68. SPIEGAZIONI

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«Alohomora».

Speranzosa, rimango in attesa per qualche secondo con il fiato sospeso mentre abbasso la vecchia bacchetta rovinata che, quando ero piccola, io e mio padre avevamo ricavato da un rametto di sambuco. Per cause di forza maggiore, eravamo sprovvisti di crine di thestral o corde di cuore di drago per il nucleo; di conseguenza, e non perché non ho poteri magici, ovviamente non succede nulla.

«Ci hanno vietato di entrare» commenta una voce profonda.

Lancio un'occhiata a Liam, che mi sta scrutando tenendo il fianco appoggiato al muro del piccolo disimpegno. «Io che faccio cose che non dovrei fare è il riassunto della mia vita».

Mi volto di nuovo e, in un ultimo disperato tentativo, provo a sfondarla con un calcio. Solo troppo tardi mi ricordo di non essere una ninja, quindi mi ritrovo a saltellare su un piede solo mentre stringo l'altro tra le mani, ululando per il dolore all'alluce.

Quando mi rendo conto che Liam mi sta fissando con la fronte aggrottata, mi blocco. «Scusa, mica siamo tutti degli omaccioni di novanta chili». E gli faccio la linguaccia.

Lui rilascia un respiro esasperato, si gira e ritorna nella cucina adiacente al corridoio. Dopo aver fatto il dito medio alla porta, lo seguo; passando davanti al frigo, mi fermo a osservare le calamite a forma di lettere colorate che compongono la frase "Sorridi e annuisci, Barbapapà". Sotto, è attaccata una foto che ritrae mio padre imbronciato con la faccia tutta coperta di glassa rosa, accanto a una me di otto anni che si sbellica dalle risate e ai resti sfatti della torta che gli ho appena lanciato.

«Preparo del caffè» dice Liam, maneggiando con la macchinetta sul bancone. A ogni movimento, la camicia si tende sui muscoli ben definiti delle braccia. «Ne vuoi?»

«Il bourbon è meglio». Getto in disparte la bacchetta, recupero un bicchiere impolverato dal mobile e lo sciacquo nel lavandino, che però ha il tubo di scarico mezzo otturato. «Davvero non sei minimamente curioso di parlargli?»

«Perché dovrei?»

Scrollo le spalle, rinvenendo per miracolo uno straccio pulito da sotto il lavello. «Magari per capire cosa passi per la sua testolina bacata».

«Mi interessa solo rimettere un oceano di distanza tra lui e mio fratello». Il suo tono, di solito calmo e controllato, si indurisce un poco. «Per sempre, stavolta».

Raggiungo la credenza dei liquori e comincio a rovistare alla ricerca dell'immancabile bourbon. Niente. «Non ci posso credere! Questo è un complotto contro di me!»

Borbottando, afferro rassegnata una bottiglia di scotch invecchiato. Ma Liam, comparso al mio fianco senza che me ne accorgessi, me la sfila dalla mano e la rimette al suo posto. I suoi occhi glauchi si conficcano nei miei e sembrano sfidarmi a riprenderla.

Faccio una smorfia indignata. «Sul serio

«Ti sto aiutando» ribatte con gentilezza.

«Sì, beh, l'unico aiuto che voglio è quello dell'alcol. Grazie del pensiero». Quando allungo il braccio, mi aspettavo così tanto una sua reazione che finisco per paralizzarmi a metà del gesto da sola. Inarco un sopracciglio. «Questa non dovrebbe essere la parte in cui mi fermi?»

Liam abbozza uno dei suoi mezzi sorrisi. «Il mio era un consiglio, non ho il diritto di sostituirmi a te nelle tue decisioni. Ma dovresti affrontare tuo padre da sobria».

«Curioso detto da uno che sa da mesi che suo padre non è suo padre e lo ha tenuto per sé».

Neanche una traccia di rabbia scalfisce la sua maschera di impassibilità, che anzi si ammorbidisce. «A Klaus potrebbe servire aiuto, quando si sveglierà. Magari dovresti restare lucida».

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