorno come gli altri: un normale giorno inutile.
'Stefano, sei ubriaco' gli sussurrai.
Si tolse dalla mia presa e si voltò bruscamente davanti a me.
Sembrava ancora più infuriato di prima, il che mi spaventava. Forse, quella poteva essere considerata una delle mie paure più grandi: Stefano ubriaco, inconsapevole delle sue azioni.
'E allora? Dovrei ucciderlo per tutto quello che ha fatto, Alice! È da troppo tempo che ha in mano la mia vita, e non voglio che mi rubi l'unica cosa buona che mi sia capitata in tutta la mia esistenza! L'hai baciato, cazzo, l'hai baciato!' Continuò a tenere quel tono alto, troppo alto per i miei gusti.
Ma, in fondo, non era così male. Mi era mancata la sua voce, il suo sguardo intenso, il suo corpo: lui.
Le vene del collo si notavano sempre di più, le sue urla si potevano sentire per tutto il vicinato, i suoi occhi rossi mi inquietavano parecchio.
'Credi che lo abbia voluto? Ho cercato di allontanarmi, di staccarmi da lui, ma non è una persona debole! Ti pare che io baci una persona come lui? Sai che amo solo te!' Proseguii.
Era davvero ubriaco fradicio.
Come faceva a non capire che amavo solo lui e che non ci sarebbe stato nessun'altro all'infuori di lui, nella mia vita?
Nonostante volesse lasciarmi in pace, allontanarsi da me, il suo cuore sarebbe sempre stato con me, a prescindere dalla sua mente.
Il suo sorriso mi fece capire che c'era una parte sobria in lui. Il suo cervello stava assimilando quelle parole, come lo stava facendo il mio con le sue.
Il modo con cui mi aveva ricordato il fatto di aver baciato Giuseppe, mi fece stare malissimo: non tanto per la colpa, ma perché non ero riuscita ad impedirlo.
Ancora dovevo capire cosa ci facesse davanti alla casa del suo nemico: non gli avevo detto precisamente dove mi trovavo ma, da quel che pareva, era più astuto di quanto immaginassi.
Il suo sorriso scomparve e, sul suo volto, ritornò la rabbia di prima. Era come se due persone stessero lottando, all'interno del suo corpo, per essere l'uno superiore all'altro, ma non credevo che avrebbe vinto la sobrietà.
'Che ci facevi da lui? Convivete, adesso?' Domandò.
Mi venne voglia di tirargli uno schiaffo, anche se non avessi avuto abbastanza forze per farlo.
'Che stai dicendo? E poi, non ti interessa. Mi hai lasciato, te lo sei dimenticato?' Chiesi.
Faceva male dire quelle cose, perché non era la verità. Ero andata da Giuseppe solo per avere un motivo per stare vicino a Stefano, non perché avevo intenzione di baciarlo e di mettermi con lui. Anzi, era l'ultimo dei miei pensieri.
Percepivo la tensione che si era creata tra di noi ed era piuttosto forte. Entrambi volevamo avere ragione, ma uno dei due avrebbe avuto torto: era inevitabile, ma eravamo troppo testardi per capirlo da soli.
'Primo: io non ti ho lasciata. Volevo solo che tu stessi lontano da me, ma era per la tua salvezza, ma non pensavo che ti saresti rifugiata da questo essere!' Spiegò, indicando Giuseppe che, lentamente, si stava rialzando.
Per la poca luce riprodotta dai lampioni, non riuscii a vedere se la sua guancia fosse rossa, ma dal labbro si vedeva un filo scuro che scorreva verso il basso: sangue.
Avrei dovuto spiegargli per quale motivo l'avevo fatto?
Forse, era la cosa migliore da fare.
'Mi sono rifugiata a casa sua solo per avere un tetto sotto il quale dormire e per sapere cosa tenessero in servo per te!' Risposi.
Il tono cominciava ad essere ancora più alto di prima. Notavo alcune luci, nei vari interni, che venivano accese ed alcune persone affacciarsi dalla finestra per vedere cosa stesse accadendo.
Cercai di respirare il più regolarmente possibile, ma era molto difficile.
Avevo una strana sensazione: come se, improvvisamente, mi sentissi forte.
Anche Stefano stava cercando di calmarsi, ma proprio non ci riusciva.
'Si, certo! Inventa una scusa migliore! Volevi portartelo a letto solo per farmi un dispetto, per farmi pentire di averti lasciata, anche se non è successo questo!' Continuò.
Non riuscii a resistere: gli tirai uno schiaffo, il più forte che potessi.
Era riuscito a darmi della puttana, cosa che non mi aspettavo che pensasse: non sapevo più se fosse ubriaco o se fosse veramente lui a parlare.
Si mise una mano sulla guancia dolorante. Intanto, vidi Giuseppe, con le braccia al petto, mentre si godeva la scena.
'Ti ha anche dato della puttana. Hai ancora la possibilità di ritornare a casa ed unirti a me' cominciò Giuseppe, ma ero ancora concentrata sul dolore che stava provando Stefano.
Mi stupii della mia stessa forza: forse era l'adrenalina, o il pensiero di essere paragonata alle altre; non lo sapevo.
'Giuseppe, non ho intenzione di ascoltarti' dissi, non pensandoci neppure.
Nel frattempo, Stefano si era ripreso ed aveva di nuovo incastrato i suoi occhi con i miei: se fosse esistito un sentimento più forte della rabbia, sarebbe stato azzeccato per quello che percepivo nei suoi occhi.
Indietreggiai lentamente, pensando al peggio. Lo vidi confuso da quel gesto, ma eravamo sempre vicini.
'Che stai facendo?' Chiese.
La sua voce era più bassa, più comprensiva, meno infuriata.
Le persone ritornarono nei loro interni, rendendo la scena inutile per loro, ma molto significativa per noi.
Non volevo avere paura di lui, ma non ero ancora abituata a quel tipo di Stefano e non mi sarei voluta abituare a quella situazione.
'Non si vede?' Chiesi, acquisendo una tonalità di voce normale.
Lentamente, stavamo portando la conversazione in modo civile, dopo aver svegliato il vicinato.
Mi prese il braccio, riportandomi molto vicino a lui. Poggiai le mani sul suo petto ed alzai il capo per poterlo vedere. Poggiò le sue mani sui miei fianchi, ma non capivo il motivo di ciò.
'Pensavi che ti picchiassi?' Chiese e non potei fare a meno di annuire.
Non volevo rivivere quei momenti, non dovevo riviverli. Inoltre, lui poteva essere anche più forte dei miei genitori, quindi i colpi sarebbero stati più potenti e dolorosi.
Avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
'Io non sono come i tuoi genitori. Io ti amo' sussurrò, facendomi venire brividi per tutto il corpo.
Non riuscivo ad allontanarmi da lui. Ero appoggiata al suo petto e mi sarei dovuta allontanare, ma stare così vicino a lui mi piaceva sempre di più.
Poggiai la testa sul suo solido petto.
Gli avrei dovuto gridare contro, dargli un altro schiaffo, forse accettare la proposta di Giuseppe, ma non sarei stata io: la mia felicità dipendeva da quegli occhi verdi, da quelle braccia forti, da quel corpo solido, dalle sue labbra morbide.
Non riuscivo a stare lontana da Stefano Lepri: anche se fossi stata costretta, non sarebbe servito a nulla: sarei ritornata sempre da lui.
'E, per ciò che ho detto, lo schiaffo me lo meritavo. In un certo senso, mi mancava' precisò, posando una mano sulla mia schiena.
Sorrisi.
Ricordai la prima volta che glielo diedi: non lo conoscevo, ancora non sapevo la sua storia, ancora non ero a conoscenza del fatto che sarebbe diventato l'amore della mia vita.

'Ehi, io esisto ancora' disse Giuseppe, facendoci staccare leggermente per voltarci verso di lui.
Strinsi il polso di Stefano, per fargli capire che aveva già fatto abbastanza e non era il momento di ucciderlo: avrebbe avuto un'altra occasione ed un altro valido motivo per farlo, ma non per me.
'Va bene, ci rinuncio. Stasera va così, ma non si ripeterà ancora' concluse, andando verso la porta della sua abitazione.
Una volta che sbattuta, ritornai a concentrarmi sul ragazzo che avevo davanti.
'Sai' cominciò. 'Ti ho detto di essermi allontanato da te per il tuo bene, per salvarti, per proteggerti da tutta questa merda, ma ho capito che non riesco a starti lontano: sono stato male per tutto questo tempo. Ma, dopo un po', non ci ho fatto più tanto caso, e mi sono concentrato sul tuo stare bene. È per questo che ti ho chiamata, oggi, ma pensavo che ti fossi liberata di un grande peso, invece non era così. Sono troppo egoista per lasciarti andare, e tu troppo testarda per allontanarti da me' disse.
Il suo sguardo osservava sia i miei occhi scuri, sia le mie labbra. La voglia di assaporarle, ancora una volta, cresceva sempre di più.
Aveva ragione, completamente. Finalmente, aveva capito l'errore che aveva commesso. Forse, per lui, quella poteva essere una specie di pausa, per riflettere meglio e capire come agire alla situazione: ma l'unica cosa che avevamo capito era che non riuscivamo a stare separati a lungo.
'Non fare mai più una cosa del genere. Non puoi capire quanto sono stata male, e ora vorrei soltanto prenderti a schiaffi. Dovrei separarmi per sempre da te, ma non ci riesco, e non voglio farlo' risposi.
Non stavamo più urlando: parlavamo come due persone normali, come se nulla fosse accaduto, ma non era così. Non mi sarei dimenticata facilmente della sua offesa, sarebbe rimasta ben impressa nella mia mente ma, in quel momento, sembrava così inutile.
Passò un pollice sul mio labbro inferiore, indugiando sul da farsi.
'Vorrei baciarti, ma le tue labbra sono state avvelenate da quel lurido ragazzo' disse, continuando ad accarezzarmi il labbro.
'Purificale, allora' sorrisi, cercando di non chiudere gli occhi e di lasciarmi abbandonare da quel tocco.
Esitò ancora, ma lo vidi cedere. Tolse il suo pollice dal mio labbro e subito sentii le sue calde e morbide labbra giocherellare con le mie.
Sembrava che non le sentissi da così tanto tempo, come se fossero passati secoli da quel tocco che mi faceva provare sentimenti nuovi, ogni volta che avveniva.
Portai le mie mani dietro al suo collo, mentre lui le mise entrambe sui miei fianchi.
In quel momento, non potevo chiedere di meglio: avevo di nuovo Stefano, l'unica cosa che mi faceva stare bene.
Questa vigilia, allora, si differenziava dalle altre. Era speciale, indimenticabile: la riconciliazione con la propria metà, la propria vita.

Non avrei più voluto separarmi da quelle morbide labbra, ma il freddo aumentava sempre di più.
Mi precedette: separò le nostre labbra prima che lo facessi io, in modo da non sentirne così tanta la mancanza.
'È meglio se andiamo a casa' disse.
Il fatto che ritenesse casa sua di entrambi, mi rendeva sempre più importante nella sua vita.
Annuii, allontanandomi da lui per prendere la valigia che si trovava a terra.
Ci dirigemmo verso la sua auto. Poggiai l'oggetto nel bagagliaio, poi mi sedetti sul sedile dell'autista. Stefano aprì la portiera del sedile accanto, guardandomi interrogativo.
'Hai intenzione di guidare, ubriaco?' Chiesi, facendogli intendere il tono ironico.
Sorrise e si sedette sul sedile del passeggero. Accessi l'auto e percorsi quella strada che, oramai, ricordavo a memoria.

'A proposito, dovresti dirmi quanto hai bevuto e che ci facevi davanti alla casa di Giuseppe' gli dissi, appena ci trovammo davanti alla porta della sua abitazione.
'Una cosa alla volta. Comincia a girarmi la testa' rispose, aprendo la porta.
Ricordai i primi tempi in cui era incerto sul farmi entrare nella sua abitazione, ma poi cedette. Sembrava così lontano, quel momento, eppure vivevo in quella casa oramai.
Era normale quel tipo di dolore. Speravo solo che avesse bevuto il meno possibile, ma non sembrava affatto così.
'Forse, è meglio se vai riposare' dissi, mentre lui andò a prendere una bottiglia d'acqua dal frigo.
Avrei potuto aspettare per quelle risposte: era più importante la sua salute.
Prese un bicchiere di vetro e, dentro, vi immerse il contenuto trasparente.
Capivo che non mi stava più ascoltando: non perché non volesse, ma non ci riusciva.
Forse era la prima volta che beveva così tanto?
Mi diressi nella nostra camera, dove riposi la valigia. Ritornai nel salone, dove poggiai la mia felpa sull'attaccapanni. Dopo essere entrata nella stanza riservata alla cucina, Stefano si reggeva sul bancone e potevo notare le vene delle sue braccia quasi uscire da esse. Il suo capo era rivolto verso il basso, come se stesse sul punto di vomitare.
Mi avvicinai a lui, mettendogli un braccio intorno al mio collo, cercando di condurlo al bagno. Sapevo che sarebbe accaduto e speravo che fosse la prima ed ultima volta.
Avevo già avuto esperienza con i miei genitori. Ogni volta, ad un certo orario della notte, li vedevo correre al bagno per poter espellere, attraverso il vomito, tutto il liquido che avevano in corpo.
Stefano si piegò, per poi cominciare a vomitare. Avrei dovuto volgere lo sguardo dall'altro lato, disgustando la scena, ma non ci riuscivo: mi ero alzata troppe volte, di notte, osservando il motivo per cui stavano così male.
'Ed io che volevo fare una cosa romantica' disse, dopo essersi pulito con la carta igienica ed averla gettata nel water.
Scaricò ed uscimmo dal bagno.
'Non ti è bastato quello che mi hai detto?' Domandai, mentre ci dirigemmo verso la camera da letto.
Cominciò a togliersi la maglietta ed i jeans, mentre io aprii la valigia, prendendo il mio pigiama pesante.
'Va beh, lo farò domani' disse, scrollando le spalle.
Così facendo, non faceva altro che aumentare la mia curiosità.
Venne verso di me e mi tolse l'indumento dalle mani.
'Non vuoi metterti una mia felpa?' Domandò, confuso.
Non ci avevo pensato.
'Questa volta ho l'indumento adatto, e..' ma non mi fece terminare la frase.
Mi tolse il pigiama dalle mani, aprì il suo armadio, dove tirò fuori un maglione bianco, un po' più grande di quello che mi aveva fatto indossare la prima volta che dormii qui.
'Tu ti metti questa. Se hai troppo freddo, ti darò il pantalone del pigiama, ma ne dubito' disse, porgendomi il maglione.
Era incredibile come cambiasse così tanto d'umore quando stava con me.
Sorrisi e presi l'indumento.
Stavo per uscire dalla stanza, per dirigermi al bagno e a cambiarmi, ma lui mi prese per il polso, fermandomi.
'In bagno ci vado io, dato che ho bisogno di darmi una sciacquata fresca alla bocca' disse, lasciando la presa ed andando nell'altra stanza.
Improvvisamente, sembrava così agitato: forse per quello che voleva dirmi, o per altro. Poteva dirmelo anche in quel momento, senza aspettare la luce del giorno: sembrava una cosa molto importante, tanto da farlo agitare.
Cominciai a togliermi i vari indumenti, per poi indossare quel lungo maglione. Era così caldo e morbido e sembrava che lui fosse lì, ad abbracciarmi.
Nonostante la sua lunghezza, il maglione lasciava scoperte metà delle mie gambe, dove si potevano notare vari segni, causati da quei due mostri.
Mi vergognavo sempre di mostrarli così, davanti a lui. Quei segni li avevo ricevuti senza un motivo logico, solo per uno sfogo, ed era così fastidioso il fatto che non si fossero tolti dalla mia pelle, nonostante il tempo passato. Mi sarei, almeno, voluta presentare bene ai suoi occhi: ma era ovvio che non dovesse essere così.

Sciolsi la mia coda, posando l'elastico nero sulla scrivania. Alzai un po' le maniche del maglione, per poter notare gli altri segni che avevo.
Quanto avrei voluto urlare, ma l'avevo già fatto per troppo tempo, gridando a squarciagola. Quelle scene si ripercorrevano, rapidamente, nella mia mente, facendomi ricordare tutto quello che avevo subìto.
Forse dovrei smetterla.
Sentii due braccia stringermi da dietro, riportandomi alla realtà. Il ragazzo allungò le braccia per abbassarmi le maniche, poi riportò le mani sul mio addome.
'Sei perfetta, anche con quei segni. Non accadrà più, io sono qui' disse, lasciandomi qualche bacio sul collo, provocandomi dei brividi.
Mi voltai davanti a lui, in modo da tentare di dimenticare quei brutti momenti, immergendomi nei suoi occhi verdi.
'Lo so' sorrisi, poggiando le mie mani dietro al suo collo. 'Pensiamo ad altro. Piuttosto, a quello che dovevi dirmi..' dissi, anche se sapevo che era una richiesta inutile.
Scosse il capo, sorridente.
'Vorresti che te lo dicessi, eh?' Domandò, ancora con quella agitazione. 'Dovrai aspettare domani, devo ancora pensarci meglio' mi informò.
'Vuoi lasciarmi la curiosità per tutta la notte? Sei una persona spregevole' dissi, ironicamente.
'Sono stanco ed ancora ubriaco, credo' rifletté.
'Certo, tutte scuse' inventai, sapendo che aveva ragione.
Ma se sei stupida.
Si staccò da me, sdraiandosi sul letto. Accese la luce della piccola lampada sul comodino, mentre spensi quella della stanza. Mi diressi dall'altra parte del letto, mettendomi accanto a lui. Posizionai la testa sul suo petto e il suo braccio mi circondò, come una protezione.
Non avrei voluto essere in una posizione migliore.
'Grazie' sussurrò, baciandomi la testa.
Alzai il capo, non capendo il motivo del suo ringraziamento: avrei dovuto io ringraziare lui, non viceversa.
'Sei di nuovo qui, con me. Nonostante le mie cazzate, riesci sempre a tornare da me. Questa volta, non ti lascio più' disse.
Baciai quelle labbra a stampo. Almeno, era riuscito a capirlo da solo.
Non doveva ritenersi egoista o altro: anche io volevo tenerlo stretto a me il più possibile.
Mi rimisi nella posizione iniziale, chiudendo lentamente gli occhi: era un momento troppo dolce per interromperlo con una mia parola.
'Ti amo' sentii dire dal moro.
Riuscii a prendere sonno facilmente, trovandomi nel mio posto preferito, al momento giusto e con la persona giusta.

ANGOLO AUTRICE:
Oggi, oltre ad essere il Black Friday (ah, voglio sapere cosa avete comprato, eh), è anche la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Questo tema mi tocca, un po' sul personale, ma non vi dirò nulla perché non ho intenzione di annoiarvi. Sono vicina a tutte quelle donne che hanno subìto violenze dai propri mariti, fidanzati, amici, anche parenti, a volte (nel capitolo, c'è una piccola parte riguardante questo tema, la troverete sicuramente).
Comunque, vi ringrazio per i 16k. La storia sta crescendo grazie a voi, alle vostre stelline, i vostri commenti ( che leggo sempre, sia chiaro). Siete qualcosa di incredibile, dico davvero.
Al prossimo capitolo!

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