Ferita nera

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Quanti anni erano passati? Dieci, quindici forse. Il tempo era diventato ininfluente, un flusso costante che aveva perso di significato nella sua lunga esistenza.

Aveva raggiunto quel rudere fatiscente nonostante la sua posizione remota. I suoi informatori non si erano sbagliati, poteva percepire un potere ancestrale che s'irradiava da quel casolare in rovina. Sapeva perfettamente chi e cosa vi avrebbe trovato dentro. Secondo Izmir il suo era un gesto sconsiderato e folle, perché non sapeva come l'uomo avrebbe reagito trovandoselo davanti, ma per Yagen si trattava semplicemente di un rischio calcolato. Si lasciò guidare dai suoi sensi e salì con passi malfermi una scala pericolante che lo portò al piano superiore. Ispezionò alcune stanze senza risultati, finché non giunse all'ultima, una piccola camera immersa nella semioscurità, rischiarata appena dai raggi lunari che entravano dalla finestra.

Là dentro, il Portatore sedeva immobile come una statua, guardando fuori dalla finestra. Non dette alcun segno di averlo udito entrare, mantenendo la sua posa immutata. Lo sguardo di Yagen schizzò subito verso quel baluginio argenteo che fendeva il buio. Kiogin riluceva in mano a quell'uomo, palpitava come un essere senziente, quasi fosse conscia di trovarsi di fronte la sua vittima designata.

Yagen percepì il sangue scuro colare lungo il proprio braccio, un rivolo viscoso che arrivava fino alla punta delle dita per poi gocciolare a terra. Era una misura preventiva necessaria che gli avrebbe permesso di defilarsi rapidamente nel caso l'uomo avesse tentato qualche gesto inconsulto. Yagen, tuttavia, sapeva che non l'avrebbe mai fatto, non si era presentato senza la certezza di avere altri assi nella manica. Tre assi, per la precisione.

Il Portatore finalmente dette un segno di vita, si voltò e posò sul Re Demone il suo sguardo fosco.

"Sei proprio una bestia" proferì senza curarsi di dissimulare il disgusto nella propria voce.

"Sì, è qualcosa che mi viene detto spesso, soprattutto da quelli come te" replicò Yagen sarcastico.

"Una donna e due bambini piccoli... degli innocenti" sospirò stancamente. "A volte mi chiedo come tu faccia a dormire la notte con tutto il lerciume che hai sulla coscienza, ma credo che ciò possa applicarsi solo a chi una coscienza ce l'ha."

"La mia coscienza non è affar tuo, temo" disse Yagen, poi il suo tono si fece meno duro. "Comunque posso assicurarti che non è mia intenzione far loro alcun male."

"Dimmi, Re Demone, che valore possono avere le tue rassicurazioni per me?" l'uomo sputò per terra con sdegno, poi si alzò in piedi dandogli le spalle.

"Potremmo stringere un'alleanza, se solo tu volessi ascoltare..."

"Un'alleanza?" replicò il Portatore come se la sola parola lo ripugnasse. "No, Re Demone, le mie traversie finiscono qui, farò in modo che tu non possa più nuocere a coloro che amo."

Yagen mosse appena un passo ma fu invano. L'uomo si lanciò dalla finestra e dal rumore sordo che provenne dal terreno sottostante, fu chiaro quale destino egli avesse scelto. Tutto sarebbe ricominciato dunque, un ciclo sempiterno, inesauribile.

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Era esausto.

Aprì gli occhi nella penombra e percepì un respiro lieve alla sua destra. Si voltò e vide Heris stesa a poca distanza, lo sguardo fisso sul soffitto, i capelli e le vesti in disordine A un certo punto lo aveva pregato di fermarsi, sopraffatta da quelle emozioni eccessive e lui aveva obbedito, pur con molta fatica. Aveva giurato che non l'avrebbe mai toccata senza il suo consenso e intendeva onorare il suo proposito.

La trovava bellissima. Non era una bellezza ordinaria, non possedeva uno di quei volti soavi, da bambola, ma aveva lo splendore di uno spirito inquieto che era rimasto sopito per troppo tempo.

Captivated - Il sangue e la spadaWhere stories live. Discover now