Prigioniera

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La prima cosa che udì non appena riprese conoscenza fu il suono molesto dell'acqua che gocciolava dal soffitto, insieme all'odore di muffa e di umidità che le penetrava nelle narici. Socchiuse gli occhi ma l'oscurità densa e vischiosa non le permise di distinguere alcun contorno. Heris si risvegliò nella cella di un sotterraneo, che per lei aveva a tutti gli effetti le sembianze di un sepolcro. Nonostante cercasse di sforzare la memoria, non riusciva a ricordare con precisione l'esatta sequenza di eventi che l'avevano condotta là, a essere in pratica un cadavere che ancora respirava. Si ricordava l'imboscata improvvisa, dovevano averli colti di sorpresa. Rammentava la voce di Gavin che la chiamava in lontananza.

Tutto vano.

Il loro avversario usava ben altri mezzi, ragionava secondo altri principi morali. A pensarci bene per lui catturarla era stata un'inezia. Gli era bastato separarla dai suoi compagni, attirarla lontano approfittando di quell'audacia incosciente che invece si era rivelata solo tracotanza sciocca e ottusa. Heris confidava molto nei propri mezzi, troppo; si era illusa di possedere un'invincibilità che non aveva e lo scotto da pagare sarebbe stato cruento. In meno di un istante si era ritrovata avvolta in una nebbia che odorava di sangue, ne aveva avvertito il sentore pungente, quasi a profetizzarle ciò che sarebbe stato il suo destino di lì a breve, e il mondo si era spento davanti ai suoi occhi. Quel sangue ripugnante, venefico, eppure così potente, intriso di virtù magiche; Heris ne conosceva la provenienza fin troppo bene, pur avendolo percepito per la prima volta solo in quel momento.

Sarebbe finita così, dunque, la sua breve esistenza, proprio nel momento in cui aveva assaggiato la gloria, in cui si era sentita in qualche modo utile e importante.

Sua madre avrebbe pianto con disperazione cieca battendosi il petto, nonostante si fosse già preparata all'evenienza di una sua morte violenta. Sua sorella no, lei non avrebbe pianto, ma si sarebbe chiusa in un mutismo testardo, accusatorio, per chissà quanto tempo. Inviò loro una preghiera silenziosa, sperando che l'avrebbero perdonata.

Un tremito la percorse. Conosceva le storie che si raccontavano sul Re Demone, tutti gli indicibili orrori che avevano alimentato la sua fama, volavano di bocca in bocca, dai cantori raminghi ai popolani alle classi più alte. Venivano proclamate in pubblico, raccontate nelle strade, mormorate tra le mura domestiche e bisbigliate nelle alcove; vi erano persino diatribe quando versioni differenti, frutto di rimaneggiamenti e modifiche, si scontravano, dando vita a discussioni accese per accertare quale fosse la più veritiera. Si vociferava persino che la sua vera forma fosse quella di una creatura ferina, con corna di muflone, gli occhi  grifagni di un rapace e la lingua appuntita come quella di un aspide. Si raccontava anche che fosse in grado di tramutarsi in corvo o sparviero per spiare i suoi nemici dall'alto, ma nessuno era mai riuscito ad appurare la veridicità di quelle voci. 

Tutto questo andava avanti da decenni, sempre accompagnato da ribrezzo, terrore e una punta di fascinazione perversa tanto cara al genere umano, a prescindere da ceto e grado d'istruzione; il popolo aveva bisogno di un diversivo per scacciare la noia in tempo di pace e un nemico comune contro cui scagliarsi in tempo di guerra.

Tali storie di orrore e malvagità erano in gran parte vere. Gavin, il suo arciere, ne aveva avuto un assaggio in prima persona e glielo aveva confermato. Heris ne era consapevole e non s'illudeva certo di ricevere ora la misericordia di quell'essere, non lei. Quei racconti che erano intrattenimento spicciolo per gli altri in quel momento le davano la nausea.

Eppure il terrore che provava si mutò in cieca determinazione. Giurò sul suo onore e sul suo inutile sangue che avrebbe accettato tutto ciò che quell'essere le avrebbero inferto senza proferire un lamento, quella sarebbe stata la sua ultima grande azione. Se pensavano di vederla inginocchiarsi a terra e implorare una pietà che mai avrebbe ricevuto si sbagliavano di grosso, se lo potevano scordare. Rimpiangeva solo il fatto di non poter vedere il seguito, ma si augurò che il suo successore sarebbe stato più assennato di lei.

Captivated - Il sangue e la spadaWhere stories live. Discover now