43. Una lavata di capo

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"Ascosmomniolopsillo! Zucca vuota, che ti è saltato in testa?! A che serve renderti invisibile se poi tu gridi a squarciagola?! Si può essere più stupidi di così, dico io?! E tu pensi di riuscire ad arrivare alla fonte? Usa il cervello, se ce l'hai e non è del tutto bacato!"

Merlino e Priscilla erano arrivati in cima al monte proprio nel momento in cui Artù sollevava la spada per colpire di nuovo il suo avversario, dopo che lui e Sir Gillian avevano distrutto un sasso a testa. Il giovane mago non ebbe nemmeno il tempo di rallegrarsi per il loro successo e per il fatto che sembravano ancora tutti interi, che si accorse, allarmato, del pericolo in cui versava il principe: visto che stava per essere colpito dall'enorme scudo scagliato dall'altro energumeno, egli non ci aveva pensato due volte prima di avvertirlo, scordandosi che Artù non avrebbe certo dovuto sentire la sua voce, dal momento che egli stesso non doveva essere lì. Aveva fatto anche due passi verso di lui, pensando solo ad aiutarlo e a raggiungerlo, a rischio della sua stessa incolumità, ma Priscilla l'aveva bruscamente afferrato per un braccio e, strattonandolo con una forza insospettata, l'aveva costretto ad acquattarsi con lei dietro a un grande masso, lo stesso dietro al quale si erano nascosti i loro amici in precedenza.
Ora che Artù, fortunatamente, era scampato al pericolo, Merlino era costretto a sorbirsi la predica di Priscilla, che stava inveendo a bassa voce contro di lui, rimproverandolo senza mezzi termini per la sua sconfinata stupidità. Beh, la sua rabbia era comprensibile e non poteva certo biasimarla; aveva agito senza badare minimamente a cosa avrebbe potuto pensare Artù nel sentire la sua voce senza vederlo, ma, in fondo, riteneva che questa fosse una cosa molto meno grave rispetto alla vista del futuro re di Camelot ridotto allo spessore di un lenzuolo. Probabilmente, alla fine egli avrebbe creduto di essersi sbagliato e di avere soltanto immaginato la sua voce. Quando finalmente la strega smise di sgridarlo per riprendere fiato, tentò di parlare a sua discolpa, pur essendo davvero un po' intimorito: non aveva mai visto Priscilla così alterata neppure quando discuteva con Gilbert. In quel momento, aveva assunto una tonalità paonazza, come se fosse in procinto di esplodere, probabilmente anche per lo sforzo di trattenersi dal gridare per non farsi sentire dagli altri. Incredibilmente, nonostante le sue dimensioni, faceva quasi più paura lei dei Menearth.

"Avete ragione, ma non potevo mica restare lì in silenzio a guardare Artù che veniva schiacciato da quello scudo enorme! Che altro avrei potuto fare da così lontano? Non potevo certo spingerlo a terra!"

"Ah, saresti stato capace pure di fare quello! Ti ricordo che tu, e quindi anche io, sei del tutto indifeso contro i Menearth: non puoi immischiarti nella lotta tra loro e Artù! Anzi, per l'Orsa Maggiore, dove volevi andare?!"

"Beh, pensa..."

"A farci ammazzare, non è vero? Sai benissimo che i Menearth se ne fanno un baffo dei tuoi poteri! Devi evitarli! Il nostro unico scopo è riuscire ad entrare nella grotta tutti interi, con la testa sul collo, se ce l'hai! Te ne eri forse dimenticato?"

Merlino deglutì imbarazzato, poi ammise la verità.

"Beh, in quel momento sì, volevo solo aiutare Artù e pensavo che..."

Priscilla, interrompendolo di nuovo, gli agitò stizzita un dito sotto la punta del naso.

"No no, tu non pensavi affatto! Da morto non sarai certo utile a nessuno: cerca di ricordartelo, invece di fare l'eroe! Loro tre se la caveranno, noi dobbiamo solo pensare ad entrare là dentro e arrivare da mia sorella! Chiaro?"

Il giovane emise un sospiro rassegnato e contrito, puntando lo sguardo a terra. Era inutile ribattere: aveva ragione lei, anche se, se avesse potuto tornare indietro a poco prima, avrebbe comunque agito allo stesso modo. Non sapeva, dopotutto, fino a che punto fossero efficaci gli incantesimi di protezione di Gilbert e la sopravvivenza di Artù, per lui, veniva prima di ogni altra cosa. Non era affatto solo una questione di dovere o di responsabilità: era suo amico, il suo migliore amico, e non poteva fare a meno di preoccuparsi della sua incolumità. Anzi, era più di un amico, più di un fratello, più di... Non esisteva un termine adatto a esprimere l'intensità del legame che si era creato tra di loro: sapeva soltanto che avrebbe sacrificato qualunque cosa per il suo bene, persino se stesso e i suoi poteri. Priscilla riprese a parlare, addolcendo leggermente il tono.

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