58. Figlio degli elementi

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"Levati, sorella, non voglio farti male. Ti concederò la possibilità di andartene indenne, se ti sposterai subito."

Lucynda, sopprimendo le emozioni che rendevano instabile la sua mente e che la sollecitavano ad aprire il suo cuore, fissava Priscilla con sguardo glaciale, procrastinando l'attacco, mentre quest'ultima si affannava a scuotere Merlino, senza ottenere alcuna risposta. Egli sembrava impossibilitato a muoversi e teneva gli occhi chiusi, mentre il suo corpo era scosso da lievi tremori e lo zigomo colpito stava assumendo sempre di più una tinta violacea. Dopo aver udito quella fredda minaccia, che, seppur pronunciata senza la minima traccia di compassione, di fatto dava adito a una piccola speranza e manifestava un cambiamento positivo, dato che Lucynda si dichiarava disposta a non farle del male, Priscilla prese una decisione coraggiosa, che comunicò fermamente ponendosi di fronte al mago e spalancando le braccia come per proteggerlo.

"Non me ne andrò, Lucynda: se vuoi colpirlo, dovrai colpire prima me!"

Le due si studiarono a lungo in silenzio, col respiro affrettato dalla tensione, fino a che la più anziana, giunta al limite, scelse di mutare strategia, assumendo un'espressione disgustata e sbottando in un ghigno amaro che colse di sorpresa la più giovane.

"Ah! Ignoravo davvero che proprio tu, fra tutti, fossi capace di comportarti da vigliacca! Non è leale approfittarsi della debolezza altrui per vincere un duello! Non eri tu quella che odiava tanto i trabocchetti ed era contraria ai soprusi di ogni genere? Che amava la giustizia e odiava la disonestà e le bugie? Che mi consigliava di non spaventare gli altri, quando davo fasulle predizioni funeste alle persone che mi stavano antipatiche, solo per il gusto di vederle terrorizzate? Sei sempre stata migliore di me, eppure guardati ora, Lucynda! Attaccare chi non è in condizione di difendersi, non è forse un gesto da vigliacchi?! Ah, erano solo parole vuote, le tue?! Non provi un briciolo di vergogna?! Ebbene, la provo io per te! E mi duole il cuore a vederti così..."

Durante la lunga e aspra ramanzina, le narici di colei a cui era diretta fremettero d'inquietudine, le sue pupille si dilatarono per lo stupore suscitato in lei da tale veemenza e le sue mani tremarono in maniera evidente: la Vertelch non era rimasta affatto indifferente alla predica, però non abbandonò il suo proposito, malgrado fosse molto scossa e turbata. La sua coscienza stessa, in fondo, si ribellava a quel comportamento disonorevole, concordando del tutto con la gemella, ma ciò non era ancora abbastanza per convincerla ad esporre la sua fragilità e a mettere a nudo il suo dolore. La sua mente, cocciuta quanto quella della sorella, cercava ancora di bloccare ricordi troppo dolorosi per istinto di autoconservazione. Non poteva fermarsi ora, non dopo tutto quello che aveva fatto... Non dopo che...

"Quella ragazza ingenua non esiste più! Il potere cambia le persone, non lo sai?!"

A quella trita giustificazione, Priscilla storse il naso: non era il suo caso, ne era sicura.

"Non il potere, è il dolore che ti ha ridotto così, un grande dolore che ti tieni dentro e ti ha portato a sfogarti vendicandoti in qualche modo, pur di scordarlo e..."

Lucynda, sgomentata dalla verità contenuta in tali considerazioni, non volle sentire una parola di più.

"Oh, insomma! Che testona che sei! Voglio solo che ve ne andiate e, se per raggiungere questo scopo, devo usare mezzi da vigliacca, come dici tu, allora li userò e non sarai tu a impedirmelo! Tanto, non importa più nulla, ormai. Sì, non mi importa più..."

Eppure, malgrado queste affermazioni, verso la fine del suo discorso la voce stanca le si affievolì, fino a perdersi in un singhiozzo soffocato, che non sfuggì all'orecchio attento dell'interlocutrice.

"Ne sei davvero sicura, cara? Sei davvero sicura di volerlo fare? E dopo?! Dopo che ci avrai tolto di mezzo, credi che sarai forse sollevata? Cosa farai? Continuerai a distruggere e devasta..."

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