Capitolo XXXVI

171 14 3
                                    

Non era stato facile per Connor ritrovare la strada per la casa di Cornelia. La prima volta era troppo ubriaco per rendersi conto di dove fosse, e la mattina seguente era alquanto scosso, quindi non aveva segnato l'indirizzo. Inoltre era agitato e nervoso.

Alla luce del sole, comunque, e con occhi più lucidi, riuscì a constatare che effettivamente il quartiere dove viveva Cornelia era ben curato e all'altezza di una fanciulla come lei. 

E più si avvicinava al portone della sua dimora, più si sentiva a disagio e inadeguato. Stava per bussare a quella grande porta di legno, e chiedere in moglie Cornelia al fratello maggiore, ed era sicuro di non poterle dare tutto ciò di cui aveva bisogno.

Cornelia era una ragazza che pretendeva un certo stile di vita, e lui era solo un povero immigrato che lavorava in un cantiere. Non aveva neppure una casa. 

Almeno quando era in Irlanda era un partito migliore. Aveva un tetto sotto la testa di proprietà della famiglia, un lavoro sicuro e perfino un futuro abbastanza solido. Prima della carestia, ovviamente. 

Perciò era normale che una parte di lui fosse così titubante e si chiedesse cosa diavolo stava facendo mentre saltellava da un piede all'altro in attesa che qualcuno lo facesse entrare in casa Schulz. 

Ad aprire alla grande porta scura andò proprio il padrone di casa, Burk Schulz. Vestito già con il suo solito completo elegante per la serata, con i capelli pettinati e un'aria mista tra sorpresa e divertimento.

«Signor Doyle, per qualche strana ragione sentivo di dover aspettare una tua visita... nonostante comunque dovremmo vederci al locale questa sera, tra non molto».

Il suo accento marcato rendeva ogni sua parole più seria e dura di quanto in realtà avrebbe dovuto essere. Per fortuna il sorriso gioviale attenuava l'atmosfera che si faceva sempre più tesa.

«Posso parlarvi?», chiese esitante Connor, ma allo stesso tempo anche impaziente. Voleva togliersi il pensiero e andare dritto al punto. 

In risposta il padrone di casa si fece solo da parte e gli indicò l'entrata con un gesto del braccio, per poi chiudere alle loro spalle la porta. 

Lo condusse fino al salottino in cui si era incontrati quella mattina, che subito fece tonare alla mente di Connor quel momento imbarazzante. 

«Prego, siediti», lo fece accomodare al tavolo dove quella mattina lui stava facendo colazione. Un tavolo che ormai era vuoto. 

«Vuoi qualcosa da bere?», con gesto elegante della mano indicò un carrello pieno di liquori e bevande in un angolo della stanza, ma Connor rifiutò scuotendo la testa con poca decisione.

Forse sarebbe stato meglio prendere qualcosa, così da essere più sciolto nel parlare, ma allo stesso tempo voleva anche rimanere lucido. 

«Posso offrirti un sigaro, allora?», rincarò Burk, da perfetto padrone di casa, ma ancora una volta Connor scosse la testa, senza però pronunciare alcuna parola.

«Bene, se non ti dispiace però io ne fumo uno...», non aspettò il consenso del suo ospite perché quando prese posto al tavolo, di fronte a lui, stava già fumando il suo sigaro. 

Ad una prima impressione sembrava un capo clan di qualche gruppo di malavitosi di Five Points, solo vestito meglio e con una casa più lussuosa. 

Possedere un locale notturno doveva fruttare molti soldi, altrimenti Connor avrebbe fatto fatica a giustificare quella bella dimora, i quadri europei e l'arredamento. Non era come la casa di Martin, ma ci si avvicinava molto. 

«Fate pure...», disse con un certo ritardo ma prima che ancora potesse iniziare il discorso per il quale si era presentato a casa sua, Burk aggiunse: «Ti prego, dammi del tu... mi fai sentire troppo vecchio e snob se mi continui a darmi del voi».

Fàilte -Storia di speranza e di riscattoWhere stories live. Discover now