6.Rescue Me

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6.

Rescue me
From the demons in my mind
Rescue me
Rescue me
(Thirty Seconds To Mars-Rescue Me)

Alycia POV

Non riesco a smettere di piangere. Mi sono trattenuta fino a quando Eliza non è uscita, ma non ce l'ho fatta a resistere più a lungo. Avrei voluto parlare con lei, chiederle perché lei e Lindsey hanno accettato di restare qui con me. Avrei voluto chiederle scusa per essere sparita, per aver fatto intendere dei sentimenti che non mi appartengono. Non potrei mai odiare i miei amici, men che meno Lindsey ed Eliza. Linz è un vulcano, mi ha presa sotto la sua ala e credo che detestarla sia impossibile. Quanto ad Eliza, beh, non penso potrei mai volerle male. Non volevo scomparire nel nulla. Non volevo farle soffrire. Non volevo tutto questo, ma non ho potuto evitarlo. Sento il sapore salato delle lacrime invadermi la bocca. Poso una mano sul mio grembo. Soffoco un urlo. Fa male anche se non fa male. Non trovo un senso in tutto questo, ma in fondo non credo che ne esista uno. Mi riverso sul letto. Ogni mattina questo dolore mi assale e mi stringe in una morsa. Ogni mattina mi lascio avvolgere da questo serpente e non gli permetto di lasciarmi andare. Non lotto più. Non cerco libertà. Non la voglio, non la merito. Mi lascio inghiottire da quest'ombra, da questo dolore. È giusto così. Sento il petto gonfiarsi sempre più velocemente. Sto annaspando. Cerco di incamerare quanta più aria possibile, ma non ci riesco. Ho paura, tanta paura. Potrei chiamare Eliza. Lei salirebbe e mi aiuterebbe. Potrei. Dovrei. Eppure, non lo faccio. E resto sola con le mie angosce. Resto sola con il mio terrore. Resto sola con i miei terribili ricordi. Resto sola.

Eliza POV

Sono stravaccata sul divano. Ho acceso la TV, ma non la sto guardando. Sospiro. Lindsey si siede accanto a me. Non ha ancora avuto il coraggio di andare di sopra. In compenso, ha preparato del pollo con i peperoni.
«Ti ricordo che Alycia fatica a mangiare.» commento la scelta del menù. Alza gli occhi al cielo.
«È un piatto semplice, gustoso ed economico.» replica. Inarco un sopracciglio.
«E da quando abbiamo problemi economici che ci obbligano a cucinare cibo a basso costo?». Colpita e affondata, Lindsey.
«Ne avevo voglia, va bene?» ammette, facendo un buffo broncio. Ridacchio, divertita. Mi metto a sedere e le schiaffeggio la gamba.
«Ahia!» si lamenta. Non trattengo più le risate e mi alzo. Lindsey sembra malinconica.
«Secondo te devo cucinare qualcosa di diverso?» chiede. È palesemente dispiaciuta e convinta di aver commesso un errore. Mi accuccio e le poso le mani sulle sue cosce. Le sorrido.
«Vedremo, magari se la sente. In ogni caso, ho intenzione di assaggiarlo, sembra proprio buono.». Lindsey si rasserena e si alza in piedi.
«Andiamo a chiamarla.» propone. La seguo per le scale, in silenzio. Quando entriamo nella camera, ci si gela il sangue nelle vene. Alycia è nel mezzo di una crisi d'ansia fortissima, ben peggiore di quello che l'ha colpita alla serata. È riversa sul letto, prona. Respira in modo affannato e il volto è completamente stravolto. Il piattino con i biscotti è per terra, rotto in mille pezzi. Non so cosa fare. Non sono pronta. Provo ad avanzare verso di lei, ma la vedo indietreggiare sempre più, fino a diventare un tutt'uno con la parete.
«Aly, siamo noi.» la richiama Lindsey, con dolcezza.
«Maia...» mormora Alycia. Lindsey le si avvicina quel che basta per stabilire un contatto visivo.
«Vuoi Maia? Le possiamo telefonare.»
«Sì, ora la chiamo.» asserisco, mostrando il mio telefono. Faccio per digitare il numero, quando la vedo scuotere il capo.
«No!» urla. Io e Lindsey non sappiamo che pesci pigliare. Ci scambiamo un'occhiata confusa, sperando di trovare un'idea che, però, non arriva. Decido di fare l'unica cosa che mi viene in mente. Mi siedo per terra e comincio a cantare, sperando che funzioni.

Alycia POV

La melodia si insinua fra le pieghe della mia ansia. Mi chiede di fidarmi, di seguirla. Non mi promette la pace, ma solo la calma, per un breve periodo. La mia testa mi ordina di restare con lei, ma io voglio uscire. Voglio liberarmi di queste catene. Voglio seguire questa melodia. Eliza mi sta chiedendo di lottare per la mia libertà. Io non ne sono in grado. Io sono una schiava e non so come si combatte per riconquistare la propria vita. Eppure, voglio seguire questa promessa. Per la prima volta in due mesi, voglio fidarmi. Eliza mi sta tendendo la mano e io devo solo stringerla. Devo solo abbandonarmi a questa melodia. Sono un neonato strappato all'utero della madre. Nasco a vita nuova e vagisco. Il primo pianto, il primo respiro. Sì, finalmente respiro. Finalmente vedo. Eliza è davanti a me e mi sorride. È sollevata.
«Come stai? Meglio?» domanda, timorosa. Ha paura di farmi male. Lei non è come lui. Lei non vuole farmi del male.
«S-sì.» balbetto.
«Te la senti di venire a pranzo?» chiede Lindsey.
«N-non lo s-so.» rispondo. È la verità. Ora sono qui, ma non so quanto potrò resistere fuori dalla mia testa. Non voglio sprofondare di nuovo nel buio. Non voglio tornare lì dentro.
«Aly, calmati. Che ne dici se veniamo a pranzare qui? Così tu non sarai sola. Linz ha cucinato del pollo con i peperoni, ma se non te la senti possiamo prepararti qualcosa di più adatto.»
«No, va benissimo.» le rassicuro. Le vedo scambiarsi un cenno d'intesa e Lindsey scende di sotto. Rimango sola con Eliza. I suoi occhi blu mi sondano, come per capire cosa mi frulla nella testa. Mi dispiace, ma non posso dirlo. Non sono riuscita a confessarlo nemmeno a me stessa. Mi intristisco nuovamente.
«Aly, ehi...». Alzo lo sguardo. Eliza si è avvicinata e si è seduta sul letto, di fronte a me. Azzarda e allunga la mano, fino a stringere la mia. Deglutisco. Ho paura di farmi male, invece sento solo sollievo e dolcezza. C'è tanta tenerezza in questo gesto così semplice, un'intimità che non sperimentavo da tempo.
«Eccomi con il pranzo!» esclama Lindsey, distruggendo la bolla che si era creata. Mi volto verso di lei e prendo il piatto che mi porge. Ho lo stomaco in subbuglio, ma decido di provare a mangiare. Una forchettata, poi un'altra. Una cosa è certa. Qualcosa è cambiato. Oggi sono uscita dalla mia cella e non posso fingere che non sia successo.

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