Ed Erika lo odiava così tanto, ma così tanto da non voler allontanarsi da lui, così tanto da volergli entrare dentro e scoprire ogni dettaglio di quella sua anima sporca. Ma non sarebbe uscita da quella stanza, non voleva essere venduta, non voleva morire.
Non voleva lasciarlo. Il pensiero le provocò un pianto incontrollato. Era così sconvolta da ciò che provava per lui da sentirsi una folle e una sconsiderata.

Cosa le avrebbero detto i suoi genitori? Cosa avrebbero pensato di lei Maddy e Alex?
Congratulazioni Erika, ti sei innamorata del tuo rapitore, di un assassino.
Ormai era sola, in tutto, anche in quel sentimento malato. E sapeva di esser sempre stata sola anche prima, anche quando pensava di non esserlo. Ma in quel momento più che mai, appoggiata alla porta della sua stanza ad ascoltare l'anima dell'uomo dagli occhi di nebbia, seppe di non avere più nessuno.

Anche lei aveva perso tutto. Anche lei, come Lux e Nicholas, era rimasta sola al mondo, ogni cosa sfumata via. Gli affetti, la scuola, gli amori, gli inverni e le estati. Non c'era più niente. O almeno, niente per cui valesse più la pena lottare.
Stava per diventare una merce di scambio, un animale, un oggetto, e seppur fosse rimasta in quella camera per sempre, prima o poi l'avrebbero trascinata fuori comunque.

L'unica cosa che poteva fare ormai era abituarsi all'idea, e convivere il pensiero che il suo corpo non sarebbe più stato trattato come quello di un essere umano, ma come un semplice prodotto.
Era solo questione di tempo prima che chiunque fosse l'acquirente che aveva deciso di comprarla forzasse i due uomini ad effettuare immediatamente lo scambio.

Un giorno però, Erika sentì bussare alla porta. Si irrigidì sul momento, rimanendo a fissare l'entrata con gli occhi sgranati e il cuore a mille.
Poteva essere di nuovo Lux, che le urlava contro di uscire prima di forzarla a farlo lui stesso, e la cosa non le sarebbe piaciuta per niente.
«Erika.» La chiamò una voce. Impercettibilmente, le spalle della ragazza si rilassarono. Era Nicholas.

A differenza del suo compare, in quei giorni il corvino era stato molto premuroso nei suoi confronti.
Le faceva trovare ogni giorno del cibo e degli abiti di ricambio davanti alla porta, ma a differenza di Lux non si metteva mai a parlarle da dietro la porta. Forse, pensò Erika, non voleva spaventarla ulteriormente.

Quella era in assoluto la prima volta in tutto quel tempo che sentiva la sua voce.
«Ti ho portato la colazione e i vestiti.» Disse lentamente, come se la rossa non lo sapesse già.
Si avvicinò cautamente alla porta. Esitò, per un attimo, ma poi afferrò la chiave della porta tra le dita e la girò a malapena nella serratura fino a sbloccarla, finalmente.

Si sporse fuori solo di un poco, alzando gli occhi sulla figura imponente dell'uomo che la superava in altezza di almeno venticinque centimetri.
Eppure, nonostante la sua stazza così preponderante e la sua espressione dura, il suo sguardo si sforzò di addolcirsi in sua presenza, abbandonando per in attimo quell'aria dura che lo caratterizzava.

«Come stai?» Le chiese. Era una domanda stupida, lui sapeva perfettamente come stesse, ma non si preoccupò di sottolinearlo, ed Erika sapeva che era solo un modo per farla sentire a suo agio.
Ma lei non rispose, limitandosi ad abbassare la testa. Si concentrò invece sulle cose che lui aveva in mano:
Un piatto di plastica con dell'uovo strapazzato e della carne macinata, e una felpa scura lunga fino ai piedi.

Passò un breve attimo di silenzio prima che l'aria si smorzasse di nuovo.
«Posso entrare?» Domandò all'improvviso Nicholas, facendola sussultare. Anche se si sentiva più sicura quando c'era lui intorno, non poteva sapere ancora se fidarsi fosse una buona idea.
Si limitò a guardarlo con aria incerta, prima di aprire completamente la porta e fargli spazio per farlo passare.

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