DESTINY

By brokensoul9954

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Lauren Jauregui, 24, fotografa. Camila Cabello, 23, ballerina. Due ragazze. Due passioni. Un passato. Cosa su... More

Presentazione
Chapter I
Chapter II
Chapter III
Chapter IV
Chapter V
Chapter VI
Chapter VII
Chapter VIII
Chapter IX
CHAPTER X
CHAPTER XI
CHAPTER XII
CHAPTER XIII
CHAPTER XIV
CHAPTER XV
CHAPTER XVI
CHAPTER XVII
CHAPTER XVIII
CHAPTER XIX
CHAPTER XX
CHAPTER XXI
FINAL CHAPTER
NEW STORY - SKYNNABÁTOS

EPILOGO - THE LETTER

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By brokensoul9954

Dear love of my life,
se stai leggendo queste parole vuol dire che l'ultimo tentativo di ribellarmi a quello che la vita mi ha imposto è andato in porto ma sappiamo bene tutte e due che solo e soltanto il destino potrà sapere come andrà a finire tutto questo. So che l'hai fatto per me, so che l'hai fatto per noi. Ancora una volta hai deciso di mettere da parte te stessa per me, e so che lo hai fatto quindi non provare nemmeno a pensare di rifilarmi il contrario. Dovrei ringraziarti, davvero, dovrei farlo. Ma io non ci riesco, Lauren. Non riesco a dirti grazie perché non è quello che voglio e non è quello che volevo né quello che vorrò mai, nella mia vita. Io non voglio dirti addio. Non volevo farlo nemmeno quando ero così piccola ed ingenua da star ad ascoltare i miei conflitti interiori che mi spingevano a cercare l'approvazione della donna che ad oggi riconosco non essere più mia madre, almeno non quella di cui porto un ricordo felice. Non vorrò dirti addio nemmeno tra cent'anni, quando i miei polmoni saranno troppo stanchi ed esalerò il mio ultimo respiro. Non voglio dirti addio e perciò non voglio dirti grazie per aver fatto in modo che debba farlo. Lo so, starai pensando che sono sempre la solita egoista, che non capisco quello che fai per me e che tu forse stai soffrendo il doppio. E forse lo sono, un'egoista intendo. Lo sono, perché prendendo cose e quando poi tu me le dai, le rifiuto e ti respingo. Lo sono, perché ho sempre pensato alle apparenze, a preservarle per preservarmi. Forse sono l'incarnazione del Diavolo, Lauren. E forse tu sei l'unico angelo del paradiso che può salvarmi. Ricordi quando mi dicesti di scappare, che fosse per una notte o per sempre? Io lo ricordo bene, perché in quel momento l'unica cosa che volevo dentro di me era andare via con te, non per una notte, ma per sempre. Avrei voluto che questa notte durasse per sempre, che il tempo si fermasse e non ci fosse più niente, oltre noi. Perché alla fine è questo quello che mi fai: mi disorienti, mi destabilizzi. Non esiste più il mondo quando i tuoi smeraldi si fissano nei miei occhi. Non esiste più il caos che ho intorno né quello che ho dentro. Esisti solo tu, Lauren. Esisto solo io. Non so se sia possibile sentire per un altro essere umano tutto quello che sento io per te, a volte mi sono chiesta se questo sentimento potesse mai avere una fine. E inevitabilmente, ogni volta che domando a me stessa quando smetterò di amarti, mi ritrovo a farlo più forte, più intensamente, più vividamente. Effetto boomerang, immagino si chiami. Ma è questa la verità: non voglio dirti addio perché io voglio viverti. Voglio amarti. Voglio spogliarti. Ma soprattutto, Lauren, voglio sposarti. E non voglio farlo tra vent'anni, non voglio aspettare che il tempo mi consumi e mi faccia diventare una persona che non riconosco allo specchio. Non voglio aspettare che il tempo ti porti via da me. Non voglio vivere una vita in cui tu non sei con me. Né voglio viverne una in cui ci sei solo in vesti non tue, ché lo sappiamo benissimo che i panni di Dinah, Normani ed Ally sono troppo stretti per il nostro rapporto. Non voglio stare senza di te, senza il tuo sguardo intenso a proteggermi. So a cosa starai pensando a questo punto e ti rispondo sinceramente: non posso tornare indietro perché ho paura. Ho paura di cosa mi aspetta se giro i tacchi e scappo via. Ma non ho paura di loro, non più. Ho paura di non trovarti ad aspettarmi. Ho paura che sia troppo tardi, perché so che purtroppo è così. Il tempismo non è mai stato dalla nostra parte ma forse nemmeno il destino ci ha voluto così tanto bene. Promettimi solo di non dimenticarmi mai, Lauren. Ti prego. L'unica cosa che potrebbe uccidermi è sapere di non esistere più nella tua memoria. Conserva il nostro ricordo, come lo farò io. Come l'ho sempre fatto, rimpiangendoti sempre. Perdonami per non essere stata quello che ti aspettavi, perdonami per non essere mai stata quel che meritavi. So ch'è tardi, ma se non lo fosse... ti amo, Lauren Jauregui. Più della mia vita, più della mia vita. Immensamente, eternamente ed inevitabilmente

per sempre tua, Camz.

''...ora potete finalmente sigillare il vostro amore!'' furono le parole del giudice dipace, immediatamente seguite da un grande applauso. Prese le mie guance attirandomi vigorosamente a sé fino a far collidere le nostre labbra, gli invitati continuarono ad applaudire e schiamazzare e le sue labbra si incresparono in un lieve sorriso. Era esattamente così che doveva andare, pensai camminando la navata con la mano nella sua mentre tutti ci lanciavano dei petali di rosa.

*flashback*

Back in Miami, about a few months ago.

LAUREN'S POV

La vista sfocata dalle lacrime aveva reso la lettura di quelle parole sempre più difficile, man mano che si avvicinava la fine. Tirai su col naso asciugandomi gli occhi ma velocemente mi alzai entrando in casa spalancando la porta sul retro.

''Chris?! Chris, dove sei?!'' urlai in presa ad un'evidente crisi chiamando mio fratello a squarciagola, iniziando a fare avanti-indietro per il soggiorno.

''Hey, sono qui'' disse poggiandomi una mano sulla spalla per fermare il mio percorso quasi ossessivo. Le mani tremavano ed il respiro era così spezzato che mi sfiorò l'idea di star avendo un attacco di panico, mio fratello le prese tra le sue portando la mia attenzione sui suoi occhi che con sguardo intenso e rassicurante cercarono in qualche modo di calmarmi e al contempo di capire cosa mi stesse succedendo. Non c'era tempo. Non ce n'era mai stato. Sentivo il cuore battere letteralmente nelle orecchie, come un martello pneumatico che spacca l'asfalto per ricostruirlo, paradossalmente. Ma per me era troppo tardi. Era troppo tardi? Ritornai al mio percorso ossessivo, ora giravo attorno al divano bisbigliando parole che non riuscivo nemmeno a sentire dalla troppa tensione nel mio corpo, gli occhi erano così pesanti che pensai potessero scoppiare da un momento all'altro ed il respiro diventava sempre più corto e ansimante, tendente al pianto. Non volevo piangere, non potevo piangere più. Ero arrabbiata, ero gelosa, ero triste, ero felice. Mi sentivo in un turbine di emozioni così forte che la testa iniziò a girare e non seppi proprio capire se per il mio movimento monotono e circolare o per il vortice emotivo in cui mi ero ritrovata.

''Lauren!'' la voce autoritaria di mio padre mi prese di soprassalto facendomi ritornare nel mondo reale, mi fermai di botto ed immediatamente il mio sguardo si puntò nei suoi occhi pieni di apprensione. Fece un impercettibile cenno col capo, invitandomi tra le sue braccia dove mi fiondai in un millisecondo. Lì scoppiai. Singhiozzai. Urlai. Piansi come non ricordavo di aver mai fatto, in tutta la mia vita. Nemmeno quando era andata via, nemmeno quando mi aveva abbandonato la prima volta.

''Andiamo, ti accompagno'' disse sottovoce tra i miei capelli. Era arrivato il momento, dovevo andare. Così fu, mi chiusi la porta di casa alle spalle, la stessa che era stata focolaio e focolare della mia vita, quasi come a volerci trovare la forza di farlo. Non ero sola, almeno. La mia famiglia era con me e questa era l'unica cosa che contava. Tutti, nessuno escluso, salimmo in auto. Eravamo pur sempre i Jauregui e se c'era una cosa che ci aveva sempre caratterizzato e contraddistinto era l'unità. Il classico tutti per uno ed uno per tutti. Eravamo unione, eravamo insieme, eravamo familia.

CAMILA'S POV

Scesi dalla limo sotto al braccio fermo di mio padre seguita dalle ragazze che contemporaneamente uscirono una alla volta dalla loro auto, gli occhi sgranati delle mie bellissime amiche mi fecero sorridere immediatamente.

''Camila, non so che dire, veramente...'' disse Normani a bocca aperta scuotendo il capo prima di venire ad abbracciarmi. Mi staccai da Alejandro per ricambiare al meglio che potessi la stretta di gruppo che si era creata successivamente.

''Sei bellissima, Mila... è proprio il tuo vestito'' boccheggiò Ally guardandomi emozionata, DJ non disse niente ma le lacrime che cercava di asciugare prima che qualcuno potesse captarle parlavano per lei.

''Mh-mh'' mio padre si schiarì la voce guardandoci sorridendo.

''Detesto rovinare i momenti romantici ma credo che siamo in ampio ritardo... che ne dite di avviarci?'' disse dolcemente alle mie amiche, come si poteva dire di no a quell'uomo. Le ragazze annuirono concordando con il padre della sposa – che se non fosse chiaro a tutti, ero io – e si avviarono verso la passerella siccome dovevano prendere i bouquet e prepararsi per precedere il mio ingresso in navata. Quando sentimmo l'attacco della marcia nuziale, capì che fosse arrivato il mio momento quindi ripresi il mio posto sotto al braccio dell'unico uomo della mia vita e c'incamminammo sulla passerella che ci avrebbe poi portato alla navata.

''Camila, sei sicura? Possiamo tornare indietro, in qualsiasi momento'' bisbigliò cercando di restare sorridente e guardare in avanti. Eravamo arrivati alla lunga navata che mi avrebbe portato all'uomo tanto estraneo quanto buono che avrei avuto al mio fianco, ahimè, per il resto della mia vita. Eravamo fermi, tutti si alzarono. Tutti aspettavano che muovessi il primo passo. John era stante davanti all'altarino con le mani giunte, era visibilmente commosso e suo fratello sorrideva, probabilmente fiero di lui. Mia madre era alla prima sedia sulla sinistra, ora mi guardava fiera del prodotto di tutti quegli anni di repressione, accondiscendenza e remissione. Ero l'esatta rappresentazione di quel che aveva progettato per me, aveva realizzato il suo sogno.

''Tranquillo, papi, esta' bien no te preocupes'' risposi all'unico dei due che aveva sempre capito le mie scelte ed anche in quel momento era pronto a retrocedere se gliel'avessi chiesto. Senza remore né vergogna. Sospirò sonoramente e visibilmente siccome il suo petto si mosse in assonanza col respiro, si riaggiustò il sorriso in volto e mi guardò chiedendomi con gli occhi se fossi pronta, annuì. Mossi il primo passo e sfilammo la navata sulle note della marcia nuziale. Più mi avvicinavo a quell'arcata e più sentivo un peso crescere nel mio petto, o forse nel mio stomaco. O era il cuore? Probabilmente erano tutti e tre insieme, presagi inevitabili della mia voglia di scappare. Se solo lei mi avesse dato un segno, uno che fosse uno soltanto. Ma evidentemente era già sul suo jet sorvolando chissà quale cielo. Guardai le mie amiche, ora spaventosamente vicine. Erano dal lato sinistro dell'arcata con i loro bouquet in mano e disposte secondo la gradazione di colore del vestito: Ally era la più prossima all'altare, seguiva DJ ed infine Normani. La seconda mi fece un cenno col capo come ad incutermi coraggio, le sorrisi prima di girarmi verso mio padre. Era il momento, la navata era finita e non potevo più tornare indietro. Non c'era via d'uscita. Mio padre mi baciò le guance, come da tradizione, per poi stringere la mano a John e baciare affettuosamente anche lui dandogli poi una pacca sulla spalla. L'uomo si avvicinò a me ancora con gli occhi lucidi, mi sorrise prima di alzare il velo e portarlo all'indietro. Ricambiai e presi la mano che mi stava offrendo per avvicinarci ai cuscinetti dell'altare, davanti al giudice di pace. La funzione era ufficialmente iniziata, l'uomo brizzolato era intento a celebrarci ma la mia mente era del tutto altrove, aspettavo soltanto che arrivasse la fatidica domanda così da poter finire rapidamente quella messa in scena. Avevamo deciso che le promesse le avremmo lasciate per il ricevimento, o meglio, questa era l'unica cosa che aveva deciso John ma in realtà non ne avevo nemmeno capito il motivo.

''Prima che davanti al nostro glorioso e magnifico Stato questi due giovani siano ufficialmente uniti in matrimonio... se qualcuno è contrario, parli ora o taccia per sempre!'' disse con voce grossa scherzando ed abbastanza ironicamente il giudice provocando una risatina generale. Io e John eravamo mani nelle mani, aspettando di proclamare i 'sì' ufficiali e scambiarci le fedi.

''Camila!'' sgranai immediatamente gli occhi, tutti i presenti si voltarono verso la fonte del suono. Lasciai immediatamente le mani dell'uomo davanti a me ed andai subito nel focus di tutti gli invitati, esattamente alla fonte del suono.

LAUREN'S POV

''E' qui, qui... fermati!'' dissi e subito mio padre frenò di botto, aprì repentinamente lo sportello ed iniziai a correre sperando che, per una volta, il tempismo fosse stato dalla nostra parte. Dovevo almeno provarci se non volevo avere il più grande rimpianto della mia vita. Camila mi aveva implicitamente detto molte cose ma la più importante era che, proprio come me, le serviva un segno apocalittico che le facesse capire che io c'ero. Ch'ero lì ad aspettarla se avesse voltato le spalle per correre da me e scappare via. Lo sapevo, lo volevo, ero lì. Ero sempre stata lì, non me n'ero mai andata. Nemmeno per un istante, nemmeno per un frangente di secondo ero stata altrove da lei. L'avevo cercata, in ogni angolo del mondo, in ogni persona che incontravo ed in ogni profumo che sentivo lontanamente simile al ricordo del suo. L'avevo amata, da lontano, sempre. L'avevo fatto in ogni momento, in ogni età ed in ogni vita. Camila era la mia anima gemella, l'amore della mia vita. Se qualcuno me l'avesse chiesto, non avrei saputo dare una spiegazione del perché ci stessi provando ancora. Del perché fossi ancora lì. Probabilmente l'unico motivo era l'amore che provavo per lei. Puro, ineluttabile, indivisibile. Non potevo scappare da lei, non potevo scappare da noi. E sapevo che nemmeno volevo farlo, mi ero arresa al sentimento che oramai governava il mio corpo e spingeva le mie gambe a correre sempre più veloci nella speranza che non fosse troppo tardi. Con la speranza che su quell'altare non ci sarebbe stato l'uomo dai mille sorrisi al suo fianco ma io, che avevo ancora tutto il mio amore da darle. Tutto il mio amore da dirle. Arrivai alla passerella, corsi ancora e mi fermai di botto soltanto davanti alla navata. Vuoto. Non c'era più nessuno. Alcuni petali lungo il tappeto bianco che ricopriva il legno della navata mi diedero l'unica risposta possibile. Era davvero finita, era davvero troppo tardi. Restai lì, immobile con lo sguardo chino sul rosso che sporcava il candido tappeto.

''Laur...'' la voce dispiaciuta ed un po' affannata di mio fratello mi fece alzare il capo verso di lui. Non li avevo sentiti arrivare, dispersa nell'immensità di emozioni contrastanti che stavo provando.

''E' okay, dovevo provarci... va bene così, Chris'' tirai un sospiro e risposi tranquilla con un sorriso a labbra strette, lui mi abbracciò. Alzai lo sguardo verso Taylor, mamma e papà che erano poco dietro di noi, stanti sulla passerella.

''Andiamo, ho un viaggio da fare'' continuai facendo per andar via cingendogli le spalle, lui annuì seguendomi. Tornai indietro, forse metaforicamente stavo tornando indietro sui miei passi, abbandonando l'illusione adolescenziale di amore eterno. Stavo tornando indietro allo stato attuale delle cose, abbandonando la Camila che conoscevo ormai troppo tempo fa e che purtroppo non esisteva più.

''Lauren, ma la festa non doveva essere lì? Perché è tutto spento?'' chiese genuinamente Taylor indicando il locale nella roccia quando io e Chris fummo vicini a loro. Strano, pensai ed effettivamente non ci avevo proprio fatto caso. Si, ma allora i fiori? Ma perché non sono lì dentro a festeggiare e fare baccano, però?

''Dinah!'' esclamai velocemente cacciando il cellulare dalla tasca. L'adrenalina ricominciò a scorrere nelle mie vene, unitamente al briciolo di speranza che gli stessi fiori che amavo da morire mi avevano tolto. Telefonai immediatamente la polinesiana che ovviamente, quando le cose erano urgenti, non rispondeva mai. Passai a rassegna tutte le mie amiche che non risposero nemmeno a pagarle ed infine mi aggrappai all'ultima chance: Sofi.

''L-Lauren?'' la sua esile voce era singhiozzante e graffiata, sgranai immediatamente gli occhi e la speranza lasciò il posto ad un presentimento di pericolo.

''Sofi- Sofia, dove sei? Che succede?'' chiesi visibilmente preoccupata, mia madre mi venne vicino chiedendomi con gli occhi cosa stesse succedendo. Avevo il cuore a mille, il pensiero che fosse successo qualcosa di terribile a Camila mi stava martellando il cervello che voleva scoppiare, proprio come il muscolo ora pulsante velocemente. Sentivo le lacrime arrivare ed il respiro diventare sempre più corto, quasi a seguire lo stampo della piccola cubana dall'altro lato dello schermo.

''Papi esta'- estamos... Lolo-'' sentì la piccola balbettare qualcosa e poi scoppiar improvvisamente a piangere. Avevo soltanto capito fosse successo qualcosa ad Alejandro e la mia preoccupazione non faceva che aumentare, sentì poi delle voci familiari dire a Sofi che andava tutto bene e poco dopo una di queste prese il suo cellulare.

''Lauren?'' chiese Ally con un accenno di sorpresa nel tono fortemente sconvolto.

''Ally, cos'è successo? Per favore...'' dissi con voce rotta mentre i peggiori scenari passavano davanti ai miei occhi piangenti.

''Siamo al Miami Hospital, Alejand-'' e la telefonata si interruppe, forse perché non c'era campo o forse per un misterioso motivo dettato dall'universo. Iniziai a correre, dovevo andare lì. Subito.

''Lauren?!'' urlò mio padre.

''Dobbiamo andare al Miami Hospital, è successo qualcosa ad Alejandro, papà!'' urlai di rimando e tutti presero le mie orme fino ad arrivare al punto in cui era stata parcheggiata l'auto.

CAMILA'S POV

''Sinu Estrabao Cabello?'' chiese l'infermiera entrando nella sala d'attesa in cui eravamo. Mia madre alzò velocemente lo sguardo dal pavimento alla donna che le porse un tenero sorriso di rimando.

''Suo marito è in terapia intensiva, è andato tutto per il meglio... a breve il Dottor Kelley sarà da voi per spiegarvi con più esattezza l'accaduto'' disse sottovoce quando Sinu si fu avvicinata, immediatamente scoppiò a piangere annuendo con il capo per poi stringermi forte a sé. L'infermiera mi rivolse un sorriso rincuorante.

''E tanti auguri a lei, signorina'' disse poi prima di rientrare nel reparto dal quale era uscita, sorrisi amaramente ancora nel forte abbraccio di mia madre per poi chiudere gli occhi facendo scendere le lacrime e ricambiare la stretta. Odiavo sentirmi così nei suoi confronti, odiavo il modo in cui una parte di me – quella parte di me – le volesse così bene che sarebbe stata disposta a morire per lei, a sacrificarsi per renderla felice.

''Hey... vieni qui, è tutt'okay, Mila'' disse Mani, ero andata da loro che erano in un'altra sala con John, separata da una porta da quella in cui ero con mia madre ed i miei fratelli, a dare la notizia. Dinah ed Ally si unirono all'abbraccio che la bruna mi aveva dolcemente offerto per cercare di consolare il mio pianto oramai liberatorio, quasi di sollievo. Guardai nella stanza e non trovando l'uomo chiesi dove fosse finito, la reazione di Dinah che alzò gli occhi al cielo mi strappò un piccolo sorriso tra le lacrime.

''Dov'è? John, dove cazzo è Camila?'' non era possibile, non poteva essere. Io, Dinah, Ally e Normani spalancammo gli occhi contemporaneamente.

''Non puoi entrare, anche i miei stanno aspettando di sotto... mi dispiace, è solo per i familiari ed i parenti strett-'' sentimmo la voce dispiaciuta dell'uomo che ora capì essere nel corridoio fuori la porta che consentiva l'accesso alla sala in cui ci trovavamo.

''Ma fammi il piacere'' disse ironicamente spalancando la porta e fermandosi di scatto fissando immediatamente gli occhi nei miei.

''Tu...'' boccheggiai semplicemente indietreggiando. Pensai di essere impazzita, di avere le allucinazioni o qualcosa di simile. Il mio sguardo era fisso nei suoi smeraldi e per un momento sentì la terra sottrarsi ai miei piedi, avevo il cuore a mille. Non poteva essere davvero lei, non era fisicamente possibile. Vedevo il mio quasi marito alle sue spalle con un'espressione sconcertata e forse arrabbiata mentre guardava la scena.

''Camila'' disse in un soffio correndo a stringermi tra le sue braccia e fu solo in quel momento, nell'esatto momento in cui mi aggrappai alle sue spalle, che mi resi conto di non essere fuori di testa, di non star avendo nessun tipo di allucinazione e che lei fosse realmente lì, davanti a me. E solo in quell'istante, stretta a lei, sentì finalmente il cuore leggero.

''Che ci fai qui- tu...'' provai a balbettare qualcosa staccandomi leggermente dall'abbraccio per poterla guardare, quando lei mi posò l'indice sulle labbra con un flebile sorriso.

''Da nessuna parte se non con te, Camila... sempre'' sussurrò senza mai staccare il suo sguardo intenso dai miei occhi stanchi, non potei fare altro che sorriderle per poi rituffare il volto nel suo collo.

''Mh-mh?'' lo schiarirsi di voce di Dinah ci fece staccare immediatamente, lei si girò verso la polinesiana che aveva le braccia incrociate ed un'espressione di vittoria in volto.

''Com'era l'Italia, Jauregui?'' disse scherzosamente portando Lauren a roteare gli occhi con un sorrisetto.

''La prossima volta ti ci porto'' rispose facendole l'occhiolino, il suo braccio destro mi cingeva ancora la vita tenendomi stretta al suo corpo. Dinah si avvicinò tirando la corvina in un abbraccio che immediatamente venne ricambiato con tanto di pacca sulla spalla. Il mio sguardo si soffermò prima su Normani che rideva scuotendo il capo mentre si avvicinava alle due amiche e successivamente su Ally che con un sorriso fece poi cenno alla porta ancora aperta mentre seguiva la bruna, la guardai interrogativa.

''John'' mimò con le labbra la biondina il che mi fece sgranare immediatamente gli occhi.

''Torno subito, non andare via'' dissi all'orecchio a Lauren prendendole la mano per poi indicare con gli occhi il corridoio, lei annuì sospirando consapevole del motivo per cui mi stavo allontanando ed io feci lo stesso facendo per andare quando lei mi tirò a sé per la mano. Prese il mio volto con la mano libera e, come se fosse la cosa più spontanea del mondo, catturò le mie labbra con le sue stampandomi un rapido ma dolce bacio.

''Non vado da nessuna parte'' rispose con un sorriso tenero, le lasciai una carezza sul viso prima di indietreggiare senza ancora staccare gli occhi dai suoi. Le sorrisi mordendomi poco il labbro prima di uscire dalla sala lasciando il suo sorriso a trentadue denti in buona compagnia. Percorsi tutto il corridoio alla ricerca dell'uomo che fino a qualche minuto fa era nella sala d'attesa con le mie amiche ma non riuscì a trovarlo da nessuna parte così presi l'ascensore per dirigermi al piano terra dove ero certa sarebbe stato. E così fu, non appena i portelloni in metallo si aprirono incontrai con lo sguardo la sua figura di spalle, era intento a digitare qualcosa sul distributore di bevande.

''John?'' lo richiamai avvicinandomi a lui, con tono colpevole e consapevole. L'uomo non si girò, comprensibilmente.

''John...'' dissi sospirando poggiando una mano sulla sua spalla. Tirò su col naso alzando il capo verso il display della macchina che gli stava preparando qualsiasi cosa avesse scelto, la sua mascella si contrasse.

''Ascoltami, per favore... lasciami spiegare'' dissi cercando di attirare la sua attenzione invano siccome ritirò la bevanda dopo il suono uscendo all'esterno dell'edificio.

''John! Oh, ma andiamo...'' boccheggiai poi cercando di stare al passo dell'uomo alzandomi il vestito con le mani per rincorrerlo.

''Puoi fermarti?! Maledizione, John, affronta il problema per una buona volta!'' urlai provocandolo, era poco più avanti di me ma mi dava ancora le spalle camminando. Si voltò immediatamente tornando dov'ero io, piazzandosi ad un centimetro dal mio volto.

''E' lei, vero?'' disse con sguardo fulmineo ad un palmo dalla mia faccia, sostenni i suoi occhi rabbiosi.

''E' lei, è sempre stata lei'' risposi onestamente sospirando di sollievo, spogliandomi di tutti gli artefici che mi erano stati ricamati addosso, da tutte le menzogne di cui avevo dovuto convincere me stessa in primo luogo. L'uomo scosse il capo ridacchiando amaramente, indietreggiò di poco in modo da avere una distanza sufficiente tra noi.

''Perché? Camila, perché hai dovuto farmi questo?'' disse rassegnato con un sorriso sarcastico in volto, allargando le braccia così velocemente che un po' della bevanda cadde dal bicchiere.

''John, io- la verità è che l'ho fatto anche a me stessa'' confessai all'uomo che mi era stato accanto per troppo tempo senza sapere mai la realtà delle cose.

''Perché, Camila? Dammi un motivo o potrei impazzire per questo... perché diamine non hai mandato tutto a puttane quando l'hai rivista? Perché hai preferito tradirmi invece che parlarmi? Cazzo, Camila... sei incasinata da morire! Cristo, stavamo per sposarci- noi... Cazzo!'' sbottò in tono rassegnato ma agitato nel quale percepì forse un briciolo di apprensione, pensai non fosse arrabbiato quanto bisognoso di spiegazioni.

''Hai detto bene, John... sono incasinata da morire per il semplice fatto che sono tutto ciò che mia madre non ha mai voluto e per questo sono diventata l'esatta riproduzione dei suoi desideri. Ho sbagliato, so di averlo fatto, dal primo momento in cui ho deciso di combattere per la sua approvazione... Dio, ci credi? Sono stata una stupida, John... sono stata una ragazzina anch'io, troppo immatura e desiderosa di attenzioni dalla propria madre per capire che rinchiudere sé stessa in uno scrigno chiuso sotto chiave in un cassetto sarebbe stato l'errore più grande della sua intera vita. Ti chiedo scusa, davvero, ti chiedo perdono per non averti mai parlato realmente, per non averti mai guardato ma solo visto, per non aver mai sentito quello che sentivi tu... avrei voluto, credimi, per me sarebbe stato tutto più facile se così fosse stato e non voglio nasconderlo, che per un periodo ho veramente creduto fosse tutto vero. Ma poi...'' esplosi parlando tutto d'un fiato con voce rotta a tratti, notai la sua espressione evolvere definitivamente in apprensione.

''Poi l'hai rivista e non sei più potuta scappare al confronto con te stessa'' concluse la mia frase con un sorriso a labbra strette mentre una lacrima gli rigava il viso già umido, annuì asciugando i miei occhi e le guance dal mascara colante.

''Vieni qui'' disse attirandomi a sé, strinsi le braccia attorno alla sua vita mentre con una mano mi accarezzava i capelli.

''Ti avrei capita, se me l'avessi detto... avrei capito lei, se me ne avesse parlato'' parlò a bassa voce con tono confortante e lo strinsi più forte.

''Spero potrai perdonarmi un giorno'' dissi staccandomi da lui, con un sorriso misto tra scuse e un bene dell'anima.

''Ti ho perdonato all' ''hai detto bene John''... all'amore non si comanda, Mila, e chi sono io per provare anche solo lontanamente a mettere i bastoni tra le ruote al destino? E se questo amore ha fatto un giro immenso per poi ritornare esattamente nello stesso punto da cui è partito vuol dire che è il vostro destino, tu e Lauren siete legate da qualcosa che è al di sopra di voi, di noi tutti. Non chiedermi scusa per aver amato qualcuno, anche se quello non sono io... e ti amo così tanto da lasciar che tu vada incontro a quello che è l'amore della tua vita, perché non conosco nessuno che meriti la felicità più di quanto lo faccia tu, Camila'' rispose sinceramente per poi accarezzarmi il viso.

''Andiamo, hai da riprenditi ciò ch'è sempre stato tuo'' concluse avanzando verso l'ingresso dell'ospedale porgendomi la mano con un sorriso, la presi ricambiando ed insieme varcammo le porte automatiche.

''John, non vorrei sembrare scortese o fuori luogo ma... questo matrimonio?'' gli chiese suo padre sottovoce appena ci vide entrare.

''Non ci sarà nessun matrimonio, papà'' disse lasciandomi la mano e sorridendomi.

''Ti voglio bene'' mimai con le labbra andando verso l'ascensore, mi fece l'occhiolino e riportò l'attenzione sul padre per spiegargli la situazione. Le porte in metallo si aprirono lasciandomi l'accesso così entrai premendo rapidamente il pulsante con il numero del piano. Mi guardai nel piccolo specchio a muro davanti a me, all'interno della scatola di metallo. Avevo il trucco rovinato e gli occhi rossi ma il candore del mio sorriso rischiariva tutta la cupezza che per una vita aveva albergato sul mio volto. Ero lì, in quel momento. In quello specchio c'ero io, non più il riflesso del volere di qualcun altro. Il lieve tintinnio alle mie spalle segnalò che era finalmente giunto il mio piano, così varcai il corridoio aumentando il passo per arrivare velocemente all'ultima stanza sulla sinistra. Dal corridoio provenivano delle voci che man mano divennero sempre più distinte, quella meno confondibile era Dinah che stava quasi urlando. Arrivata alla porta spalancata vidi Lauren seduta con il capo chino ed Ally al suo fianco che le passava una mano sulla schiena mentre Normani tirava il braccio di DJ che era rossa in viso e ad un palmo da quello di mia madre. Chi poteva rovinare tutto se non lei, ovviamente.

''Cosa hai fatto?!'' entrai rabbiosamente avvicinandomi alla donna che mi aveva dato la vita.

''Cosa ho fatto, io? Camila, ti rendi conto dell'assurdità di quello che sta succedendo qui?! Tuo padre è appena uscito da un'operazione cardiaca e tu cosa fai? Ti diverti a giocare ai vostri giochi malati con quella!'' urlò indicando Lauren che alzò immediatamente il capo con sguardo fulmineo, stava per alzarsi ma Ally la fermò categoricamente bloccandole la gamba con la mano.

''Scusa? Giochi malati, mamma? Ma ti ascolti almeno quando parli?'' risposi sarcasticamente con un sorriso amaro.

''Se siamo qui è solamente colpa tua, papà non è mai stato d'accordo e lo sai benissimo... lui, almeno lui, ha sempre messo la mia felicità sopra ogni cosa, Sinu, quindi non venirmi a rifilare storie di cui vuoi convincerti... non più'' sputai amaramente, lei si ritrasse dalla nostra vicinanza eccessiva.

''Non raccontare stronzate, indisponente che non sei altro!'' disse puntandomi il dito, quasi mi sfiorava il petto.

''Hai sentito cos'ha detto, smettila di vivere nel tuo mondo ideale dove tuo padre ti ama ed io sono la cattiva della storia. Cresci, Camila!'' continuò.

''Ho sentito benissimo e non avrei mai potuto perdonarmi se lui fosse morto sapendo che stavo commettendo l'errore più grande della mia vita. Forse non ti è arrivato bene il messaggio, Sinu, ma quello che papà ha detto un attimo prima di collassare è stato 'è tutto sbagliato, promettimi di non farlo', perciò risparmia il fiato e già che sei qui, fatti visitare da un buon otorino'' risposi semplicemente con tutta la rabbia che avevo dentro. Non ci stavo, non più. Non mi sarei addossata la colpa anche questa volta. Mio padre era vivo per miracolo e non sarei stata lì a sorbirmi le sue cazzate. Forse il destino aveva voluto che quell'evento che aveva letteralmente sfiorato il tragico diventasse paradossalmente il segno apocalittico che per tutta la mia vita avevo sbagliato. Gli avevo promesso di non farlo, qualsiasi cosa questo significasse per lui. E non avevo dubbio alcuno che avesse lo stesso significato che gli avevo dato io. Alejandro era l'altra metà del mio cuore, eravamo connessi. Lo sapevo, lo sapeva. Era tutto sbagliato, prima. Il destino, il caso, il tempismo, o qualsiasi altra cosa fosse, mi aveva dato un'altra occasione, ora. Per redimermi, per rivivermi.

''Sei solo un'ingrata, viziata dalle attenzioni di tuo padre. Te ne pentirai, Camila, te ne pentirai!'' disse prima di girare le spalle e varcare la porta dalla quale era entrata. Sospirai guardando le quattro davanti a me, Lauren si era alzata fissando la porta che Sinu aveva sbattuto e la sua espressione era tutto fuorché sollevata dall'uscita della donna mentre Dinah, Ally e Normani erano stanti alle sue spalle offrendomi dei sorrisi di conforto. Scoppiai in un pianto di rabbia, per le parole della donna ma al contempo liberatorio, perchè ero finalmente riuscita a liberarmi da quelle catene che mi tenevano legata alla me bambina che per tutta la vita non aveva desiderato altro che essere considerata da lei. Portai le mai al viso coprendomi gli occhi tra i singhiozzi ed immediatamente quattro paia di braccia si strinsero attorno a me. Erano loro la mia famiglia.
—————————
6 months after.

NEW YORK CITY, 10:50 AM

''Lauren, andiamo! Faremo tardi, forza!'' la voce stridula di Ally rimbombava nell'appartamento della latina che era intenta a riporre le ultime cose nel borsone in pelle marrone aperto sul materasso del suo king-size bed. Alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto divertito pensando che solamente Allyson poteva preoccuparsi di fare tardi per andare a prendere un jet privato, il suo jet privato, tra l'altro.

''Arrivo, arrivo!'' urlò di rimando divertita, chiudendo la zip e mettendo la borsa in spalla. Uscì poi dalla camera chiudendosi la porta alle spalle e scese lentamente le scale, con tutta la calma possibile.

''Lauren!'' sbuffò riprendendola la biondina, l'altra rise, soddisfatta di aver ricevuto la reazione che desiderava provocare.

''Sì, sì... stiamo andando, per Dio!'' rispose scendendo velocemente gli ultimi gradini per poi passare una mano tra i capelli dell'amica scompigliandoli un po'. Insieme uscirono dall'abitazione dove l'autista di Lauren le aspettava stante vicino allo sportello posteriore già aperto. Sorrise facendo accomodare le due donne per poi chiudere piano la portiera e mettersi alla guida.

''Dovresti seriamente risolvere questo tuo problema con la puntualità, Allysus... potrei darti il numero della mia psicologa, fa miracoli lo giuro!'' disse prendendola in giro la donna dagli occhi verdi mentre l'amica la fulminava con lo sguardo.

''Non ti uccido soltanto perché sarebbe davvero orribile passare alla storia come la damigella che ha ucciso la sposa poche ore prima del suo matrimonio'' rispose provocando una forte risata alla quale lei stessa si accodò.

MEANWHILE IN LOS ANGELES, 11:30 AM

''Dinah, devi muoverti! Non è possibile, non cambi mai!'' l'esaurimento di Camila era palpabile tra quelle mura che sarebbero dovute essere la sua casa dopo le nozze con John ma che ora non erano altro che infissi di una casa in più sulle proprietà della cubana, sparse in quell'immenso paese.

''Sono pronta, stai tranquilla, ragazza!'' rispose entrando nel salone dove la più piccola l'aspettava sbuffando quasi istericamente. Alzò le mani in segno di resa dopo esser stata fulminata dal suo sguardo, ridacchiò poi scuotendo il capo e facendo un cenno verso la porta.

''Andiamo, Cabello?'' disse in tono scherzoso all'amica che non voleva saperne di farle un sorriso.

''Andiamo, sì, ma per punizione porterai anche i miei bagagli!'' disse in tono fiero avviandosi verso la porta, lasciando alla polinesiana qualche borsa in più da portare. Non fece storie, se l'era meritato, pensò sorridendo mentre seguiva il passo della cubana poco più avanti di lei.

''Mani dov'è?'' chiese Camila, bloccandosi d'improvviso sul viottolo ciottolato, portando una mano alla fronte. Dinah alzò le spalle e questo non fece altro che provocare maggior preoccupazione alla cubana che sgranò gli occhi prendendo il cellulare dalla tasca dei suoi jeans.

''Dinah, Normani non risponde... ti prego di far qualcosa perché potrei sentirmi male in qualche secondo'' disse drammaticamente cin una mano al petto guardando la polinesiana che era quasi piegata in due dalle risate.

''Camila, ma secondo te dove può essere Mani? E' a Miami, ovviamente...'' le rispose continuando a ridere per poi posarle una mano sulla spalla.

''E' tutto come dev'essere, Mila... Mani sta facendo quello che ci avete chiesto di fare, ora saliamo in quella dannata macchina altrimenti faremo tardi, ho delle faccende da sbrigare prima del pomeriggio'' concluse il suo discorso, facendo cenno alla cubana di seguirla in auto. Così fecero, Alfred prese i loro bagagli per riporli nel bagagliaio mentre le due amiche salirono nella lunga limousine pronte per raggiungere la loro destinazione.

''Signorina Camila, avevo ragione, non è vero?'' chiese l'uomo guardando la cubana dallo specchietto retrovisore con un sorriso stampato in volto. Camila non capiva a cosa si stesse riferendo ed Alfred colse il suo dubbio dalla piccola ruga che le si formava puntualmente tra le sopracciglia.

''Intendo, avevo ragione su suo padre e su Lauren'' spiegò meglio, così la cubana lasciò un sospiro sorridendo.

''Hai sempre ragione, Alfred'' annuì e rispose infine, lasciandogli un'espressione di contentezza.

MIAMI, 13:40 PM

Normani era nel bel mezzo della direzione, tutti i presenti erano dei soldatini sotto il suo comando. Era ormai passata mezza giornata e tra poche ore quella sala sarebbe stata piena di musica, caos, amore e felicità. Lauren e Camila avevano chiesto al terribile duo – come le chiamavano le loro amiche – di occuparsi della cerimonia, come una sorta di wedding planners, e Dinah e Normani erano state più che entusiaste di aiutarle, del resto era sempre stato il loro forte organizzare party spettacolari e sorprendentemente inaspettati. Così avevano stabilito le mansioni, DJ si sarebbe occupata della gestione telefonica per organizzare gli alloggi degli invitati, la prenotazione della struttura, del catering e tutte le altre cose utili ad un matrimonio mentre Normani avrebbe avuto la parte pratica, la direzione dell'allestimento, la preparazione della sala e l'organizzazione delle varie persone dello staff. Perciò Dinah si era preoccupata di prenotare ben undici camere – che fossero le migliori, secondo richiesta di Lauren – al Miami Empire Hotel per poter ospitare ogni singolo invitato che, a quest'ora, pensò, sarebbero già dovuti essere lì. Telefonò alla reception, una volta atterrata con Camila, per controllare la situazione e l'addetto le aveva comunicato che fosse tutto in regola e che quasi tutti gli ospiti erano arrivati, all'appello mancavano solo lei e la cubana che avrebbero raggiunto la struttura in una trentina di minuti ed Ally che era con Lauren ma che, a dirla tutta, Dinah non aveva la minima idea di dove fossero.

''DJ, tutt'okay?'' chiese Camila notando una lieve preoccupazione nei tratti dell'amica che immediatamente sollevò lo sguardo dal cellulare regalandole un sorriso rassicurante.

''Sì, Mila, è tutt'okay... sto controllando le ultime cose, sai com'è, il duro lavoro da organizzatrice'' disse strappando una risatina alla più piccola che parve rassicurarsi e tornò con lo sguardo sulla strada, appoggiando la sua testa al finestrino oscurato del taxi.

Da Allysus – a DJ:

Siamo letteralmente imbottigliate nel traffico, Lauren sta iniziando ad avere ansia ma credo proprio sia normale! Per il resto è  tutt'okay, calcola un'oretta e dovremmo essere a casa Jauregui, è venuto Chris a prenderci

Da DJ – ad Allysus:

Sia lodato Dio, sembra quasi che l'imprevisto sia dietro l'angolo... quando siete a casa fammi sapere, ricordatevi che alle 17 saranno tutti in spiaggia per la celebrazione del matrimonio. Ally, NON. FATE. TARDI.

Dinah ripose il cellulare, dopo esser riuscita a rintracciare la biondina che viaggiava in compagnia dell'altra sposa. Era così felice che quel giorno fosse finalmente arrivato, era così felice per le sue amiche che finalmente erano riuscite ad amarsi, a viversi, quella volta per sempre. D'altro canto le spose erano entrambe in preda all'ansia, non si vedevano da due giorni: a Lauren sembrava una pena infernale mentre a Camila una tortura dantesca. La donna dagli occhi verdi non vedeva l'ora di poter prendere l'amore della sua vita tra le sue braccia ed andare via, fosse stato per lei avrebbe anche evitato tutta la cerimonia perché l'unica cosa che desiderava dopo tutto quel calvario infinito, era stare tra le sue braccia e stringerla tra le sue, ma per Camila avrebbe fatto qualsiasi cosa perciò aveva acconsentito a posticipare di qualche ora la loro fuga per l'Europa e lasciar vivere alla più piccola il suo sogno principesco di un matrimonio da favola. La cubana fremeva dall'entusiasmo, non riusciva a contenere il mix di emozioni che stava provando, per lei era una conquista tutto quel che stava accadendo: sposare l'unico vero amore della sua vita, ribellarsi alla madre ed essere, finalmente, completamente libera. Certo, un pizzico di dispiacere lo provava, non era una cosa così usuale non avere la propria madre al proprio matrimonio ma a Camila non importava, ci sarebbe stato suo padre – l'unico uomo della sua vita, come le piaceva chiamarlo – ,Dom ed anche Sofi ed infondo le andava bene così, anzi, era felice che fosse così. Il suono del suo cellulare le fece spostare lo sguardo dagli alberi di passaggio sulla strada al dispositivo che aveva sotto la coscia, lo prese e sorrise immediatamente leggendo il messaggio sul blocco schermo.

Da John – a Mila:

Hey Mila, quanto sei elettrizzata da 1 a 1000? So bene che è oltre il milione, ammetto che lo sono anch'io! Sono qui a Miami, update: ho ritirato le fedi! Ho già sentito Lauren e ci siamo aggiornati sulle ultime cose quindi non preoccuparti, sarà tutto perfetto. Ci vediamo alla cerimonia, mi raccomando... respira!

Da Mila – a John:

Incredibile come tu senta la mia fidanzata più di me, sono gelosa!

Scherzi a parte, credo di non averlo ancora detto ma sono felice che sia tu il suo testimone insieme a Chris... mi sembra quasi di vivere in uno di quegli assurdi film d'amore che mi piacciono da impazzire. Btw, ci vediamo lì, xx.

Rispose ai messaggi del suo ex-fidanzato-testimone della sua fidanzata, sorrise al surrealismo di quella situazione con tutta la felicità del mondo che la pervadeva. Pareva quasi esserci un lieto fine, pensò. Il taxi finalmente si fermò davanti all'imperioso Hotel, lei e Dinah scesero e subito un facchino provvide a prendere i loro bagagli caricandoli su un carrellino con le rotelle. Entrarono nell'edificio facendo il check-in alla reception dove l'impiegato le fece gli auguri prima di chiamare un altro facchino che le accompagnò verso la penthouse che sarebbe stata la camera di Camila e la polinesiana per quelle ore, si fiondarono immediatamente all'interno e Dinah controllò l'orario accorgendosi che fosse relativamente tardi.

''Dobbiamo sbrigarci, Mila, sono quasi le tre e a breve verrà l'equipe per il trucco ed i capelli'' disse alla cubana, dopo aver controllato che gli abiti fossero già stati appesi alle grucce nel guardaroba. Camila accordò e prese rapidamente l'intimo abbinato e l'accappatoio per dirigersi in doccia, nel frattempo Dinah parlò con Normani che l'aggiornò sulla situazione alla location dicendole che era tutto pronto e di essere in taxi verso l'hotel così da prepararsi. Dall'altra parte di Miami invece, Ally e Lauren erano ancora in auto e l'umore non era dei migliori, infatti il fratello della sposa era letteralmente fuori dal finestrino a sbraitare contro gli automobilisti perché erano in estremo ritardo. Clara aveva telefonato già due volte, chiedendo la loro posizione, siccome l'equipe era già arrivata a casa Jauregui e stavano tutti aspettando la donna dagli occhi verdi che sedeva ancora accanto al fratello, incazzata nera.

''Cazzo! Cazzo! Cazzo!'' sbottò ringhiando.

''Hey, stai tranquilla... ce la facciamo a fare tutto, non preoccuparti'' la voce dolce di Ally le fece prendere un sospiro sonoro ma parve essere riuscita a tranquillizzarla per davvero siccome si limitò ad annuire tornando a girovagare sul suo Instagram. Finalmente dopo un'altra ventina di minuti i fratelli Jauregui ed Allyson arrivarono a casa, Lauren si fiondò all'interno salutando i genitori e la non-piu'-piccola Taylor per poi correre in salone dove l'aspettava lo staff dell'equipe.

''Scusate il ritardo, davvero... il traffico di Miami è forse peggio di quello di New York'' disse con una risatina frustrata.

''Non ti preoccupare, Lauren... datti una sistemata veloce, iniziamo con Ally nel frattempo'' rispose gentilmente la truccatrice che già aveva offerto i suoi servizi a sua madre e sua sorella nel frattempo che arrivasse. Comunque, annuì e salì immediatamente le scale per andare in camera sua a lavarsi. Coperta soltanto da una vestaglia di raso bianco, Camila aveva appena finito il trucco ed ora la bravissima Joana era pronta per maneggiare la sua chioma ribelle, nella speranza di domarla. Dinah invece era in camera di Normani, due porte dopo quella della cubana, ad aggiornarsi con lei mentre la truccatrice concludeva il tratto di eyeliner sui suoi occhi color cioccolato. Il corridoio della penthouse era un via vai di gente, tutti i parenti, specialmente le zie, di Camila andavano a sbirciare la sposa con la scusa dei saluti e degli auguri, stessa cosa per il salone di casa Jauregui in cui ogni cinque minuti entrava qualcuno a salutare Lauren. Anche i suoi parenti erano stati sistemati in hotel ma la corvina conosceva bene la sua famiglia, del resto erano pur sempre latini! Esattamente due ore dopo, tutti erano pronti. Entrambe le spose erano sull'uscio delle rispettive porte e qualcuno giurerebbe che, sincronizzate come al solito, le avessero chiuse in contemporanea. Camila, accompagnata da Dinah e Normani, entrò nell'enorme ascensore che poco dopo si aprì sulla hall dell'hotel da cui le tre amiche uscirono, ad attenderle vi erano due auto completamente nere. Da una scese Alfred che aprì la portiera posteriore per Normani e Dinah, offrendo loro una mano per salire. Dall'altra, Alejandro che con una mossa un po' impacciata ed un po' commossa si strinse il papillon prima di andare verso la sua amata figlia, porgendole la mano.

''Mija, sei bellissima... questa volta sì ch'è tutto al posto giusto'' disse piangendo, Camila aveva gli occhi lucidi e Dio solo sa cosa la trattenne dal piangere ininterrottamente. Quelle parole avevano un significato per lei, sapeva benissimo a cosa si riferisse suo padre.

''Te quiero mucho, papi'' rispose la cubana dando un bacio sulla guancia dell'uomo che le prese la mano accompagnandola allo sportello che aprì per farla salire.

Ally, Taylor, Clara e Chris avevano già lasciato l'abitazione da qualche minuto quando Michael richiamò per la seconda volta la figlia dicendole che se non si fosse data una mossa avrebbero fatto estremamente tardi. Lauren scese lentamente le scale, nella speranza di riuscir a non cadere da quei trampoli che aveva al piede incastrandosi nel vestito. Mike, guardando sua figlia vestita di bianco, scoppiò a piangere causando un magone in gola alla corvina che si espresse con un grosso sorriso.

''Vamos papi, non piangere!'' disse scherzando all'uomo brizzolato che le porse immediatamente la mano mentre con il fazzolettino che aveva nel taschino si asciugò le lacrime.

''Te quiero mucho, mija'' rispose dandole un bacio sulla guancia che la corvina sperò non finisse mai.

''...non ti prometterò di amarti per sempre, ma posso prometterti che amarti sarà l'ultima cosa che farò, finchè i miei polmoni respireranno, finchè il mio cuore batterà. Ti prometto, Camila, che sarai per me quel che il sole è per la luna, quel che l'acqua è per il fuoco: il mio esatto equilibrio. Non lascerò nemmeno un solo altro minuto scapparmi dalle mani, insieme a te. Perché io non voglio vivere una vita dove tu non ci sei, non voglio un amore che non sia tu e non voglio una donna che non abbia il tuo viso, il tuo profumo, il tuo nome: Camila. Ieri, oggi e domani. Ti ho amato, ti amo e ti amerò, fino al mio ultimo sole.'' la corvina terminò la sua promessa che venne subito dopo quella della cubana. I presenti erano in un fiume di lacrime, le due spose comprese. Dinah era sull'orlo dei singhiozzi mentre Normani ed Ally si tamponavano le lacrime con un fazzoletto. Chris e John si paccheggiavano a vicenda sulle spalle, incoraggiandosi a rimanere composti.

''...fino alla mia ultima luna.'' sussurrò Camila, appoggiando la sua fronte a quella di Lauren prima di guardarsi e sorridersi tra le lacrime.

''Grazie di avermi ridotto una fontana, carissime spose...'' disse il giudice di pace schiarendosi la voce mentre si asciugava il viso, tutti gli invitati ridacchiarono e le spose si girarono verso di lui sorridendo, pronte per terminare la funzione.

''Bene, ci siamo ricomposti tutti...'' continuò provocando altre risatine e poi tornò serio.

''Vuoi tu, Lauren Michelle Jauregui, prendere come tua sposa la qui presente Karla Camila Cabello?'' chiese indicando la cubana con un gesto, Lauren prese la fedina in oro dal cuscinetto porto da John che le sorrise ancora lacrimando.

''Cazzo, se lo voglio!'' rispose ma prima che potesse fare qualsiasi altra cosa la voce di Clara si fece sentire.

''Lauren Michelle Jauregui!'' la riprese la madre, la corvina le sorrise.

''Sì, lo voglio'' si corresse guardando Camila dritto negli occhi che mise la mano sulla sua, Lauren le infilò la fede posandole un bacio sul dito del cuore.

''Vuoi tu, Karla Camila Cabello, prendere come tua sposa la qui presente Lauren Michelle Jauregui?'' chiese di nuovo l'uomo, indicando questa volta la corvina. Camila prese la fede dallo stesso cuscinetto che le porse Dinah con un sorriso commosso.

''Lo voglio'' rispose guardando i suoi bellissimi smeraldi, gli unici occhi che avesse mai amato. Infilò l'anello all'anulare di Lauren e, come lei, lo baciò.

''...ora potete finalmente sigillare il vostro amore!'' furono le ultime parole del giudice di pace, immediatamente seguite da un grande applauso. Lauren prese le guance di Camila attirandola vigorosamente a sé fino a far collidere le loro labbra, gli invitati continuarono ad applaudire e schiamazzare e le labbra della corvina si incresparono in un lieve sorriso su quelle della cubana. Era esattamente così che doveva andare, pensò Camila camminando la navata con la mano in quella di Lauren mentre tutti lanciavano dei petali di rosa. Era proprio il loro lieto fine, pensò Lauren stringendo la mano di Camila mentre tutt'intorno c'erano urla, felicità, amore. Era quella la vita che volevano, pensarono entrambe mentre si stringevano le mani. Il destino, il tempismo, il caso erano stati dalla loro parte, alla fine il sole aveva ritrovato la sua luna ed il mondo era finalmente pronto a vivere una bellissima, eterna ed infinita eclissi.

THE END.




N.A
readers cari, finalmente siamo alla vera fine di questa storia.
spero di avervi tenuto col fiato sospeso, durante questo lungo percorso, di avervi emozionato ed anche un po' fatt* intrigare, ma soprattutto spero di avervi tenuto compagnia e di aver reso giustizia con questo gran finale.
stiate bene, magari vi ritroverò come lettori di qualche altra storia, mai dire mai!
thank u all, bless u all, love u all.
<3

p.s sul profilo trovate già da ora una nuova storia!

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