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8.

Annihilation never looked so good
[...]
Put me out of my misery,
My mind feels like an archenemy
Can't look me in the eyes
I don't know what hurts the most,
Holding on or letting go
Reliving my memories
And they're killing me one by one
(Bring Me The Horizon-1x1)

Alycia POV

«Signorina Debnam-Carey, come si sente oggi? So che ha fatto dei progressi.». Non rispondo e fisso il muro alla mia destra. La dottoressa Craven è una delle migliori terapeute di Los Angeles e le sue sedute mi hanno indubbiamente aiutata molto, ma oggi non ho molta voglia di parlare.
«Marny, la sua amica, mi ha detto che ci sono due persone nuove a farle compagnia.»
«Non sono nuove, le conosco da tempo.» la correggo, con fare scocciato.
«Oh, capisco. E com'è il rapporto con loro?». Alzo gli occhi al cielo. Sto implorando che questa seduta finisca presto.
«Se non parla, è peggio.» prova a stimolarmi la donna. Scuoto il capo.
«No, non posso andare più a fondo di così.» replico. La vedo sussultare, forse contenta di avermi sentita, finalmente, esprimere una posizione sulla mia vita.
«E perché pensa questo di sé?» mi chiede.
«Ma mi ha vista?» sbotto. I suoi occhi si velano di tristezza. Questa donna è affranta per me? Si sistema gli occhiali sul naso e mi sorride. Odio quando la gente fa così. Odio quando cela giudizi dietro ad uno stramaledetto sorriso. Sì, lo so, sono rotta. Non ho idea di cosa possa farmi ritornare a vivere. Al momento, penso di non voler nemmeno uscire dalla mia condizione. Si sta bene immersi nel dolore, dopo un po' diventa così familiare, così amichevole. Il mondo fa paura, è un mostro spaventoso da cui guardarsi. Non ho più la forza di affrontarlo. Non ne ho la voglia.
«L'ora è finita, ci vediamo la prossima settimana.» annuncia la terapeuta. Annuisco, senza rispondere. Mi alzo e mi rifugio in camera. Mi siedo per terra, la testa incuneata fra le ginocchia. Finalmente sola, mi concedo il lusso di lasciarmi andare, liberando tutte le lacrime trattenute fino a quel momento.
«Aly, fammi entrare.» supplica Marny. Non rispondo.
«Aly, ti prego!» insiste la mia amica.
«No!» rispondo, al limite della disperazione. Dovrei aprire la porta. Dovrei permetterle di entrare. Dovrei, ma non lo faccio.

Eliza POV


Uscire a fare shopping con Marie è stata una pessima idea. Non avrei mai pensato  di trascorrere un'intera giornata in giro per negozi. Cerco di inventare una scusa per tornare a casa, invano. Marie mi trascina da un negozio all'altro, imperterrita. Non ho nemmeno ben capito cosa stia cercando. La suoneria del cellulare mi dà l'occasione per allontanarmi dall'ennesima vetrina. Quando leggo il nome sul display, però, sobbalzo.
«Marny?». Mi vomita addosso una quantità di parole immensa, tanto che non riesco a capire minimamente il problema.
«Marny, parla piano!» le dico.
«Si tratta di Aly... Ti prego, ho bisogno di aiuto.». Mi si gela il sangue nelle vene. Non ho il coraggio di chiedere che cosa stia succedendo.
«A-arrivo subito.» dichiaro. Spengo la chiamata e rimango ferma per qualche secondo. Marie mi schiocca le dita davanti agli occhi, risvegliandomi da quello stato di catalessi.
«Stai bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma.». No Marie, peggio.
«Devo andare.» mormoro. La mia amica mi lancia uno sguardo confuso. Mi volto e corro alla macchina, senza spiegarle nulla.
«Eli, e io come torno a casa?» la sento chiedere alle mie spalle.
«Chiama un taxi!» le rispondo, senza girarmi. Raggiungo l'auto e mi ci fiondo dentro. Inserisco la chiave nel blocchetto d'accensione, non senza fatica. Ho il cuore in gola, Marny non mi avrebbe mai telefonato se non fosse successo qualcosa di grave. Dopo non pochi tentativi, riesco ad avviare l'auto. Sfioro un frontale con un motorino e sfreccio verso casa di Alycia, incurante delle multe che potrebbero arrivarmi. Non avevo fatto i calcoli con il traffico di Los Angeles.  Mi ritrovo a suonare il clacson a mille, pur di riuscire a passare. Mi immetto pericolosamente in un incrocio, ignorando un semaforo rosso e, finalmente, arrivo a destinazione. Parcheggio e mi precipito alla porta. Marny non mi fa neanche infilare la chiave nella toppa, mi apre senza troppe remore. Ha gli occhi gonfi e il respiro corto. Ora ho seriamente paura.
«Dov'è?» domando, terrorizzata all'idea di sentire una risposta.
«I-in c-camera.» risponde Marny tra i singhiozzi. Non capisco. Alycia è sempre nella sua stanza.
«Si è chiusa a chiave. L'ultima volta che l'ha fatto, io e Maia l'abbiamo... L'abbiamo trovata completamente fatta e ubriaca che vomitava sul pavimento. Le sue intenzioni non erano per niente buone, Eli. Senza Maia non riuscirò mai a farle aprire la porta.» mi spiega Marny. È spaventata e come darle torto. Sospiro e, salite le scale, busso. Nessuna risposta. Ho il cuore in gola.
«Aly, sono io. Ti prego, apri.». Ancora niente, solo silenzio. Marny è per terra, le mani nei capelli.
«Aly, apri la porta. Giuro che non ti impedirò di continuare ciò che stai facendo, qualsiasi cosa sia. Voglio solo...». Mi fermo. Già, cosa voglio? Poter sapere che sta bene. Poter guardare i suoi occhi. Poterla stringere a me e dirle che va tutto bene, che le voglio bene anche se lei non se ne vuole. No, non posso dirle queste cose. La spaventerei ancora di più.
«Voglio solo poter cantare ancora. Sei l'unica che mi ascolta senza lamentarsi. Se mi fai entrare, posso cantare una canzone mentre tu continui a occuparti delle tue cose. Che te ne pare?». I secondi trascorrono così lenti, da sembrare ore. Sto già studiando la porta per capire come buttarla giù, quando un click sordo mi permette di tornare a respirare. Ha ceduto. Ha aperto la porta. Faccio cenno a Marny di restare dov'è e varco la soglia, lentamente. Alycia è sul balcone, appoggiata alla ringhiera con i gomiti. Mi avvicino a lei, ma non la tocco. Voglio che torni a fidarsi di me, che non mi tema.
«Hai promesso una canzone.» mormora, dandomi le spalle. Ho un nodo in gola.
«Canterò, ma solo se entriamo.». Si volta. I suoi occhi verdi sono spenti, quasi neri. Si porta una mano alla bocca e mordicchia l'unghia del pollice. Sta cercando di elaborare una risposta. Si guarda intorno, girandosi prima verso la ringhiera e poi verso di me. Le sorrido. Voglio solo che si senta al sicuro. Voglio solo che scelga me.

Alycia POV

Mi sorride. È un gesto così diverso da quello della Craven. Non c'è giudizio sul suo sorriso, ma solo affetto. Mi tende la mano. Non so perché, ma cedo e l'afferro. Mi lascio trascinare dentro la mia camera. Sono un burattino nelle sue mani. Mi fa sedere sul letto e si accomoda accanto a me. Non mi sfiora nemmeno. Le faccio così paura?
«Aly...» esordisce. I suoi occhi azzurri mi guardano con preoccupazione. Non è stupida, sa benissimo perché fossi sul balcone.
«So di non essere Maia e che non potrò mai capire fino in fondo cosa stai passando. D'altronde, non ho nemmeno idea del motivo per cui ti senti così. Quello che voglio dire è che io sono qui. Dicevo sul serio prima, sei l'unica che mi ascolta mentre canto.». Non resisto più. Scoppio a piangere. Ho bisogno di liberare tutto il dolore che nascondo dentro di me. Ho bisogno di mostrarlo, di non vergognarmene più. Titubante, Eliza allunga un braccio verso il mio volto. Perdo un battito. Ho paura. Non voglio farmi male. Non di nuovo. Chiudo gli occhi. Il tocco leggero della mano di Eliza sulla mia guancia mi fa sussultare. È delicato e non sporco. Mi asciuga le lacrime e mi carezza la fronte. Riapro gli occhi. Eliza è di fronte a me e mi guarda con le sue iridi azzurre. Ha paura di aver esagerato, lo sento. Le faccio cenno che va tutto bene, per rassicurarla. Mi sorride, sollevata.
«Riposati.» sussurra, invitandomi a stendermi. Si alza e si dirige verso la porta. Devo fermarla. Devo farla restare. Ho bisogno che lei resti. Sto andando di nuovo nel panico. Non voglio rimanere sola con la mia testa. Ho paura, paura di me. Ho il terrore di quello che la mia testa potrebbe dirmi di fare o provare. Eliza torna da me, di corsa. Si siede ai piedi del letto e mi prende la mano. La lascio fare, senza resistenze.
«Aly, sono qui.» mi sussurra.
«Canzone.» biascico, con le poche forze rimaste. Non se lo fa ripetere due volte e intona una melodia a me sconosciuta, eppure così bella. Ed è tutto ciò di cui ho bisogno in questo momento.

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