Non gli diedi il tempo di avvicinarsi, che iniziai a camminare in modo svelto verso l'uscita del casinò. A un tratto, una mano curata e morbida afferrò il mio polso e, mentalmente sospirai, complimentandomi per la mia perfetta recitazione, ma anche per la mia bellezza, un'ottima collaboratrice in un piano in cui la seduzione era il punto su cui dovevo far leva.

Mi voltai e i miei occhi spauriti si posarono in quelli chiari di Murray.

«Miss, mi spiace per la sua perdita.» Affermò l'uomo, avvicinandosi leggermente.

«Non si preoccupi, Mr. Alexander. È colpa mia. Sono stata incosciente e ora è giusto che subisca le conseguenze delle mie azioni.» Una lacrima bagnò la mia gota e lui la asciugò con il fazzoletto in seta bianca, che era posto nel taschino della giacca nera.

«Possiamo fare così, se ti va...» Si bloccò non conoscendo il mio nome.

«Jane.» Abbozzai un sorriso imbarazzata che sembrò conquistarlo.

«Bene, Jane, ora, noi due possiamo andare a prenderci un drink e, insieme, possiamo capire come risolvere questa situazione.» Propose, intrecciando le nostre mani.

«Non so se sia il caso.» Mi finsi incerta, facendolo incupire.

«Io sono il proprietario di questo posto.» Mi rivelò. Quelle parole erano una chiara allusione ai soldi che possedeva, nonché il motivo per cui avevo mostrato tanta disperazione.

Spalancai leggermente gli occhi, fingendomi sorpresa e annuii, accettando il suo invito; passò un braccio attorno alla mia vita e mi giudò verso il bar.

Ci sedemmo a un tavolino piuttosto appartato e, con calma, prendemmo a dialogare.

Presto, avevo ottenuto la sua completa attenzione e, grazie ai miei modi raffinati, però, al contempo, languidi, ero riuscita a metterlo in soggezione. Il suo sguardo si alternava dai miei occhi allo scollo del mio vestito che, di sicuro, aveva risaltato il suo interesse nei miei confronti.

La preda è caduta nella trappola. Pensai ironicamente.

Parlammo di me, dei miei interessi, del mio lavoro e della mia città d'origine, mentre di lui accennò ben poco. Avevo intuito fosse un uomo riservato e serio, eppure non tanto da resistere alle lusinghe di una donna che di segreti ne aveva davvero tanti.

Poi, a un certo punto, mi pose la domanda che avevo atteso da quando era cominciata quella messa in scena: mi chiese per quale motivo quei soldi erano importanti per me. Raccontai una storia dettagliata e più veritiera possibile, che lo portasse a credere alle mie parole, senza nutrire dei dubbi.

Gli mostrai le debolezze e le fragilità di Jane, la donna che avevo costruito per attrarlo, e vidi una scia di compassione strisciare in quegli occhi chiari. Grazie alla pressione emotiva che avevo applicato nei suoi confronti, mi rivelò, finalmente, del suo lavoro da Usurai.

Sapevo perfettamente quale fosse il significato di quel termine e sapevo, ancor prima di mettere piede in quel casinò, che Murray fosse uno di loro, eppure, dovetti fingere di non conoscere nulla sull'argomento, pertanto si occupò di spiegarmi lo stretto necessario.

«Presto dei soldi a chi ne ha bisogno e, con il tempo, me li faccio restituire.» Mi aveva rivelato, omettendo, ad esempio, l'illegalità di quelle azioni e il tasso d'interesse scorretto che proponevano ai loro clienti, al punto che, alcuni di loro, ormai incapaci di pagare, decidevano di porre fine alla loro vita.

«Perché me ne stai parlando?» Chiesi, con voce speranzosa.

«Voglio aiutarti Jane.» Mi sorrise e io iniziai a piangere, fingendomi commossa dalla sua proposta che, poco dopo, accettai con entusiasmo.

Vidi Dylan avvicinarsi al bancone del bar, i suoi occhi scuri erano posati sulla mano che Alexander aveva posato sulla mia coscia. Lo osservai stringere la mascella e mi compiacqui della gelosia che provava nei miei confronti. I discorsi di Murray passarono in secondo piano quando gli sguardi miei e del bruno s'incontrarono. Quello che gli rivolsi fu un cenno impercettibile, casuale agli occhi degli altri, tuttavia il russo capì che tutto stava procedendo egregiamente e che il mio piano stava funzionando.

«Ti sto annoiando, per caso, Jane?» Chiese Alexander, sollevando le sopracciglia, accortosi del mio essere distratta. I miei occhi saettarono su di lui e inscenai un sorriso.

«No, però preferirei spostarmi in un posto più isolato.» Ghignai maliziosa, accarezzando le sue mani.

«Beh, ho una stanza al piano superiore, quello dedicato a me; potremmo andare lì, cosa ne pensi?» Propose, ricambiando la stretta.

«Che idea splendida!» Mi alzai in piedi e incontrai nuovamente lo sguardo di Dylan.

I suoi occhi sembrarono raccomandarsi di fare attenzione. Annuii con il capo e seguii Murray, lasciando il casinò.

Non posso permettermi di sbagliare nulla, ora. Pensai.

Holaaa todos, come state?? Spero bene.
Parlo col scusarmi dell'immenso ritardo nella pubblicazione del capitolo, ma scriverlo, è stato molto complicato, soprattutto perché ho parlato di un argomento che non conosco molto bene.
Tuttavia sono una persona cocciuta, e quando ho in mente qualcosa, lo porto a termine senza fermarmi davanti a nulla.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che abbiamo trovato interessante questa piccola parentesi riguardante il Blackjack.
Fatemelo saper con un commento.

Inoltre vi volevo avvertire che a breve avrà inizio il concorso degli "Ambassadorsita", che verrà svolto in base a delle votazioni sulla loro pagina Instagram!
Passate a dare un occhiata, e appena avranno inizio, tengo al vostro sostegno.
Comunque vi terrò aggiornati sul mio instagram "i_am_great_dreamer"!!

Io vi mando un bacione,
Xxx Ilaria ❤❤
Aggiorno a 75 stelline

Con te non ho pauraWhere stories live. Discover now