Quella notte dormii solo due ore per colpa degli incubi.
Erano circa le 7:00 quando mi sentii scuotere dolcemente.
"Grace svegliati"
All'inizio non capivo di chi potesse essere quella voce.
Quando aprii gli occhi vidi che era Justin.
Sospirai e mi alzai di scatto.
"Che c'è?" chiesi sbadigliando.
Mi stiracchiai e mi alzai dal letto.
"Devi svegliarti" disse pressando le labbra tra loro.
Andai in bagno e mi cambiai velocemente.
Prima ovviamente mi pesai.
47,7kg.
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Susan mi mise davanti una tazza di caffè e un piatto con due fette di pane e marmellata.
"Devi mangiarle per forza queste eh" disse l'infermiera mentre se ne andava.
Justin continuava a fissarmi.
"Non voglio mangiarle" gli dissi bevendo il caffè.
"Ma devi Grace" continuò "sei magrissima"
Guardai il pane con la marmellata.
Bastava guardarlo per capire che era buonissimo.
Avrei voluto mangiarle tutte e due. Poi un'altra e un'altra ancora. Fino ad avere la pancia piena.
Non avevo fame e non avevo bisogno del cibo.
"Perché non li vuoi mangiare?" Mi chiese il biondo.
Scrollai le spalle. "Non ho fame"
Sto morendo di fame.
"Dai ti prego, almeno una"
Finii il caffè.
Vidi da lontano arrivare Susan. In questo periodo era parecchio nervosa perché si stava separando dal marito e di conseguenza mi trattava ancora più male.
"Grace" urlò "ora le mangi, tutte e due!"
"Scordatelo" risposi fredda.
Il suo volto prese una tonalità più scura.
"Ora le mangi"
Volevo che morisse quella stronza.
"No che non le mangio e sicuramente tu non mi obbligherai"
Appoggiò le mani sul tavolo. Le sue lunghe unghie rosse mi ricordavano più quelle una strega che un'infermiera.
"Sei solo una bambina viziata, Grace. Sempre abituata ad avere tutto, ma non abituata a rinuciare a qualcosa per gli altri"
Non ci vidi più.
Stringevo i pugni sotto il tavolo talmente forte da farmi male.
"Vuoi questo? Bene" urlai alzandomi dalla sedia.
Presi una fetta di pane e me la facciai in bocca.
"Ora lasciami in pace e fatti i cazzi tuoi!"
Corsi via. Sentivo Justin chiamarmi, ma non mi voltai.
Andai in camera e chiusi la porta dietro le mie spalle, ma non a chiave.
Me ne andai in bagno e vomitai.
Mentre ero inginocchiata davanti al water, arrivò Justin e mi maledissi per non aver chiuso quella cazzo di porta.
Mi prese e mi portò via.
Piangevo abbastanza forte da bagnargli la maglietta.
Mi prese in braccio e si mise seduto sul letto.
Continuavo a piangere senza sosta mentre lui mi accarezzava la schiena. Mi calmai dopo un po'.
Mi tirai su e andai in bagno a lavarmi il viso, poi tornai da lui.
"Perché fai questo?" Mi chiese mentre mi sedevo accanto a lui.
"Questo in che senso?"
"Questo. Tutto questo. Perché fai del male a te stessa?"
Mi misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio "perché me lo merito. Semplice"
"No, non te lo meriti. Non capisco. Sei così bella. Perché rovinarti?"
Me lo meritavo e basta.
Aveva detto che ero bella? Mentiva. Come tutti quelli che lo dicevano. Sapevo di non essere bella. Non ero nemmeno carina. Ero uno schifo.
"Raccontami qualcosa di te" disse mettedomi un braccio sulle mie spalle.
"Te l'ho già detto. Niente, sono qui da quattro anni e" mi bloccò subito.
"No no. Raccontami qualcosa di te, ma non la Grace che vomitava prima. La Grace che c'è adesso"
Rimasi spiazzata.
A pensarci bene, chi ero veramente?
Io non avevo una stroria. Ormai io e la depressione eravamo una cosa sola.
Non avevo niente da raccontare apparte quanto la mia vita fosse triste.
"Non penso di avere qualcosa da raccontarti, Justin. Non ho niente apparte questo" dissi indicando tutto quello che ci cricondava.
"Lo so, fa parecchio schifo, ma è la mia vita" gli dissi cercando di giustificarmi
"Non ti ho detto niente, tranquilla" rispode sorridendo.
Non riuscii a trattenere un sorriso.
Per fortuna, nella mia camera arrivò un'infermiera bionda che mi salvò da questo terribile momento imbarazzante.
"Grace, tra un'ora hai un incontro con la dottoressa Brown, mi raccomando. Puntuale" dopo questo se ne andò sentendosi chiamare da un paziente.
"Cazzo" sussurrai.
"Che succede?" Mi chiese il biondo fissandomi negli occhi.
Odiavo quanto qualcuno mi fissava negli occhi. Avevo paura che scoprisse qualcosa di me,e quelle cose non erano belle e divertenti.
"Tra un'ora ho un incontro con la dottoressa Brown e una volta a settimana siamo invitati" dissi virgolettando la parola invitati "anche se siamo obbligati, a mostrarle il nostro diario. Credimi, è una cazzata assurda"
Mi alzai e presi da un cassetto il quaderno rosso che usavo come diario. Mi misi seduta come prima e pensai a che scrivere.
"In realtà questo non lo considero nemmeno il mio diario perché le cose che scrivo qui non sono minimamente paragonabili a quelle che penso veramente"
Battevo con la matita sul quaderno pensando a che scrivere.
"Che voce?" Domandò il ragazzo indicando con il dito una frase della pagina precedente.
'La voce non smette mai di tormentarmi. È sempre in agguato.'
"Oh, niente, lascia perdere" balbettai accennando un sorriso.
Justin continuò a guardarmi. "Okay, come vuoi. Non ti obbligo"
Forse dovevo dirglielo. Non lo avevo mai detto a nessuno perché mi vergognavo a parlarne.
Eppure con Justin era diverso. Mi sentivo strana quando stavo con lui. Avevamo passato molto tempo insieme ultimamemente e forse stavamo diventando amici.
Era parecchio diverso da me, però mi sentivo a mio agio quando stavo con lui.
A differenza degli altri ragazzi che avevo conosciuto, lui non mi giudicava ed era disposto ad ascoltarmi e tutto questo mi piaceva.
"Perché ci tieni a saperlo?" Gli chiesi
"Non lo so, davvero. C'è qualcosa di te che mi incuriosisce, ma non so cosa"
Quelle parole mi pietrificarono. Ma subito dopo, la sua voce mi distolse dai miei pensieri.
"Se vuoi puoi dirmelo. Tutto qua" sorrise di nuovo.
"Okay. Allora. È strana la cosa. Io non so se" mi bloccai quando sentii la sua mano sul mio viso. Pulì una piccola lacrima, di cui non mi ero accorta dell'esistenza, che stava percorrendo il mio viso.
"Nella mia testa c'è una voce" sprai fuori velocemente.
Justin mi guardò. "Una voce?"
Annuii. "Si. È una voce forte. È cattiva. È lei che mi dice cosa fare"
"Cosa fare?"
"Si. Se devo dimagrire o se devo tagliarmi. Mi dice lei come comportarmi e come essere. E io la ascolto perché non ho scelta" iniziai a piangere leggermente "la ascolto perché ha ragione. Lei ha sempre ragione"
Dopo piansi di brutto. Sentivo la voce che urlava dentro la mia testa. Poi mi avrebbe sicuramente punita e come biasimarla? Aveva ragione.
Venni circondata da due braccia tatuate. Era la prima volta che una persona mi abbracciava senza che io glielo chiedessi.
Senza pensarci ricambiai l'abbraccio.
"Stai tranquilla Grace. Non ti sconfiggerà"
Poi, dopo avermi salutato, se ne andò.
Mi aveva fatto piacere sfogarmi con qualcuno che non fosse la psicologa.
Presi il diario e iniziai a scrivere.