DESTINY

By brokensoul9954

33.7K 1.1K 95

Lauren Jauregui, 24, fotografa. Camila Cabello, 23, ballerina. Due ragazze. Due passioni. Un passato. Cosa su... More

Presentazione
Chapter I
Chapter II
Chapter III
Chapter IV
Chapter V
Chapter VI
Chapter VII
Chapter VIII
Chapter IX
CHAPTER X
CHAPTER XI
CHAPTER XII
CHAPTER XIII
CHAPTER XV
CHAPTER XVI
CHAPTER XVII
CHAPTER XVIII
CHAPTER XIX
CHAPTER XX
CHAPTER XXI
FINAL CHAPTER
EPILOGO - THE LETTER
NEW STORY - SKYNNABÁTOS

CHAPTER XIV

1K 29 2
By brokensoul9954

CAMILA'S POV

Mi svegliai normalmente intorno alle otto del mattino, verso le dieci mi avrebbero dimessa così John mi sarebbe venuto a prendere per andare insieme in hotel. Quella sera avrei dovuto vedere le ragazze, avevo colto la palla al balzo per chieder loro di farmi da testimoni, siccome erano tutte qui, così da non aspettare un ulteriore mese. L'infermiera Cassie venne a togliermi la farfallina che mi era stata lasciata sul dorso della mano in caso ci fossero state complicazioni e fosse servita per attaccare delle flebo o qualcosa del genere, la ringraziai con un sorriso dopodiché mi alzai dal letto nel quale avevo passato letteralmente tre giorni interi e quasi mi parve di non ricordare come stare in piedi e camminare.

''Vuole una mano?'' chiese l'infermiera lasciando quel che stava facendo, io scossi il capo.

''Ti ringrazio, comunque puoi darmi del tu... suppongo siamo coetanee'' risposi rifiutando però l'aiuto, lei sorrise annuendo.

''Allora posso chiederti una cosa?'' mi disse venendo dal lato del letto dov'ero io, intenta a sistemare le mie cose nella borsa che John mi aveva portato.

''Certo'' risposi spostando il mio sguardo su di lei.

''La ragazza dagli occhi azzurri...'' disse riferendosi palesemente a Lauren ma chi sa cosa stesse guardando mentre le aveva parlato siccome i suoi occhi non erano per niente di quel colore.

''Verdi'' la corressi silenziosamente con un sorriso a labbra strette, lei abbasso il volto imbarazzandosi facendo trapelare un piccolo sorriso.

''Sì, lei... è impegnata...'' alzò lo sguardo nuovamente su di me.

''...con te?'' disse infine quasi sottovoce come a non volermi offendere o creare qualche tipo di fastidio, io sospirai scuotendo il capo.

''No, no...'' risposi solamente, ora chi guardava il pavimento ero io.

''Quindi è single?'' chiese ancora, con un tono che lasciava evincere speranza, io alzai velocemente la testa per rivolgerle un sorriso.

''Sì, che io sappia sì'' risposi tonando a mettere a posto le mie cose, lei sorrise quasi a trentadue denti e lo seppi solo perché guardandola con la coda dell'occhio.

''Però sei fortunata...'' disse ed io mi girai stranita guardandola probabilmente con un'espressione interrogativa.

''E' evidente che ti faccia la corte'' rispose con un tono ovvio, io risi forse istericamente.

''Ma no... Lauren è così, è il suo modo di esserci'' risposi ma lei non parve convinta a dire dalla sua espressione però annuì.

''Se lo dici tu...'' disse alzando entrambe le mani in segno di resa, sorridendo un po'.

''Anche se fosse, comunque, puoi provarci tranquillamente'' dissi alzando la mano sinistra esibendo il mio anello di fidanzamento. In quel momento non seppi perché le parole rotolarono così velocemente fuori dalla mia bocca ma soprattutto senza che me ne rendessi conto, quasi come se volessi giustificarmi con la donna che avevo difronte per il fastidio che stavo provando a causa del suo interesse verso quegli occhi verdi che, un tempo, mi appartenevano. Quasi come se volessi giustificarmi con me.

''Oddio! Ma è meraviglioso... la fortunata allora è la riccia?'' rispose tirando ad indovinare riferendosi a Normani, diciamo che per l'infermiera Cassie ero tutto tranne che fidanzata con un uomo.

''No, il fortunato è l'unico ragazzo che vedi entrare ed uscire da qui'' risposi ridendo, lei avvampò immediatamente.

''Scusami... io... non volevo dare per scontato che, ecco, tu...'' rispose impacciata, io le sorrisi dolcemente.

''Non ti preoccupare, davvero'' dissi poi ridendo, lei si scusò ancora una volta prima di augurarmi una buona giornata ed uscire dalla stanza. Scossi il capo sorridendo mentre ripensavo al fatto che avesse pensato davvero a tutto tranne al fatto che John fosse il mio fidanzato e proprio mentre queste cose svolazzavano nella mia mente, la porta si aprì ed io mi girai di scatto vedendo la figura di Dinah.

''Hey Cabello, come ti senti?'' disse la mia amica venendo verso di me a poggiarmi un piccolo bacio fra i capelli.

''Bene DJ, vorrei solo tornare ad LA per finire i preparativi al più presto'' risposi sinceramente con un sospiro, la verità era che non vedevo l'ora che quel fatidico giorno passasse per poter ritornare alla mia frenetica vita lavorativa senza dover rispondere a svariate telefonate di persone che entusiaste parlavano di questo ''grande giorno''. Amavo il mio fidanzato, amavo la mia famiglia e sicuramente amavo l'idea del matrimonio perfetto con l'uomo perfetto ma c'era sempre qualcosa che non mi faceva sentire al mio posto, nel mio posto. Spesso mi sentivo spaesata, come se stessi vivendo una vita che in realtà non mi apparteneva, mi vedevo fuori da mio corpo, quasi come se la mia anima cercasse di scappare. E allora mi fermavo a pensare e mi chiedevo se fosse davvero quello che volessi, quello che desiderassi e, certo, in alcuni momenti cadevo e i dubbi prendevano il sopravvento su di me, ma in fin dei conti mi rispondevo che sì, in realtà era quello che volevo e che fosse del tutto naturale prima del grande passo avere questo tipo di pensieri, o almeno era quello che mi ripeteva costantemente mia madre ogni volta che avevo modo di sentirla. Ero stanca, esausta, di sentire le altre persone più felici di me per questo evento e questo non faceva altro che aumentare i miei pensieri perciò non vedevo l'ora che arrivasse quel giorno, cosa che, se mi ci fermavo a pensare, era alquanto triste siccome non avrei dovuto veder l'ora di sposarmi e basta, senza motivazioni che non fossero la mia felicità e l'amore per la persona che avrei avuto accanto per il resto della mia vita.

''Hai ragione Walz, però John dice ch'è quasi tutto pronto, no?'' disse sedendosi accanto alla borsa che stavo chiudendo, mettendo fine allo stato di trance nel quale ero finita.

''Sì, ma sai come sono... devo sempre supervisionare tutto e avere l'ultima parola'' risposi abbozzando un sorriso che lei ricambiò.

''Ah, Camila... non cambi mai!'' disse scuotendo il capo affettuosamente prima di tirarmi in un abbraccio.

''Sono contenta che stai bene, ho temuto il peggio...'' affermò stringendomi forte, io ricambiai.

''Lo so, D... tu come stai?'' chiesi alla donna che, forse più di me, era rimasta segnata dall'accaduto.

''Tutt'okay Mila, è stato un brutto spavento ma ora sto bene'' rispose sinceramente, io annuì.

''Mi dispiace'' risposi solamente abbassando il capo, lei poggiò una mano sulla mia guancia facendo per portare il mio sguardo su di lei.

''Non è colpa tua, intesi? Stiamo bene ed è quel che conta'' rispose con tono fermo ma non duro, anzi, molto affettuoso e quasi dolce. Il suono del mio cellulare ruppe quel raro momento di dolcezza tra me e DJ, uno di quelli che capitava una volta su mille.

''Hey amore'' dissi piano, stranita dalle mie stesse parole.

''Piccola, ciao, ascoltami... ho avuto un contrattempo qui alla sede associativa della Ross Records a New York, non credo di riuscir a farcela per le dieci...'' disse dispiaciuto, io sospirai.

''Tranquillo John, chiamo un taxi'' risposi con tono calmo, non ero arrabbiata, in fin dei conti provava sempre a fare il possibile per me e spesso trascurava anche i suoi impegni lavorativi, non potevo biasimarlo se per una volta era rimasto incastrato.

''Sei sicura? Mi dispiace da morire...'' disse dolcemente.

''Sì, ci vediamo in hotel, okay?'' risposi allo stesso modo.

''Va bene Camz, a dopo... ti amo''

''Ti amo anch'io'' risposi per poi chiudere. Era strano dirlo, ancora una volta quelle parole non mi sembravano mie, non mi sembravano spontanee. Spesso avevo come l'impressione che qualcuno mi avesse scritto un copione da imparare a memoria e portare avanti per tutta la vita ma quella che mi raccontavo era sempre la stessa storia: era naturale avere certi pensieri. Delle volte mi pareva che fosse questa la mia fiaba della buonanotte quando ero bambina e che mia madre non avesse mai smesso di raccontarmela, nemmeno da adulta.

''Che succede?'' chiese DJ riferendosi alla telefonata.

''John ha avuto un imprevisto e non riesce a passare... chiamerò un taxi'' risposi semplicemente facendo spallucce alla fine.

''Ti darei un passaggio io se solo fossi venuta in auto'' rispose dispiaciuta la donna, io feci un gesto come ad intendere che non era un problema. Poco dopo arrivò il medico per farmi l'ultimo controllo e quasi contemporaneamente entrò Lauren.

''Hm... è permesso?'' chiese la corvina prima di entrare, nonostante la porta fosse aperta per tre quarti, Dinah le fece cenno di entrare. La donna dagli occhi verdi entrò in camera e mi fece un cenno di saluto seguito da un sorriso mentre il dottor Darkson mi auscultava il cuore ed i polmoni, poi lei e DJ presero a parlare sottovoce fra loro per non disturbare l'uomo.

''Bene, signorina... i parametri vitali sono più che buoni, vorrei dare un ultimo sguardo alla ferita e poi le faccio portare le carte per le dimissioni'' disse chiedendomi il consenso di togliere la fasciatura al ventre. Una volta srotolata la garza e constatato lo stato di cicatrizzazione, il dottore si congedò salutandomi per poi uscire e chiedere i fogli che avrei dovuto firmare.

''Adesso puoi tornare a fare Superman...'' disse Lauren con un sorriso, io ricambiai.

''Non prendermi in giro, Jauregui'' risposi scherzando, lei sorrise.

''Non sapevo ti dimettessero così presto, altrimenti non sarei venuta a disturbare'' disse poi passandosi una mano fra la folta chioma color pece.

''Non disturbi mai Lau, comunque nemmeno io lo credevo... ieri sera è venuta la tua bella Cassie ad informarmi'' dissi facendole un occhiolino giocoso, lei rise leggermente.

''Ah sì? Non l'ho vista all'ingresso...'' disse sempre con tono divertito.

''Non preoccuparti, hai via libera in ogni caso... prima è venuta a tastare il territorio'' risposi riferendomi alla conversazione intrattenuta in precedenza con l'infermiera, lei mi guardò incuriosita.

''Mi ha chiesto se stessimo insieme ma non ti preoccupare, le ho mostrato il mio anello e subito è tornata alle stelle'' risposi alzando la mano sinistra, Dinah nel frattempo parve strozzarsi col caffè che stava bevendo mentre Lauren iniziò a ridacchiare e poi si avvicinò a me prendendo la mano che avevo alzato fra le sue.

''Contenta che sia tornata fra le nuvole a pensarmi...'' disse guardandomi negli occhi per poi flettere leggermente la mia mano per vedere meglio il solitario. Quel contatto mi stava bruciando viva.

''...ma dovrò dire a Ross che questo diamantino non è abbastanza per una donna come te'' rispose guardando l'anello per poi lasciarmi la mano ed allontanarsi di nuovo, io deglutì, dentro di me c'era un fuoco ardente che le stava provando tutte per manifestarsi sulle mie gote ma, per mia fortuna, questo non accadde. Dinah passava lo sguardo da me a Lauren e viceversa, ridendo sotto i baffi.

''Quanto sei simpatica, Jauregui... comunque la bella infermiera probabilmente non era molto focalizzata sui tuoi occhi mentre le parlavi, diciamo così..'' dissi mantenendo il tono che aveva assunto lei.

''No? E perché lo pensi?'' chiese incrociando le braccia con un sorrisino beffardo.

''Solo perché ti ha qualificata come 'occhi azzurri'...'' risposi facendole un occhiolino prima di prendere il cellulare per chiamare il taxi.

''Sai bene che non sono i miei occhi che deve guardare'' disse sottovoce avvicinandosi a me, pensai per non far sentire a Dinah il chiaro riferimento, io le diedi uno schiaffetto sulla spalla.

''DJ, vieni con me in taxi?'' chiesi poi alla nostra amica che era molto concentrata a seguire lo scambio di battute tra me e la corvina.

''Oh, no! Già è finito?'' disse sardonica indicando me e Lauren, lei alzò le mani come a dire che non avesse fatto niente ed io tirai gli occhi al cielo.

''Puoi chiedermi un passaggio, Cabello... tanto già sono qui'' rispose sghemba e sarcastica Lauren che ora si era appoggiata alla finestra.

''Non voglio darti ulteriori fastidi'' risposi sinceramente.

''...hai già fatto troppo per me'' conclusi con un sorriso, avendo ancora una volta la sensazione di starmi riferendo a qualcosa di più grande.

''Ma dai, è solo un passaggio in hotel, Mila!'' rispose Dinah con tono speranzoso palesando che non volesse prendere il taxi avendo a disposizione l'Audi di Lauren.

''Lo dice anche la bionda'' concluse Lauren facendo spallucce mentre indicava l'amica.

''Ecco a te, una firma qui e puoi tornare a casa'' disse Cassie entrando improvvisamente in stanza mentre indicava con lo sguardo il modulo che mi stava passando, poi subito si focalizzò dietro di me mordendosi appena un labbro. Sospirai.

''Ciao, occhi verdi'' disse l'infermiera alla corvina alle mie spalle e per un attimo mi pentii di averla corretta sul colore in precedenza, infatti roteai gli occhi. Mi girai di scatto verso di lei che prima di risponderle mi regalo un'occhiata fugace.

''Hey'' disse spostandosi dalla finestra per andarle incontro, la donna difronte a me sorrise al gesto mentre Dinah pareva non starci capendo nulla.

''Posso offrirti un caffè? Infondo te lo devo...'' le chiese Lauren ammiccante, del tutto inaspettatamente siccome io e DJ ci guardammo per un attimo stranite. L'infermiera accettò con enfasi e si avviarono verso la porta così feci nuovamente per comporre il numero dell'agenzia di trasporto.

''Non ti lascio andare in taxi, Camila, scordatelo'' disse sull'uscio ammonendomi con lo sguardo, io sbuffai leggermente infastidita dalla situazione ma preferì attribuire lo stato d'animo alla sua ammonizione. Scomparve velocemente dietro l'angolo e Dinah fece per chiudere la cerniera della borsa mentre finivo di vestirmi.

''Mila?'' disse DJ, io la guardai interrogativa.

''So che non sono affari miei e so che se stessi zitta probabilmente eviterei di rovinare questo vostro pseudo-rapporto... ma non mi sembrate per niente amiche'' disse guardandomi seriosa, io sospirai.

''Perché dici questo, D?'' chiesi girandomi nervosamente l'anello all'anulare sostenendo però il suo sguardo. Lei era dal lato del letto verso la porta mentre io stavo dal lato della finestra.

''Camila...'' disse in modo canzonatorio, io continuai a chiederle con lo sguardo di spiegarsi meglio.

''Lo vedi come ti guarda? E come la guardi? E poi... vogliamo parlare di quello che vi dite ''scherzando''?'' mimò le virgolette prima di continuare.

''Come se non sapessi che in questo momento stai morendo di fastidio'' concluse guardandomi seria mentre portava le braccia al petto incrociandole.

''DJ, ti prego...'' la esortai, lei non si mosse di un millimetro.

''Ascolta D, io e Lauren ne abbiamo parlato e sappiamo entrambe che essere amiche è meglio che non essere niente... e poi è solo questione vecchie abitudini, sai com'è...'' dissi cercando di farle capire quel che passava nella mia testa, rintanandomi nella scusa dell'abitudine quando in realtà sapevo benissimo che non c'entrasse nulla.

''Per favore, non renderla più complicata di quanto già lo sia'' conclusi semplicemente sospirando, prima di bagnarmi le labbra con la lingua.

''Te lo ripeto, sei ancora in tempo, Mila... e non so per quanto lo sarai ancora'' disse finendo con un tono serio ma non ostile, io abbassai semplicemente lo sguardo sulle lenzuola del letto per poi prendere il cellulare e farle cenno di iniziare ad uscire e lei lo fece, rassegnata. Le cose dovevano andare così e non esistevano parole che potessero esser dette che avrebbero fatto si che cambiassi idea o ripensassi al da farsi. Dovevo sposarmi, volevo sposarmi. Doveva solo arrivare il giorno, dovevo solo vederlo concretizzarsi davanti ai miei occhi e Lauren sarebbe stata solo un piacevole ricordo del mio passato. Così doveva andare, così doveva essere. Seguì Dinah fuori dalla stanza non prima di aver dato un ultimo sguardo intorno sia per controllare se stessi dimenticando qualcosa che, ammisi, per far imprimere nella mia memoria quel luogo che, tutto sommato, era stato anch'esso fonte di ricordi.

''Lauren ha detto di essere giù, le ho scritto ora'' mi disse secca DJ mentre varcavamo insieme le porte metalliche dell'ascensore. Era comprensibile che se la fosse presa per cui decisi di non fare storie e semplicemente annuì.

''Ho proprio bisogno di un bel bagno rilassante'' dissi appoggiandomi con le spalle alla placca di metallo dopo che le porte si furono chiuse.

''Secondo me hai solo bisogno di scopare, Camila'' rispose nemmeno troppo ironicamente la ragazza, io voltai gli occhi al cielo con un sorrisino.

''Ed hai ragione anche tu, DJ'' risposi accordando, lei scosse il capo facendo sgretolare piano l'immagine di offesa che mi stava mostrando. Il ''din'' dell'ascensore fece successivamente aprire le porte che ci lasciarono uscire al pian terreno dell'edificio, così io e Dinah ci avviammo verso le vetrate automatiche che ci avrebbero aperto il passaggio all'esterno dove, già dalla nostra posizione, era scorgibile la figura di Lauren accompagnata da un'altra che però non seppi riconoscere.

''Ah, eccola...'' due occhi neri si puntarono velocemente su di me e il suo tono quasi sarcastico mi fece corrugare le sopracciglia.

''Salve?'' dissi ma suonò più come un interrogativo dal momento in cui non sapessi come potesse conoscermi l'interlocutrice di Lauren.

''Salve signorina Cabello, sono una dei paramedici'' disse rendendosi conto che non stessi capendo, quasi come a scusarsi. Io sorrisi, del resto era una delle persone che mi avevano salvato la vita, le porsi la mano.

''Camila, può chiamarmi così... grazie mille per il suo lavoro'' le dissi sinceramente, lei strinse la mia mano facendo una specie di micro-inchino col capo.

''Joanna... non si preoccupi, Camila, onestamente il lavoro ci è stato semplificato...'' rispose alludendo a qualcosa che non riuscì ad afferrare, lei se ne accorse e la sua espressione assunse un ché di retorico.

''Nel senso che chi ti ha soccorso è stato bravo'' concluse la frase guardando prima Dinah e poi stranamente Lauren, entrambe sorrisero poi la corvina ci fece cenno di andare ed io e la polinesiana ci incamminammo a braccetto, lei rimase leggermente indietro.

''Davvero non gliel'hai detto...'' sentì, era la giovane paramedico che parlava, DJ cercava di trascinarmi siccome avevo bruscamente stoppato il passo nemmeno mezzo metro dopo per ascoltare.

''Mila? Andiamo'' disse la mia amica, coprendo però con la sua voce la risposta che la corvina stava pronunciando, così sbuffai leggermente.

''Non aspettiamo Lauren?'' dissi cercando di recuperare tempo ma una mano mi sfiorò lievemente e rapidamente la schiena così mi girai di scatto verso la mia sinistra siccome Dinah era al lato opposto.

''Sono qui'' rispose la donna dagli occhi verdi regalandomi un sorriso a labbra strette mentre aumentava il passo superandoci. I suoi occhi alla luce del sole assumevano un'ombreggiatura quasi magica. Arrivate al parcheggio l'auto di Lauren si distingueva fra le tante per la sua imponenza e l'evidente lussuosità, non la ricordavo così amante delle vetture sportive ma probabilmente il suo patrimonio esageratamente generoso l'aveva fatta avvicinare a questo campo, notai fosse diversa da quella della volta al club e mi chiesi quante ne possedesse. Entrammo subito dopo che staccò l'antifurto aprendo le portiere e la vidi gentilmente prendere la mia borsa dalle mani di Dinah per posarla nel cofano, infine si avvicinò al lato del guidatore ed entrò nell'abitacolo. Io ero accanto a lei mentre la nostra amica si era comodamente sistemata dietro. Mi chiesi come mai non avesse un autista, o meglio, perché non ne usufruisse. Mise in moto ed il rombo della marmitta mi risvegliò dai profondi pensieri che le riguardavano così mi affrettai a porle una domanda che mi era sorta poco prima.

''Come fai a conoscere Joanna?'' chiesi mentre il suo sguardo era fisso sul piccolo schermo che mostrava lo spazio dietro l'auto attraverso le riprese di una videocamera, lei fece una retromarcia veloce per poi imboccare la strada di uscita.

''Ci ho parlato un paio di volte quando sono venuta a trovarti'' disse vaga, tenendo una mano fissa sul volante mentre con l'altra cercava una stazione radio decente. Io non me la bevvi.

''Solo per questo?'' insistetti e la vidi serrare la mascella mentre puntava gli occhi nello specchietto retrovisore incontrando quelli della polinesiana, che subito prese parola.

''Ti prego risparmiaci i dettagli'' disse con un tono abbozzatamente sarcastico, era palese che le due stessero condividendo un segreto.

''Quindi?'' ignorai il commento di Dinah che capì essere un modo per sviare il discorso e guardai insistentemente in direzione della corvina che continuava a fissare la strada con la mascella contratta, poi si inumidì le labbra.

''Insomma Camila, sai che piaccio...'' rispose tranquillamente spalleggiando il commento dell'amica.

''Non credo sia questo il motivo Lauren, ho sentito quel che ti ha detto, sai?'' dissi, un po' bluffando e un po' dicendo la verità e centrai il colpo perché sbarrò immediatamente gli occhi portandoli nuovamente a quelli di Dinah.

''Cosa mi avrebbe detto, Mila? Sentiamo...'' disse senza lasciar trapelare alcun tipo di emozione, il suo tono era fastidiosamente placido e tranquillo.

''Ti ha chiesto se davvero non me l'avessi detto... voglio sapere a cosa si stesse riferendo, Lauren'' dissi infastidita dal suo atteggiamento, lei si fece sfuggire un sorriso beffardo.

''Ah, Camila, Camila... il vizio di origliare non l'hai mai perso, vero?'' disse ridendo leggermente, per un attimo la mia espressione si rilassò ma poi si contrasse nuovamente quando la incitai a dirmi la verità.

''Non devo darti spiegazioni, fine della conversazione'' ritornò seria sempre col suo tono fastidioso, sbuffai incrociando le braccia e girando il capo verso il finestrino.

''Posso lasciarvi a casa mia? Devo correre in studio'' disse poi, Dinah acconsentì subito, pensai fremente di sguazzare nel lusso dell'abitazione, io sbuffai sonoramente.

''Fantastico'' dissi ironicamente sottovoce.

''Dai Mila, la vasca di Lauren è immensa... ci si potrebbe nuotare quasi'' disse Dinah riferendosi al bagno rilassante che avevo in programma, Lauren assunse un'espressione interrogativa.

''Prima ha detto di volersi fare un bagno'' disse spiegando all'amica per poi fare spallucce, la corvina rise leggermente.

''Ho una Jacuzzi riscaldata, Camila... penso che possa andare, no?'' rispose in tono divertito guardandomi con la coda dell'occhio, io feci una smorfia senza smuovere le braccia che erano ancora incrociate al petto.

''Come sei permalosa... non ti si può dire niente'' disse prendendomi in giro con quel ghigno beffardo stampato in faccia e il tono placido.

''Com'è? Non eri quella che ricorda tutto, tu?'' dissi acida, lei scosse il capo senza cambiare espressione.

''Ti stavo solo sfottendo, so benissimo che la tua peculiarità è questa'' rispose continuando a fissare la strada.

''Vaffanculo'' dissi nello stesso tono di prima, poggiai la testa al cuscinetto sul sediolino e mi lasciai cullare nei miei pensieri da ''Leave a Light on'' che passava sulla stazione che Lauren aveva finalmente trovato. Nella mia testa iniziarono a ripetersi le immagini della coreografia che avevo fatto su questa canzone quando ero ancora in accademia ed inevitabilmente pensai a quanto velocemente il tempo fosse passato travolgendo e stravolgendo ogni cosa. Ricordai com'ero spensierata e libera a quel tempo anche se, forse, non lo ero stata mai davvero. Mentre pensavo guardai distrattamente davanti a me e la familiarità dell'imponente cancello bianco mi fece capire che fossimo arrivate alla residenza di Lauren così, dopo che la donna fu entrata per metà con l'auto nel sentiero, io e DJ scendemmo.

''Dinah, per stasera prendi una delle mie bimbe... io vi raggiungo al locale e, a proposito, scrivetemi qual è'' disse Lauren alla polinesiana che non stava nella pelle a seguito dell'offerta.

''Dinah! Non voglio vedere nemmeno un graffietto!'' disse poi vedendo l'eccitazione dell'amica, io sorrisi scuotendo il capo.

''Promesso, tranquilla che io sono una pilota'' rispose con un'espressione fiera.

''Vediamo di non ritornare in ospedale, eh'' disse Lauren ridendo ed io e DJ ci accodammo.

''Vado, ah– Camila, mi raccomando ''rilassati'' nella Jacuzzi e... non sporcare niente'' disse infine riferendosi a me con quel tono sarcastico e super fastidioso mentre mimava le virgolette.

''Che volgare, non sono mica come le tue varie ''amiche'', Lauren... stai tranquilla'' risposi allo stesso modo, lei sorrise scuotendo il capo per poi alzare il finestrino e andare di retromarcia fuori dal cancello che immediatamente si chiuse dietro il bolide sfrecciante sull'asfalto. Ci incamminammo lungo il sentiero ciottolato che portava alla porta della mastodontica abitazione della corvina dove ci accolse il suo domestico, del quale non ricordavo il nome.

''Grazie, Klaus'' disse DJ non appena l'uomo ci fece accomodare in casa, rammentandomi al contempo come si chiamasse. L'uomo sorrise e ci scortò nell'enorme salone dove lasciai la borsa, poi si congedò dicendoci di chiamarlo per qualsiasi problema.

''Come fa a non perdersi in questa casa?'' dissi guardandomi intorno mentre alcune immagini della prima ed unica volta che ero stata qui si susseguivano nella mia mente.

''Me lo chiedevo spesso anch'io'' rispose Dinah avviandosi verso la cucina, quasi come se fosse casa sua.

''DJ, mi dici cosa nascondete voi due?'' le chiesi raggiungendola, non avevo certo mollato la presa... solo cambiato preda. Dovevo saperlo, qualcosa mi diceva che le due condividessero qualcosa che mi riguardava.

''Camila...'' disse in maniera canzonatoria aprendo il frigorifero.

''Dinah, ti prego... sento che mi riguarda altrimenti non insisterei, mi conosci'' risposi in maniera sincera, lei prese del succo d'arancia e un bicchiere dalla credenza mentre io mi accomodavo su di uno sgabello posto sotto l'imponente isola a centro stanza.

''Mila, se non te l'ha detto lei non pensare che lo farò io... sono cose sue'' disse prendendo un sorso del liquido arancio chiaro mentre si sedeva di fronte a me. Sospirai in parte affranta, in parte rassegnata.

''Perché deve fare così?'' chiesi più a me stessa che a lei che in risposta fece spallucce.

''Comunque se davvero vuoi farti un bagno ti accompagno alla sala'' disse cambiando completamente argomento, segno che non si sarebbe smossa, proprio come la corvina. Io annuì per poi scrivere a John che mi trovavo da Lauren e che mi serviva la valigia per prendere un cambio per questa sera, lui mi rispose che nel primo pomeriggio sarebbe passato a salutarmi e a portarmi l'occorrente così gli inviai la posizione. Dopo aver bevuto il suo succo, Dinah mi accompagnò in una stanza in cui l'unica cosa che c'era era questa Jacuzzi molto ampia, pensai la più grande sul mercato, ed una porta scorrevole di vetro con una sorta di panche in legno all'interno che supposi essere una specie di sauna, ed i miei dubbi trovarono risposta non appena la polinesiana mi indicò lo spazio dicendo che se avessi voluto avrei potuto farmi anche una bella sudata.

''Devo entrarci in intimo?'' chiesi leggermente imbarazzata a DJ non avendo un costume.

''Ma va... siamo sole, Mila chi vuoi che entri'' rispose lei semplicemente come se fosse qualcosa di usuale per lei stare in questa casa, così, dopo essere entrate in vasca, decisi di approfondire la questione.

''Sei abituata a stare da Lauren, vedo'' dissi ridendo, lei mi sorrise di rimando ma parve un sorriso quasi del tutto di rammarico.

''Diciamo che ci ho passato un po' di tempo...'' rispose vaga, muovendo l'acqua piena di bollicine con una mano.

''Perché?'' chiesi, ora incuriosita, lei portò lo sguardo su di me.

''C'è stato un periodo in cui Lauren non era proprio al suo meglio, mettiamola così'' continuò con lo stesso tono. Oggi nessuno vuole dirmi niente, pensai.

''Per la sua ragazza?'' chiesi appoggiandomi al cuscinetto con la schiena.

''Per te.'' ammise quasi sottovoce la polinesiana che mi stava di fronte, io annuì flebilmente.

''Ho lasciato un casino, vero D?'' chiesi seriamente dispiaciuta.

''E' stato quel che doveva essere, Mila... non ci pensiamo troppo ora, le cose sono migliori finalmente'' rispose ma con un tono assente, quasi come se stesse ripensando ai momenti che avevano richiesto la sua costante presenza al fianco della corvina.

''Dinah, parlami... voglio sapere, devo sapere'' dissi chiedendole disperatamente di dirmi di più. Poteva sembrare a tratti masochista ma avevo, sentivo, la necessità di sapere del male che avevo fatto alla donna che amavo lasciandole in tasca solo una scia di tristi ricordi. Dinah parve tornare alla realtà e mi guardò, fisso negli occhi.

''Dopo che te ne sei andata Lauren ha perso completamente il senno Mila, e questo non è finito con il college ma si è protratto anche quando ha iniziato la sua carriera e durante la stessa. Ha avuto la fortuna di riuscire ad affermarsi da molto giovane ma per lei non è mai stata una strada tutta in discesa, con la carriera sono subentrati altri pensieri e altri problemi... la paura di fallire e quella di perdere tutto quello per cui aveva faticato, un po' come aveva perso te. Lauren non si è mai riuscita a spiegare niente di tutto quello che è successo, ormai anni luce fa, e non riusciva a colmare il vuoto che sentiva dentro ma ci provava, in tutti i modi... letteralmente. Ha iniziato a bere, tanto, troppo. Gli incubi, le urla, i pugni al muro. Camila, era diventata un'altra persona. Il passato la mangiava viva, il tuo ricordo la tormentava ma più di tutto le non-risposte lo facevano. È iniziato tutto una sera in cui stava così male da chiamarmi e chiedermi aiuto, e fortuna che l'ha fatto...'' disse con sguardo ora perso nel vuoto, pareva ricordare per filo e per segno ogni attimo di quei frammenti.

''...era entrata in un baratro, Mila e io non so come sia riuscita ad uscirne, da dove abbia preso la forza di riprendersi la sua vita e tornare lentamente alla sua normalità. Quando stava con Sam pareva che le cose si fossero un po' calmate, sembrava più equilibrata seppur nella sua costante instabilità ma poi sei tornata, sono successe le cose che sono successe – hai visto anche tu le sue condizioni quel giorno al bar – e stava per riperdere la via, ma, di nuovo, non so con quale coraggio sia riuscita a risalire per l'ennesima volta'' continuò, avevo le lacrime agli occhi.

''Non fraintendermi, non è colpa tua Camila, siamo state giovani e abbiamo preso delle strade, giuste o sbagliate che fossero, perciò non fartene una responsabilità... Ora le cose vanno meglio, dopo Miami ha avuto una specie di catarsi, non so cosa vi siate dette o come siate rimaste ma credo che questo vostro pseudo-rapporto di amicizia possa far bene ad entrambe, chiaramente  solo se la smettete di provocarvi e punzecchiarvi'' disse guardandomi, io tirai su col naso provando a trattenere le lacrime che colavano giù come a voler colmare ancor di più quella vasca.

''Quella donna è una forza della natura e nemmeno se ne rende conto... non hai idea di quanto l'ammiri'' concluse sinceramente, con un sorriso di onesta ammirazione per la corvina, io annuì come a dirle che ne avevo idea eccome. L'avevo letteralmente distrutta e lei si era rialzata, e piano piano aveva riattaccato tutti i suoi piccoli frammenti per ricomporsi in fine e tornare ad essere la magnifica persona che era, tanti anni fa. Le parole di Dinah mi avevano messo a pensare, tanto o forse troppo. Avevo sempre ammirato Lauren per la sua dedizione alle cose, per il modo in cui non sapeva arrendersi difronte a niente e continuava sempre a lottare finché non raggiungeva il suo obiettivo. Forse, azzardai, era una delle prime cose che mi fece innamorare di lei, assieme agli smeraldi piazzati nell'iride e la sua dolcezza graffiante. In tutti questi anni avevo, sì, pensato di averle fatto del male, molto male, ma mai avrei potuto credere di averle fatto questo. Di averla resa un'altra persona, qualcuno che lei non è e mai sarà. E al contempo, in quell'esatto momento, capì che lei non era l'unica che avevo distrutto, perché lasciandola andare, avevo distrutto anche me. Tutto ciò che ero, tutto ciò in cui credevo, tutto ciò che amavo. Era vero quel che diceva, sono stata un uragano che spietato ha portato via tutto, anche la sua propria energia, per poi estinguersi all'orizzonte di un mare, alla fine di tutto, placido e silenzioso... con il frambusto alle spalle ed il silenzio difronte. Banalmente passai tutta la mezza giornata, tra un bagno ed un film, in pensieri autocommiserativi e riflessioni su tutto quel che avessi sbagliato nella mia vita e proprio quando stavo per arrivare allo scaffale della memoria riguardante la mia relazione, John arrivò nella dimora di quella che era stata la mia donna, la mia amante e, alla fine, una mia amica. Dinah si prese la briga di andargli ad aprire il cancello e poi la porta, comprensiva del fatto che stessi facendo a botte con la mia psiche per sconfiggere i rimorsi ed accettare i miei errori, con tutto quel che si portavano dietro e, soprattutto, dentro. Quando il mio fidanzato varcò la porta, pensai che non ci fosse cosa più satirica di quello: il mio futuro marito nella casa della donna che avevo distrutto più e più volte, perché vittima dell'amore che la legava a me. Qui trovai il vero ossimoro della storia, nel fatto che paradossalmente quell'amore era lo stesso anche per l'uomo che ora mi era davanti sorridente e contento della mia quasi totale guarigione. Avrei distrutto anche lui? L'avevo già fatto, pensandoci, tradendolo proprio con chi avevo già fatto a pezzi. Ma l'avrei distrutto ancora? No, non potevo. Questa volta doveva essere diverso perché l'unico modo per far ammenda era far si che nulla del genere si ripetesse. Così indossai il mio miglior sorriso e in un frangente di secondi fui attaccata al suo collo per stringerlo a me. Quel che provavo per John era amore, sì, ma non aveva niente a che fare col colpo di fulmine o con quella sensazione di dolore allo stomaco che ti fa imprecare e domandare a te stesso cosa ci sia di sbagliato in te, per amare una donna, aggiunse il mio inconscio portando alla coscienza quel paragone implicito che stavo compiendo. Amavo John, ma lo amavo sempre? La risposta fu – inevitabilmente – no. Lo amavo quando passavamo il nostro tempo insieme, lo amavo quando sgattaiolavamo nella nostra nuova casa e ci accoccolavamo sul divano, lo amavo quando c'era. Forse prima lo amavo di più, perché la mia vita ruotava attorno al lavoro dei miei sogni e a quel ''puro'' amore che vedevo in lui. Ma poi è arrivato il destino che ha smosso le carte in tavola, da bravo croupier durante una partita di roulette russa. E ora mi sentivo con l'acqua alla gola, un magone allo stomaco e la voce tremante mentre pronunciavo quelle parole che per una ''a breve sposa'' dovrebbero essere le più naturali del mondo.

''Ti amo, John'' esalai in un soffio ancora aggrappata al suo collo ed una piccola, minuscola lacrima scivolò sul mio volto per fondersi col suo soprabito.

''Ti amo anch'io Camila'' disse lasciandomi un bacio fra i capelli, mi presi un paio di secondi prima di staccarmi da lui indietreggiando appena, ancora un po' scossa dai pensieri dai quali mi ero appena risvegliata.

''Allora è questa la grande sera in cui farai la proposta alle tue amiche?'' chiese sorridendo, io annuì ricambiando.

''Sì, non ne valeva la pena aspettare ancora siccome sono tutte qui'' motivai il mio annuire, lui mi diede un bacio a fior di labbra repentino.

''Io dovrei tornare ad LA, piccola... però posso far allungare la prenotazione della stanza al Palace'' mi disse un po' dispiaciuto, scossi il capo.

''Tranquillo John, me ne occupo io... hai già fatto tanto per me in questi giorni, cercando il più possibile di rimandare il lavoro. Torna a casa, ti raggiungerò domani... promesso'' risposi all'uomo difronte a me, ero sincera mentre lo ringraziavo ma era evidente, nella mia testa, che non mi riferissi solo a quel che aveva fatto in questi giorni bensì a quel che mi aveva perdonato.

''Grazie piccola, e comunque sai che per te smuoverei le montagne'' disse poi ammiccando, io sorrisi e lo baciai. Dopo mi salutò e fece lo stesso con DJ prima di lasciarmi accompagnarlo alla porta.

''Certo che è immenso questo posto'' disse mentre percorrevamo il lungo corridoio mano nella mano.

''Dovresti vedere fuori'' risposi assentendo, lui sorrise per poi baciarmi la mano siccome eravamo arrivati all'uscio.

''Fai buon viaggio, scrivimi appena atterri e-'' non mi lasciò finire.

''Non prendere freddo'' disse completando la mia frase, io sorrisi dandogli un piccolo schiaffetto sulla spalla.

''Era da tanto che non lo dicevi...'' notò abbassando lievemente il capo con un sorriso felice, io annuì consapevole del perché. Colpevole.

''Dai, và!'' dissi ridendo, lui mi stampò un bacio casto ma intenso sulle labbra prima di dirigersi all'auto, aspettai che varcasse il cancello prima di richiudere la porta alle mie spalle e tornare in soggiorno da Dinah che, nel mentre, aveva ripreso a vedere il film.

''Non mi aspettare eh!'' dissi scherzosamente, lei mi lanciò un cuscino che bloccai giusto prima che mi si spiaccicasse in faccia.

''Tu non la smettevi con le smancerie!'' disse facendo spallucce con una smorfia di scherno in volto che mi fece ridere poi andai a sedermi accanto a lei.

''Oh, grazie.. mi hai lasciato i titoli di coda!'' dissi guardando lo schermo nero pieno di nomi che scorrevano, lei mi fece la linguaccia.

''Ben ti sta Chancho'' disse prima di alzarsi, si girò verso di me con un'espressione di ovvietà che ne provocò una stranita su di me.

''Ti muovi? Dobbiamo vestirci... Mani ha detto che per le otto dobbiamo essere al Presse Lounge, non possiamo fare tardi'' disse facendomi cenno di alzarmi subito, conoscendo i miei tempi di restauro. E a dire dalle mie condizioni, qualche oretta in più non mi avrebbe fatto male. Così mi alzai seguendola a ruota siccome non sapevo come muovermi in quella casa e, d'altro canto, mi sentivo anche in imbarazzo ad esplorarla senza la padrona. Dinah, ormai abile ad orientarsi lì, ci portò in un attimo al piano superiore ma non prima che io prendessi la mia valigia.

''Allora, cosa metto?'' chiesi alla donna che mi guardava con un'espressione sfinita dopo i venti completi che avevo tirato fuori e provato. Erano passate letteralmente due ore tra lo scegliere l'outfit di DJ e quello mio, che, per la cronaca, ancora non era stato deciso.

''Walz, te l'ho già detto...'' disse lamentandosi, in realtà aveva risposto con ''questo'' ad ogni vestito che indossavo.

''No, China... seguendo la tua logica dovrei indossarli tutti insieme'' risposi ridendo, lei si accodò per poi indicare un vestitino in un angolo della stanza.

''Quello bianco è il mio preferito... e poi c'azzecca con la news che devi dare'' disse tornando seria per poi farmi un occhiolino, io lo presi dal pavimento in parquet per dargli un'occhiata migliore.

''Che dici, ci sta?'' chiesi dopo averlo indossato, la mia amica annuì velocemente col capo.

''Perfetto'' rispose per poi far schioccare un bacio dopo aver portato la mano alla bocca.

''Okay, allora vado a lavarmi... vai anche tu, ci vediamo qui tra massimo un'ora, va bene?'' dissi alla polinesiana che sapevo perdere un'infinità di tempo sotto la doccia, lei acconsentì con la mia proposta ed andò in un altro bagno mentre io mi diressi a quello che si trovava in quella camera. Dopo un'ora esatta eravamo entrambe nuovamente lì pulite, vestite e profumate. Dinah indossava un abito rosso fuoco ed i suoi capelli biondo cenere lo rendevano ancora più acceso, ora era intenta ad appuntarsi i grandi orecchini in swarovski in pendant con il collier che portava al collo.

''Sei uno schianto, Cheechee'' dissi assumendo un'espressione di  apprezzamento, lei fece un gesto con la mano portandola verso in giù.

''Lo so, Chancho, lo so'' disse soddisfatta per poi guardarsi allo specchio e lasciare un bacio colorato sul vetro.

''Vuoi una mano con quella?'' disse indicando la catenina in oro che stavo cercando di allacciare, io annuì e lei mi chiese di reggermi i capelli così da poterlo fare lei dopodiché misi un leggero strato di mascara e un po' di lip-gloss prima di scendere insieme al piano di sotto per indossare le scarpe. Dinah controllò l'orario e scoprimmo essere le sette, giusto in tempo per imbottigliarci nel traffico newyorkese prima di arrivare al locare. Così facemmo. Infatti la via scorrevole non finì nemmeno che subito, a 200 metri, intravedemmo l'enorme ingorgo in cui rimanemmo, sorprendentemente, solo per tre quarti d'ora. Erano le otto in punto quando, dopo aver posteggiato, incontrammo le altre all'ingresso del Presse. Le altre meno una, però.

''Lauren?'' chiese Normani guardando me e DJ.

''Non ne ho idea, l'ho sentita solo per scriverle l'indirizzo e l'orario...'' disse la polinesiana facendo spallucce dopodiché lo sguardo di Mani si posò interrogativo su di me che risposi allo stesso modo di Dinah scuotendo però la testa.

''Allysus, se la chiami tu forse risponde... magari penserà sia la grazia divina'' disse DJ prendendo in giro la biondina che le alzò il medio prima di prendere il cellulare.

''Ally! Nostro Signore ti osserva eh!'' rispose di nuovo, prendendola in giro.

''Lau?'' disse appena la chiamata fu accettata dall'altro lato ma sbarrò gli occhi staccando immediatamente.

''Okay... Dio, aiutami tu!'' disse guardando verso l'alto sotto l'occhio attento e curioso di noi altre.

''Sono certa che Lauren ci raggiungerà dopo... suppongo sia impegnata'' continuò sbrigativamente arrossendo di botto, Mani e DJ scoppiarono a ridere subito mentre io impiegai qualche secondo in più per collegare l'azione di Ally alle sue parole successive, così portai una mano alla fronte per poi scuotere la testa.

''Perché, che ti ha detto?'' chiese Normani continuando a ridere, segno che volesse far dire ad Ally quel che effettivamente avesse percepito.

''Non sono affari vostri! Entriamo, su'' disse la biondina rosso pomodoro mentre le due continuavano a burlarsi di lei simulando dei versi ambigui. Ci incamminammo all'interno del locale ed un cameriere molto garbato ci scortò al tavolo chiedendo se fossimo ancora in cinque, così la mora e Dinah dovettero trattenere le risate mentre Ally spiegava gentilmente che l'altra persona avrebbe tardato perché ''imbottigliata nel traffico''.

''Seh! Imbottigliata nel traffico delle mutande!'' disse DJ non appena il garçon se ne fu andato con le nostre comande.

''Dinah!'' l'ammonì Ally tra le risate di Mani, io sorridevo provando a nascondere il crescente fastidio alla bocca dello stomaco.

''Mi ha appena scritto l'automobilista imbottigliata... dice 'Mani, ho fatto tardi a lavoro... dieci minuti e sono da voi' '' Normani lesse il messaggio ancora ridendo e continuò a scherzare con Dinah. Nel frattempo io ed Ally impiegammo il tempo a chiacchierare del più e del meno, non prima che si fosse però accertata dello stato della mia guarigione. Mi chiese del lavoro e di come stessero andando i preparativi e, in generale, le cose con John e buona parte del tempo discutemmo della mia costante esigenza di dire l'ultima, anche in quel caso. Poi approfondimmo il discorso 'incidente' e mi domandò se avessi sospetti o simili.

''Ciao ragazze, scusate il ritardo...'' disse Lauren che si era avvicinata a passo svelto verso il nostro tavolo, Normani e Dinah si guardarono con un'espressione beffarda mentre Ally pareva volesse sbranarla, lei cercò i miei occhi per dedicarmi un sorriso di saluto che io ricambiai.

''Ti sembra il caso?!'' disse la bionda rimproverandola, non appena questa si era seduta al suo fianco. Lauren la guardò interrogativa, forse all'oscuro di quel che aveva sentito.

''Ho finito tardi e sono rimasta nel traffico...'' disse con fare disinvolto guardandola come a dire 'non ho fatto niente'.

''Signorina Jauregui, si da il caso che io abbia sentito quel che stavi facendo'' ribadì seriosa, rossa ora in un mix tra nervosismo ed imbarazzo. La corvina sgranò gli occhi portandosi una mano alla bocca per poi guardare Dinah che già di suo non riusciva a trattenersi ed entrambe scoppiarono a ridere.

''Ho le mie esigenze'' rispose prendendo un sorso di champagne, io quasi mi strozzai sentendole affermare quel che fino ad ora era stato solo uno stupido gioco sostenuto da Mani e DJ. Mi schiarì la voce e i loro occhi si puntarono su di me.

''Avrei una cosa da dirvi che non poteva aspettare il mese prossimo...'' iniziai ma fui interrotta da Ally che sgranò gli occhi.

''Ossignore, non mi dire che sei incinta Camila...'' disse sottovoce come se facendo così il fatto non arrivasse al Cielo, Lauren tossì leggermente guardandomi interrogativa, io scossi immediatamente il capo.

''Oh, no! Dio, no... ma come ti viene in mente'' dissi con un'espressione quasi stranita, la bionda tirò un sospiro di sollievo portandosi una mano al petto. Presi fiato prima di passare in rassegna ogni paia dei loro occhi.

''Quando vi ho conosciuto non avrei mai immaginato di potermi trovare in una situazione del genere a fare un discorso di questo tipo, poi è seguito un periodo in cui questo era tutto ciò che sognavo. Ad un certo punto, però, ci siamo perse... ognuna di noi ha preso la propria strada, chi prima e chi dopo, ci siamo un po' sparpagliate negli States e siamo finite, inevitabilmente, per allontanarci...'' iniziai, cercavo di guardare tutte negli occhi meno che Lauren perché sapevo benissimo che dopo questa sera, probabilmente, le cose non sarebbero state più le stesse.

''...principalmente sono stata io, ad allontanarvi. Vi ho sbattuto la porta in faccia, trattate con sufficienza, troppo focalizzata su me stessa e quel che qualcun altro stava giostrando per me, ma poi è successo che, mentre ognuna viveva la sua vita e l'unica cosa che c'era tra noi erano messaggi sporadici, qualche forza ignota ha deciso di farci rincontrare... qualcosa all'infuori della nostra conoscenza ha deciso che era il momento, il tempo e il periodo giusto per far si che ci ritrovassimo. Mi avete cresciuta, vi ho cresciute. Ci siamo viste crescere ed insieme l'abbiamo fatto, sempre mano nella mano...'' continuai, ora cerando lo sguardo della corvina per capire se avesse capito quel che stessi per chiedere ma lei era assente, il suo sguardo era fisso verso il calice di bollicine davanti a me ed il verde delle sue iridi aveva lasciato spazio ad un grigio chiaro, chiarissimo. Sospirai, forse troppo sonoramente.

''...non voglio perdermi nei meandri della nostra storia, perché credo la ricordiate bene tanto quanto me. Quello che voglio fare, però, è dirvi che – sinceramente, profondamente e genuinamente – vi voglio bene, così come se ne vuole ad una sorella o ad un fratello, come si vuole bene a qualcuno che condivide con te un po' della sua storia, della quale ne sei un pezzo... grande o piccolo che sia. E voi siete un pezzo immenso della mia storia, del mio essere, di me. Ed io non potrei essere più felice nel chiedervi di essere le mie testimoni di nozze...'' conclusi con un enorme sorriso proprio perché Dinah, Mani ed Ally mi saltarono addosso abbracciandomi.

''Ma sei pazza Mila, oddio... cazzo, è logico!'' disse Mani con le lacrime agli occhi.

''E' ovvio che voglio, Mila... non ci credo!'' disse Ally asciugando il mascara sciolto.

''Già lo sai Chancho, sono orgogliosa di poterlo essere'' disse infine Dinah dandomi una pacca sulla spalla però subito il suo sguardo andò su Lauren che parve svegliarsi dalla trance scuotendo impercettibilmente il capo e tirando lievemente su col naso.

''Ho bisogno di aria'' disse all'orecchio di Dinah alzandosi per poi passare attraverso i tavoli ed uscire dalle vetrate che portavano alla balconata in legno sul mare. Solo ora notai che indossasse un vestito bianco, molto simile al mio, e questo soltanto perché il mio sguardo non abbandonò la sua figura finché non fu pressoché scomparsa. Guardai verso Dinah disperata mentre Ally e Normani chiacchieravano tra di loro non stando nella pelle.

''Dalle un momento... vedrai che le passa'' disse la donna carezzandomi la spalla scoperta, cercando in qualche modo di rassicurarmi, io ispirai ed espirai per poi bere tutto d'un fiato il flûte colmo di liquido dorato frizzantino, certa di quel che mi aspettasse. Mi alzai quasi immediatamente e Dinah provò a bloccarmi il polso chiedendomi con gli occhi di restare lì, la guardai allo stesso modo ma facendole capire che dovevo farlo e doveva lasciarmi andare da lei, così mi lasciò arresa ed io mi incamminai verso le vetrate. Sentì Normani chiedere delucidazioni su cosa fosse successo e DJ inventare velocemente qualcosa, era molto abile e credibile. Mi allontanai molto lentamente dal tavolo e finalmente uscì sulla specie di portico dove avevo visto dirigersi Lauren ma guardandomi intorno non mi parve di scorgerla. La sua voce da dietro mi fece sobbalzare letteralmente.

''Che c'è?'' disse con una voce più roca del solito ma guardando il sottile drummino tra le sue mani capì subito il motivo.

''Ti cercavo'' dissi semplicemente, facendo spallucce.

''Sai, ho contato quanto tempo ci mettessi a venire qui'' disse per poi aspirare una boccata di nicotina ed appoggiarsi con gli avambracci alla ringhiera della balconata, io la seguì guardandola curiosamente.

''Centoventicinque secondi, in media è come sempre'' concluse la sua frase guardando verso il mare.

''Non capisco...'' dissi cercando un contatto visivo che lei mi negò, ancora.

''Lo fai sempre, ogni volta che sai di farmi del male o che starai per farmene... articoli in discorsi lunghi per aver il tempo di guardarmi e percepire se io stia capendo che da lì a poco mi sparerai e poi... boom'' disse facendo il gesto della pistola che spara, girandosi improvvisamente verso di me. Mi trovò impreparata a quello sguardo, tagliente e pungente allo stesso tempo.

''...spari. Io vado via, ma mai troppo lontano perché tu riesca a trovarmi...'' continuò a guardarmi, fisso negli occhi... mi stava leggendo.

''e tu, beh tu, Camila... uno'' disse con un sorriso sardonico iniziando a contare fino ad arrivare a novantanove, facendosi ad ogni cifra un poco più vicina.

''...cento'' pronunciò in un soffio, ad un palmo da me che la fissavo come imbambolata, un po' per la sua bellezza disarmante ed un po' perché mi aveva disarmata davvero leggendomi dentro.

''Tu torni da me, perché mi avrai anche sparato ma mirando sempre ad un centimetro dal cuore... perché uccidermi, lo sai, ucciderebbe anche te'' disse allontanandosi da me per aspirare nuovamente.

''Hai bisogno di lasciarmi viva, sofferente ma viva... per questo vieni a controllare che io stia bene, e lo fai sempre, dopo circa cento secondi '' continuò guardando fugacemente il mare mentre cacciava il fumo dalla bocca.

''Ti avrà trattenuto qualcuno questa volta, non è vero? Proprio come quella volta al liceo, quando mi dicesti di non amarmi più... ma solo perché la buona Sinu l'aveva scoperto'' disse con un sorriso sarcastico seguito da una risatina. Ero pietrificata, nuda davanti ai suoi occhi. Erano anni che non mi sentivo così vulnerabile davanti ad una persona, perché mai nessuno aveva saputo leggermi dentro, oltre lei. Non sapevo cosa dire, come giustificarmi. Parla, Camila, non buttare questo rapporto al cesso.

''Mi dispiace Lauren, so cosa significhi e accetterò qualsiasi cosa vorrai... anche se comporterà non averti più nella mia vita'' dissi sinceramente, sperando nella sua clemenza.

''Tanto ci sei abituata, no? A non avermi nella tua vita, intendo'' sputò con un tono misto tra acidità e sarcasmo.

''Lauren'' dissi ammonendola anche se, in tutta onestà, meritavo quell'atteggiamento.

''Camila, la mia risposta è no. No, non sarò la tua testimone. No, non giurerò che siete la coppia più vera ed amorevole che io conosca. No, non starò sull'altare al tuo fianco ma non dal lato che vorrei. No, Camila. No.'' disse ora pacatamente, con quel tono placido e tranquillo che mi faceva provare solo fastidio.

''E per quel che conta, penso che la tua risposta dovrebbe essere la stessa'' concluse riferendosi palesemente al momento del 'si, lo voglio', per poi attirarmi a sé con un braccio. Il mio corpo era premuto contro il suo, le sue labbra ad un millimetro dalle mie e le sue braccia attorno alla mia schiena. Chiusi leggermente gli occhi, come se qualche strana forza della fisica mi costringesse a farlo, avvertendola avvicinarsi.

''Lo senti il cuore come fa, Camila?'' soffiò sulle mie labbra, il cuore batteva all'impazzata tanto che pensavo di poter avere un mancamento a breve. Sentivo il battito rimbombare nelle mie orecchie e la salivazione azzerarsi, aprì per un attimo gli occhi così da poterla scrutare fin infondo, per provar a cogliere anche solo una parola di quel che le stesse passando per la testa. I suoi smeraldi brillavano, non seppi se di lussuria o di vittoria. Fu un istante, il tempo di richiudere gli occhi per la vicinanza del suo volto. Fu un istante e lei non c'era più. C'ero solo io, il rumore del mare e i battiti assordanti del mio cuore.

Continue Reading

You'll Also Like

16.7K 674 23
Luke dopo la morte della sua matrigna è costretto ad andare a vivere con la madre Lauren e sua moglie Camila
111K 6.4K 36
"È un gioco pericoloso, Camila." Pausa. "E a me piace vincere." Camila si è distinta nella sua unità per la brillante perspicacia e la creatività in...
117K 4K 60
"L'amore è come una partita di calcio: ci sono momenti di gioia e trionfo, ma anche momenti di tensione e sconfitta. Ma con Kenan al mio fianco, sape...
79.1K 3.1K 30
«Sei una brava ragazza, cara Camila. Ma si sa che le brave ragazze sono solo cattive ragazze che non sono ancora state scoperte. E chi sono io per da...