Dubbi laceranti

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 Si rigirò nel letto, che all'improvviso era diventato rovente. Heris spalancò gli occhi madida di sudore, destandosi da quel sogno denso di memorie.

Si mise a sedere inspirando forte e passandosi una mano tra i capelli aggrovigliati. Si alzò dal letto e nel buio cercò a tentoni la candela, che poi accese rischiarando la stanza. Muovendo dei passi incerti sul pavimento, si avvicinò allo specchio e là osservò la propria immagine riflessa, il volto affaticato, il corpo scarno come un arbusto.

Si vide per quello che era realmente, una volta dismessi i panni velleitari dell'eroina, della salvatrice. Salvare cosa poi? Un gruppo di regni ipocriti uniti in un'alleanza fatiscente solo per il proprio tornaconto.

Una bambina, ecco come la vedevano, ecco cos'era realmente. Una stupida, sciocca bambina. Erano state tutte menzogne. Era stata addestrata come un cucciolo obbediente, indottrinata come una stolta ignorante, ma in fondo non era forse la verità? Non era solo una misera mocciosa, zotica e acerba, che si era ritrovata a fare l'eroina solo per delle circostanze fortunate? Era assolutamente normale che l'avessero trattata come una pedina e non come un essere pensante.

E lei aveva assorbito tutto, aveva creduto a tutto senza mai un dubbio, senza mai vacillare. Loro erano i buoni, loro erano nel giusto, chi si opponeva era un demone malvagio e senza possibilità di redenzione e andava ucciso a vista; era tutto facile, tutto comodo e conveniente, una dicotomia netta e chiara. Sogni, desideri, ambizioni personali, aveva rinunciato a tutto, sacrificandolo su quell'altare malfermo. Mai una volta aveva fatto qualcosa solo per se stessa, per il proprio gusto o piacere personale, mai una volta aveva deviato.

Ricordava che da piccola un pensiero importuno le veniva spesso in mente. Trovava curioso che il loro dio, quell'inaccessibile Zorianne che li sorvegliava pur senza avere occhi, che li guidava e li giudicava pur senza avere voce, avesse così tanto in comune col Re Demone. Entrambi erano due entità vaghe, intangibili, di cui era impossibile conoscere il volto e la vera identità. Trovava bizzarro come il bene supremo e il male più infimo si assomigliassero così tanto. Naturalmente si curava di tenere la bocca ben serrata ogniqualvolta quell'idea pizzicava le sue labbra ciarliere. Al Maestro Taros sarebbe venuto un colpo a sentire un'iniquità simile, l'avrebbe tacciata di blasfemia e costretta a salmodiare in ginocchio per un'ora in penitenza. Tali pensieri sacrileghi non erano ammessi.

Poi era finita in quel castello, in quella che pensava sarebbe stata la sua tomba, e tutto aveva iniziato a sfumare, il mostro era diventato una persona, un individuo non così spiacevole, un sovrano generoso ma combattuto, lacerato dall'urgenza di trovare un modo per far sopravvivere il suo popolo. Certo la Coalizione aveva ragione in fondo, difendere i propri domini era loro diritto, voler porre fine a una guerra che era costata tante risorse e tante vite era più che legittimo, ma aveva ragione anche il Re Demone, spinto dalla disperazione a causa di un flagello che non si era meritato, a volersi impossessare di altro spazio per sopravvivere.

Quegli esseri avevano acquisito persino un nome nuovo, più solenne e dignitoso: Valthasaki. Scavando tra le sue cognizioni di lingua kemari, Heris ricordò che Valth significava "sangue", un vocabolo che naturalmente compariva ovunque e veniva usato spessissimo in molti costrutti ed espressioni idiomatiche, ma non sapeva che cosa significasse il secondo termine e sul momento non aveva pensato di chiedere.

Tutte le convinzioni con cui era cresciuta si erano dissolte, bruciate come pergamena sulla fiamma, erano sbiadite come quei contorni tra bene e male, che prima vedeva così netti, mentre ora... cos'avrebbe fatto ora? Sarebbe stata capace di uccidere qualcuno che sapeva non essere del tutto iniquo e crudele? Ma d'altra parte, come poteva rinunciare all'obiettivo di una vita, a quel destino che l'aveva resa così fiera, che aveva salvato lei e la sua famiglia? Come poteva tradire i suoi compagni, coloro che lei aveva scelto, e che l'avevano scelta a loro volta? La devozione cieca e incondizionata di Kone, il sostegno e l'affetto tacito di Nime, persino la fedeltà ruvida ma salda di Gavin di Gesias.

Captivated - Il sangue e la spadaWhere stories live. Discover now