How to charm Micol Esposito [...

Autorstwa _Miss_Arya_

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𝐏𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐫𝐢𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 ✓ «Ti amo», sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... Więcej

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 30

657 27 56
Autorstwa _Miss_Arya_

Well if you cross your heart

And spit and swear upon the grave of your mother

You got to get into it

you gotta tell me that I'm more than a lover

Angel of mercy, Dire Straits

Il giorno prima, tutto si era svolto alla perfezione. Tralasciando il disastro della spremuta, di cui rido ancora adesso.

Teseo non aveva visto, ma Zef aveva fatto cadere il bicchiere perché era troppo impegnato a farmi gesti segreti alle spalle del padre - "Sa suonare il piano!", "È davvero un medico!"- da ricordarsi di avere ancora in mano un oggetto fragile.

Zef si era imbarazzato per aver fatto la figura dell'imbranato davanti a quel figo di suo papà (me lo aveva rivelato quando Teseo aveva lasciato il locale), ma era realmente contento di averlo conosciuto.

Continuava a chiedermi dettagli su di lui, su cosa gli piacesse fare, se fosse bravo a scuola come lui, se avesse degli animali domestici.

Io tentavo di rispondere a tutte le sue domande, ma ad alcune non conoscevo proprio la risposta.

Ad esempio, Zef, durante una delle sue interminabili interviste, mi chiese se a Teseo piacessero le pecore o preferisse le capre.

Non era esattamente una domanda che mi sarebbe venuta in mente di porgli anni prima, quindi non avevo la più pallida idea di quale fosse la risposta giusta. In quei casi, l'unico modo per terminare il discorso era dire Mmm, non lo so, che ne dici di chiederglielo quando vi rivedrete?

E, se ero fortunata, Zef iniziava a parlare di qualcos'altro. Altrimenti, mi poneva un altro quesito impossibile: «Secondo te, Teseo ha letto Percy Jackson? E le Cronache di Narnia? Hunger Games?»

Io, Zef e Luca eravamo a tavola quando domandò: «Secondo te... Teseo ha la ragazza?»

«O una moglie?», aggiunse.

Lasciai cadere la forchetta nel piatto stracolmo di spaghetti alla carbonara e gli rivolsi uno sguardo che speravo sembrasse disinteressato.

Mi pulii la bocca con il tovagliolo di carta per guadagnare tempo.

Avevo visto Teseo insieme ad una donna tutte curve la notte in cui Zef era stato male, ma non avevo capito bene quale fosse il legame tra di loro. Forse erano solo amici con benefici...?

Qualunque fosse la risposta giusta, io non ne ero a conoscenza, quindi dissi semplicemente: «Mmm, non lo so. Chiediglielo quando vi rivedrete».

Zed annuí e quindi trascrisse la sua domanda sul foglio bianco ormai ricoperto da una lista di quesiti da rivolgere a Teseo.

Mordicchiò la matita prima di scrivere nella sua calligrafia elegante: «Hai la ragazza?»

Di fianco, ad ogni domanda aveva disegnato due quadritini contrassegnati dalla scritta e no in modo tale da poter segnare la sua risposta sul foglio.

«Non mi stupirei se fosse fidanzato...», prese parola Luca, prima di infilarsi un forchettata di spaghetti in bocca.

«Perché?», borbottò Zef con la pasta in bocca. La sua sembrava solo sana curiosità.

«Beh, ha un certo fascino e le donne ci cascano sempre», rispose Luca, parendo sovrappensiero.

«Già, anche la mamma lo pensa», disse Zef.

Luca mi rivolse uno sguardo contornato da un bel sopracciglio alzato, a cui io replicai con una semplice scrollata di spalle.

«Teseo ha sempre avuto un talento nell'incantare le ragazze, non credo che l'abbia perso negli anni», concordai con gli occhi fissi sul piatto.

«E tu, Zef? C'è qualche ragazzina che ti interessa?», chiese Luca, cambiando discorso.

Zef arrossí, ma rimase in silenzio, continuando a girare la forchetta su sé stessa all'infinito.

«Ah, quindi c'è davvero qualcuna!», esclamai sorpresa. Zef non mi aveva mai parlato di una ragazza.

«No, non è vero», borbottò mio figlio.

«Com'è?», domandai incuriosita.

«Apprezzerei davvero molto se evitaste di chiedermi qualcosa a proposito di questo», disse serio.

Quando voleva essere preso sul serio, Zef tendeva ad assumere i toni e i modi di un uomo adulto, e lo fece anche quella volta.

Alzai le mani in aria. «Okay, come vuoi. Ma sappi che, se hai bisogno di parlare, io sono qui».

Luca annuì, sostenendomi. «Esatto, Zef. Io e tua madre siamo qui se vuoi qualche consiglio. D'altronde, siamo stati giovani anche noi e sappiamo cosa significa avere una cotta».

«Davvero?», chiese stupito Zef.

«Davvero cosa?»

«Davvero sei stato giovane, Luca?», lo prese in giro mio figlio.

Scoppiai a ridere.

In effetti, Luca aveva sei anni in più di me, ma con il suo portamento sicuro e i suoi modi paterni sembrava averne dodici in più.

Zef scherzava parecchio sulla sua età. A volte, gli chiedeva se avesse mai visto i dinosauri.

«Piccolo furfante!», esclamò Luca, alzandosi in piedi e avvicinandosi a Zef, che scattò in piedi e fece il giro del tavolo per nascondersi dietro di me.

«Bambini, bambini! Non fate così!», li richiamai ridendo. «Tornate al tavolo, dai».

Dopo altri rimproveri, finalmente entrambi tornarono al loro posto con sorrisi felici stampati sulle labbra e finirono il loro piatto in un batter d'occhio.

Mangiammo alcuni affettati con del formaggio e poi la cena era terminata.

Zef andò in camera sua a finire i compiti per il giorno dopo e io e Luca rimanemmo finalmente da soli. Mettemmo una moka sul fornello e, mentre aspettavamo che il caffè fosse pronto, iniziammo a lavare i piatti.

Io li pulivo con acqua e detersivo, lui li prendeva e li asciugava per riporli nel mobiletto.

Lavorammo in silenzio per alcuni minuti, poi Luca mi chiese: «Allora, come sta andando con Teseo?»

«Bene, tutto sommato. Zef sembra essere entusiasta di conoscerlo».

Luca rise. «Entusiasta è un eufemismo».

«Già, è vero».

«E tu? Come ti senti sapendo che, dopo tutto il tempo in cui non è stato presente, si è finalmente fatto vivo?»

Luca non era a conoscenza di tutta la storia. A dire il vero, non ne sapeva nemmeno l'un percento. Da quanto gli avevo raccontato, avevo deciso di crescere mio figlio da sola, punto e basta.

«Teseo non ha mai saputo di Zef. Non puoi incolparlo per essersene andato ed essersi fatto una carriera», dissi. Mi sembrava di fare quel discorso da anni. Forse perchè era così.

«Dici sul serio?», chiese incredulo. «Perchè non glielo hai detto?»

«Non volevo farlo, okay?!», sbottai. Gli passai l'ultimo piatto, poi lasciai che il lavabo si svuotasse e l'acqua scorresse giù per il tubo dello scarico. Mi asciugai le mani nella salvietta appesa al mobiletto e mi girai verso di lui con l'aria scocciata.

«Senti... Non ho voglia di parlare di questo ora...», mormorai, avvicinandomi a lui e agganciando le dita ai passanti della sua cintura.

Lui lasciò perdere l'argomento. Sebbene fosse l'uomo più amorevole dell'universo, era lo stesso un uomo e, come tutti gli esemplari maschili del mondo, tendeva a rinunciare ad una conversazione faticosa a favore di qualcosa di più piacevole.

«Ah, sì? E di cosa avresti voglia di parlare, invece?», chiese, mordendosi il labbro inferiore.

Mi strinsi a lui, inclinando il viso verso il suo. Era troppo alto perché potessi guardarlo negli occhi senza farlo.

«Non lo so, magari...», sussurrai, ma non finii mai qualunque cosa avessi in mente di dire.

Luca chinò il viso contro il mio e fece sfiorare le punte dei nostri nasi in una lenta carezza. Portai le mani sopra il suo petto e, nonostante il tessuto della maglietta mi fermasse dal toccare la sua pelle nuda, sentivo chiaramente il calore emanato dal suo corpo.

Feci in tempo a prendere un lento respiro prima che la sua bocca colmasse lo spazio che ci separava. Le sue labbra erano calde e un po' screpolate contro le mie morbide, ma non mi importava.

Era bello sentire il suo corpo contro il mio, la sua mano destra stringermi il fianco in una morsa feroce. Mi aggrappai ai suoi capelli quando il bacio si fece più intenso e d'improvviso persi il contatto con la realtà: le mani di Teseo presero il posto di quelle di Luca nella mia mente, il petto possente contro cui mi stringevo divenne il petto lievemente scolpito del mio ex e le labbra che sfioravano le mie erano del padre di mio figlio, non del mio collega di lavoro.

Non capii subito che ci fosse qualcosa di strano, che non fosse possibile una cosa del genere. La mia testa era scombussolata, non riusciva a trascendere il sogno dalla realtà. Ma poi sentii il mio cuore: Bum bum bum. Nessuna canzone segreta aveva sostituito il battito del mio cuore, nessuna melodia già composta molto tempo addietro aveva ripreso il suo corso.

Quello non era Teseo. Era solo la mia fottuta immaginazione.

Mi staccai da Luca, boccheggiando. Avevo già fatto due passi indietro prima che lui realizzasse che non ero più di fronte a lui.

«Noi... non possiamo», riuscii a mormorare. «Zef si trova a un paio di camere di distanza».

Luca riprese fiato, una o più volte, prima di annuire e dire: «Giusto, hai ragione. Scusami».

«Tranquillo, sono stata io a iniziare, no?», sussurrai, fingendo un sorriso.

Lui, però, non se ne accorse. Sembrava felice come qualche minuto prima.

«Io ci ho messo del mio, però».

Lo guardai da capo a piedi, soffermandomi sui capelli scompigliati e le labbra lucide.

«Non si può dire che non l'hai fatto», concordai.

Un po' per farmi sentire meno in colpa e un po' per l'espressione fiera che si era dipinta sul volto di Luca, mi allungai e mi sporsi per lasciargli un bacio leggero sulle labbra.

«Vuoi che resti qui stasera?», chiese.

Gli lanciai un'occhiata eloquente.

«Solo per dormire, giuro», alzò le mani come per difendersi.

«In questo caso, forse, potrei acconsentire...», dissi.

Era capitato più volte nel corso della nostra amicizia alias relazione amorosa senza etichetta che lui finisse per trovarsi nel mio letto e svegliarsi al mio fianco la mattina dopo; per Zef era diventata quasi un'abitudine vederlo a colazione. All'inizio, mio figlio non capiva bene cosa fossimo io e Luca e che cosa rappresentasse lui nella sua vita, quindi mi ero seduta con lui in salotto e gli avevo spiegato: «Luca è una specie di migliore amico per me, ma per te potrebbe rappresentare chiunque tu voglia: un amico, uno zio, un patrigno...»

Zef aveva nove anni quando mi rivelò che vedeva Luca come il suo confidente. All'epoca, avevo pensato che fosse la cosa più carina del mondo. In quel momento, mi chiedevo se l'arrivo del padre avesse cambiato il modo in cui lui lo vedesse.

Luca mi baciò un'altra volta sulle labbra ed esordí dicendo: «Il caffè è pronto».

Ci staccammo riluttanti e andammo a versare il liquido bollente all'interno di due tazze.

«Perfetto», commentò Luca, battendo il mio pugno proteso.

A volte, mi domandavo se quello che avevo detto a Zef fosse vero, se Luca fosse più un migliore amico per me che un compagno e se alla fine non stessi facendo altro che incasinare le cose, come mio solito. 

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