Capitolo XXV

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Da quando lavoravano per Malone, Loran passava le sue giornate al bancone di quel suo locale per scommesse, sempre sul chi vive, preoccupato che potesse succedere qualcosa di brutto.

O, ancora peggio, che Kale si mettesse nei guai. Cosa molto probabile. Per questo lo aveva seguito dritto nelle fauci del leone, e aveva accettato quel lavoro, se pur non moriva dalla voglia di stare con quelle persone.

Avrebbe preferito faticare tutto il giorno sotto il sole, nel cantiere, piuttosto che doversi perfino guardare le spalle per paura che uno degli ospiti di Malone perdesse la calma e tentasse di uccidere qualcuno.

Era avvenuto, almeno un paio di volte, e Loran si era ritrovato tra il scegliere di farsi i fatti suoi - e quindi non fare il suo lavoro - o mettersi in mezzo rischiando la pelle. 

Le persone, in quel posto, perdevano la pazienza facilmente, si aizzavano l'uno contro l'altro, si picchiavano e s'insultavano e, quando andava peggio, tiravano fuori coltelli e altre armi improprie. 

Kale sembrava perfino godere di quelle situazioni, desideroso di mettersi in mezzo per cercare di placare gli animi e assumere il controllo, per poi cacciare via i più rissosi. 

In poco tempo si era fatto notare, che poi era il suo intento, e dal bancone era passato subito a gestire le scommesse, insieme ad altri tra i più fedeli di Malone.

A niente erano serviti i rimproveri di Loran, che lo aveva pregato di stare alla larga da O'Neel. Kale non ne vedeva il pericolo, anzi, il suo scopo era proprio quello di farsi conoscere e apprezzare dal capo.

«Voglio fare carriera», gli aveva spiegato un pomeriggio, tornando a casa, dopo l'ennesima richiesta di chiarimento per il suo atteggiamento.

«All'interno di una banda di malavitosi?».

Kale aveva alzato gli occhi, scocciato dalle continue sue lamentele e aveva chiuso la conversazione, come ogni volta, borbottando: «Se non ti piace lavorare per il signor O'Neel, sei sempre libero di andartene».

Loran avrebbe tanto voluto essere d'accordo con il cugino, e quindi avere una scusa per filarsela e tornare al lavoro più sicuro nei cantieri, ma la verità era un'altra.

Non aveva scelta, c'era più di un motivo che lo spingeva a tornare tutti i giorni in quel locale e a servire alcolici a gente poco raccomandabile, incline a creare debiti e con il pugno facile. 

Non era solo a causa di Kale che lo faceva, anche se si sentiva in dovere di proteggerlo. 

Avevano da poco iniziato a lavorare al locale e suo cugino si era già fatto notare per la sua intraprendenza e voglia di dare una mano, tanto che Malone, durante la sua visita giornaliera a tutti i suoi locali, lo aveva invitato a bere qualcosa con lui seduto al bancone. 

Non erano stati serviti da Loran, bensì da un suo collega, e lui, inginocchiato a terra a sistemare delle bottiglie, sotto al lungo bancone e molto distante da loro, passò inosservato. 

O meglio, i due non si accorsero della sua presenza ma lui ascoltò tutta la loro conversazione. 

«Ho saputo che sei un ragazzo volenteroso, che brami di avere più responsabilità all'interno della mia famiglia», il tono con il quale Malone pronunciò la parola "famiglia", fece rabbrividire Loran che per poco perse il contatto con la bottiglia di rum che teneva in mano.

Kale rispose con finta modestia: «Mi piace fare bella figura».

«Sei nuovo, e capirai che non sono un tipo che si fida subito di tutti... Non sarei qui se avessi affidato la mia vita, e i miei affari, al primo venuto», stava dicendo Malone, con tono tranquillo ma lasciando trapelare una certa sicurezza.

Fàilte -Storia di speranza e di riscattoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora