27. GLADYS TURNER

1K 95 552
                                    

«Ma tu ti masturbi?»

Trenta minuti possono diventare incredibilmente lunghi, se trascorsi in mezzo a corpi sudati e puzzolenti, con l'ansia trepidante che riempie ogni fibra del tuo essere.
Soprattutto se, al nervosismo, si aggiunge una fastidiosa emozione dovuta alla consapevolezza di essere premuta contro un fisico snello che trema leggermente.
E così l'istinto mi induce a fare la cosa più ovvia per la mia natura: parlare a vanvera.

Klaus mi scocca un'occhiataccia e deglutisce. «Non mi avevi ordinato di stare zitto?»

«Ti ho anche ordinato di non seguirmi, ma... ehi, eccoti qua!»

Una svolta improvvisa del bus mi sospinge in avanti, il seno che struscia sul suo petto e il viso così vicino al suo che i nostri nasi si sfiorano per un secondo. Il tocco del suo respiro sulle mie guance mi suscita un piacevole formicolio lungo la schiena.

«Credo che tu te la stia godendo un po' troppo» borbotta irrequieto, cercando di ritrarsi.

La sua impresa, tuttavia, è resa difficile dalla coppia di anziani seduta sui sedili alle sue spalle, entrambi intenti ad arrabattarsi con i loro smartphone a conchiglia.

Con un gesto casuale, le mie dita gli accarezzano la pancia, sentendo i muscoli del torace contrarsi e anche... qualcos'altro. «Tesoro, non sono io che ho il pistolotto che sembra un palo».

La sua smorfia imbronciata mi strappa la prima risata vera di questa giornata, che lo fa sorridere a sua volta.

«Che c'è?» chiedo stranita, cogliendo il suo sguardo fisso su di me.

«È un bellissimo suono».

Il mio cuore manca un battito, prendendosi il tempo di fare una capriola, prima di tornare a tuonare nel mio petto, invaso da un calore bruciante.
Una fiamma vivida e intensa che, temporaneamente, debella l'ombra opprimente di una verità che ho paura di scoprire.

Faccio un ghigno sarcastico e lo scimmiotto: «Quando la smetterai di flirtare con me?»

«Il tuo accento inglese è orrendo» ridacchia Klaus.

Quando le porte si aprono, un lampo di speranza guizza nei suoi occhi grigi, ma svanisce appena si accorge che non mi sono ancora mossa.

Una. Manca solo una maledetta fermata.

«Mi dici dove stiamo andando, comunque?» obietta con un sospiro tiepido che mi investe il volto.

«Non fa parte del nostro accordo». Scuoto la testa, risoluta. «Ma quindi ti masturbi o no?»

«E smettila».

Il vecchietto sul sedile abbassa lo schermo a conchiglia e ammicca in direzione di Klaus. «Tranquillo, ragazzo. Io lo faccio ancora».

La signora al suo fianco, che deduco essere sua moglie, gli dedica un'espressione sconvolta, stringendogli un braccio. «Caro!»

«I giovani d'oggi, eh?» le dico in tono rassegnato.

Per i successivi dieci minuti, aiuto il vecchietto a completare il cruciverba che sta facendo sul telefono.
Non sono molto portata per i giochi di logica, infatti riesco ad indovinare soltanto una parola, la cui definizione era "Suonare la tromba"... anche se io ne avrei usata un'altra.

Poi, finalmente, il bus si ferma con uno sbuffo nella rumorosa Little Avenue, un ampio viale punteggiato di centri commerciali e grandi empori che esplode in una routine frenetica fin dalle prime luci dell'alba.
In fondo, come una sorella cattiva ripudiata ai margini della periferia brulicante di fabbriche, si dispiega Baker Street, ritirata nella sua pace selvaggia carica di oscure promesse.
La mia destinazione però è un'altra.

RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora