How to charm Micol Esposito [...

By _Miss_Arya_

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𝐏𝐫𝐒𝐦𝐨 π₯𝐒𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐭𝐫𝐒π₯𝐨𝐠𝐒𝐚 βœ“ Β«Ti amoΒ», sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... More

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 26

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By _Miss_Arya_

You take my hand and drag me head first

Fearless

And I don't know why

But with you I'd dance in a storm

In my best dress

Fearless

Fearless, Taylor Swift

Teseo era nel suo ufficio quando Jessica si presentò.

Non era vestita nella sua divisa da lavoro, ma portava un paio di jeans larghi e una camicetta gialla coi bottoni slacciati fino al seno.

Era tutta raggiante, sembrava sprizzare felicità da tutti i pori.

«Come mai sei così allegra oggi?», chiese Teseo.

Se l'umore di Jessie la faceva somigliare al sole, il suo lo faceva sembrare una nube temporalesca.

Era da due giorni che girava con la macchina per tutta la città finendo sempre con il fermarsi davanti al bar degli Esposito.

Era consapevole che avrebbe dovuto lasciare tempo a Miki per pensare, ma ogni volta che le sue mani si appoggiavano sul volante, queste prendevano vita propria.

Quindi, in ogni momento libero si ritrovava ad attendere davanti all'insegna al neon nuova di zecca di quel piccolo bar.

Qualche volta, però, la sua destinazione cambiava e Teseo parcheggiava dinanzi al negozio di dischi, aspettando di veder uscire Miki dalla porta d'ingresso o da quella sul retro.

Eppure, erano due giorni che Miki non si vedeva da nessuna parte, né al bar né al negozio. Aveva visto solamente sua zia Cecil uscire dal locale dopo la chiusura per tornare a casa e un tizio dai capelli lunghi, sempre raccolti in un perenne codino, dirigersi alla macchina dopo aver girato il cartello appeso alla porta del negozio da open a closed.

Di Miki non si era vista nemmeno l'ombra.

Sperava solo che non fosse scappata a gambe levate appena le aveva suggerito di pensare alla sua proposta.

«Perché oggi è il mio giorno libero e finalmente stasera potremmo uscire!», esclamò Jessica, destandolo dai suoi pensieri. Si sedette sulla sedia davanti alla sua scrivania, accavallando le gambe.

Era di una bellezza raffinata, lei. Così diversa da Miki, che portava abiti stravaganti, collane di catene e orecchini su orecchini.

Jessie era più una ragazza da vestiti casual, mai troppo appariscenti, ma comunque carini nella loro semplicità.

La maggior parte delle volte raccoglieva i capelli in una treccia o in un mollettone da casalinga perché diceva che tenerli sciolti le dava fastidio, ma non sopportava il pensiero di tagliarli.

Miki, invece, teneva sempre i capelli giù, tranne per quelle rare volte in cui d'estate a causa del caldo era costretta a fare una coda. Quando era giovane, Teseo si ricordava che le piaceva di più vedersi liscia che riccia, ma ultimamente l'aveva vista con i capelli boccolosi.

Teseo li adorava e gliel'aveva detto un sacco di volte. Prima che Miki lo lasciasse, lei aveva iniziato a portarli sempre al naturale e lui rammentava di averci giocato in più momenti.

Un'immagine comparve nella sua mente. Un ricordo.

Miki stesa a letto con le labbra lucide e gli occhi emozionati, i suoi capelli riccioluti sparpagliati sul cuscino.

Teseo chiuse gli occhi: gli pareva di essere ancora su quel materasso con lei al suo fianco, entrambi nudi e felici.

«Tutto bene, Tes?», domandò Jessie.

Teseo aprì gli occhi e si premette le dita ai lati della fronte.

«Sì, è solo l'emicrania che mi tormenta da stamattina», disse.

«Vuoi che ti vada a prendere un'aspirina?», chiese Jessica, preoccupata.

«Non disturbarti, non ce n'è bisogno», la fermò con la mano alzata.

«Vuoi annullare l'uscita di stasera?»

La voce di Jessie era allegra, ma Teseo riuscì a percepire la paura di essere rifiutata un'altra volta.

«No, no. Non ci pensare nemmeno. Ho detto che saremmo usciti e lo faremo», disse Teseo.

«Okay, allora», sorrise e parve che un'aura luminosa la circondasse.

«Prima devo fare una cosa, però», la avvisò.

«È proprio per questo che sono passata. Volevo sapere se l'orario è confermato».

«Sì, certo. Alla otto ti passo a prendere sotto casa».

«Perfetto», annuì Jessica, mentre si alzava.

«Non farmi aspettare», la prese in giro.

«Non lo farei mai, Tes», disse lei prima di uscire dalla porta.

Finalmente, Teseo rimase solo con i suoi pensieri.

Decise in meno di un minuto. Firmò gli ultimi documenti velocemente, prese le chiavi della decappottabile e la giacca dalla sedia con l'intenzione di fare ancora l'ennesimo giro largo per vedere se c'era qualche traccia della sua Miki.

***

Arrivò dinanzi al negozio di dischi con il livello di speranza pari a zero.

Aveva già controllato il bar di famiglia e aveva scoperto che a lavorarci c'erano solamente Bear e la zia Cecil. La mamma di Miki non si era vista in giro e nemmeno l'oggetto dei suoi sogni.

Non credeva che l'avrebbe trovata al negozio, ma doveva tentare, altrimenti avrebbe finito per passare tutta la serata pensando a lei e a suo figlio.

Dio, Teseo ancora non realizzava.

Era un papà.

Lo era stato da quando aveva diciannove anni, ma lo aveva saputo solo a trentadue.

Parcheggiò dall'altra parte della strada rispetto al negozio, poi scese dalla macchina per guardare attraverso la vetrata.

La grande finestra mostrava un piccolo spazio con grandi scaffali, come se fosse una libreria, ma anziché contenere libri, conteneva dischi. L'interno era ben illuminato e Teseo poteva scorgere un bancone con un giradischi in un angolo e una cassa nell'altro.

Un uomo dai capelli lunghi. raccolti in una crocchia in cima alla testa, serviva un cliente che - ad occhio e croce - avrebbe dovuto avere la metà degli anni di Teseo.

Il ragazzino sorrideva felice per il suo acquisto. Dalla maglietta nera con la scritta Led Zeppelin, Teseo dedusse che doveva aver comprato un disco della band.

L'uomo mise il disco all'interno di una borsa di plastica bianca, ma l'adolescente non accennava ad andarsene. Anzi, si era messo a parlare animatamente con il commesso, che annuiva ad ogni sua affermazione.

D'un tratto, i due interruppero la loro conversazione e girarono la testa verso un angolo del negozio.

Miki uscì dalla porta che dava sul magazzino portando con sé un altro disco. Doveva aver fatto un complimento agli ottimi gusti musicali del ragazzo, perché quest'ultimo arrossì fino alle punte delle orecchie.

L'uomo rise e prese il disco dalle mani di Miki, lo passò sopra alla luce rossa, poi digitò qualcosa sullo schermo e stampò uno scontrino.

Infilò tutto nella borsa di plastica e la diede al teenager, che era ancora incantato a guardare il viso di Miki.

Teseo lo capiva. La sua ex ragazza poteva essere invecchiata di dodici anni ed aver dato alla luce un bambino bellissimo, ma non si notava. Sembrava ancora l'adolescente di cui si era innamorato.

Era stupenda.

L'uomo dovette aver detto qualcosa al ragazzo, forse a proposito delle sue guance arrossate, perché Miki rise e parlò al ragazzo con espressione accondiscendente.

Dopo alcune battute, finalmente, il giovane uscì dalla porta del negozio e Miki e il suo collega si ritrovarono da soli.

Teseo li guardò scherzare e avvicinarsi, parzialmente nascosti alla vista dal bancone della cassa. La mano di lui era appoggiata al legno, ma pericolosamente vicina al fianco di Miki.

Lei lo guardava inclinando il mento verso l'alto perchè con la sua stazza la superava di trenta centimetri.

Teseo oltrepassò la strada come se stesse volando.

Non poteva credere che lei fosse lì.

Pensava che Miki avesse deciso di scappare e non farsi vedere mai più.

Invece, lei era lì a pochi metri da lui.

Arrivò di fronte alla porta d'ingresso, che era anch'essa fatta di vetro, ma i due erano troppo impegnati a guardarsi negli occhi perché potessero notarlo.

Prese un solo respiro, poi afferrò la maniglia con la mano destra, la abbassò e si ritrovò all'interno.

Il campanello sopra la porta emise un tintinnio, avvisando i dipendenti del suo ingresso.

Miki distolse lo sguardo dall'uomo per postarlo su Teseo.

I suoi occhi si ingrandirono quando lo videro e le sue labbra si dischiusero per ingoiare aria.

L'uomo, che era di spalle rispetto alla porta, si girò verso di lui quando si accorse di non avere più l'attenzione di Miki.

Teseo aveva abbastanza fiducia in sé stesso da riconoscere quando un uomo era bello, e quello lo era davvero.

Aveva un viso dai tratti decisi, la mascella possente evidenziata da una barba scura e gli occhi circondati da grinze dovute alla suo sorriso, e non alla vecchiaia. All'orecchio destro portava un orecchino ad anello nero.

«Possiamo aiutarti?», chiese gentilmente.

Teseo era scioccato da quanto la voce di quell'uomo sembrasse perfino più profonda della sua.

Se il suo ego non era stato toccato dalla sua bellezza, di certo lo era stato dal suo timbro roco. Quell'uomo sembrava avere un motore al posto dei polmoni.

«In realtà, Teseo è qui per me», disse Miki, lanciando un'occhiata fugace al collega prima di tornare a guardarlo.

Teseo si sentì gratificato dal fatto che Miki non si curasse molto della presenza dell'altro, ma preferisse prestare attenzione a lui.

Okay, forse il suo ego era impallidito di fronte alla mascella pronunciata dell'altro.

Quindi, allargò le spalle e gonfiò il petto, mentre avanzava fino al bancone.

Ma, d'un tratto, la sua mente si resettò e qualsiasi cosa intelligente volesse dire venne cancellata. Ritornò ad avere diciannove anni e a saper dire soltanto una parola: «Ehi».

«Ehi», ricambiò il saluto Miki.

A quanto pare, anche lei aveva perso il dono della parola.

Nessuno disse più niente finché l'uomo se ne uscì dicendo: «Vi conoscete?»

Solo a quel punto lei lo guardò: «Lui è il padre di Zef».

Dannazione, ci vai giù pesante, pensò Teseo. Avrebbe potuto dire che era il suo ragazzo del liceo, che era il suo ex, invece, aveva scelto proprio quello.

L'uomo lo stava guardando a bocca aperta. Teseo volle chiarire subito la situazione.

«E il suo primo amore», aggiunse.

«Ora non esagerare, Montecchi», lo riproverò Miki, che aveva superato il bancone e gli si era affiancata.

«Perché? Non è la verità?», chiese con aria innocente, sbattendo le ciglia.

«Dio, mi ero dimenticata di quanto tu sia fastidiosamente presuntuoso», commentò Miki, passandosi una mano sulla fronte.

«Ed io di quanto tu sia meravigliosamente testarda», ribatté.

Miki alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia sul petto mentre cercava di celare un piccolo sorriso.

«Il solito adulatore».

«La solita imperturbabile».

I due si scambiarono complice, fatto di segreti condivisi, ricordi vissuti insieme, ma anche di nostalgia e mancanza.

«Da quanto sei tornato?», chiese il collega, particolarmente curioso.

«Da una settimana, più o meno», disse Miki.

Teseo si rivolse a entrambi quando rispose: «In realtà, tre mesi fa, ma all'inizio mi sono trasferito nella mia casa d'infanzia. Solo da due settimane, ho affittato un appartamento tutto per me».

«Non avevi pensato di cercare Miki appena arrivato in città?»

L'uomo mi rivolse uno sguardo di fuoco, che indicava il grado d'affetto che provava per Miki. Sicuramente, in una scala da uno a dieci, sarebbe stato vicino al massimo.

«Non credevo che lei volesse avere niente a che fare con me, non dopo quello che mi ha scritto nella sua lettera». Quelle parole erano destinate più all'orecchio di Miki che a quelle dell'uomo. Lei se ne accorse, ma non disse niente, rimase in un silenzio pensieroso.

Alla fine, però, scelse di cambiare argomento.

«Okay, allora... Luca, lui è Teseo», indicò il ragazzo alla sua sinistra. «Teseo, lui è Luca», puntò il pollice nella direzione del collega.

Teseo allungò la mano: «È un piacere fare la tua conoscenza, Luca».

«Anche per me, Teseo».

«Bene, ora che i convenevoli sono finiti, penso che sia il caso che noi due chiariamo alcune cose, Montecchi». La voce di Miki era troppo tirata per essere davvero così allegra come sembrava.

Ciononostante, Teseo annuí. «Concordo».

Miki ricambiò il gesto e si rivolse a Luca dicendo: «Noi andiamo a parlare in magazzino, tu resta qui alla cassa. Torneremo tra pochi minuti e magari Teseo vorrà comprare un altro disco come cortesia per il disturbo».

Partí in quarta e si diresse verso la porta dipinta di nero in fondo al negozio. La aprì e spinse Teseo dentro.

Si ritrovarono in uno spazio buio, circondati da scaffali e armadi. Sebbene Teseo non la vedesse, riusciva a percepire la presenza di Miki davanti a lui.

Il suo corpo snello distava a pochi centimetri dal suo e poteva sentire il calore del sangue che le scorreva nelle vene.

Prese un respiro profondo e il mondo si colorò del suo profumo speziato, che gli ricordava di come avesse passato intere ore ad abbracciare il cuscino che aveva ancora il suo odore nelle giornate nostalgiche.

«Non accendi la luce?», chiese.

Miki sembrò accorgersi in quel momento della loro eccessiva (non per Teseo) vicinanza e si allontanò per schiacciare l'interruttore della luce.

Poi restò appoggiata alla parete a braccia incrociate, come se quella posa potesse essere uno scudo contro la presenza di Teseo e ciò che comportava.

«Sei venuto qui per sapere la mia risposta, giusto?», domandò, fissandolo negli occhi.

«Sì, sono qui per questo», rispose deciso Teseo.

Fece un passo in avanti, ritrovandosi a cinquanta centimetri dal corpo di Miki.

Lei non si mosse, rimase ferma per un attimo e poi sembrò aver trovato il coraggio per dare la sua risposta perché prese fiato e disse: «Va bene. Ti do il mio permesso per iniziare a vedere Zef».

Teseo non riusciva a credere a quello che aveva sentito. Miki aveva detto di sì... voleva che lui conoscesse il loro figlio.

«Davvero?», chiese incredulo.

«Sì», disse Miki. «Ma, prima che voi due vi conosciate, ho bisogno di parlare con Zef e sapere cosa ne pensa. Non è detto che lui voglia instaurare un rapporto con te come tu vuoi fare con lui».

Teseo lo capiva. Certo, che lo capiva. Era stato assente per ben dodici anni della sua vita ed era naturale che Zef avesse una reazione negativa ad un tentativo di approccio; eppure, sentirlo dire in modo così diretto da Miki, gli fece male al cuore.

«Certo, lo capisco», ripeté ad alta voce. «È giusto che tu gliene parli prima».

Miki staccò la schiena dalla parete e si avvicinò a lui con le mani in tasca.

Si dondolò sulle punte dei piedi, insicura, ma poi disse: «Bene, se questo è tutto... possiamo tornare di là».

Teseo la fermò. «Aspetta, devi avere un modo per contattarmi quando Zef è pronto per conoscermi. Non posso continuare a fare il giro della città per cercare la tua faccia».

Miki lo guardò senza parole.

«Girare la città?», chiese. «Hai davvero girato la città per trovarmi?»

«Certo, Miki. Ogni giorno ho preso la mia decappottabile e mi sono fatto chilometri di strada per vedere se di te c'era almeno una traccia al bar, o qui al negozio».

«Non so cosa mi sorprende di più. Che tu abbia girato la città per cercarmi o che tu abbia ancora la tua vecchia auto. Ma non sei diventato ancora più ricco da quando sei diventato medico?»

«No, non mi pagano ancora così tanto. In fondo, è come se fossi appena uscito dall'università», rise Teseo.

«Cavolo, e io che pensavo di poter usare i tuoi soldi», scherzò lei, lanciandogli un sorriso sghembo.

Teseo ridacchiò, ma quelle parole gli fecero stringere lo stomaco: la situazione economica della famiglia Esposito non era stabile nemmeno quando doveva pagare le spese di una sola figlia... Come avevano fatto con un bambino piccolo in arrivo? Come avevano fatto a pagare i pannolini, il latte in polvere, i giocattoli, le carrozzine e le culle?

Dio, Teseo si sentiva uno stronzo.

Avrebbe dovuto contribuire a pagare le spese. Zef era suo figlio e avrebbe dovuto occuparsi lui di tutto quello di cui aveva bisogno, non lasciare tutto nelle mani di Miki e della sua famiglia.

«Dio, Miki. I miei soldi sono tuoi, se vuoi. Se non riesci a pagare tutte le spese, puoi dirmelo e io ti farò un assegno», le disse con tono serio.

Miki lo guardò come se le avesse sputato in faccia.

«Grazie, ma non ho bisogno dei tuoi soldi, Montecchi. Io e Zef ce la siamo cavata da soli fino ad adesso, riusciremo a farlo ancora».

Vista la sua reazione, Teseo non volle insistere, ma non si sarebbe arreso così facilmente.

Era giusto che lui pagasse parte delle spese e per questo sarebbe tornato sul quel discorso un'altra volta.

«Va bene, ho capito. Voi due ve la siete cavata benissimo senza di me. Ho capito», annuì più e più volte come per convincersi che quelle parole non lo ferissero a morte.

«Esatto», disse Miki.

D'un tratto, il silenzio calò nel magazzino. Ora che quel discorso era chiuso, Teseo non si ricordava più di come fosse iniziato.

«Allora, mi vuoi dare il tuo numero di cellulare o vuoi aspettare fino a domani mattina?», domandò Miki.

Ah, sì. Teseo aveva chiesto un modo per tenersi un contatto.

«Sì, certo», tirò fuori una penna a sfera dalla tasca e le prese il braccio con la mano.

«Sai che esiste una rubrica sul cellulare, vero? Non c'è bisogno di fare tutta questa scena», borbottò infastidita Miki.

«E tu sai che sono un uomo d'altri tempi», disse Teseo, premendo la punta della biro sulla pelle delicata di Miki.

Arrotondando ogni cifra e assicurandosi di rendere la sua scrittura leggibile, tracciò pian piano il suo numero di cellulare.

La punta della penna scorreva senza interruzioni lungo la pelle liscia di Miki e ben presto Teseo esaurì le ragioni per cui tenesse ancora il braccio della sua ex in mano quando aveva già scritto tutte le nove cifre.

Ma era una sensazione così bella essere di nuovo vicino a lei, essere circondato dal suo profumo speziato. Avrebbe voluto non doversi mai allontanare.

Eppure, dovette farlo. Fece un passo indietro e la lasciò andare.

Miki prese un brusco respiro come se anche lei si fosse accorta solo in quel momento di quanto fossero vicini, di quando le loro fronti fossero prossime a toccarsi.

«Bene», disse. «Sei contento ora?»

«Contentissimo», gli scoccò un sorriso malizioso e la seguí fuori dal magazzino.

Luca era ancora alla cassa quando tornarono. Sembrava assorto da una lettura di un fumetto, ma Teseo sapeva la verità: le parole non le aveva nemmeno lette, era stata tutto il tempo con i nervi a fior di pelle in attesa del loro ritorno.

Gettò uno sguardo al braccio di Miki quando vide la manica alzata e poi ne lanciò un altro nella direzione di Teseo. Il primo era carico di gelosia, il secondo pregno di minacce silenziose.

A Teseo non poteva fregare di meno. Era il padre di Zef, aveva tutto il diritto di passare del tempo con Miki.

Ma per ribadire il concetto, afferrò il polso di Miki e la fece girare verso di lui.

Chinò la testa e le lasciò un bacio sulla fronte, come era solito fare quando erano adolescenti.

Sentí Miki trattenere il respiro come tutte le altre volte.

E di colpo tornò indietro di dodici anni: si trovava in strada, fuori dal bar Esposito... era in camera sua e Miki aveva appena sbagliato un esercizio di traduzione... stavano facendo una passeggiata e il sole bruciava sopra le loro teste.

Si riscosse con un sobbalzo.

Era come se una scossa elettrica lo avesse oltrepassato dalla testa ai piedi. Si sentiva vivo... come mai lo era stato prima.

«Ci sentiamo», sussurrò al suo orecchio.

Poi lanciò un cenno del capo a Luca e abbandonò il negozio.

Sentì distrattamente Luca chiedere se volesse comprare un disco prima che la porta si chiudesse dietro di lui, ma aveva la testa completamente sottosopra che la domanda non lo sfiorò nemmeno.

Salì sulla decappottabile come se non avesse peso o corpo. Era insensibile a niente che non fosse la pelle di Miki.

Non sentiva il cuoio del sedile, né il volante contro i palmi delle mani.

Ma finalmente riusciva a sentirla.

Riusciva a sentire la musica.

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