A Ballad of Dragons and Death [GoT FF]

XXII. La Principessa di Fuoco

Una tiepida brezza le intrecciò i capelli scuri, il viso cereo sfiorato dal vento venne smorzato dal tenue rossore delle sue guance. Diana strinse la presa sulle redini, ordinando a Tempesta di fermarsi, e il cavallo obbedì al più lieve cenno delle sue mani. Con un veloce movimento scese dalla sella, appoggiando i piedi a terra con un tonfo secco.

Da quando Kinvara e Daario erano partiti alla ricerca di sua madre, il peso di tutte le sue responsabilità aveva cominciato a gravare su Diana con una ponderosità quasi indescrivibile. Senza il volto familiare di Daario e il sostegno imprescindibile di Kinvara, la ragazza si sentiva privata di un pilastro, sola ad affrontare ostacoli che non era pronta a fronteggiare. Gli unici attimi in cui poteva respirare era quando si trovava in compagnia di Daenerion, o in groppa al suo adorato destriero.

Ma ogni volta, inevitabilmente, la realtà richiedeva la sua presenza, e nonostante Diana non fosse minimamente pentita della sua scelta, non era mai pronta a farvici ritorno. Quel giorno in particolar modo, avrebbe fatto di tutto pur di non trovarsi a Meereen, pur di non essere chi era, o per tornare ancora una volta alla pace di Naath, circondata dalle spiagge candide e dalle farfalle e dalle palme. Fuggire, tuttavia, non era mai stata un'opzione calcolabile, non quando le vite di migliaia di persone innocenti dipendevano da lei.

Era dunque imperativo definire l'organizzazione delle città per ora temporanea, prima che si rivelasse instabile e fallimentare. E per quella volta non ebbe neppure l'esigenza dei suggerimenti di Arathyel: Diana aveva immediatamente indetto un consiglio generale a Meereen, dove l'avrebbero raggiunta i rappresentati delle altre città per determinare insieme la modalità più ottimale per governarle. Nonostante il potere decisivo ed esecutivo spettasse solo ed esclusivamente a lei, Diana era decisa a dare voce a coloro su cui avrebbe dovuto regnare.

Il Consiglio di Meereen era previsto per quel pomeriggio stesso, e nonostante fosso appena mattina, l'ansia di Diana cresceva e cresceva allo scorrere di ogni minuto. Sentiva il peso della responsabilità su di lei ogni secondo, quasi palpabile, inesorabile, ormai diventato un compagno di vita a cui non si sarebbe potuta sottrarre. Avrebbe solamente voluto, con ogni più minuscola parte di se stessa, che Daenerys fosse lì con lei.

Al suo arrivo alle scuderie, c'era Arathyel ad attenderla, avvolto dal suo tipico mantello verde smeraldo. «Vostra Altezza» esordì, «mi chiedevo quando avreste fatto ritorno».

Diana si limitò a sollevare irritata gli occhi al cielo, senza rispondere alla sua domanda. Mentre consegnava Tempesta ad uno stalliere, Arathyel le venne dietro.

«Pensavo di approfondire con voi la questione che già abbiamo accennato» continuò l'uomo, «a proposito delle vostre recenti decisioni. In quanto vostro consigliere, non sono sicuro che quella donna sia in grado di...»

«Ancora?» sbottò Diana voltandosi verso di lui, infastidita dalla sua allusione a Kinvara. «Mi pare di essere stata chiara. Mi fido di Kinvara con la mia stessa vita, e non spetta a te giudicare l'incarico che le ho affidato.»

Arathyel annuì. «Certamente, ma quello che intendevo dire è che lei... non sono certo sia degna della vostra completa fiducia.»

Lei si fermò di scatto. «E chi la merita? Tu, forse? Non credo ci sia bisogno di ricordarti chi è l'ultimo arrivato.»

«Non era ciò che intendevo...»

Diana lo interruppe nuovamente: «Kinvara mi è stata accanto fin dall'inizio. Mi ha protetta e guidata, sempre». Si bloccò per un istante, tentando di assumere un tono più pacato. «So che pensi che non riponga la sua lealtà in me, ma solo nel suo dio. Forse hai ragione, ma fin quando il suo Signore della Luce le dirà che è me o mia madre che deve seguire, non dubiterò mai delle sue azioni. Ciò che ha fatto fino ad adesso ha dimostrato molto di più di quanto non abbiano fatto le tue parole. Questa è l'ultima volta che voglio sentirne discutere.»