Capitolo XXVIII

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Connor non aveva compreso bene dove Agatha lo stava portando. Forse perché neanche lei sapeva bene cosa aspettarsi dall'incontro.

E non sapeva come spiegare al fratello a cosa stavano per assistere, considerato che non ne aveva idea.

Eppure aveva deciso di dare un'opportunità all'invito di Eloise e si era fatta dire con esattezza da Will le indicazioni per raggiungere la casa dove si sarebbe svolta la riunione.

All'inizio voleva andarci da sola, ma poi si era convinta che sarebbe stato meglio essere accompagnata dal fratello.  E quando lui scoprì che avrebbe dovuto attraversare la città, si convinse che non poteva andarci da sola.

La casa infatti era fuori dalla città di New York, in una zona residenziale, quasi rurale, e raggiungerla non fu affatto facile. Furono costretti a noleggiare una corriera per arrivarci ma non appena si ritrovarono di fronte alla piccola, ma graziosa, casa ad un piano con le aiuole nel vialetto, Agatha fu quasi tentata di tornare indietro.

Le ricordava vagamente la casa dove erano nati e cresciuti, ma con meno campagna e più fiori. Ma ciò che le fece venire il dubbio fu l'improvvisa sensazione che fosse un pesce fuor d'acqua, fuori dal suo mondo. 

Connor, che aveva le idee forse ancora meno chiare delle sue, sembrò comunque più baldanzoso mentre attraversava il breve vialetto e bussava alla porta in legno dipinta. 

«Che fai? Rimani in strada?», le chiese, ironico, fissandola con sguardo che probabilmente avrebbe voluto farle mille altre domande. 

Quello fu l'incentivo per Agatha a darsi una mossa e raggiungere il fratello, qualche istante prima che la porta si aprisse. 

Non fecero neanche in tempo a decidere cosa dire, o anche solo ad aprire la bocca per presentarsi che la donna che aveva aperto, bassa e paffuta, sparì nel corridoio gridando: «Sì, sì, appoggia le tartine su quel tavolo».

I due fratelli si guardarono, ancora in piedi davanti alla porta, confusi e a disagio. Nessuno aveva detto loro di entrare e, da fuori, potevano scorgere un piccolo corridoio vuoto. Alcune voci provenivano da un arco a destra, l'entrata probabilmente di un salotto. 

I loro sguardi sconcertati furono interrotti da una voce: «Non entrate?», e quando si voltarono la testa della stessa donna stava facendo capolino dal salotto, con un sorriso amichevole.

«Su, su, ragazzi... entrate».

A quell'invito un po' strano, Connor fece il primo passo e varcò la soglia, seguito immediatamente dalla sorella che si richiuse la porta alle spalle. Nessuno dei due si guardò molto attorno, mentre raggiungevano quella che forse era la padrona di casa oltre l'arco.

Come aveva immaginato subito Agatha, si ritrovarono in un salottino, non molto grande e reso agli occhi ancora più piccolo a causa della quantità di persone che vi erano all'interno.

Venti, o forse più, tra uomini e donne - ma più donne che uomini - si erano riuniti in quello spazio che al massimo avrebbe potuto, in situazioni normale, contenere la metà delle persone presenti.

Molti, la maggior parte, erano seduti su sedie, poltrone e qualcuno anche a terra, mentre alcuni avevano deciso di restare in piedi, in fondo alla sala, godendo della vista dell'intero salotto.

I mobili, che di solito adornavano il luogo erano stati stipati tutti addosso alle pareti, per far spazio alle sedie e agli ospiti e, proprio vicino all'arco di entrata, un piccolo tavolo era stracolmo di cibo e bevande che nessuno aveva ancora toccato.

Dall'altra parte rispetto all'entrata, che dava le spalle ad una vetrata dalla quale entrava il sole di quel pomeriggio, una donna stava in piedi e si rivolgeva a tutti i presenti. 

Fàilte -Storia di speranza e di riscattoOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz