How to charm Micol Esposito [...

By _Miss_Arya_

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Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 16

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By _Miss_Arya_

When I look into your eyes

I can see a love restrained

But darlin' when I hold you

Don't you know I feel the same?

November Rain, Guns N' Roses

Sabato

Ero consapevole che Stella e Teseo avessero complottato qualcosa per l'ultimo giorno dell'esperimento - se così si vuol chiamare -, ciononostante mi lasciai trascinare in camera quando Stella giunse da me con uno borsone da palestra molto sospetto. Ero pronta a scommettere sul mio poster dei Guns N' Roses che non conteneva cose da palestra.

«Ehi, ehi, ehi!», strillai, quando mi afferrò il braccio e mi attirò nella mia stanza con la forza di un pugile sotto effetto di steroidi.

Okay, forse era davvero un borsone da palestra.

Stella mollò quest'ultimo sul letto e lo aprì con un ghigno malizioso, tirando fuori dalla tasca laterale una trousse per trucchi e da quella centrale phon e altri oggetti vari.

Come non detto: quello non era un borsone da palestra, era un borsone da facciamo-bella-Miki.

«Cosa stai facendo?», chiesi, sebbene le sue intenzioni fossero piuttosto chiare.

«Ti preparo per il tuo appuntamento strepitoso con Teseo».

Appoggiò tutti i suoi strumenti sulla mia scrivania, poi si diresse verso il mio armadio. Aprí le ante, sicuramente convinta di trovare l'outfit perfetto per un appuntamento; se prima di aprirlo, me lo avesse chiesto, avrebbe saputo che su quelle grucce non c'era un abitino da sera elegante.

Perciò rimasi sconvolta quando, invece di arrendersi immediatamente, lei prese a spulciare tra i miei capi.

Ad un certo punto, prese in mano una gonna nera di jeans, che contemplò per poi lanciarla sul letto; successivamente, trovò una canotta di raso viola, che sembrava riflettere la luce della lampada (non sapevo da dove era spuntata fuori quella) e una cintura fine da mettere con la gonna (aveva le borchie, quindi era di sicuro mia).

Non trovando niente di meglio, buttò sul letto pure quella.

Solo dopo ben dieci minuti di ricerca, la mia amica si girò con l'aria di chi stava già pianificando la mia tortura.

«Hai finito?», chiesi seccamente.

«No, per niente». E poi mi spedì in bagno a fare una doccia, assicurandosi che avessi le gambe depilate prima.

Guai, se si fosse visto qualche pelo!

Rimasi sotto il getto dell'acqua a lungo: mi lavai il corpo e i capelli con cura, perché - anche se allora non l'avrei mai ammesso - mi importava molto dell'opinione che Teseo aveva su di me.

Quando uscii dal bagno, avevo un telo avvolto sotto le ascelle e uno che mi raccoglieva i capelli bagnati sulla testa.

Appena Stella mi vide, mi disse di sbrigarmi e mi fece sedere sul letto alla velocità della luce.

«Okay, ora...», si diresse al borsone e tirò fuori (con mio sommo orrore) la sua ultima arma segreta.

Lingerie.

Sí, per chi non l'avesse capito, lo ripeto: lingerie, lingerie, lingerie.

Che poi si poteva davvero definire così quel filo interdentale che doveva svolgere la stessa funzione delle mutande e quel reggiseno che sembrava un copricapezzolo con due fili di spago?

«Oh, no, no! Assolutamente no!»

Capitemi: non sono per niente contro alle donne che indossano il tanga, ma io non ero proprio quel tipo.

«Sì, sì e sì», replicò Stella.

«E invece no!»

«Non fare la bambina, Miki! Sono solo due pezzi di stoffa! Che male possono mai farti?»

«Non capisco perché non posso restare in mutande!»

«Perché quando stasera Teseo ti porterà in camera sua, vorrai avere una lingerie decente invece che i tuoi mutandoni da nonna!»

«Non credo che Teseo sia uno che si faccia tanti problemi riguardo a cosa porti una ragazza sotto la gon-... Aspetta un attimo! Ha detto che sarebbe riuscito ad andare a letto con me stanotte?»

Ero sul punto di sclerare.

«Cosa? No! Assolutamente! Teseo non è quel tipo di ragazzo. È stata solo una mia intuizione: ho pensato che, visto che i voi due fate scintille anche solo a guardarvi, una volta che vi sareste arresi alla passione non ci sarebbe stata più via di scampo...»

La sua mente vola decisamente troppo con la fantasia!

«La tua mente vola decisamente troppo con la fantasia, Stella!»

«Mmm. Vedremo chi avrà ragione e chi no... Allora, la metti sì o no, questa lingerie?»

«Tanto per chiarire, chi l'ha comprata questa? Tu o lui?»

«Io! Allora la metti?»

Guardai la sua espressione fiduciosa, poi guardai quella lingerie di pizzo nera... insomma, che male avrebbe fatto indossarla?

«E va bene!»

Stella strillò felice e mi cacciò in mano i suoi adorati pezzi di stoffa, che io indossai. Mi sentii strana appena li misi, ma supposi che mi ci sarei abituata.

Prima di vestirmi, Stella mi mise la schiuma sui capelli e li asciugò con il phon. Il risultato fu una massa di riccioli neri che mi faceva assomigliare ad una pecora.

Quando lo dissi ad alta voce, Stella mi guardò male e giurò che a lei sembravo solamente UNA GRAN GNOCCA!

Scelsi di fidarmi del suo giudizio, confidando che di trucco e parrucco se ne intendesse più di me.

Poi mi truccò: dopo avermi fatto la base (così l'ha chiamata lei), mi stese con il pennello un ombretto grigio argento sulle palpebre e in seguito mi tracciò una linea di eyeliner nero perfettamente dritta, non troppo spessa né troppo sottile. Mi allungò le ciglia con il mascara e mi colorò le labbra carnose di un rosso scuro.

A quel punto, il volto era fatto; mancavano solo gli abiti e gli accessori.

Indossai la canotta viola dentro la gonna di jeans, che abbellí con la cintura. Ai piedi infilai un paio di anfibi dalla para alta. Mi misi al collo una catenina con un teschio d'argento come ciondolo e sulle dita anelli d'acciaio con finte gemme color smeraldo e teschi e motivi tribali.

Ero pronta.

«No, manca ancora qualcosa».

Stella riaprì le ante dell'armadio e tirò fuori il mio capo d'abbigliamento preferito: un chiodo.

Quando me lo infilai, mi sentii finalmente bella. Completa. Me stessa.

Speravo solo che quella me stessa piacesse a Teseo quanto piaceva a me.

«Sei uno splendore», disse Stella, comparendo di fianco a me nel riflesso dello specchio.

«A Teseo cascherà la mascella quando ti vedrà».

«Lo spero davvero tanto».

Stella mi rivolse uno sguardo da io-so-tutto attraverso lo specchio.

«Allora, ti piace, eh?»

«Prossima domanda?»

Non è che non conoscevo la risposta a quel quesito, semplicemente non ero ancora pronta ad ammetterlo ad alta voce.

«Chi pensi di ingannare con quella faccia? Dio, ti si legge negli occhi che sei cotta a puntino».

«Non è v-»

Il campanello di casa mia trillò.

«Oh, è già qui!», esclamò Stella, battendo le mani con forza.

Prima di spingermi fuori della stanza, mi appoggiò i palmi sulle spalle, imponendomi di guardarla.

«Sii te stessa, okay? Non gli importa che tu sia l'unica adolescente che ancora ascolta quelle vecchie canzoni rock and roll. Non gli importa di come il tuo modo di vestire sia strano e al limite dell'accettabile. A lui piaci così come sei. Non cambiare solo perché è un'uscita ufficiale. Sei magnifica, e lui l'ha decisamente capito».

Non c'erano parole più adeguate di quelle. Era esattamente quello che avrei voluto sentirmi dire, quello che tutti dovrebbero sentirsi dire ogni giorno.

Annuii, stringendo il labbro inferiore con gli incisivi.

«Ora vai. Il tuo principe azzurro ti sta aspettando».

Attraversai la stanza e il salotto come se fossi immersa nella nebbia, il cuore che somigliava ad uno strumento a percussione.

Aprii la porta, ancora non del tutto conscia di quello che avrei trovato all'esterno.

Fu solo quando me lo ritrovai davanti che capii che cosa sarebbe successo quella sera: se avessi ceduto, avrei avuto tutto quello splendore per me; se avessi resistito, lo avrei perso. Non importava la sua promessa di rimanere comunque amici.

«Ciao», mormorò, porgendomi un mazzo di tulipani arancioni. I miei preferiti.

Allungai una mano tremante e presi il bouquet, portandomelo al viso. Inspirai, espirai. Il dolce profumo di quei fiori mi tranquillizzò.

Solo a quel punto sollevai lo sguardo.

Teseo era diverso: sia chiaro, era ancora lui, ma allo stesso tempo era differente.

Più sciolto, meno rigido, forse.

Aveva una camicia slacciata fino al centro del petto, ma anziché essere semplicemente bianca era nera e aveva un cuore rosso spezzato sopra il capezzolo sinistro. Bassi sui fianchi, portava dei jeans neri con una piccola catenella che partiva da un passante e si agganciava ad un altro. Ai piedi delle Vans nere.

Lo avrei scambiato per un'altra persona, se non avessi guardato il suo viso. Anche se i suoi capelli erano un po' più disordinati, la sua espressione era la stessa di sempre.

Aveva quello sguardo, sapete. Quello in cui ci metteva tutto il suo cuore. Quello in cui mi ci perdevo sempre. Quello che...

«Dio, mi lasci senza fiato».

Deglutii a vuoto.

«Anche tu a- a me».

Aveva senso quello che avevo detto?

Dal suo sorriso, avrei detto di sì.

«Allora, sei pronta ad andare?»

Annuii, feci per oltrepassare la porta quando mi accorsi di avere ancora il mazzo di fiori in mano.

Alzai una mano: «Aspetta un attimo».

Rientrai in casa e mi diressi in cucina. Presi una brocca e la riempii con l'acqua del rubinetto fino a metà. La misi al centro del tavolo e ci infilai dentro i tulipani.

Perfetto.

Ritornai da Teseo con forse il sorriso più smagliante che avessi mai avuto.

«Pronta?», mi chiese ancora.

«Sì», e gli presi la mano.

***

Dopo una manciata di minuti tra le strade della periferia di Cremona, Teseo parcheggiò di fronte ad un locale. La scritta al neon Rock N' Burger illuminava il grande spiazzo, molto più dei due lampioni posti più avanti.

Teseo mi aprì la portiera prima che potessi farlo io, con quel suo modo di fare squisitamente galante.

Mi prese la mano e mi guidò all'interno del locale.

La figura di Teseo mi coprì gran parte della visuale fino a che lui non si scostò e mi permise di notare i tavoli quadrati e le luci soffuse. Alle pareti grigie scuro vi erano appese grandi fotografie in bianco e nero. Alcune ritraevano la mano di un musicista sulle corde di una chitarra elettrica. Altre, persone che scuotono i lunghi capelli mentre suonano la tastiera o il basso; e altre ancora, la figura di un uomo di spalle dinanzi a una platea entusiasta.

In alcuni angoli erano persino incorniciati testi di canzoni scritti a mano e spartiti scarabocchiati.

Il tutto creava un clima a metà tra l'elegante - le luci soffuse - e il confortante - i segni di biro nera sui fogli ingialliti incorniciati.

Dopo aver chiesto al cameriere a proposito della prenotazione che aveva fatto a nome di Montecchi, Teseo mi condusse mano nella mano al tavolo indicato dal dipendente.

Ci sedemmo uno di fronte all'altro e iniziammo a guardare il menù. Commentammo insieme quali piatti avrebbero potuto piacerci e quali no fino a quando optammo per ordinare due tipi di hamburger: uno classico con hamburger, pomodori, insalata, cheddar e salsa della casa; e un altro con bacon, hamburger, insalata, cheddar e salsa piccante. E naturalmente patatine rustiche (quelle con la buccia!).

Discutemmo del più e del meno fino a quando non arrivarono le pietanze. Dividemmo entrambi i panini in due e facemmo metà per uno.

Nel momento in cui Teseo assaggiò la metà con la salsa piccante vidi le sue guance diventare rosse e riempirsi d'aria come se dovesse gonfiare un palloncino.

«E' così tanto piccante?», chiesi, mentre davo un morso a quello classico.

Teseo non rispose subito: prese il bicchiere di Coca-Cola e mandò giù tutta la bibita in un solo sorso.

Solo dopo disse di non aver mai assaggiato qualcosa di così piccante.

Detti tentennante un morso all'altra metà dell'hamburger e pian piano percepii il sapore piccante della salsa, eppure non così piccante da generare una tale reazione. Anzi, era addirittura più buono di quello classico.

«Questo, secondo te, è piccante?», domandai.

«Per te no?», disse sconvolto.

«Piccante, sì. Ma non da morire se lo si assaggia».

Teseo guardò il suo panino e poi me, e - ancora una volta - me e il suo panino.

«To', dai! Prendi la mia metà di hamburger classico, io prendo la tua di quello piccante».

Ci scambiammo gli hamburger e mangiammo, parlando di musica, di poesia, di sogni.

Ma - verso le nove di sera - il locale iniziò a riempirsi e un gruppo di ragazzi si apprestò ad allestire un piccolo palcoscenico con due casse, una chitarra elettrica, una tastiera e una batteria.

Ben presto il locale era così pieno di gente che si riusciva a vedere a stento i tre giovani che stavano accordando gli strumenti prima di iniziare a suonare.

Ad un certo punto, una voce disse: «Buonasera a tutti, signore e signori. Noi siamo i Break The Rules e stasera suoneremo per voi qualcosa di diverso. Vorremmo farvi ascoltare una versione rock di un brano di Taylor Swift... Sì, so che voi ragazze siete qui solo per questo... comunque, speriamo vi piaccia».

Non avevo mai ascoltato Taylor Swift prima di quella domenica, quando Teseo mi aveva lasciato guidare la sua macchina. Comunque, sapevo che il suo stile non rientrava per niente tra i miei gusti musicali. Speravo solo che quella versione rock fosse decente.

La canzone iniziò con il suono della batteria, che aumentò e poi diminuì. Poi si introdusse la chitarra elettrica e, mentre la voce sottile del cantante iniziava a cantare, si aggiunse anche la tastiera. Mano a mano sentii quella stessa voce prima sussurrare roca e poi urlare graffiante le parole del testo.

The moon is high

Like your friends were the night that we first met

Went home and tried to stalk you on the internet

Now I've read all of the books beside your bed

The wine is cold

Like the shoulder that I gave you in the street

Cat and mouse for a month or two or three

Now I wake up in the night and watch you breathe

Kiss me once 'cause you know I had a long night

(Oh!) Kiss me twice 'cause it's gonna be alright

Three times 'cause I've waited my whole life

(One, two, one two three four!)

I like shiny things, but I'd marry you with paper rings

Uh huh, that's right

Darling, you're the one I want, and

I hate accidents except when we went from friends to this

Uh huh, that's right

Darling, you're the one I want

In paper rings, in picture frames, in dirty dreams

Oh, you're the one I want

Quella canzone era...?, mi chiesi.

Guardai Teseo, che già mi stava osservando con gli occhi verdi che brillavano, sebbene non vi fosse più alcuna luce accesa.

Nel suo sguardo trovai la risposta alla mia domanda: quella canzone era una dannata dichiarazione d'amore.

***

Più tardi, quando ormai la band aveva finito di suonare, io e Teseo uscimmo dal locale e girammo per le strade ben illuminate della periferia di Milano.

Ad un certo punto, ci trovammo davanti all'ingresso di un parco giochi e decidemmo di entrarci. Oltrepassammo il cancello con le dita intrecciate. Sarebbe parsa una zona poco sicura senza i lampioni a fare luce sul sentiero, ma con quelli belli funzionanti potevamo vedere persino le ombre che si allungavano davanti ai nostri piedi.

«Ti è piaciuta la serata?», mi chiese Teseo.

«Certo!», lo rassicurai. «Pensavi che non mi sarebbe piaciuta?»

Mi fermai nel bel mezzo della stradina ciottolata e tirai il suo braccio quando vidi che stava proseguendo, attirando la sua attenzione su di me. Non incrociò il mio sguardo, però: scosse il capo e si scompigliò i capelli biondi, come se fosse in imbarazzo.

«Avevo paura che per te fosse una serata troppo semplice, troppo... Non ne ho idea, sinceramente. Nella mia testa sono passati così tanti pensieri: avevo pensato di portarti ad un cena a lume di candela, ma poi ho pensato che tu non ti saresti sentita a tuo agio; poi ho pensato che avresti preferito una serata così, ma non ne ero sicuro perchè... dai, quante ragazze preferirebbero un hamburger ad una cena elegante? Ma poi ho chiesto consiglio a Stella e lei mi ha detto che tu ODI i ristoranti a cinque stelle, che preferisci mangiare patatine fritte che mini antipasti di cui non ti gusti nemmeno il sapore. E così ho detto: facciamo così, o la va' o la spacca», lo disse tutto d'un fiato, senza mai fermarsi. La sua agitazione dimostrava chiaramente quanto teneva al nostro appuntamento.

Gli presi entrambe le mani e le strinsi tra le mie dita.

«Mi è piaciuta la serata. Mi piace stare con te, parlare con te, ascoltare musica dal vivo insieme. Penso che mi piacerebbe persino andare a raccogliere spazzatura insieme».

Teseo sorrise e mi guardò come se in me vedesse il suo intero mondo.

Poi scorse qualcosa alle mie spalle e i suoi occhi si illuminarono di felicità.

«Ho un'idea migliore», disse.

E mi trascinò sull'altalena.

***

Mi sedetti su quell'aggeggio traballante, insicura che potesse reggere il mio peso.

Teseo si posizionò dietro di me e mi mise le mani sulla schiena.

Mi chiese: «Pronta?»

Dissi: «No».

Lui mi sussurrò: «Non permetterò mai che tu cada, mia dolce Miki».

Era vero. Sapevo che era vero. Teseo avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per non farmi del male.

Annuii.

E lui mi spinse.

Strinsi le mani sulle catene e presi il volo.

Poi tornai indietro. Da lui.

E lui mi prese e mi rilanciò.

Io tornai su e poi giù, e poi su e poi giù.

Fino a quando lui non fermò l'altalena e mi fece girare. Le catene cigolarono quando si incrociarono sopra la mia testa e cercarono di tornare al loro posto.

Teseo le strinse ancora di più e le vene delle sue mani si gonfiarono.

Lui abbassò il capo e...

Sapevo cosa stava per succedere e... Dio, come lo volevo.

Dio, come lo desideravo.

Desideravo sentire le nostre labbra toccarsi, i nostri nasi sfiorarsi in una lenta carezza. Bramavo di sentire le sue mani tracciare ogni linea del mio viso percepire la sua pelle calda sotto le mie dita fredde. Desideravo tutto quello, desideravo Teseo.

Eppure, girai il viso.

E baciai la sua guancia.

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ยซCazzo, Channelle! Dimmi che non hai abortito!!ยป- continuo a fissarla nelle sue fottute pozzanghere vuote, questa volta senza trattenermi dall'alzare...