Addio

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Quella notte Gabriel non riuscì a chiudere occhio e non riuscì a concludere nessuna bozza, niente di niente, nemmeno una fra le più piccole cose che potesse realizzare: evitò persino di uscire e si fece portare il pranzo in camera dalla cuoca, non voleva vedere nessuno e trattava chicchessia in malo modo.
Nella sua testa rimbombava come una sorta di voce che gli ricordava che ci sarebbe stato un grande vuoto da quella sera in avanti: e lui rimaneva inerme, a fissare il tetto. Di tanto in tanto guardava la fede nuziale della famiglia Graham anche se, dopo pochi sguardi finì per gettarla malamente al suolo in uno scatto d'ira, lasciandola lì noncurante della sua sorte.
Stava calando il sole sulla città dell'amore, anche se il sole era sparito già da qualche ora, offuscato dalle nubi nere che non ne facevano passare nemmeno un minimo raggio.
Gabriel si alzò e guardò fuori dalla finestra che dava sul patio sul retro: La guardia del corpo aveva preparato l'auto e la stava facendo uscire dal garage, conosceva il suo destino e questo frantumò ancor di più il suo cuore già dolente.
Non sapeva cos'altro fare per dimostrarle che l'amava e non poteva credere che non l'avrebbe rivista mai più...
gli passavano tante domande per la testa: doveva andare a salutarla? O era troppo orgoglioso per farlo?
Era stato troppo brusco con lei, lo riconosceva... aveva reagito così perché le sue parole lo avevano ferito: da quel momento aveva compreso di essere diventato un mostro dal quale fuggire via e una lenta e micidiale depressione si era instaurata nel suo corpo già sofferente per la sua partenza, tramutando tutto quello che sentiva in un rifiuto totale a sé stesso.
Anche l'alcol ormai lo aveva stancato: il giorno prima aveva bevuto fino ad addormentarsi avvolto da quel tepore effimero che sentiva così tanto vuoto senza di lei...
il disegno, la cosa che più amava al mondo, solo serviva a rinvigorirgli dentro ancora più rabbia: non riusciva a disegnare niente, veniva tutto male, tutto sbagliato, tutto frutto di quello schifoso malessere e serviva solo a farlo sentire peggio.
La pancia gli gorgogliava per la fame ma quando si trovava davanti al piatto lo scansava, si sentiva confuso, si sentiva un uomo caduto in miseria e nemmeno le visite alla bara di sua moglie lo aiutavano a sentirsi meglio.
Camminò fino a giungere alla poltrona dove la notte prima aveva consumato il suo amatissimo vino che adesso ripudiava con tutto sé stesso, si lasciò cadere con pesantezza e sospirò nel silenzio.
-"Maestro..."
Noroo si affiancò a lui e lo guardò con attenzione: fuori era una roccia, persino poteva incutere paura ma dentro era fatto a pezzi e lui lo sentiva.
-"La senti Noroo? Sente lo stesso che sento io."
Sfiorò quella parete che li legava e teneva separati allo stesso tempo con le dita, una carezza leggera quasi fosse stata fatta sul suo viso... abbassò la testa abbattuto, non era come averla davanti a lui, non era come sentire l'essenza della sua pelle, era tutto dannatamente sbagliato.
-"Perché la signorina crede che non ci sarà mai spazio nel suo cuore per tutto quello che è successo tra voi...
e per la signora:
Maestro... curi questa sua insicurezza... vada da lei."
Lo stilista deviò lo sguardo a terra con amarezza e orgoglio: era tanto perso che un ultimo tentativo da Hawk moth avrebbe potuto tollerarlo...

•°

-"Nathalie...
La piccola voce di Dusuu fece eco nel silenzio allo stesso tempo che poggiava una zampina sulla guancia della sua portatrice facendola sorridere lievemente.
Nathalie chiuse la borsa e sospirò:
-"Sembra ieri che entravo in questa stanza per la prima volta."
Sfiorò il pianoforte e poggiò una mano su quello sentendo come la forza di andar via le mancasse, assieme a tutta quella spavalderia.
-"È giunta l'ora...Sicura di voler venire?"
-"Sei la mia portatrice, voglio rimanere al tuo fianco."
La creaturina sorrise ampiamente svolazzandole attorno.
-"Perché lei e il Signor Agreste continuate con questi propositi se è cambiato tutto?"
-"Ascolta Dusuu...
Gabriel è solo confuso e sente la mancanza di Emi... io non voglio essere lì quando la riavrà indietro e potrà sostituirmi tranquillamente, per me significa tutta un'altra cosa. Ho provato Dusuu, non potrò dire di non aver provato ad amare, ma hai visto com'è finita."
Dusuu scosse la testa contrariata:
-"È perché ha scelto la persona sbagliata da amare Nathalie!
Sento le emozioni del Signor Agreste a pelle... e lui non sente altro che la mancanza della madre di suo figlio. Per lui sei molto più importante di una seconda scelta, come puoi non vederlo?"
Un momento di silenzio, Nathalie abbassò la testa:
-"O lo vede ma preferisce far credere a sé stessa che non sia così?"
-"Non essere ridicola. Non ci può essere niente tra noi, fine."
Concluse tagliente abbottonando la camicetta bordeaux con i pantaloni neri a zampa di elefante.
-"Nasconditi o puoi anche ritornartene nel Miraculous."
Ignorò quella chiacchierata con stizza e Dusuu, abbattuta, si infilò nella tasca della camicetta. Nathalie legò i capelli in una crocchia improvvisata tenuta in sé da un nastro di raso bordeaux, contrastava in maniera ribelle con la ciocca di capelli rossa che ricadeva in tutto il suo splendore sulla sua guancia sinistra; le sue labbra erano di un rosso, anch'esso quasi sul bordeaux e i suoi occhi turchesi apparivano scuri come la notte con quella sfumatura nero intenso.
Trascinò la valigia con pesantezza e ad aprire la porta si trovò davanti quel paio di occhi verde smeraldo che la guardavano con tristezza nonostante il sorriso forzato e il notevole sforzo sovrumano che stava facendo per non piangere.
-"Adrien!
È tanto che sei quì?"
Scosse la testa seriamente:
-"Ho saputo la notizia e mi sono precipitato. Perché così all'improvviso? E perché non me l'hai detto?"
-"Adrien è complicato... per favore non renderlo più difficile."
-"Non mi oppongo ma voglio essere sicuro che questa decisione ti farà felice, che tu ne sia sicura."
Nathalie non rispose e guardò a terra stringendo le labbra che tremavano come delle foglie.
"Digli qualunque cosa possa rasserenarlo, che possa fargli accettare la decisione..."
-"T-ti piacerebbe accompagnarmi all'aeroporto?"
Chiese con un fil di voce.
Adrien si gettò verso di lei e l'abbracciò con forza:
-"Non andartene mamma." Mormorò.
Per qualche istante vuoto regnò il silenzio.
Nathalie rimase un momento impassibile, incerta se ricambiare o meno: mandò al diavolo tutto e lo strinse con forza e amore accarezzando con le dita le sue ciocche bionde.
-"Tesoro..."
Non volevano separarsi, era un momento importante che segnava le loro vite e i loro cuori per sempre:
il bebè che ha visto crescere, il suo piccolo campione che veniva a cercarla ogni tal volta che aveva gli incubi, il suo ometto e infine lo splendido giovane uomo che era diventato: buono, gentile, sensibile, educato...
La parte migliore di lei e di quegli anni durante i quali gli aveva insegnato tutto quello che doveva sapere o quando era lì durante i suoi momenti di paura, sotto i riflettori o davanti alle nuove sfide.
Era il prezioso risultato di un amore, del meglio che potesse ottenere dal carattere di Emilie e dalla bellezza interiore di Gabriel: come lui era ostinato, dolce, testardo e capace di andare a prendersi di persona quello che più desiderava.
-"Adesso chi sarà lì quando farò i servizi fotografici? O quando farò colazione da solo, oppure quando cercherò disperatamente di capire la mia agenda?"
-"Adrien..."
-"No. Non provare a dirmi che ci sarà un'altra, perché non lo accetto.
E anche se volessi abituarmi a qualcuno di meno freddo, più empatico e capace di fare tutto alla perfezione come lo facevi tu nessun altro siederà a fianco a me a suonare il piano..."
Mormorò contro la sua spalla.
-"Mamma?"
Per separarsi da lui gli lasciò un bacio sulla fronte e lo guardò negli occhi per diversi secondi, sembrava ancora scosso dalla notizia ed era vero... sul cuore gli premeva un senso di inettitudine che non aveva mai provato: era arrabbiato, confuso e oltremodo stranito dal suo comportamento.
Nathalie gli accarezzò la guancia con le dita e sorrise tra le lacrime.
-"Mio padre che ne pensa della tua partenza? Non ha detto niente?"
Sbuffò con freddezza: incredibile come somigliasse tremendamente a Gabriel in certe espressioni.
Nathalie cercò per un momento le parole giuste... sembrava che la soluzione fosse un'apatia totale e una risposta secca.
-"Lui non pensa sia una buona idea ma sono riuscita a convincerlo.
Adesso veniamo a noi: Charles è giù che aspetta, raggiungilo nell'auto, arrivo tra un momento."
Adrien assentì e scese rapidamente le scale con la stessa espressione di prima; Nathalie camminò per il corridoio titubante ed estrasse una lettera bianca che guardò con dubbio e diffidenza:
-"Questi pezzi di carta inutili hanno già creato un danno, pensa sia opportuno usarlo? Non può semplicemente dirgli tutto quello che ha scritto lì in faccia?"
Chiese Dusuu facendo capolino dalla piccola tasca che la camicetta offriva, mentre quella porta che incuteva angoscia si faceva per Nathalie sempre più vicina.
-"Se sentissi la sua voce ancora una volta tutto quello che vedi crollerebbe Dusuu." 
Rispose appoggiando una mano alla porta della camera di Gabriel, non sapendo che dall'altro lato c'era lo stilista con la fronte poggiata sulla superficie lignea che stava ascoltando quelle parole con la gola che bruciava e lo costringeva a deglutire a fatica. Nathalie prese un respiro e alzò la testa decisa, questa non era lei e se doveva andar via lo avrebbe fatto a testa alta. 
-"Signore..." Parlò a voce alta, almeno abbastanza per farsi sentire dall'altro lato.
-"Mi ritiro, volevo dirle che Adrien mi accompagnerà all'aeroporto e al ritorno ci sarà Charles per lui."
Solo silenzio. Nathalie si accucciò e lasciò quel biglietto sotto la porta per poi appoggiarsi a quella con dolore, pensando di aver parlato al vento, pensando che non volesse ancora rivolgerle la parola dopo tutto quello si erano detti il giorno prima. Da parte sua nemmeno si sentiva in dovere di assicurargli niente eppure si sentiva così. Gabriel in fondo sapeva già tutto, sarebbe stata una perdita di tempo ripetere quelle parole e perdere tempo anche se in un certo senso avrebbe voluto vederlo un'ultima volta.
Si alzò con poca forza, la testa le girava come una trottola e le mancavano le energie di colpo: sapeva che doveva allontanarsi da lì e affrontarlo non sarebbe stato il migliore dei modi, non sentendosi così fragile, non voleva piangere davanti a lui.
Si sentiva come se fosse stata utile ma mai indispensabile, nell'ambito del lavoro l'aveva sempre accontentata questo fatto, stavolta cosa c'era di diverso?
Gabriel si alzò e afferrò la maniglia per uscire, per bloccarla e dirle che voleva smettere una volta per tutte, baciarla fino a farle perdere la ragione... sarebbe stato egoista da parte sua? L'avrebbe rispettata così facendo? Gli si gelò il sangue nelle vene e si bloccò in quella posizione: la paura lo divorava, pure ad averle detto che l'amava aveva solo peggiorato le cose. Sospirò e quando sentì il rumore dei tacchi allontanarsi quella paura si sostituí, per l'ennesima volta al rimorso. S'inginocchiò e raccolse la busta che strappò subito, la aprì velocemente e la strinse con le mani tremanti come se si fosse trattato di un'oggetto raro.

〖Shallow𝄞〗 𝑮𝒂𝒃𝒆𝒏𝒂𝒕𝒉 Where stories live. Discover now