How to charm Micol Esposito [...

By _Miss_Arya_

39.5K 1.9K 2.9K

𝐏𝐫𝐒𝐦𝐨 π₯𝐒𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐭𝐫𝐒π₯𝐨𝐠𝐒𝐚 βœ“ Β«Ti amoΒ», sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... More

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 23

672 39 62
By _Miss_Arya_

And maybe we got lost in translation

Maybe I asked for too much

But maybe this thing was a masterpiece 'til you tore it all up

Running scared, I was there

I remember it all too well

All Too Well, Taylor Swift

Teseo non aveva potuto fermarsi un attimo da quando aveva ricevuto una telefonata d'emergenza quella sera.

Un bambino stava andando in bicicletta quando era stato investito da un'auto che andava a cento chilometri orari su una strada che permetteva di farli solo trenta. Era stato portato d'urgenza all'ospedale per essere operato a causa di una costola che aveva perforato un polmone.

Teseo era arrivato in ospedale appena lo aveva saputo. Si era messo il camice e lavato le mani con cura prima di fiondarsi in sala operatoria e fare di tutto per salvare quel bambino di soli undici anni.

E ce l'aveva fatta. Lo aveva salvato.

In quel momento era distrutto come se fosse stato massacrato di botte da un wrestler e non vedeva l'ora di tornare a casa e dormire fino al mattino.

Non era sicuro, però, di riuscirci dopo averla rivista.

Era certo che, appena si fosse sdraiato, la sua mente gli avrebbe ripresentato la scena vissuta quel giorno. Avrebbe rivisto i suoi ricci danzare nel vento, le sue labbra rosse lasciare un segno sulla cartina bianca della sigaretta. Avrebbe rivissuto l'attimo in cui loro occhi si erano incontrati per la prima volta dopo dodici anni.

Uscito dalla sala operatoria, si tolse la cuffia, i guanti e la mascherina chirurgica insieme alla divisa azzurra. Buttò tutto nel cestino e spalancò le porte indossando il suo camice bianco, alla cui tasca era attaccato un cartellino che lo identificava come Dottor Montecchi, chirurgo pediatrico.

Dopo aver percorso due corridoi, venne affiancato da Jessica, l'anestesista che lo aiutava sempre in sala operatoria.

«Stanotte, dottor Montecchi, sei stato davvero eccezionale», si complimentò.

Teseo la guardò alzando un sopracciglio.

Indossava una divisa verde che le abbracciava le curve in modo quasi osceno. Alcuni avrebbero definito Jessica una donna in carne, ma lui credeva che la morbidezza delle sue cosce fosse squisita da maneggiare. I suoi capelli castani erano raccolti in una crocchia trattenuta da un mollettone colorato e le sue guance erano arrossate, come le succedeva spesso quando era concentrata sullo svolgere un lavoro preciso.

Teseo la vedeva soprattutto quando erano a letto, sfiniti dopo una sessione di scopate senza fine.

«Siamo tornati a chiamarci con i nostri appellativi professionali?», chiese Teseo. «Non l'avevamo superato mesi fa?»

Se possibile, le gote di Jessica diventarono ancora più rosse.

Era carina quando succedeva. Le dava un'aria da adolescente innamorata, quando in realtà aveva solo due anni in meno di Teseo.

«Sei stato fantastico stasera, Tes».

Già, lei lo chiamava Tes quando erano in privato. Pochi lo chiamavano così perché non gli piaceva particolarmente quel diminutivo, ma a lei lo permetteva. A lei e al suo amico di lunga data, Malik. Ma quella era un'altra storia.

«Grazie, Jessie».

Continuarono a camminare fino al reparto di pediatria, dove Teseo si fermò di fronte al suo ufficio.

«Ci vediamo domani sera?», chiese lei.

Teseo le sistemò dietro l'orecchio la ciocca di capelli che le era sfuggita quando aveva inclinato il mento nella sua direzione.

Il suo orecchio non aveva alcun orecchino o piercing, aveva solo un piccolo neo sul lobo che Teseo aveva morso molte volte.

Talvolta, mentre stavano insieme, lui desiderava che ci fosse almeno un anello d'argento con cui giocherellare, ma cercava di ricacciare quella sensazione in ogni modo.

In quel momento, però, quella sensazione di mancanza non se ne voleva andare. Anzi, era ancora più prepotente.

Tentò di mascherarla con un sorriso.

«Certo, ci vediamo domani».

Un crampo gli trafisse lo stomaco quando lei si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia. Sapeva cosa significava: era vergogna.

Vergogna perché avrebbe voluto altre labbra sulla sua pelle quella sera e anche quella dopo. Avrebbe voluto sfiorare un naso con un diamante alla narice e sentire tra le mani dei ricci neri, e non un mollettone di plastica rossa.

Quando Jessie si scostò, gli occhi di Teseo incontrarono lo sguardo di una donna dall'altra parte del corridoio.

Indossava un maglione grigio lungo fino alle cosce e dei leggins neri che le fasciavano perfettamente le gambe. I capelli neri erano ricci e lunghi fino alle spalle. Alcune ciocche erano scappate dalla mezza coda frettolosa e le coprivano il viso pallido. I suoi occhi erano marroni come il caffè e le sue labbra carnose tutte da morsicare.

Era lei.

Quella dall'altra parte del corridoio era proprio lei, la sua dolce Miki.

E sembrava distrutta.

«Perché mi sembra di aver già vissuto questa scena?», chiese lei ad alta voce. Forse era una domanda che doveva restare confinata nella sua mente, ma così non successe. Teseo la percepì chiaramente e si ricordò di quella volta che si era ritrovato a baciare Eleonora di fronte a Miki, la ragazza di cui si era preso una cotta fin da quando l'aveva vista sporgersi dal bancone della sua camera da letto.

«Miki? Che ci fai qui?», domandò Teseo, allontanandosi da Jessica, che sembrava un po' confusa.

Ogni suo pensiero, però, convergeva sulla sua ex ragazza.

Miki lanciò uno sguardo all'interno della stanza verso cui il suo corpo era proteso, poi riportò gli occhi su di lui quando si accorse che l'aveva notato.

«Io...», iniziò a dire.

Una voce provenne da quella stanza. Una voce di bambino.

«Mamma?»

A quel punto, sembrò che Teseo fosse sparito perché Miki si catapultò nella camera senza degnarlo di un'altra occhiata.

«Piccolo, sono qui», sentí dire Teseo.

«Mamma, dove siamo?»

«Siamo in ospedale, Zef. Sei stato molto male stanotte».

Teseo si avvicinò alla soglia della stanza con passo malfermo. La mano appoggiata alla parete come sicurezza.

Rivolse lo sguardo all'interno della stanza e ciò che vide gli fece perdere l'equilibrio.

Un bambino dai capelli neri se ne stava sdraiato sul letto e Miki era seduta al suo fianco, mentre gli stringeva la mano.

«Quando potrò tornare a casa?», chiese il piccolo.

«Presto, Zef. Molto presto». Miki scostò dalla sua fronte una ciocca di capelli sudata e gli sorrise come se lui rappresentasse il mondo intero.

Non si era ancora accorta della sua presenza sulla soglia, o forse faceva finta di niente.

«Miki! Zef!», esclamò qualcuno alle sue spalle. A Teseo, quella voce era fin troppo famigliare.

«Sono venuta appena ho saputo!», strillò.

Era Cecil, la zia di Miki E, sebbene avesse dodici anni in più sulle spalle, vestiva ancora allo stesso modo. Portava un vestito floreale lungo fino ai piedi e una coroncina di fiori finti le circondava il capo.

Accorse al capezzale di Zef tutta scarmigliata; la preoccupazione le tingeva il viso stanco.

«Stai bene, Zef?», chiese lei appena raggiunse il fianco sinistro del letto.

«Sì, sta bene ora. Ci ha fatto solo prendere un bello spavento», rispose Miki al suo posto.

«Per fortuna!», esclamò Cecil. «Ero così preoccupata!»

«Non c'è n'è ragione, zia Cecil. Presto andrò a casa, vero, dottore?»

Finalmente le donne della stanza si accorsero della sua presenza: Cecil prese un respiro strozzato, mentre Miki lo guardava con uno sguardo spaventato impresso sul viso.

Solo dopo un momento realizzò che il bambino gli avesse rivolto la parola.

«Io...»

Teseo aveva perso l'uso delle corde vocali. Ogni sillaba sembrava incastrata nella sua gola.

Perché quel bambino, nonostante avesse i capelli scuri e la bocca di sua madre, possedeva uno sguardo verde come lo smeraldo.

Come quello di suo padre. 

So never mind the darkness

We still can find a way

Cause nothing lasts forever

Even cold November rain

November Rain, Guns N' Roses

Non avevo mai avuto il dono dell'eloquenza, ma ero sempre stata convinta che Teseo lo possedesse. Anzi, che lo sfoggiasse in ogni situazione.

Eppure, dinanzi a un bambino di soli undici anni e mezzo aveva perso l'uso della parola. Restava sulla soglia di quella camera d'ospedale con gli occhi stralunati e la mascella serrata.

Quel bambino era suo figlio, certo, ma credevo che sapesse reagire meglio alle sorprese.

«Io...», iniziò.

Prima che potesse pronunciare qualunque cosa, venne interrotto dall'arrivo del pediatra che aveva visitato Zef mentre era incosciente.

«Dottor Montecchi, ha già finito con l'operazione?», chiese l'uomo. Era piuttosto anziano, con i capelli grigi molto corti e un pizzetto ad incorniciare la bocca.

«Sì», fu tutto quello che disse Teseo.

Il dottore lo guardò con un sopracciglio alzato.

«É andata bene?»

«Sì, il bambino è salvo e presto potrà andare di nuovo in bici». Rivolse un sorriso educato al collega prima di tornare a guardarci - a guardare me e Zef.

«Allora, forse è meglio che ritorni a casa», gli diede una pacca sulla spalla «...e grazie per essere venuto nel suo giorno libero».

«Non c'è problema, Gianni... Lei sa che sono sempre a disposizione per qualsiasi cosa», mormorò Teseo.

Eppure, nonostante gli incoraggiamenti del vecchio, Teseo rimaneva ancora fermo sulla soglia.

«Allora, che aspetta? Non vuole andare a casa con la sua ragazza?», lo incitò ancora il collega.

Una spina di gelosia si conficcò lungo la parete esterna del mio cuore.

Quella là fuori era la sua ragazza, e non una sventola che si era fatto una volta e che ora lo tormentava per una seconda, come speravo.

«Jessie non è...». Si bloccò, lanciandomi un'occhiata da dietro le sopracciglia aggrottate, poi rivolse uno sguardo alla ragazza che sostava alle sue spalle.

«Forse è meglio che vada», disse.

Uscì dalla stanza e, così come era comparso, se ne andò di nuovo: lasciando un buco nero al centro del mio petto.

Zia Cecil mi guardò comprensiva e allungò una mano per stringere la mia perché sapeva quello che sapevo io.

Sapeva che presto Teseo sarebbe tornato pretendendo delle risposte...delle risposte che non potevo dargli. 

Continue Reading

You'll Also Like

18.6K 779 25
Amen entra nella scuola di Amici per superare sΓ© stessa e il proprio carattere schivo. Mida vuole la ribalta, vuole farcela nella vita solo cantando...
1.4M 45.9K 53
Samantha Nelson è una ragazza semplice,i suoi occhi color ghiaccio lo fanno capire solo a guardarli. È una semplice adolescente di 17 anni. Sam vive...
Cami By Alessss07

Teen Fiction

438K 12K 35
Non ho mai creduto realmente nell'amore, sono sempre stata troppo razionale per seguire la strada dei miei sentimenti e detto sinceramente, prima di...
1.3M 47.1K 67
Sewed Hearts Iris Thomson Γ¨ una ragazza solare, allegra e piena di vita. Amos Wright Γ¨ un solitario, un uomo freddo e distaccato, tranne per una pers...