Remember

Od JediKnight01

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"Se hai smarrito la strada, segui la nostra costellazione segreta: il Lupo Bianco non ti lascerà mai sola e g... Viac

PROLOGO
1. SORRIDI E ANNUISCI
2. L'INDIANA JONES DEI POVERI
3. INCONTRO CON HARRY WEASLEY
4. CRUDELIA DE MON
5. CLAN HALLANDER
6. KLAUS
7. DOMANDE SENZA RISPOSTA
8. PROMESSE INFRANTE E MANTENUTE
9. LA LISTA
10. LA NONNA CON IL FUCILE
11. LA FOTO
12. BAKER STREET
13. CASA DOLCE CASA
14. SO COSA HAI FATTO
15. SMETTILA DI PROTEGGERMI
16. NON TI CAPISCO
17. ELIZABETH
18. RAGAZZO SPEZZATO
19. POSSO SOLO FERIRTI
20. SOSPETTI
21. LA FAVOLA PT.1
21. LA FAVOLA PT.2
22. UN BEL SOGNO
23. BALLO AL BUIO
24. M.W.
25. IL NUMERO
26. IL LUPO BIANCO
27. GLADYS TURNER
28. PUNTO DI ROTTURA
29. IL NEMICO
30. IL FIORE DI KADUPUL
31. IL PASSATO
32. L'ANGELO NERO
33. IL BRACCIALETTO
34. LA LEGGENDA DI CÉLINE DUBOIS
35. LA VOCE
36. L'AQUILA
37. CUORI SPEZZATI
38. WALKER AGENCY
39. BUONI E CATTIVI
40. LE BUGIE FANNO MALE
41. SUI PROPRI PASSI
42. AMORE FRATERNO
43. QUELLO CHE CERCHI È VICINO
44. L'UOMO BUONO PT.1
44. L'UOMO BUONO PT.2
45. FRATELLI
46. STORM PT.1
46. STORM PT.2
47. QUESTIONI DI FAMIGLIA
48. CUGINETTO
49. ZIO MATT
50. LA STELLA POLARE
HALLANDER
51. PER UCCIDERE IL TUO DEMONE
52. ELAINE
53. IL BRANCO PT.1
53. IL BRANCO PT.2
54. SE NON È AMORE...
55. MASCOLINITÀ TOSSICA
56. L'ARTICOLO
57. LA NOTTE DEL FALÒ PT.1
57. LA NOTTE DEL FALÒ PT. 2
58. CODICE UMBRIDGE
59. SOLO PER STANOTTE
60. LUX IN TENEBRIS ES
61. L'UOMO CATTIVO PT.1
61. L'UOMO CATTIVO PT.2
62. CASA BLACKWOOD
63. WAYLATT
64. VERITÀ NON DETTE
65. INCIDENTI PT.1
65. INCIDENTI PT.2
66. CICATRICI
67. DÉJÀ VU
68. SPIEGAZIONI
69. I DON'T THINK I CAN SAVE YOU
70. MADRE
71. COME LE ALI DI UN ANGELO
72. SEMPRE E COMUNQUE
73. RICORDARE: AMICI
74. RICORDARE: MATRIMONIO
75. RICORDARE: PUREZZA
76. GENITORI
77. I PECCATI DEI PADRI PT.1
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

77. I PECCATI DEI PADRI PT.2

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Od JediKnight01

Jason mi acciuffa prima che possa raggiungerlo, stringendomi la spalla così forte da farmi male. «Alt, ragazzina! Per quanto io sia uno strenuo sostenitore dell'amore, vorrei evitare scenette strappalacrime».

«Fanculo!» grido, dibattendomi nella sua morsa. «Se gli avete fatto...»

«Keeley» sibila Klaus. Solleva la testa, che prima gli ciondolava inerme sul petto, e mi fissa con un'espressione che passa in fretta dallo stordimento alla preoccupazione. «Keeley, stai bene?»

Mi viene quasi da ridere. È lui quello legato a una sedia, con un livido scuro sullo zigomo e il labbro tagliato, eppure il suo primo pensiero è che possano aver ferito me. «Oh sì. Anche tu in vacanza qui, biondino?»

«Non scherzare, Kee...»

«Niente chiacchiere» taglia corto Jason. «Ognuno di voi si metta in un cerchio».

«Jason, tutto questo è una follia». Ian divarica le braccia. «La colpa è mia. I miei figli, Klaus, Keeley... loro non ti hanno fatto nulla. Lasciali andare e prenditela con me».

Mio padre emette un verso sarcastico. «Grazie tante per avermi incluso».

«Ripeto: niente chiacchiere».

Appena ci siamo posizionati, Gregor toglie le manette a me e a papà mentre Lucas estrae una Colt e la consegna al loro capo. Con una rotazione del polso Jason scopre il tamburo dell'arma, che esce di lato, inserisce un proiettile in una delle camere vuote e lo fa ruotare.

Si gira verso di noi. «Le regole della roulette russa sono facili facili: io faccio le domande e voi rispondete, io vi dico cosa fare e voi eseguite. Se disobbedite, o dovessi avere anche il minimo sentore di una bugia...» Punta la rivoltella alla tempia di Klaus, che trasalisce. «Beh, vedremo quanta fortuna rimane al bastardo. Qualche dubbio?»

«Soltanto sulla tua sanità mentale» sibilo sprezzante.

Klaus si raddrizza sullo scranno, per quanto le corde glielo rendano possibile. «Ric è il mio migliore amico. Cosa credi che penserebbe di te, se sapesse che razza di persona sei?»

«Non lo saprà, e comunque non ha importanza. Non ho mai voluto un figlio, tantomeno con una donna».

«Mi dispiace, va bene?» interviene Ian disperato. «Ho chiuso la nostra amicizia perché ero convinto che fosse la cosa migliore anche per te. Io non ti avrei mai ricambiato...»

«Non ci arrivi proprio, eh?» Jason si gratta la mascella con la canna del revolver. «Non sono incazzato per la nostra amicizia, mica ho cinque anni. È stato il tuo fottuto opportunismo a darmi davvero fastidio».

«Cosa?»

«Quando quest'estate sei venuto a sapere del nascondiglio a Clayton della piccola Storm, chi hai supplicato di andare per trovare Maxwell e il registratore? Gladys? Alizée? No. Dopo avermi ignorato per anni, hai avuto il coraggio di venire da me» dice in tono gelido. «Loro, le donne che hai amato tanto, avrebbero mai fatto quello che io ho fatto per te?»

«Non ti ho mai chiesto di fare del male a Céline».

«Però ti ha fatto comodo. Inoltre, farmi la predica per aver ucciso Céline o Gladys sarebbe stato ipocrita da parte tua, considerato il ruolo che hai avuto nella morte di Elaine».

«È stato un incidente» balbetta Ian.

Klaus increspa le sopracciglia, ma resta a osservarmi in silenzio. Non ha distolto lo sguardo dal mio nemmeno per un istante e ciò ha contribuito ad allentare un po' la morsa di panico che mi serra il petto. Vorrei soltanto poter correre da lui e baciarlo, ma Gregor e Lucas sono piazzati ai lati della sala e sembrano non aspettare altro che un nostro passo falso.

«Possiamo saltare il dramma amoroso?» Mio padre rivolge a Ian una smorfia disgustata. «Per quanto mi riguarda, puoi ammazzarlo come preferisci. Anzi, mi risparmi la fatica di farlo. Ma non ti azzardare a posare un dito su mia figlia... e sul ragazzo, certo».

«Non ho cattive intenzioni verso tua figlia, non più. L'incolumità del ragazzo invece dipende da voi». Con un ghigno, Jason prende dalla tasca il coltellino blu e prosegue: «È proprio il tuo turno, Maxwell. Ti ricordi di quel giorno nel bosco vicino al vecchio circo, quando ti ho quasi catturato e tu mi hai conficcato questo in una gamba?»

«Sì, e ricordo anche che hai provato a spararmi. Se vuoi delle scuse, le tue dovranno essere migliori delle mie».

«Non mi interessano le scuse» sghignazza, per poi lanciare il coltellino ai piedi di mio padre. «Hai presente la legge del taglione, no? Occhio per occhio, dente per dente... pugnalata per pugnalata».

«Stai scherzando?» urlo incredula.

«E se mi rifiutassi?»

Jason punta la rivoltella su Klaus e preme il grilletto senza il minimo indugio. Il mio cuore manca un battito.

Un clic riecheggia nel silenzio e il sangue torna a fluire caldo nel mio corpo. Klaus rilascia un respiro profondo, le sue iridi ancora ostinatamente incatenate alle mie.

«Wow! Con la sfiga che hai avuto nella tua vita, bastardo, non me l'aspettavo... magari riesci addirittura a raddoppiare».

«Fermo! Okay! Lo faccio!» Mio padre si china, raccoglie il coltellino da terra e sospira. «Mi dovrai parecchi favori, caro genero» mugugna, e si conficca la lama nel ginocchio con un unico gesto deciso.

Sobbalzo, reprimendo l'istinto di girarmi dall'altra parte. Fiotti di sangue scuro cominciano a sgorgare dalla ferita mentre mio padre estrae il coltellino con una serie di gemiti e imprecazioni. Si toglie la giacca da cameriere e la avvolge a mo' di fasciatura per fermare l'emorragia.

Jason assiste compiaciuto alla scena. «Perfetto. Ora voglio che tu mi dica dov'è il registratore».

Papà digrigna i denti per il dolore. «Ficcatevelo nella capoccia: io-non-ne-ho-idea».

«LO SO IO!» strillo d'impulso.

L'uomo solleva la Colt a pochi centimetri dalla fronte di Klaus e mi esorta a continuare.

«Nello scrigno di mia madre». Esito, con il respiro affannato e le mani tremanti. «C'è un doppio fondo. Non ci avevo fatto caso quando l'ho aperto, ma sotto era storto. Ne sono sicura, è lì».

«E dove sarebbe questo scrigno?»

Klaus si irrigidisce e scuote il capo. Le sue labbra mimano un messaggio che non riesco a decifrare, ma non ne ho bisogno per capire che cosa lo abbia allarmato. Portarlo al bauletto significa portarlo dritto da Elizabeth e, se dovesse succedere qualcosa a noi, lei rimarrebbe la sola a poter reclamare dei diritti sulla Walker Agency.

«Alla villa».

«Più specifica?»

Esito di nuovo. «Camera mia».

Un altro clic mi strappa un sussulto.

Nessuno sparo.

Klaus deglutisce, una goccia di sudore che gli cola dai capelli fradici fino alla guancia. Percepisco la sua paura come se fosse la mia –e in un certo senso è così–, ma anche sforzandomi non ne scorgo neanche l'ombra nella sua espressione.

Jason schiocca la lingua. «Ci sono stato durante il matrimonio. Vuoi cambiare la tua risposta?»

Apro la bocca, ma Klaus mi interrompe con fermezza: «Keeley, no!»

«Stai zitto. A parti invertite faresti lo stesso».

«Ci sono di mezzo dei bambini, Keeley. Per favore».

La dolcezza di cui è intrisa la sua voce mi provoca un bruciante senso di colpa. So che sta pensando alla sua infanzia, agli abusi che ha subito, a quando era non molto diverso da quelle piccole anime abbandonate che l'agenzia sfrutta e maltratta. E che, a differenza sua, non hanno avuto nessun uomo buono a salvarli.

«Allora?» mi incalza Jason innervosito.

«Baker Street, numero 66. La casa che...»

Clic.

Un'ondata di sollievo mi assale. Le gambe mi cedono e crollo in ginocchio. «In una clinica privata chiamata Saint Mary» mormoro, coprendomi la faccia. Riemergo e scocco un'occhiata dispiaciuta a Klaus, che ormai è diventato pallido come un cadavere.

«Certo. Con tua sorella, presumo». Jason si accorge delle nostre reazioni scioccate e scrolla le spalle. «Era ovvio che avrei scoperto che era viva, semplicemente non sapevo dove la tenesse Alizée».

«Elizabeth è viva?» chiede Ian interdetto.

«Eh già. Ci fosse una volta che la tua adorata moglie ti informa di quello che combina, eh?»

Mio padre si tira su a fatica. «Ti conviene non toccare le mie figlie, altrimenti io ti...»

«Hai detto che non vuoi uccidermi» gli rammento, augurandomi di farlo tacere. Minacciare il tipo grande e grosso che impugna la pistola non mi sembra una mossa geniale.

«E vale anche per tua sorella». Jason fa un cenno e Gregor esce dalla porta secondaria della sala. «Confesso che all'inizio volevo farlo. Dopo averti cercata per sette anni, è comprensibile perdere la pazienza, no? Ma poi mi sono reso conto che voi Storm siete uguali a me: imprigionati nell'orbita distruttiva degli Hallander per amore, o per odio. Sono loro il vero nemico».

«Hai ragione» concorda Ian. «È giusto che la mia famiglia paghi per i suoi errori, ma non i nostri figli. Loro sono innocenti».

«Lo so. Infatti, non ho assolutamente nulla contro questo ragazzino» e dà un buffetto sulla nuca a Klaus, che lo guarda con odio. «Purtroppo, però, i peccati dei padri...»

Il suo scagnozzo ritorna e viene verso di me. Mio padre stringe il coltellino nel pugno, pronto a intervenire, ma l'uomo-gorilla si limita a porgermi dei documenti spiegazzati e una penna.

Quando leggo la scritta nell'intestazione, mi acciglio. «Una rinuncia alla proprietà? Ma sono minorenne!»

«Ho contatti abbastanza influenti da potermi occupare dei cavilli legali. Devi soltanto firmare a nome tuo e, poiché ho fretta e non è presente, di tua sorella».

Non tento neppure di oppormi. Scarabocchio la mia firma nell'apposito spazio, ne improvviso una per Elizabeth e restituisco il tutto a Gregor. Dentro di me sono piuttosto certa che questa sia solo una formalità, una prova da esibire se in futuro qualcuno ficcasse il naso.

Sono un conto in sospeso al pari di quanto lo era Céline, perciò dubito che alla fine di questo gioco malato mi riserverà un destino migliore del suo.

«Tocca a te, Ian». Jason si allontana e si ferma a metà strada tra lui e Klaus. «Non sono un campione in matematica, ma dovrebbero esserci ancora due possibilità su tre di non avere il colpo in canna. Tu hai cinque secondi per decidere se devo sparare a te o al bastardo di tuo fratello».

Ian sbianca di colpo. «Non rischieresti di uccidermi».

«Se ne sei così sicuro, verificalo pure». Jason tende il braccio con la Colt. «Cinque. Quattro. Tre».

Klaus e Ian si scambiano uno sguardo intenso. Ho il presentimento che, dopo sette anni trascorsi a ignorarsi sotto lo stesso tetto, entrambi si stiano vedendo davvero per la prima volta.

«Due. Un...»

«NO!»

Un lampo sorpreso guizza sulla faccia di Jason, che punta l'arma in direzione di Ian. «Non me l'aspettavo, ma le regole sono regole». Posa il dito sul grilletto, esita per un attimo, poi un altro e...

Clic.

Ian si piega di lato e vomita sul pavimento. Anche se Jason cerca di nasconderlo, c'è qualcosa nel modo in cui i suoi muscoli si rilassano che mi suggerisce che non sia troppo scontento del risultato.

«Siamo al round finale. Rendiamolo piccante». Mi indica con la pistola. «Ve la giocate te e il tuo ragazzo».

«Me» «Spara a me» diciamo in coro io e Klaus, per poi fissarci a vicenda.

«Gli innamorati sono così prevedibili» sbadiglia Jason. «Per fortuna, la scelta non è vostra. È di Maxwell».

La scintilla di speranza a cui mi ero aggrappata, ovvero che almeno Klaus potesse uscirne incolume, si spegne. Non ho dubbi che anche mio padre sia consapevole che non ho nessuna possibilità che mi lasci andare, ma sono altrettanto convinta che non si rassegnerà finché respiro.

Pertanto, la sua decisione è scontata... e una vocina nella mia mente continua a mettermi in guardia sul fatto che stavolta il proiettile partirà. Ne ho l'assoluta certezza.

«Papà» lo ammonisco con voce strozzata.

Lui però è concentrato su Klaus, il quale annuisce come per dire "Fai pure, mi va bene morire per lei".

Sento le lacrime che mi rigano il volto, calde e copiose, intanto che Jason comincia il conto alla rovescia.

Cinque, quattro...

No, non lo permetterò.

Tre...

Ficco una mano nella scollatura del vestito e afferro il mini-taser. Tutto sommato, morire insieme al ragazzo che si ama non è un destino così terribile.

Due.

Mi slancio in avanti nel momento stesso in cui scatta l'uno. Gregor e Lucas imbracciano le loro armi. Mio padre mi chiama. Jason si volta.

Ed è allora che scoppia il caos.

Spari e grida si levano da tutte le direzioni, dentro e fuori la villa. Delle figure in divisa nera sfondano le finestre ed entrano nella sala, riempiendo l'aria di schegge di vetro, altre ancora con vestiti normali irrompono dal portone.

Nonostante la pioggia di proiettili che mi esplode sopra la testa, non freno la mia corsa e finisco addosso a Jason con il mini-taser alla massima carica. L'uomo urla e si affloscia sul pavimento, scosso dalle convulsioni.

Recupero la sua rivoltella e mi getto a capofitto verso Klaus, ancora bloccato nel mezzo di quell'inferno. Attorno a me i corpi cadono come pezzi del domino, ma c'è troppa confusione per capire chi sta avendo la meglio tra gli agenti della SWAT e i cattivi. Dei comandi vengono strillati a squarciagola. Un sibilo mi passa vicinissimo all'orecchio e sento del liquido caldo gocciolare sul collo. Inciampo su qualcosa, recuperando però l'equilibrio appena prima di ruzzolare sopra Klaus.

«Keeley, vattene!» grida lui, appiattendosi contro lo schienale.

«Basta istinti suicidi, cazzo!» sbotto in risposta.

Accovacciata al suo fianco, mi metto all'opera per liberarlo. Le funi che lo trattengono sono dannatamente robuste e io non ho niente con cui tagliarle. Mi guardo attorno in cerca di un qualsiasi oggetto affilato, ma nei paraggi ci sono solo cadaveri e armi. D'un tratto rimbombano dei rumori metallici e un fumo denso si diffonde a poco a poco nella sala, facendomi tossire.

In preda alla disperazione totale, prendo a tirare le corde con tutte le mie forze, lanciando imprecazioni che si perdono nel frastuono generale. Klaus si abbassa per farsi il più piccolo possibile e strepita: «Prova con quello! Keeley!»

All'inizio non comprendo, poi seguo la traiettoria del suo indice e vedo un uomo rantolante con un accendino che gli spunta dalla tasca. Striscio da lui, glielo sfilo e torno indietro. Devo fare un paio di tentativi per accendere la fiamma e la avvicino alle corde, ma presto mi rendo conto che il calore sta bruciando più la sua pelle che esse.

«Tutto okay. Continua» geme Klaus, notando la mia agitazione.

«Non funziona. Non so che...»

Qualcuno mi afferra per i capelli, strappandomi un urlo.

Mio padre sbuca zoppicando dalla cortina di fumo e molla un pugno al mio aggressore, rispendendolo nella mischia. Sguaina il coltellino e inizia a sfregarlo sulle funi, con gli occhi fuori dalle orbite che dardeggiano a destra e a sinistra.

Quando ha finito, tira su Klaus dalla sedia con ben poca delicatezza. «Dobbiamo andarcene! Subito!»

«Aspetta! Manca Ian!» protesta lui.

«CHI SE NE FREGA!»

Mio padre ci spinge con veemenza verso la porta secondaria.

Coprendomi il viso con il braccio, comincio a brancolare quasi alla cieca in quel campo a ostacoli di fuoco e morte. Il suono degli spari mi trapana i timpani e c'è una puzza terribile che mi ribalta lo stomaco.

Un agente esanime mi crolla tra le gambe. Lo travolgo e rotolo sul pavimento. Rimango distesa a fissarlo per un istante, paralizzata, e probabilmente non sarei riuscita a riprendermi se una mano famigliare non avesse preso la mia.

Klaus mi aiuta a rimettermi in piedi e sfrecciamo in corridoio, dove lo scenario non è tanto diverso. Con l'adrenalina sparata a mille, sto correndo più veloce di quanto abbia mai fatto in vita mia. Mi sembra di non avvertire neanche la stanchezza.

Lancio un'occhiata alle mie spalle e scopro che mio padre è a parecchi metri di distanza. Avanza a fatica, la giacca attorno al ginocchio imbrattata di sangue.

«Papà!» strillo fermandomi.

«PORTALA VIA, RAGAZZINO!»

Klaus rafforza la presa sulla mia mano e continua a trascinarmi. Vorrei divincolarmi per andare da mio padre, ma è già sparito dalla mia visuale. In ogni angolo della villa regna uno scompiglio totale.

Dopo un tempo incalcolabile passato a zigzagare a caso tra le stanze e i corridoi, sbuchiamo finalmente di fuori. Sta ancora nevicando e degli elicotteri solcano il cielo nero, trapunto di stelle. Senza fermarmi, respiro a pieni polmoni l'aria fredda della notte finché la mia attenzione viene attirata dalla foschia nera che si innalza a grandi volute e rabbrividisco. Il furgone è divorato dalle fiamme.

«TOBY!»

Strattono Klaus per la manica. Intuisce al volo e ci precipitiamo in quella direzione. Il retro è già aperto, avvolto da lingue infuocate, ma non c'è nessuna traccia di Toby. Abbiamo appena il tempo di allontanarci che il furgone esplode, investendoci con un'onda ardente di scintille e cenere.

Una voce ci coglie alla sprovvista. «Ehilà, piccioncini!»

Segue uno sparo. Klaus mi butta sulla neve con il peso del proprio corpo e atterra sopra di me, emettendo un verso sofferente. Sento qualcosa di appiccicoso sulla sua camicia, ma prima che possa controllare Jason lo agguanta per il colletto e lo scaraventa via.

«Niente di personale, Storm» sbraita, puntandomi contro la pistola.

Chiudo gli occhi mentre un altro sparo mi riecheggia nelle orecchie. Resto ad aspettare il colpo, il dolore, la fine... che però non arrivano.

Allora sollevo le palpebre.

Jason si sta contorcendo a terra, una pozza di sangue che dilaga sul manto candido sotto di lui. Il proiettile lo ha trapassato da parte a parte.

Non molto distante, Klaus lascia andare la rivoltella che deve avermi preso nella caduta. Gli faccio un sorriso colmo di gratitudine.

Sorriso che si congela appena mi accorgo che sta barcollando. E poi scivola all'indietro.

Il terrore si impadronisce di me. «Klaus, che hai?»

Arranco verso di lui e gli apro la giacca. Scopro con orrore che la sua camicia bianca si sta lentamente tingendo di rosso nella parte bassa del costato, dove spicca un foro.

«No no no» farnetico, tamponando la ferita. Scuoto più volte la testa per scacciare il pianto che mi offusca la vista. «Tranquillo, okay? Ora chiamo... ora...»

«Sono tranquillo». Klaus rivolge lo sguardo al cielo, con un'espressione così serena che per un istante lo detesto dal profondo del cuore. «C'è il nostro angelo, lassù. Guarda».

«Smettila!» Gli deposito la testa sulle mie ginocchia, continuando a fare pressione sulla ferita. «Non voglio stupidi discorsi d'addio, capito? Provaci e ti ammazzo io stessa!»

Klaus ride. Una risata cristallina che mi scava dentro come un pugnale. «Ti amo anch'io, piccola ficcanaso».

«Abbiamo ancora un sacco di cose da fare, io e te. Devi portarmi a Londra, ad esempio. Devi prepararmi quella colazione a letto, me l'hai promesso» singhiozzo, accarezzandogli i capelli. «Sei un Hallander. E gli Hallander mantengono le promesse, giusto?»

«Giusto. Sono un Hallander» sospira assente.

Mi chino e gli soffio un bacio leggero sulla bocca, sentendo il suo sapore mescolarsi a quello salato delle lacrime. «Scusa se non ti ho detto di tuo padre».

Ma lui mi ignora. «Stavo pensando a una cosa». Le labbra gli si piegano all'insù. «Per chi è nato da una violenza, morire per amore è ancora più poetico».

«Non morirai! Starai bene! Andrà tutto bene! Hai sentito? Andrà tutto bene...»

«Lo so. Ci sei tu con me» mormora, chiudendo gli occhi.

In seguito non avrei ricordato dell'arrivo di Alan. Neanche dell'elicottero su cui siamo stati imbarcati. E nemmeno le ore nella sala d'attesa dell'ospedale. Avrei rimosso addirittura il ricongiungimento con il resto della famiglia Hallander, Toby compreso. Avrei cancellato i pianti, gli abbracci, le domande.

Avrei dimenticato tutto.

Tranne i miei ultimi momenti con Klaus.

Quelli no.

Non avrei scordato del modo in cui stava accoccolato tra le mie braccia, del cielo stellato sopra di noi o della nostra costellazione segreta che brillava più vivida che mai, malgrado il mio angelo nero si stesse spegnendo.

No, quei ricordi mi sarebbero rimasti impressi nella memoria. Come le storie che i nonni raccontano ai nipoti o le favole che si tramandano di generazione in generazione.

Per sempre. Perché facevano semplicemente parte di me.

Perché erano da ricordare.

Pokračovať v čítaní

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