XII. Il Drago e la Serpe

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Aprire gli occhi fu faticoso. Perfino un'azione così banale richiese uno sforzo notevole, e quando lo fece venne travolta da una luce calda, abbagliante. Riuscì a vedere quello che c'era sopra di lei: un soffitto di legno. Perciò era al chiuso. Ma la luce c'era, riusciva a percepirla con ogni parte di sé. Era fuoco.

Diana inspirò profondamente, ed un dolore lancinante s'impossessò di lei, paralizzandola. Solo ora cominciò a ricordare cos'era successo: l'aggressione, la ferita. Ma la cosa più sorprendente era che fosse ancora viva. Non sapeva come, ma era miracolosamente viva. Il dolore ne era la prova.

Provò ad alzarsi, ma fu quasi impossibile: il dolore le bloccava qualsiasi movimento intendesse fare. Poi sentì dei rumori alla sua destra, e una voce: «Sta' ferma».

Diana si voltò di scatto, tentando di alzarsi nuovamente. Questa volta una mano la bloccò, rispingendola delicatamente sul letto su cui era sdraiata. «Non devi muoverti» ripeté la voce. Era femminile, eppure bassa e profonda. Diana girò lo sguardo verso la donna accanto a lei; era alta, muscolosa, imponente, i lineamenti del viso duri e spigolosi, i corti capelli biondi accuratamente pettinati dietro la fronte.

All'inizio si sentì intimorita; quella donna era quasi il doppio di lei, e avrebbe potuto ucciderla con una facilità estrema, se l'avesse voluto. Eppure il suo sguardo non era affatto minaccioso: gli occhi azzurri erano puntati su di lei, attenti, quasi preoccupati. Poi Diana realizzò. Tutto le ritornò alla mente: i racconti di Tormund, le sue accurate descrizioni. Conosceva la persona che aveva davanti più di quanto lei potesse aspettarsi.

«Tu sei Brienne di Tarth» sussurrò Diana: perfino parlare era doloroso.

«E tu sei la figlia di Jon Snow» disse Brienne. «E di Daenerys Targaryen.»

Diana sbiancò ancora di più, per quanto possibile fosse. Si portò istintivamente le mani al collo, alla ricerca del ciondolo datole da Kinvara. Era sparito. "L'avrò perso durante il combattimento" pensò, alzando lo sguardo su Brienne.

«Non allarmarti» la rassicurò la donna. «Non ho intenzione di farti del male.»

Brienne di Tarth si allontanò dal letto, andando ad attizzare il fuoco. Diana si guardò la ferita: era disinfettata, richiusa e accuratamente fasciata. Si voltò verso la sua salvatrice: «Se sai chi sono, perché mi hai soccorso?» disse, «Non avresti dovuto consegnarmi al tuo re?»

Diana sapeva dell'enorme lealtà di Brienne, e se i poteri di Bran erano reali come le storie raccontavano, salvandola lei si era macchiata di tradimento.

«È una situazione molto più complicata. Ho fatto la cosa giusta» rispose Brienne, senza voltarsi. «Non potevo permettere che accadesse una cosa del genere.»

Entrambe tacquero per qualche minuto. Diana cercava di metabolizzare l'accaduto, ma le pareva tutto così assurdo e surreale. «Così è Brandon Stark a volermi morta» disse infine, riuscendo finalmente ad appoggiarsi allo schienale del letto. Nonostante l'indignazione e la rabbia, Diana non si riscoprì tanto sorpresa.

«Allora perché non ha mandato delle guardie?» chiese, più a se stessa che a Brienne. C'erano così tante domande senza risposta, così tante cose che non capiva. Brandon non aveva nessun legame con lei, ma era pur sempre il fratello di suo padre. Come avrebbe potuto fare una cosa del genere a Jon?

Cominciò a pensare, a cercare di comprendere quell'assurda situazione. No, si disse, il re non poteva permettersi di mandare delle guardie ad ucciderla; era una situazione troppo delicata, che necessitava un intervento più professionale, più discreto.
Ma quel ragazzo, averlo visto l'aveva colta di sorpresa. Per un attimo, aveva voluto ucciderlo. Era stata aggredita e ferita, e l'unica cosa a cui aveva pensato era attaccare, reagire; solo ora si rese conto di quanto avrebbe ferito Sebastian.

A Ballad of Dragons and Death [GoT FF]Where stories live. Discover now