Capitolo XXXVI

Magsimula sa umpisa
                                    

Avrebbe voluto ammettere che sarebbe stato faticoso rivolgersi a lui come se fosse un suo amico, non solo perché era più grande, ma anche perché era il suo datore di lavoro. E solo la sua presenza lo metteva a disagio.

Però lo accontentò, per non dover subire una lunga chiacchierata e finalmente arrivare al dunque. 

«Sono qui per porgere le mie scuse...», iniziò, abbassando la testa per paura di scorgere nella sua espressione qualche emozione sgradita: «... per il mio comportamento irrispettoso di questa notte. Sono consapevole di aver fatto un grosso errore e di aver macchiato il nome degli Schulz...».

Non riuscì però a concludere il discorso che si era tanto preparato, per tutto il giorno, perché Burk rise di gusto, interrompendo le sue paranoie. 

Alzò di nuovo lo sguardo per poter osservare il padrone di casa e non riuscì a non sembrare sorpreso dal fatto che stesse ridendo sul serio. 

«Che cosa ci trovi di divertente?», non era la prima reazione che si era aspettato, ma comunque neanche la più strana. 

«Ti fermo subito, Connor», riprese l'uomo, smettendo di ridere per qualche istante ma sempre con un sorriso divertito sul volto, che gli illuminava anche gli occhi chiari. Gli stessi occhi di Cornelia. 

«Non sono un uomo fedele alle tradizioni e ai costumi dell'epoca... in verità, non m'importa proprio di nulla», continuò Burk: «Perciò non mi sento affatto offeso dal tuo comportamento, o dal comportamento di mia sorella».

Le parole arrivarono alle orecchie di Connor in modo abbastanza chiaro, eppure non riuscì a crederci subito. Forse perché non si era aspettato un discorso simile, o forse perché proprio non riusciva a comprendere il punto di vista di Burk.

«Mia sorella ha sempre fatto tutto ciò che le piace, senza freni e senza imposizioni... era una ribelle da piccola e per quanto i miei genitori abbiano tentato di mettere un freno alle sue pazzie, lei finiva sempre nei guai».

Quando Connor aveva preso la sua decisione, tutto si era aspettato tranne che un racconto sull'infanzia dei fratelli Schulz. Ma lo accolse comunque volentieri, considerato che sapeva poco di Cornelia.

«Quando loro sono morti e siamo salpati per l'America, l'atteggiamento di Cornelia non è cambiato. Io non le ho mai messo limiti, ne imposto regole... non servirebbero comunque a nulla. Per quanto possa suonare strano, Cornelia è libera di fare le sue scelte, di sbagliare e di pagare per i suoi errori».

«E quindi non ti importa che io e lei... insomma che noi...», Connor non riusciva neanche a parlare chiaramente di fronte al fratello di Cornelia che continuava a fissarlo divertito dalla sua ingenuità.

«Cosa? Che avete fatto sesso?», a Burk di certo non sfuggì l'espressione sbalordita di Connor di fronte alla naturalezza con la quale lui parlava di certe cose. Si concesse qualche istante da dedicare al suo amato sigaro, con la sicurezza che il ragazzo di fronte a lui stava morendo dalla voglia di sentirlo parlare ancora.

«Credi davvero di essere il primo uomo che esce di prima mattina da casa mia, con i pantaloni calati?».

Per quanto una parte di Connor, quella più realistica, si era resa conto fin da subito dell'esperienza di Cornelia sotto le lenzuola, il suo cuore comunque risentì parecchio di quella notizia. 

E le ulteriori parole di Burk non aiutarono: «Ti assicuro che non sarai neanche l'ultimo».

I suoi amici gli avevano accennato allo spirito libero di Cornelia, alla sua indole che poco era propensa a legarsi a qualcuno, eppure lui non voleva crederci sul serio.

Proprio per questo, nonostante la notizia appesa appresa, tirò fuori dalla tasta una piccola sacchetta e la mise sul tavolo: «Io ho comprato un anello», disse con un tono di voce che non aveva nulla a che fare con quello di un uomo felice e in procinto di chiedere la mano di una fanciulla.

Fàilte -Storia di speranza e di riscattoTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon