Capitolo XXIV

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Dopo aver suonato per quelle che a Connor sembrarono ore, con qualche pausa per bere e riprendersi un po', quando finalmente gli fu concesso di riposarsi più a lungo, tutti lo volevano al suo tavolo, tutti volevano parlare con lui.

Gli fu difficile riuscire a raggiungere i suoi amici, al bancone, perché fu accolto con un interesse che non aveva mai visto né provato. 

Gli offrirono perfino da bere, ma lui declinò perché si sentiva già abbastanza brillo. Oltre al bicchiere che aveva sorseggiato insieme a Cornelia prima di iniziare, ne aveva bevuti altri due e anche se era in grado di sopportare bene, non era convinto che sarebbe riuscito a distinguere i tasti neri da quelli bianchi. 

«E' inutile», sentì bofonchiare Jasper, con un sorriso derisorio, proprio mentre si stava avvicinando, rivolto a Edward ma continuando a guardare lui che si faceva spazio tra la folla: «Il nostro amico è troppo ricercato per perdere tempo con noi».

Sapeva che stava scherzando, tanto che quando fu abbastanza vicino, si strinsero la mano in segno di saluto e Jasper gli porse l'ennesimo bicchiere pieno.

Era in procinto di rifiutare ma il ragazzo aggiunse: «E' solo acqua».

Considerato che l'ultima volta aveva fatto un errore, Connor prese l'offerta dell'amico comunque con un po' di titubanza per poi bere con gioia una volta accertatosi che fosse acqua. 

«Stai riscuotendo un discreto successo», gli disse Edward, ma la parola "discreto" non rendeva veramente la situazione che si era creata. 

«Direi che è diventato subito il divo del locale, si sono perfino dimenticati del povero Earl», sottolineo Jasper, dandogli una pacca sulla spalla: «D'altronde è un giovane fenomeno della musica».

Non gli piaceva essere lusingato, neanche dai suoi amici, per questo distolse lo sguardo e cercò di tagliar corto: «Ragazzi, basta, ho solo suonato un paio di canzoni».

In realtà aveva fatto molto di più ma, nonostante ne fosse consapevole, non voleva più attenzioni di quante già non gli stavano dando. 

Con lo sguardo intercettò Martin, seduto sempre in prima fila con il suo amico e si congedò dai ragazzi, promettendo che li avrebbe raggiunti al più presto. 

Si sentiva in dovere di andare dal suo benefattore, e ringraziarlo per l'ennesima volta, e inoltre voleva parlare di Agatha.

Avrebbe potuto farlo quel pomeriggio a casa sua, ma si era sentito così a disagio nel provare abiti eleganti da dimenticarsi che avevano una faccenda in sospeso di cui parlare.

Mentre si faceva largo tra i tavoli, e tra i clienti un po' invadenti, era consapevole che sua sorella non avrebbe approvato. Non voleva il suo intervento, ma Connor doveva provarci, al costo di farsi odiare da lei. 

Non appena fu abbastanza vicino, Martin lo vide, gli sorrise e lo invitò a sedersi con loro, sulla sedia vuota, che sembrava essere stata lasciata apposta per lui. 

«Stavo proprio parlando di te, Connor, al mio amico James», esordì sempre più amichevole, indicando l'uomo più grande che gli sedeva proprio accanto e che sorrise interessato: «Stavo dicendo che sono rimasto stupito perché non sapevo del tuo immenso talento».

«E' vero che avete imparato quasi tutto da solo, senza l'aiuto di nessuno?».

Lo aveva rivelato a Martin, il giorno prima, perciò si limitò solo ad annuire, ricevendo in cambio altri complimenti e stupore da parte di James.

Martin, invece, sembrava quasi compiaciuto dal fatto che conoscesse una persona da poter ritenere così interessante come Connor.

O almeno, in quell'ambiente pieno di intellettuali e gente un po' stravagante, lui era considerato un'artista e perciò apprezzato. Gli era bastata una serata per comprendere che quelle persone amavano e bramavano circondarsi di quelli come lui.

Fàilte -Storia di speranza e di riscattoWhere stories live. Discover now