12.Up All Night

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12.

Let me get this straight, do you want me here?
As I struggle through each and every year
And all these demons, they keep me up all night
(Blink 182-Up All Night)

Alycia POV

Maia è ripartita da poche ore e io mi sento già vuota. È la mia migliore amica, con Marny e la polizia l'unica persona che sa cosa mi è successo. Il mio respiro è accelerato e torno di nuovo a vedere nero. Mi alzo dal letto e lancio il cuscino per terra. Questa vita mi ripugna. Non sto né vivendo, né sopravvivendo. Sono in un limbo senza via d'uscita, una miserabile culla di dolore e illusione di una possibilità di fuga. Urlo con tutto il fiato che ho in gola. Nessuno mi sente. Nessuno mi può sentire. Mi dirigo verso il piccolo armadio di fronte al mio letto. Lo apro e afferro una bottiglia a casaccio. La stappo e comincio a trangugiarla come fosse acqua. Ha un sapore orrendo, ma non mi interessa. Ho solo bisogno di dimenticare. Scoppio a piangere. Fisso il vino di fronte a me. La qualità è davvero pessima, lo si vede dal colore. Sospiro. No, forse non è questo ciò di cui ho bisogno. Frugo nella tasca della mia felpa e ne estraggo il cellulare. Scorro la rubrica, indecisa sul da farsi. È quasi l'una di notte ed è domenica, ho espressamente vietato a Marny di fermarsi da me e Lindsey ed Eliza staranno già dormendo. Già, Eliza. Sabato non ha fatto altro che evitarmi. L'idea di aver sbagliato qualcosa e averla inavvertitamente ferita non riesce ad abbandonare la mia mente. Non sono padrona del mio corpo. Non so nemmeno io cosa sto facendo. Le dita si muovono da sole sul display. Ascolto il telefono che suona a vuoto, in attesa di una risposta. Non voglio restare sola. Non voglio dimenticare, voglio solo poter andare avanti. Sto tremando. Il cellulare continua a suonare a vuoto, quel fastidioso tu-tu non lascia spazio ad alcuna voce umana. Sto per arrendermi. Alzo il pollice e lo abbasso, per poter spegnere la chiamata.
«Pronto? Aly, tutto bene?». E il mio respiro va completamente fuori controllo.

Eliza POV

Sono consapevole del fatto che sia tardi, ma non so che altro fare. Busso alla porta. Un assonnato Bob mi apre, sorpreso di vedermi a quest'ora.
«Eli, è quasi l'una.»
«Lo so, ma non ho altro posto in cui andare.» rispondo. Bob si stropiccia gli occhi e mi invita ad entrare. Mi fa accomodare in cucina e tira fuori una birra ghiacciata dal frigo. Mi conosce troppo bene. Stappa la bottiglia e me la porge. Lui, invece, si prepara un caffè bollente e se lo versa in una tazza, attento a non scottarsi. Si siede accanto a me, non del tutto sveglio. «Che succede, Taylor?» domanda. Mi rigiro la birra fra le mani, incapace di cominciare il discorso. Ho bisogno di parlare con lui di questa cosa, ma sono bloccata. Non perché sia il mio ex, ma perché la prima a non accettare i miei sentimenti sono io.
«Eli, hai intenzione di dire qualcosa o posso tornare a dormire?». Prendo il respiro. Lo guardo negli occhi. Ho paura di quello che sto per confessare ad alta voce. L'ho già fatto con Lindsey, ma ora è diverso.
«Io... Mi piace una persona, Bob.». Mi guarda confuso.
«È una bella cosa, perché hai quella faccia da funerale? È sposato?»
«È una ragazza.» rivelo in un sospiro. Bob si acciglia. Non se l'aspettava, decisamente.
«È Alycia.» sussurro, quasi sperando che lui non riesca a sentirmi. E invece mi sente, eccome se mi sente. Per poco non si soffoca con il caffè. Sgrana gli occhi. Distolgo lo sguardo, carica di vergogna.
«Beh, è... Come dire, è una sorpresa.». Cala un silenzio imbarazzante. Mi gratto la nuca.
«Bob, io non posso farle questo. In primo luogo, non so nemmeno se sia lesbica o bisessuale. Io stessa fatico ancora ad accettare questa parte di me. E poi, non sta abbastanza bene per poter affrontare una cosa del genere. Se dovesse rifiutarmi, sarei costretta a sparire dalla sua vita e le provocherei solo dolore. Se invece dovesse ricambiare, non avrebbe la forza per rendere la nostra ipotetica storia pubblica. Giornalisti, fotografi, fan impazziti, lo sai come gira il nostro mondo.  Non posso permettere che lei soffra ancora.». Bob posa il caffè. Si dirige verso la dispensa e tira fuori del whisky e due bicchieri.
«Direi che abbiamo bisogno di qualcosa di forte.» spiega e io annuisco. Versa l'alcolico e beve tutto d'un fiato. Faccio lo stesso. Si gratta la fronte, alla ricerca di qualcosa da dire che non sia un mero discorso di circostanza.
«Innanzitutto, cosa Alycia è in grado o meno di fare lo sa solo lei. Non sottovalutarla, Eliza. Starà anche male, ma non è debole. Non nasconderti dietro i suoi problemi.». 1-0 per Bob, palla al centro.
«In secondo luogo, se non te la senti di dirglielo ora, aspetta un momento più propizio. Ne hai parlato con Lindsey?». Annuisco.
«Mi ha detto di fare attenzione e ha ragione. Non sappiamo a cosa siano dovuti i suoi attacchi d'ansia, se io dovessi forzare la mano, potrei romperla.». Ho le lacrime agli occhi. Il solo pensiero di poterle fare del male mi uccide. Bob appoggia la sua mano sulla mia. Mi sorride.
«Linz ha ragione. Solo, non usare tutto questo come scusa per scappare da lei, Eli. Ha bisogno di te, a prescindere dalla forma. Lindsey mi ha raccontato del vostro pic nic, è innegabile che la sua e la tua presenza siano vitali per lei.». Chiudo gli occhi per qualche istante, cercando di non scoppiare in lacrime. Bob mi stringe a sé. La suoneria del cellulare mi riporta alla realtà. Leggo il nome sul display e sbianco.
«Pronto? Aly, tutto bene?». Silenzio. Sento solo il suo respiro farsi sempre più affannoso.
«Aly? Ti prego, rispondi.» insisto. Sono terrorizzata.
«C-canzone.» balbetta. Stringo i pugni. Mi sento così inutile.
«Bob, grazie di tutto, io...»
«Vai. E salutamela. Dille che mi manca tanto.»
«Lo farò.» prometto, per poi precipitarmi per strada. Raggiungo l'auto e volo verso casa di Alycia. Sono agitatissima e fatico a districarmi tra il mazzo di chiavi che ho in mano. Dopo svariati minuti, riesco ad aprire il cancello e, successivamente, la porta.
«Alycia, sono qui!» esclamo. Nessuna risposta. Ho il cuore in gola. Salgo velocemente le scale. La porta della sua camera è aperta. Entro cercando di fare più piano possibile. E, infine, la vedo. È seduta ai piedi del letto, le ginocchia schiacciate contro il petto. Ha gli occhi chiusi e le guance bagnate per le lacrime. Mi accuccio di fronte a lei e le carezzo il viso, con delicatezza.
«Aly, apri gli occhi.» sussurro. Lentamente, Alycia obbedisce. Poco a poco, i suoi occhi si schiudono, rivelando un tesoro smeraldino intenso e pieno di sofferenza e domande. Non è il momento per lasciarsi investire da tutto questo verde. Le sorrido, chinando leggermente lo sguardo.
«Sei qui...» mormora.
«Sì, sono qui.» confermo. Senza preavviso, si stringe a me. Sussulto, sorpresa da quel gesto. Non so bene cosa posso o non posso fare e decido di provare a carezzarle la schiena. Non si scosta e gioisco in silenzio. La sento tremare e singhiozzare. Sta piangendo sulla mia spalla e mi sta dando il permesso di stare con lei. Bob e Lindsey hanno ragione, non posso usare la mia paura verso i miei sentimenti per scappare da lei. Ha bisogno di me e non posso ignorare questa verità. La cullo, il più delicatamente possibile. Quando vedo che si è calmata, la faccio adagiare sul letto. Le rimbocco le coperte e le carezzo la fronte.
«Per qualsiasi cosa, sono di sotto.» la rassicuro. Mi avvio alla porta e faccio per uscire, quando la sento chiamare il mio nome. Mi giro. Di nuovo quel verde. Ho le gambe molli, ma non lo do a vedere.
«Ti prego, resta.» mi supplica, la voce così sottile che devo sforzarmi per capire cosa ha appena detto. Ho paura, ma lei ha bisogno di me. Annuisco. Mi tolgo le scarpe e mi siedo ai piedi del letto, ma Alycia mi fa segno di sdraiarmi vicino a lei. Ho il cuore che mi martella nel petto. Mi stendo accanto a lei, facendo attenzione a non sfiorarla. Si gira e mi abbraccia. La lascio fare e le carezzo i capelli, fino a quando non si addormenta. Sospiro. Sarà una notte molto lunga.

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