EPILOGO

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Un mese dopo

Natale di sangue.

Così i media hanno platealmente definito quella notte che aveva sconvolto la tranquillità di Sunset Hills. Ma solo poche persone, tra cui io, vennero a conoscenza dell'autentico svolgimento degli eventi.

Quando si era infiltrato nell'ufficio di Alizée, Alan aveva trovato nel suo PC le informazioni che la donna stava raccogliendo a proposito di Jason e soprattutto della Walker Agency. Da sole non costituivano delle prove decisive, ma sommate a quelle che negli anni aveva racimolato erano quantomeno sufficienti a mobilitare l'FBI. Così aveva fatto una copia di tutti i dati e li aveva inviati a un suo collega di fiducia, ma sarebbe servita almeno un'ora prima che venissero analizzati.

Mentre tornava alla villa, era stato informato della nostra scomparsa e si era imbattuto in Klaus, così aveva deciso di avvisarlo della situazione per evitare che si mettesse nei guai. Ed entrambi erano stati catturati dagli uomini di Jason.

"Non sapevamo della presenza di civili" si era difeso il capitano della SWAT, di fronte alla polemica che si era scatenata per come era stata gestita l'operazione.

In altre parole: effetti collaterali.

«Ehm, Keeley» sussurra una voce timida. «Ti stanno aspettando di sotto».

Metto via il blocco da disegno e lancio un'occhiata a Simon, fermo sulla soglia con un nuovo paio di occhiali sul naso. Mi alzo dal letto, afferro la valigia e lo raggiungo.

«Sei sicura di non voler prendere nulla?»

Mi volto per guardare la camera di Klaus un'ultima volta. Il pianoforte, la chitarra, i libri, la collezione di musica classica... In queste settimane ho preferito dormire qui, ma sono stata attenta a non spostare neanche un singolo oggetto. «No. È tutto così in ordine che sarebbe un peccato».

Usciamo in corridoio. Simon insiste per portarmi la valigia e non mi oppongo, ringraziandolo con un mezzo sorriso. Sono contenta che abbia accettato di rimanere mio amico senza che ciò creasse nessun imbarazzo tra di noi, soprattutto considerato quanto si stanno avvicinando lui e mia sorella.

«Se le cose andranno un po' meglio qui, forse verrò a trovarvi quest'estate» commenta con una scrollata di spalle. «New Orleans sembra carina».

«Ci sarà anche Jonas, quindi stai attento a non infilarti nella stanza di Liz per sbaglio».

«Tranquilla, sono già abbastanza terrorizzato da vostro padre».

Mentre scendiamo le scale, torno a chiudermi nel silenzio come ormai mi succede di continuo. La mia mente si estrania dalla realtà e comincia a vagare in un viaggio che non ha una meta né un percorso, soltanto un punto fisso di cui stento ancora a pronunciare il nome.

Non c'è pensiero che non sia intriso della sua essenza, non c'è odore che non mi ricordi il suo profumo, non c'è voce che non richiami l'eco del suo accento inglese. Lo sento ovunque, poi però mi sveglio e mi rendo conto che non è nel solo posto in cui lo vorrei.

Accanto a me.

Gli altri fratelli Hallander sono in soggiorno. Eileen è stesa sul divano con la testa posata sulle ginocchia di Jonas e, a giudicare dagli occhi arrossati, deve aver pianto di recente. Sulla poltrona davanti al camino, Kal sta accarezzando la gatta grigia con lo sguardo assente puntato sul fuoco scoppiettante.

Toby è seduto al tavolo, occupato ad attaccare le figurine nel suo nuovo album di Harry Potter, ma mi sprofonda il cuore nel notare il broncio serio sul suo visino. È un mese che ha perso entusiasmo per qualsiasi cosa.

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