How to charm Micol Esposito [...

By _Miss_Arya_

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𝐏𝐫𝐒𝐦𝐨 π₯𝐒𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐭𝐫𝐒π₯𝐨𝐠𝐒𝐚 βœ“ Β«Ti amoΒ», sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... More

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 18

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By _Miss_Arya_

My love will laugh with me

Before the morning comes

Paint it, black, The Rolling Stones

La mattina successiva al grande bacio, mi svegliai stranamente felice, bevvi il caffè, che avevo preparato personalmente, dalla mia solita tazza e mi parve troppo amaro per un giorno così splendido. Andai a scuola con le guance costantemente tirate e lo sguardo sdolcinato fisso sulla chat tra me e Teseo, dove lui mi stava mandando messaggi fin dalle sette di mattina.

Mi sedetti al mio banco, sospirando allegra. Niente poteva turbare la mia gioia.

Poi Rob scostò la sedia, producendo un rumore stridulo, e sprofondò su di essa come se fosse finito al patibolo, e non in un'aula di liceo.

Non si era ancora ripreso dalla sua uscita dalla band, ma speravo che Phoenix sarebbe andato a parlargli e risolvere la situazione quanto prima.

«Come va?», chiesi, appoggiando un gomito sul banco e sorreggendomi lo zigomo con la mano.

In tutta risposta, Rob grugní.

«Lo prenderò come un sì, Miki, le cose stanno andando meglio, grazie per l'interesse», gli dissi sorridente.

«Invece del solito caffè nero, ti sei scolata arcobaleni stamattina?», brontolò.

Chiusi e riaprii la bocca.

«Cosa... io no... cazzo, una persona non può essere felice oggi giorno?»

Rob si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia sul petto.

«Dì la verità, tu e Teseo vi siete fidanzati... non è vero?»

Fu in quel momento che realizzai di non saper cosa eravamo diventati. La sera precedente, infatti, dopo il bacio, non avevamo parlato molto. Ci eravamo fissati negli occhi come due stupidi innamorati, poi io gli avevo promesso che gli avrei scritto appena arrivata a casa e lui mi aveva baciato ancora una volta, solo perché ne aveva voglia e poteva farlo. Quando ero tornata in auto, mio padre aveva riso felice notando il mio sorriso, talmente luminoso da far invidia alle stelle.

E, quella notte, prima di addormentarmi, gli avevo mandato io il primo messaggio: Buonanotte <3.

Lui mi aveva risposto con Buonanotte, mia dolce Miki <3 e il mio cuore si era sciolto come un ghiacciolo al sole.

Ma in tutto quel tempo, durante tutti quei baci e quei messaggi continui, non avevamo definito la nostra relazione.

Cazzo, cosa eravamo io e Teseo?

Aprii la bocca, ma non una parola venne pronunciata.

«No? Siete amici di letto, allora?»

Non risposi nemmeno a quello.

«Vi siete dati l'esclusiva?»

Qual era la risposta? Non la sapevo.

Solo una cosa era certa: non ero un'esperta in relazioni... Non capivo nemmeno se ne stavo iniziando una.

***

Quel pomeriggio, Teseo non potè venire a prendermi a scuola. Quindi, tornai a casa in fretta, mangiai alla velocità della luce un piatto di spaghetti al ragù, poi gli mandai un messaggio.

All'inizio, pensai di scrivergli un semplice Tutto bene?, poi riflettei sul fatto che sarebbe stato sospetto chiederlo quando glielo avevo domandato la mattina stessa. Dopo numerosi tentativi e correzioni automatiche del tutto fuori luogo, scrissi: Ti andrebbe di passare da me oggi pomeriggio?

La risposta arrivò poco dopo.

Tra dieci minuti sono lì.

Guardai l'orologio: erano le quattordici e quarantacinque, quindi Teseo sarebbe arrivato all'incirca alle quattordici e cinquantacinque.

Avevo solo dieci minuti per ricompormi e decidere la mia strategia.

Andai in camera mia e lanciai un'occhiata allo specchio appeso alla mia parete: ero vestita normalmente, con un paio di jeans strappati e una maglietta larga a maniche corte infilata nei pantaloni. I capelli erano lisci, il risultato di ore e ore di fatica tra spazzole e ferri roventi, e il trucco non si era ancora sbavato.

Ciononostante, mi sembrava di non essere all'altezza dello sguardo brillante di Teseo. Per la prima volta in diciassette anni di vita desiderai farmi bella per qualcuno.

Decisi sul momento: mi alzai dal letto, aprii l'armadio e presi una maglietta verde bottiglia, molto carina, con cui sostituire quella che indossavo.

Era anch'essa larga, ma lo scollo mi permetteva di esporre alla vista di Teseo la mia spalla nuda e la sottile bratella del reggiseno nero. La lasciai fuori dai jeans e mi feci una coda alta, lasciando che alcune ciocche di capelli mi incorniciassero il viso.

La porta di casa si aprì in quel momento. Ne distinsi il rumore inconfondibile: quel cigolio unito ad un suono sordo, sommesso.

«Miki, ci sei?», sentii la sua voce roca gridare.

«Arrivo!», risposi dalla camera.

Presi un respiro profondo e gettai un'ultima sguardo allo specchio, poi mi decisi a comparire sulla soglia del salotto.

Quando Teseo mi vide, sembrò che avesse visto l'aurora boreale, anziché una semplice ragazza in jeans e maglietta.

Fu in quel momento che capii che avrei potuto presentarmi dentro un sacchetto della spazzatura e Teseo mi avrebbe sorriso proprio come stava facendo in quel momento.

Fece un passo in avanti, passandosi le mani tra i capelli biondi. «Tuo padre mi ha fatto salire dall'entrata del bar...», iniziò a dire, ma lo fermai non appena lo vidi a pochi centimetri da me, saltandogli addosso.

Esatto, saltandogli addosso.

Sì, non fu una scena molto elegante. Sono sicura che se mi avessero registrato, sarei assomigliata ad uno scoiattolo volante che si lanciava da un ramo di un albero ad un altro. In quel caso, Teseo era il ramo, se non si fosse capito. E lo assaltai con un abbraccio che includeva tutto, braccia e gambe, mani e piedi.

Teseo, che era molto più atletico di me, riuscì ad afferrarmi con agilità prima che entrambi perdessimo l'equilibrio e cadessimo a terra.

«Sei felice di vedermi?», chiese al mio orecchio, posandomi una mano sulla guancia, mentre l'altra era impegnata a sorreggere tutto il mio peso con una stretta sicura attorno alla mia vita.

Strinsi le gambe, circondandogli il busto, e nascosi il volto nell'incavo tra il collo e la spalla, vergognandomi di me stessa.

Che cosa stava succedendo?

E chi era quella che aveva preso possesso del mio corpo, della mia mente?

Cercai di allontanarmi da lui, di allentare la presa, ma quando provai a farlo Teseo mi tenne ancora più stretto.

«Mi piace», sussurrò.

«Cosa?»

«Quando ti lasci guidare dalle emozioni, anziché dalla testa».

Lo disse sfiorandomi la tempia con le dita calde e segnate dai calli dovuti al continuo uso della racchetta, il respiro che mi scatenava brividi lungo la spina dorsale.

La mia risposta fu una specie di mugugno contro la sua pelle morbida, ma lui non pretese di sapere cosa stessi dicendo. Francamente, non lo sapevo nemmeno io.

Alla fine, dovemmo scioglierci.

Appena appoggiai i piedi a terra, dissi: «Hai voglia di qualcosa? Un caffè? Un tè?»

Teseo mi sfiorò una ciocca di capelli con il dito.

«Perchè non ci vediamo un film? Ho voglia di stare un po' vicino a te».

Quel vicino a te sospettavo fosse una parola in codice per coccole, a cui ero fermamente contraria, ma non obiettai.

Lo condussi in camera mia, dove presi il computer dalla scrivania e lo misi sul letto.

Sapevo che avevo una questione urgente su cui discutere, ma non mi sembrava il momento adatto. Non dopo la scena di qualche minuto prima.

Posizionai i cuscini in maniera tale da creare uno schienale per noi, poi mi sedetti sul letto e attesi che Teseo facesse lo stesso.

Appena mi affiancò, mi prese tra le braccia e fece in modo che mi sistemassi tra le sue gambe aperte con la schiena contro il suo petto.

In quella posizione, sentivo il respiro gonfiare i suoi pettorali e di conseguenza sollevarmi, ma non mi dava fastidio, anzi, credevo che fosse una sensazione meravigliosa.

«Cosa vuoi guardare?», chiesi.

Aprii Netflix e cliccai sulla sezione dei film.

«Che ne dici di qualcosa di... storico? Come qualcosa ambientato nell'Ottocento o...»

«Piccole donne?», domandai, aprendo la trama del film più recente, quello con Timothee Chalamet. «È da un po' che penso di guardarlo, ma non ho avuto ancora il tempo».

Teseo mi strinse nuovamente, seppellendo il viso nella giuntura tra collo e spalla. Il suo respiro mi solleticava la pelle sensibile appena sotto il mio orecchio e ormai ero completamente sprofondata nel suo profumo muschiato.

«Va bene, mettilo su», disse.

Cliccai sul riquadro Guarda e il film incominciò.

***

All'inizio non successe niente di sconvolgente.

Tra me e Teseo, intendo.

Non nella pellicola.

Teseo mi teneva tra le sue braccia, che avvolgevano il mio corpo come una coperta.

Non ero mai stata abbracciata così a lungo con qualcuno che non fosse mio padre o mia madre, ma mi piaceva. Mi faceva sentire al sicuro, protetta.

C'era da dire che Teseo non si muoveva molto; qualche volta cambiava posizione per mettersi più comodo o si scostava i miei capelli dalla guancia quando la mia coda di cavallo gli sfiorava il viso e gli ostruiva la visuale.

Se non fosse stato per quei piccoli movimenti, sarebbe sembrato un vero e proprio cuscino umano. Molto molto comodo e molto molto caldo e... molto molto bello.

Quando arrivammo alla scena in cui Timothee faceva la sua prima comparsa, commentai: «Sai, tu e lui siete molto simili. Avete lo stesso fascino».

«Ah, sì?», la sua bocca mi sfiorò l'orecchio. Potei sentire chiaramente il suo sorriso contro la pelle. Mi fece rabbrividire.

«Sì». Non sapevo più cosa dire. Il mio cervello aveva buttato nel cestino tutte le argomentazioni ragionevoli. L'unica che mi balenava dinanzi agli occhi era: Siete entrambi fighi da morire.

Teseo scoppiò in una risata genuina. «Davvero?»

L'avevo seriamente detto ad alta voce?

Sprofondai il viso tra le mani, borbottando qualcosa di incomprensibile.

Teseo non fece altro che sghignazzare ancora di più. Una risata profonda, quasi roca. Solo dopo tentò di spostarmi la mani, e - sebbene io feci di tutto per impedirglielo - ci riuscì.

«Sono curioso. Cosa ci renderebbe questi fighi irresistibili

Parlò a pochi centimetri dalle mie labbra: il suo respiro che lambiva il mio, la sua fronte che sfiorava la mia.

«Massì, lo sai. La vostra aria da nerd, che invece di rendervi degli incredibili sfigati, non fa altro che aumentare il vostro fascino. E poi il fatto che siete sempre così perfetti da somigliare a dei principi... E vogliamo parlare dei vostri capelli? Sono sempre quel misto di arruffato e ordinato che dovrebbe risultare come un nido di uccello sulla vostra testa, ma invece semb-».

Non riuscii a terminare la frase.

Teseo mi baciò prima che potessi farlo.

E Dio, che bacio.

Non saprei come descriverlo.

Teseo mi baciò come se io fossi una città e lui il comandante dell'esercito che vuole conquistarmi. Come se io fossi la sua meta, il suo obiettivo, e per nessun motivo avrebbe rinunciato a raggiungermi, a scoprirmi, a radermi al suolo e farmi sua.

Mi girai completamente verso di lui, le voci del film solo un sottofondo.

Lui mi strinse il collo tra le sue mani gentili, le sue labbra che saccheggiavano le mie.

Premetti il mio corpo contro di lui, la spalla venne lasciata scoperta dallo scollo della mia maglietta.

Lui mi attirò a sé, mi sfiorò la clavicola con le dita fino a che non raggiunse la mia coda e tirò l'elastico, lasciando che i miei capelli piovessero attorno ai nostri volti.

Io mi allontanai un momento per prendere un respiro e poi mi ritrovai capovolta. Non ero più io quella sopra, e Teseo prese il completo comando del bacio. E finalmente il comandante aveva raggiunto le porte della città.

Le aveva spalancate.

E l'aveva saccheggiata.

L'aveva resa al suolo.

E di essa restavano solo un ammasso di ossa tremanti e piccoli fuocherelli lungo le strade.

Eppure, il comandante venne accolto come se fosse un suo alleato e non il nemico che voleva soggiogare la città e farla soccombere. Come se la città non avesse fatto altro altro che aspettare la sua guida fino a quel momento.

«Dio, quanto mi piaci», mormorò Teseo sulle mie labbra.

Quelle parole sembrarono risuonarmi dentro, scendere attraverso le vene e le arterie e poi andare dritte verso il cuore.

Non dissi niente, ma sorrisi. Un sorriso che avevo sempre cercato di mascherare davanti a lui.

Il mio sorriso si spense prima che potesse riprendere a baciarmi.

Teseo se ne accorse e lambì le mie guance con le mani.

«Mia dolce Miki, che succede?», sussurrò, cercando il suo sguardo.

Riuscii a reggere i suoi occhi indagatori solo per qualche minuto prima di abbassare le palpebre.

«Ehi, che c'è?», chiese ancora.

Mi allontanai un poco, quel tanto che bastava a farmi riprendere fiato.

Poi domandai quello che mi stava torturando da tutta la giornata: «Cosa siamo noi?»

Teseo si mise a sedere e prese le mie mani tra le sue, uno sguardo serio sul suo volto angelico.

«Sei la mia ragazza, Miki. Cosa vorresti essere?», disse. E anche se lo disse sussurrando come se avesse paura della mia risposta, pronunciò le parole con convinzione e nessun segno di pentimento sul viso.

Allora gli sorrisi e mi avvicinai per lasciargli un bacio casto sulle labbra.

Fu mentre ci guardavamo negli occhi che dissi: «Niente. Non vorrei essere nient'altro che la tua ragazza».

A quel punto, Teseo ricambiò il mio sorriso e mi baciò un'altra volta ancora. Un bacio delicato, per niente come il precedente, che però sortì lo stesso effetto.

«Che ne dici di continuare il film?», chiese.

E continuammo il film. 

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