54. SE NON È AMORE...

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Klaus è rannicchiato a terra, con le ginocchia portate al petto e la schiena premuta contro il bordo della panchina. Le prime ombre della sera scuriscono l'argento dei suoi occhi, ma i bagliori rossastri del sole morente gli illuminano il viso pallido, svelandomi lo sguardo più strano che abbia mai visto. Un misto di sorpresa, sollievo e paura, come se il mio arrivo sia al tempo stesso la cosa più bella e più terribile che potesse succedergli.

So che è stupido, e forse anche sbagliato, eppure il mio primo pensiero è quanto sia incredibilmente attraente. La dolcezza con cui il venticello gli si insinua tra i capelli arruffati mi fa bruciare dalla voglia di passare le dita tra le sue ciocche color miele e la camicia scura che gli fascia il fisico snello risveglia il ricordo dei suoi fianchi sottili premuti ai miei.

Ma che cavolo mi prende?!

«Sai, ficcanaso, io e te dovremo discutere di questa cosa del dare ordini» sbuffa Klaus, alzandosi.

Aggrotto la fronte, cogliendo il tremito nella sua voce. Anche se cerca di apparire indifferente, ha i muscoli delle spalle in tensione e la postura rigida di chi è pronto a difendersi. Non capisco se sono io a innervosirlo così tanto, o magari c'entra la presunta conversazione con Alaric...

«Per me va alla grande». Lo indico con il mento. «Sei qui, no?»

«Sono serio».

Per la prima volta, ho l'impressione che sia davvero infastidito, malgrado ormai dovrebbe essere abituato al nostro gioco di punzecchiamenti. Sollevo le mani in segno di resa. «Sto scherzando, biondino. Che ne è del tuo british humor

Senza rispondere, Klaus si sfiora il bottone slacciato della camicia con un'espressione assorta. Poi scuote il capo, afferra il telefono abbandonato sulla panchina e lo ficca in tasca.

«Chi ti ha chiamato prima?» chiedo sospettosa. «E non dirmi il ragazzo gelloso».

Lui emette un sospiro pesante, evitando di guardare nella mia direzione. «Nessuno di importante».

«Per questo hai la faccia di uno che ha appena litigato con un Dissennatore

Quando incrocia le braccia sul petto in un gesto esasperato, la pietra d'onice incastonata sul suo anello scintilla. Ci sta giocherellando; un segno che ormai conosco e che significa che è agitato. «Cosa vuoi, Keeley?»

Spalanco la bocca, sbalordita. «Cosa vo... davvero? Ma hai battuto la testa, di recente?» Faccio una risata sarcastica. «Okay, ti do un indizio: piscina».

«Ah». Klaus sposta il peso da una gamba all'altra, continuando a studiare con snervante interesse l'altalena che oscilla lieve, avanti e indietro. «Beh, allora non c'è molto di cui parlare, no? È successo, ed è stato...» Prende a smuovere l'erba con la punta di una scarpa. «Lo sappiamo entrambi cos'è stato».

«Sì, un errore» completo in tono brusco.

Le mie parole gli strappano un sussulto, forse di sorpresa, e finalmente torna a guardarmi. Il suo viso è una maschera indecifrabile che non lascia trapelare nessuna emozione. «Infatti. Tra di noi non potrebbe mai funzionare».

Una stretta al cuore mi toglie il respiro per un attimo. Ha ragione, certo, ma avevo sperato almeno in una spiegazione. No, anzi, io la pretendo! «Allora perché diavolo mi hai baciata? Colpa degli effluvi del cloro?» sbotto frustrata.

«Non è né il momento né il luogo. Andiamo dagli altri».

Klaus si gira e si incammina lungo il sentiero di ghiaia che si snoda nel parco. Osservo la sua figura slanciata stagliarsi contro la distesa violacea del cielo, trafitta da nuvole purpuree simili a ferite sanguinanti.
Man mano che la notte avanza e il buio si infittisce, i suoi capelli biondi risplendono come una magnifica corona di oro e argento. Se non fossero piuttosto corti, sarebbero ondulati e folti, identici alla criniera di un leone; ironico, visto che è lo stemma degli Hallander.

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