How to charm Micol Esposito [...

By _Miss_Arya_

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𝐏𝐫𝐒𝐦𝐨 π₯𝐒𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐭𝐫𝐒π₯𝐨𝐠𝐒𝐚 βœ“ Β«Ti amoΒ», sussurrai. Il mio era un mormorio talmente sot... More

Introduzione
Dedica
Prologo
Prima parte
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Seconda parte
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Epilogo
Ringraziamenti
In arrivo il secondo libro della trilogia!

Capitolo 12

654 46 46
By _Miss_Arya_

If I been hard on you

I never chose to be

I never wanted no one else

I tried my best to be somebody

you'd be close to

Hand in hand

like lovers are supposed to

Hand in Hand, Dire Straits

Non mi era mai piaciuto il tennis. Lo consideravo uno sport per stronzi ricconi viziati. Di conseguenza, non sapevo una singola regola di quel gioco. Solo di due cose ero a conoscenza: la prima, che le ragazze indossano gonnelline corte a pieghe; la seconda, che si può giocare sull'erba, sul cemento o su una strana terra rossa polverosa.

Pensavo che Teseo giocasse sull'ultima, invece, quando entrai nel palazzetto, scoprii che la sua specialità era il tennis su erba.

Non c'era molta gente sugli spalti, solo qualche vecchio col pizzetto e zero capelli e due o tre signore con cappello a tesa larga di paglia e un ventaglio multicolor in mano.

Mi sedetti sul primo spalto e attesi che Teseo facesse il suo ingresso.

Presi il fondo della maglietta rossa a maniche corte e lo sventolai sulla pancia pallida. Eravamo nel mese di maggio ormai e ogni giornata era soleggiata e calda, soprattutto al pomeriggio.

Per fortuna, mi ero portata dietro il cappello da pescatore che Teseo mi aveva regalato dopo il pic-nic, altrimenti avrei rischiato di prendere una brutta insolazione.

Poco prima dell'inizio della partita, un sedicenne iniziò ad andare su e giù per gli spalti, vendendo acqua, Coca-Cola o tè al limone in bicchieroni trasparenti con la cannuccia colorata.

Me ne comprai uno con la Coca-Cola e lo sorseggiai mentre aspettavo l'arrivo di Teseo.

Mi aspettavo di vederlo arrivare in campo con una fascia tra i capelli, invece, quando entrò in campo i suoi capelli erano arruffati come al solito, così biondi che risplendevano alla luce del sole. Era vestito con dei pantaloncini bianchi, che erano abbelliti da una striscia azzurra ai lati, e una maglietta dello stesso colore di quest'ultima. In una mano teneva una racchetta bianca e nell'altra tre bottigliette d'acqua naturale. Appoggiò queste sulla sua panchina e alzò la testa verso gli spalti. Quando mi vide, sorrise e mi salutò con la mano libera. Ricambiai il cenno con grande entusiasmo. Persino Teseo sembrò meravigliato dal mio gesto emozionato. Mi sorrise ancora una volta, quindi si diresse in campo per fare un po' di riscaldamento pre-partita.

Teseo mi aveva detto che avrei potuto arrivare alle diciassette, quando la partita avrebbe avuto inizio, ma ho preferito venire prima e approfittare di quell'oretta per spiarlo senza che se ne accorgesse.

Presi un altro sorso della mia bibita e lo osservai. Ogni suo movimento era preciso, la sua espressione determinata. Se mi fossi trovata io davanti a lui in quel momento, anziché il suo avversario, me la sarei fatta addosso. Perché Teseo era maledettamente bravo. Cazzo.

Il mio cellulare squillò e lo recuperai dalla tasca dei jeans, scocciata. Non volevo perdermi neanche un attimo dello spettacolo al piano sottostante, ma non lo avrei mai rivelato al mio interlocutore. Che, guarda caso, era Stella.

«Pronto».

«Ehi, Miki. Ma dove sei?»

Mi accigliai.

«Sono alla partita di Teseo, perché?»

«Ma pensavo che questo sabato ci saremmo trovati io, Jack, te e Rob al tuo bar». Persino a distanza riuscii a percepire il suo broncio.

«Me lo avevi chiesto?»

Mi sfregai la fronte, non mi ricordavo di aver avuto una conversazione con lei e Rob sul trovarci questo sabato.

«Ne avevamo parlato l'altro giorno, quando siete venuti a casa mia, tu e Rob».

Dovetti fare mente locale per capire a che giorno si riferiva. Mercoledì ero stata da Teseo e giovedì io e Rob siamo passati da Stella, dopo che ci aveva chiamato perché aveva qualcosa di importante da dirci. Io e Rob siamo corsi subito a casa sua per scoprire che la cosa importante era che lei e Jack si erano ufficialmente messi insieme e dati l'esclusiva. Io e Rob l'avevamo ascoltata raccontarci di come Jack glielo avesse chiesto sotto al portico di casa, mentre il rumore della pioggia riecheggiava attorno a loro. Di come lui l'aveva trascinata dentro, quando aveva scoperto che la mamma di Stella era a lavoro. Di come loro due erano stati presi da una passione irrefrenabile e... bla bla bla. A quel punto, mi sono tappata le orecchie per non udire altri dettagli.

Poi, non so bene come, il racconto aveva cambiato protagonisti e Stella aveva finito per parlare di Rosa e Marco della via Roma. A quel punto mi ero persa, soprattutto perché Teseo mi aveva mandato un messaggio - vorrei averti al mio fianco, la casa è meno vuota quando ci sei tu - che mi aveva fatto venire le farfalle nello stomaco, o forse erano crampi dovuti alla fame.

«Oh», dissi, «scusami tanto, Stella. Ma non mi sono ricordata di dirti che avevo promesso a Teseo di venire a vederlo giocare».

«Ultimamente mi sembri sempre più sbadata, non è che Montecchi ti ha preso più di quanto tu ammetta?»

«Ma che dici? Io e lui siamo solamente amici, a prescindere da quello che vuole lui».

Come se mi avesse sentito, Teseo alzò il capo e mi fece l'occhiolino prima di colpire la pallina con la racchetta.

«Non me la racconti giusta, signorinella», mi rimproverò Stella.

«Senti, Stella, che ne dici se ci incontriamo domani, anziché oggi?»

«Domani Rob non può, ha detto che va a fare una specie di ritiro in montagna con la sua band».

«Davvero?»

Rob non me ne aveva parlato.

«Sì, a quanto pare non sei l'unica ad essersi dimenticata di dirmi che questo fine settimana eri impegnata».

«Quando torna?»

«Credo lunedì».

«Quello stronzo non mi ha nemmeno avvisata».

«Forse ha pensato che saresti stata troppo preso da Teseo per accorgerti della sua assenza».

Udii una risata soffocata. Non era la risata stridula della mia migliore amica.

«Ciao, Jack».

Era forse la prima volta che gli rivolgevo la parola - se non contavamo le volte in cui avevo augurato ad entrambi una buona serata prima di filarmela.

«Ciao, Micol». E quella era la prima volta che lo sentivo rispondere. Aveva la voce profonda e un po' rauca come se avesse appena fumato un pacchetto di sigarette.

Completamente diversa da quella di Teseo, che era roca al naturale. Personalmente, trovavo molto più sexy quest'ultima.

Un'altra voce interruppe i miei pensieri.

«È occupato?»

Un ragazzo dalla pelle scura e i capelli ricci tagliati molto corti indicò il posto di fianco al mio.

Mi guardai intorno: il palazzetto non era così pieno da doversi sedere uno di fianco all'altro, quindi non capivo il motivo di volersi sistemare proprio vicino a me.

«Okay. Ehm, ti chiamo dopo, okay? Ci metteremo d'accordo su quando trovarci».

Attaccai.

Rivolsi lo sguardo a chi mi aveva interrotto. Il ragazzo aveva uno splendido sorriso bianco.

«Sì, certo, puoi sederti».

Quando si fu sistemato al mio fianco, mi disse: «Ahh, per fortuna non è ancora iniziata. La partita, intendo. Non me lo sarei mai perdonato, altrimenti».

Annuii, non sapendo cosa dire.

Il ragazzo si girò verso di me e mi porse la mano.

«Sono Malik, è un piacere conoscerti».

«Miki».

Non era mia abitudine dare confidenza a degli sconosciuti, quindi tornai a guardare Teseo, che stava facendo una strana mossa per colpire la pallina.

«Okay... è la prima volta che vieni ad una partita di tennis?»

«Sì».

«Okay, non conosci le regole?».

«No».

«Non sei una di tante parole, vero?»

«No».

«Bene, ehm... oh, guarda! Inizia!»

Malik indicò il campo, dove entrambi i giocatori si stavano posizionando vicino alla linea di fondo.

Teseo prese due palline, una la mise in tasca e l'altra la tenne in mano. Con quest'ultima palleggiò per terra un paio di volte, prima di lanciarla in aria e colpirla con la racchetta.

Così il match iniziò.

Una serie di battute (si dice così?) da parte di Teseo e altre da parte del suo avversario. Palle perse, palle prese, punti vinti e altri no. Non compresi molto di quello che stava succedendo, ma esultai ogni volta che lo faceva Teseo.

Ad un tratto, il sorriso di Teseo scomparve. La fronte aggrottata, la mascella tesa. Digrignò i denti quando un'altra palla si schiantò sull'erba senza che riuscisse a prenderla dopo.

Non sapevo cosa stesse succedendo. Non capivo come funzionasse il punteggio.

«Cosa sta succedendo?», chiesi a Malik.

«Degli Agosti sta rimontando. Montecchi ha perso qualche palla, per dirla in modo semplice».

Non stava andando tutto bene? Come avevo fatto ad accorgermene?

«Vai Teseo!», gridai, «Forza!»

Teseo alzò lo sguardo e mi fissò. Gli sorrisi, urlai un altro incoraggiamento e applaudii. Malik si unì al coro.

Teseo annuì e assunse un'espressione determinata. Tornò a concentrarsi sull'avversario e strinse la racchetta nella mano destra.

Non so cosa successe. Se il mio incitamento l'avesse ricaricato, o se per magia gli fossero tornate le forze, comunque sia Teseo iniziò a giocare con un altro stile, con un nuovo umore.

Scesi dagli spalti per vedere meglio, gli occhi fissi sul gioco. Mi appoggiai alla ringhiera di ferro e aspettai il grido di vittoria di Teseo.

Non dovetti aspettare molto. In pochi minuti, Teseo sfinì l'avversario Degli Agosti a forza di racchettate e il tabellone lampeggiò per segnare la fine del match.

Urlai felice quando Teseo alzò la racchetta verso di me, facendomi un occhiolino malizioso. Applaudii forte e gli sorrisi quando si diresse verso di me, correndo.

Quando fu sotto di me, Teseo si issò col piede sulla ringhiera e appoggiò i gomiti sul parapetto di ferro.

«Ehi», sussurrai, quando me lo trovai davanti.

Gli guardai il viso arrossato, le labbra screpolate per essersele morse durante la partita, gli occhi incorniciati da ciglia scure e lunghe, i capelli ancora più arruffati del solito.

Non resistetti: gli scostai un ciuffo che gli era caduto sulla fronte con la mano. Non la tolsi, però. La tenni lì.

Teseo mi imitò, lambendo la mia guancia con la sua mano.

Eravamo vicinissimi e i miei occhi finirono inevitabilmente sulle sue labbra. Anche screpolate, erano bellissime e mi inducevano a strani pensieri. Come chiedersi se la sua bocca fosse morbida come sembrava, come pensare che fosse una cosa da scoprire al più presto.

Volevo avvicinarmi, volevo accostare le mie labbra alle sue, ma avevo anche paura. Paura che se l'avessi fatto, non sarei più riuscita a vivere senza.

Mi scostai di un poco, tirando indietro la testa. Ma la mano di Teseo non mi permise di farlo per molto.

«Non allontanarti, ti prego. Non potrei sopportarlo».

E poi mi baciò.

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