How to charm Micol Esposito [...

Da _Miss_Arya_

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๐๐ซ๐ข๐ฆ๐จ ๐ฅ๐ข๐›๐ซ๐จ ๐๐ž๐ฅ๐ฅ๐š ๐ญ๐ซ๐ข๐ฅ๐จ๐ ๐ข๐š โœ“ ยซTi amoยป, sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... Altro

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 44

604 26 25
Da _Miss_Arya_

This thing (this thing) called love (called love)

It cries (like a baby), in a cradle all night

It swings (woo), it jives (woo)

Shakes all over like a jellyfish

I kinda like it

Crazy little thing called love, Queen

Quando mi svegliai, Teseo non c'era.

Al suo posto, un piccolo post-it giaceva sul cuscino sprimacciato.

"Sono andato a sistemare una faccenda.

Torno presto.

Ti amo".

Anche se il biglietto non lo specificava, io sapevo cosa era andato a fare.

Era andato da suo padre.

L'avevo pregato di non farlo, di lasciar perdere, perché ormai era acqua passata e noi ci eravamo comunque ritrovati.

Lui, però, aveva insistito. Aveva detto che doveva avere un confronto padre-figlio a tal proposito, che non si sarebbe arreso fino a quando suo padre non avrebbe avuto quello che si meritava.

«Non andare, ti prego», avevo cercato di fermarlo, stringendo il suo polso nella mano.

«Devo chiarire con lui, Miki», mi aveva detto. «Devo».

Si era liberato gentilmente dalla mia stretta, aveva lasciato un bacio sulla mia fronte calda e se ne era andato. Io mi ero rannicchiata sul letto, arrotolando le lenzuola attorno al mio corpo come se potessero essere uno scudo contro il mondo e, con le lacrime asciutte sulle mie gote, mi ero addormentata.

Alzandomi dal letto, mi infilai la camicia che Teseo aveva abbandonato sulla sedia e un paio di pantaloncini, ed entrai in cucina.

Erano le nove e mezzo del mattino e sapevo che presto sarebbe arrivata zia Cecil per portare Zef al centro commerciale. Si era offerta di aiutarlo a scegliere il regalo di compleanno per la sua amica Anna e lui era stato felice di accontentarla.

Poco dopo, mentre stavo sorseggiando la mia dose di caffeina mattutina, Zef entrò in cucina già vestito. Portava dei jeans scuri e una maglietta blu che risaltava in contrasto con i suoi occhi verdi.

Afferrò una banana dal cesto della frutta e si mise a sbucciarla dalla punta.

«Solo frutta, oggi? Non mangi nemmeno una fetta biscottata?», chiesi.

«La zia mi ha mandato un messaggio. Ha detto che arriva tra pochi minuti», spiegò lui, con la bocca piena.

«Allora, fai in fretta», lo esortai. «Hai i soldi per comprare il regalo?»

«Sì, non ti preoccupare», mugugnò. Fece appena in tempo a mangiare l'ultimo boccone di banana che il suo cellulare squillò, avvisando che la zia Cecil era già arrivata.

Zef buttò la buccia della banana sul tavolo e mi salutò di fretta: «Ci vediamo dopo!»

Non potei nemmeno dirgli ciao che era già sparito.

Rimasta sola, non mi restò altro da fare che buttare la buccia nella spazzatura e lavare la tazza e la moka nel lavabo.

Feci tutto in modo meccanico. Ero lì, ma la mia mente no. Era ancora fissata sull'attacco di panico avuto quella mattina.

Non riuscivo a credere che fosse successo ancora una volta e che, per di più, fosse successo davanti a Teseo.

Non mi vergognavo di essermi fatta vedere in quel modo, ma mi dispiaceva che fosse venuto a sapere del sotterfugio del padre in maniera così repentina, senza che avessi avuto il tempo di introdurre l'argomento. Avevo dovuto raccontargli tutto: dell'iniziale minaccia, poi andata peggiorando con il ricatto per mezzo di biglietti minatori nello zaino di scuola o sullo zerbino di casa. Il signor Montecchi aveva minacciato di far chiudere il bar della mia famiglia se avessi osato non rispettare i patti e spifferare tutto ai miei genitori. Era per quello che ero arrivata a dire bugie a tutti quelli che conoscevo. Rob e Stella erano l'eccezione perché il signor Montecchi non sapeva chi fossero e anche loro erano a conoscenza solo della prima minaccia.

I biglietti intimidatori erano un segreto che avevo ben custodito. Ogni qualvolta li ricevevo li bruciavo subito con l'accendino così che non ce ne fosse più traccia. Dopo anni, ero finalmente riuscita a confessarlo alla mia psicologa, che mi aveva aiutato ad affrontare le conseguenze di quelle minacce. I miei attacchi di panico scaturivano infatti dalla paura di essere inseguita, di essere braccata, di perdere Zef perché il padre di Teseo aveva scoperto della sua esistenza.

Mi stavo asciugando le mani con la salvietta quando sentii la porta dell'appartamento sbattere.

Mi girai di scatto, ansiosa di rivedere Teseo per scoprire cosa fosse successo.

Mollai la salvietta sul bancone della cucina e mi recai in salotto a passo svelto.

Teseo fece la sua apparsa, uscendo dalla penombra con la testa china. I capelli biondi gli ricadevano arruffati sulla fronte. La camicia era stropicciata e macchiata di sangue.

Si avvicinò a me piano, i passi sicuri nei suoi jeans stretti e la bocca tesa in una linea sottile. In due falcate gli arrivai davanti. Lo fissai da sotto le sopracciglia corrugate per la preoccupazione. Non mi piaceva vedere del sangue su quel tessuto bianco e nemmeno scorgere della rabbia nei suoi movimenti.

Era raro che Teseo si infuriasse. Si infastidiva, quello sì. Ma non si lasciava mai annebbiare dalla furia cieca.

«Cos'è successo?», domandai quando vidi la sua mano insanguinata.

Colmai lo spazio tra di noi con un altro passo e la afferrai per il polso, osservandone il danno. Le sue nocche erano scorticate e rosse di sangue.

«Cos'hai fatto?»

«Quel bastardo ha avuto quello che meritava», mormorò lui, spostando lo sguardo per incontrare il mio. Quando lo fece, vidi disperazione mista a una sconsolata rassegnazione nelle sue iridi verdi.

«Tutto ciò che devi sapere è che è finita, Miki», disse. «Non dovremo più averci niente a che fare».

«Non avresti dovuto...»

«No, era necessario», replicò lui. «Lui non è mai stato un padre per me... e guarda come sono cresciuto? Non ho bisogno di un uomo come lui nella mia vita».

Portò la mano sporca di sangue sulla mia guancia e mi toccò il labbro con delicatezza.

«Ho te. Ho Zef», mormorò. «É tutto ciò di cui ho bisogno».

Strinsi il suo polso nelle mie mani e non mi imbarazzai quando delle piccolissime lacrime scivolarono lungo le mie guance.

Non avevo motivo di imbarazzarmi. Mai ne avrei avuto, con Teseo. Lui non mi avrebbe mai giudicato per aver mostrato apertamente i miei sentimenti.

Con lui, potevo essere me stessa. Potevo ridere quanto mi pareva, piangere quando mi sentivo di farlo e baciarlo ogni qualvolta lo desiderassi.

Mi alzai sulle punte dei piedi e gli lasciai un bacio sulle labbra.

«Ti amo anch'io», sussurrai sulle sue labbra.

I don't wanna hurt you (I just wanna be)

Drinkin' on a beach with (you all over me)

I know what they all say (I know what they all say)

But I ain't tryna play

I wanna be your endgame (endgame)

Endgame, Taylor Swift

Appena le labbra di Miki toccarono le sue, ogni pensiero di Teseo si annullò. Sparirono dalla sua mente: il padre, la matrigna ed ex-ragazza, il futuro fratello che probabilmente non avrebbe mai conosciuto.

La sua mente divenne una tavola rasa, pronta ad essere riempita di Miki, Miki e solo Miki.

Cingendo il collo di lei con la mano destra, la costrinse a non allontanarsi dalla sua bocca, a non interrompere quel bacio che era come ossigeno per lui. Le portò l'altra mano sul fianco e, così facendo, la strinse a sè in modo tale da far aderire ogni parte dei loro corpi.

Si staccò da lei quel tanto che bastava per mormorare contro le sue labbra: «E così sono il tuo sogno segreto, mia dolce Miki?»

Lei si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio all'angolo della bocca. «E così sono l'amore della tua vita?», chiese impertinente.

«Non ho mai avuto alcun dubbio», la baciò ancora, prendendole il viso tra le mani.

Poi le spostò sul suo corpo per sollevarla tra le sue braccia. Miki emise un grido quando si accorse dello spostamento, aggrappandosi al suo collo con forza. Spinse il viso nell'incavo tra la sua spalla e il collo, mentre lui la trasportava in camera da letto.

Teseo la fece rimbalzare sul letto e salì con lei sul materasso. Mise i gomiti da una parte e l'altra della sua testa e s'incastrò in mezzo alle gambe di lei.

«Tra quanto arriva Zef?», chiese, le labbra a sfiorare il suo lobo.

«Tra due ore». Miki gli sorrise e passò una mano tra i suoi capelli biondi.

«Ce le faremo bastare», replicò Teseo.

Poi si tolse la camicia. 

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