52. Sentimenti infuocati

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"C'è ancora molto?"

"Nooo! Smettila di chiederlo! Mi metti ansia!"

Merlino e Priscilla procedevano l'uno dietro all'altra, tenendo i sensi ben all'erta. Per il primo, era un sollievo camminare nei cunicoli illuminati a giorno; l'ambiente gli appariva meno tetro e, soprattutto, non doveva più preoccuparsi di ritrovarsi in mezzo ai piedi gli "pseudotopi": abituati a vivere nell'oscurità, dovevano proprio detestare la luce, dal momento che, per fortuna, non c'era più la minima traccia della loro presenza. Certo, egli sarebbe stato ancora più grato al Saggio se li avesse in qualche modo accompagnati o se avesse rivelato loro che esisteva una formula per allontanare forzatamente dalla fonte le Vertelch recalcitranti a lasciarla e privarle dei loro poteri, offrendogli su un piatto d'argento la soluzione a tutti i loro problemi. Ma, evidentemente, i Sette Saggi non l'avevano inventata - assai poco saggio da parte loro - e non potevano davvero rendersi utili altrimenti in tale circostanza, se non lasciandoli passare e illuminando il labirinto. Pareva che la luce splendente del sole di mezzogiorno venisse emanata dal soffitto roccioso, che, tra l'altro, stava diventando più liscio e alto man mano che avanzavano. Il giovane mago percepiva anche un certo piacevole calore e, inoltre, sapere di avere il sostegno dei Saggi lo aveva messo di buon umore, diffondendo in lui una discreta fiducia nel buon esito della missione e una sana dose di ottimismo, che non guastava affatto, date le circostanze.
Al contrario, Priscilla - neanche a dirlo - era fortemente infastidita da tutta quella soverchia luminosità, di cui lei avrebbe fatto volentieri a meno; eppure, per una volta, si guardò bene dal lamentarsi o dal criticare l'operato del Saggio ad alta voce: dopotutto, era stato un vero onore entrare in contatto con lui, anche se si trattava solo di un frammento della sua anima. Mica era un ciarlatano o un mago da quattro soldiani come quelli insopportabili e vanagloriosi dei tempi moderni! Uno dei Sette Saggi, secondo la leggenda, aveva addirittura dato inizio alle pratiche di divinazione gettandone i fondamenti, dopo aver visto il futuro riflesso nelle acque limpide e quiete del Fior-Uisge Lough; chissà, forse la voce che aveva riconosciuto le sue capacità - "una buona spalla su cui contare", così l'aveva definita! - era proprio la sua! Si era sentita parecchio irritata per essere caduta appieno nella trappola dell'illusione e, soprattutto, per non essere stata la prima a rendersene conto, facendosi bagnare il naso da Merlino: per carità, un altro mago con i fiocchi, ma che, al momento, avrebbe potuto essere suo nipote ed era ancora uno sbarbatello privo di esperienza. La sua irritazione, però, si era placata subito grazie a quell'incredibile incontro; già si immaginava con piacere l'invidia di Gilbert quando gliene avrebbe parlato! Era pronta a scommettere che il combattimento di Artù e Sir Gillian non fosse stato nulla di interessante al confronto e lei avrebbe gongolato per settimane nel ripetergli per filo e per segno le parole pronunciate dal Saggio. Considerato tutto ciò, poteva persino sopportare la luce per un altro po'. Sperava solo che essa non interferisse troppo con i suoi poteri divinatori, indebolendoli; ci teneva a dimostrare ulteriormente le sue capacità, assumendo per Merlino ben più che il semplice ruolo di guida, ruolo che, in fin dei conti, chiunque avesse una buona memoria avrebbe potuto assumere.
Comunque, più la distanza dalla loro meta diminuiva, più entrambi erano colpiti dalla stessa tensione snervante. Merlino, sentendosi spiato, espresse ad alta voce ciò che anche la strega stava pensando.

"C'è troppo silenzio... Ed è troppo facile."

Priscilla, mentre un cattivo presentimento si insinuava nella sua mente, si limitò ad annuire, girando poi in un largo cunicolo che si piegava verso sinistra; a quel punto, era certa che la Vertelch li stesse osservando attraverso il suo grande specchio e dubitava fortemente che li avrebbe lasciati arrivare fino a lei e alla fonte senza fare nulla per ostacolarli. Se era vero che, fino ad allora, li aveva all'apparenza ignorati, adesso stava per accadere qualcosa: avrebbe attaccato da un momento all'altro. Sarebbe stata clemente nei loro confronti, riconoscendoli? Oppure, era talmente fuori di sé che non le importava di fare del male a sua sorella, l'unica parente in vita che le era rimasta? Ah, che sciocca! Non poteva permettersi di diventare sentimentale proprio in quel frangente, aggrappandosi ai dolci ricordi del passato, custoditi come gemme preziose nella sua memoria. No, decisamente non poteva; tuttavia, non era colpa sua se percepiva dentro di sé, in modo sempre più intenso, un groviglio confuso di sentimenti che non le appartenevano: invidia, disprezzo, rabbia, ma anche... angoscia, solitudine e, sì, del rimorso. Non era una novità: pure nei giorni precedenti aveva avvertito distintamente i primi tre, comprendendo come la sorella ne fosse stata sopraffatta, anche se ne ignorava la causa. Allarmata, aveva subito cercato una risposta nella sua fedele sfera, ma invano: non si era mai sentita così inutile come in quella circostanza. Però, quel dolore devastante, unito a quella sensazione di oppressione e soffocamento che genera il rimorso, no, quelle erano emozioni che, prima di allora, non aveva mai avvertito così chiaramente e che, ad ogni passo che faceva, percepiva sempre di più nell'animo della sorella. Doveva essere perché ormai erano davvero vicini a lei, così vicini che non le sembrava vero. Ne era sicura: adesso era lei che aveva bisogno di aiuto e conforto, come ne aveva avuto Priscilla stessa da piccola, quando, dopo aver fatto uno dei soliti incubi - una delle visioni notturne che, all'epoca, la tormentavano e che non aveva ancora imparato a scacciare né, tanto meno, ad interpretare -, si rifugiava nel suo caldo abbraccio; ogni volta, le accarezzava i capelli con dolcezza e pazienza, fino a che si riaddormentava serena. Ora, nonostante fossero trascorse tante stagioni ed entrambe non fossero più le stesse, era giunto il suo turno di offrirle conforto, di essere la spalla su cui poteva piangere e sfogare liberamente quelle emozioni insostenibili, posto che riuscisse ad avvicinarsi abbastanza da poterlo fare e sempre che lei lo permettesse. Girò verso destra, rimproverandosi dentro di sé: doveva mantenersi distaccata, fredda - come da sua abitudine - e considerarla, almeno per il momento, come una nemica da stanare e convincere alla resa. Forse, con l'aiuto di Merlino, avrebbe davvero potuto farla riemergere dalle profondità oscure in cui era precipitata; in fondo, ci doveva essere un motivo valido se l'unica soluzione che la sfera e le stelle le avevano suggerito con insistenza era ricorrere a lui. Anche se sul giovane e impacciato mago che stava camminando alle sue spalle aveva ancora qualche riserva, doveva avere fiducia in lui. Ad un tratto, una corrente di sentimenti ostili la riscosse dalle sue personali considerazioni, facendole percepire un brivido dalla testa ai piedi. Si fermò di colpo, stendendo un braccio in segno d'avvertimento al compagno, che si arrestò all'istante.

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