Illusione e realtà

251 9 0
                                    

Era una mattinata grigia... per la tanta luce si poteva dire totalemnte bianca.
Nathalie entrò in quel luogo solitario dal silenzio sepolcrale: le sembrava uno di quei sogni dove c'è tanta luce da far sembrare tutto uno scenario e invece era reale.
Camminò sulla ghiaia rumorosa mentre smuoveva un pò di polvere sul viottolo incurato, i suoi passi si facevano leggeri sul ciottolato sempre più stretto.
Una rosa rossa in mano, per interrare un qualcosa mai affrontato.
S'inginocchiò e guardò con attenzione la rosa grande e rigogliosa giacente tra le sue braccia, la portò alle labbra e lasciò un lieve bacio, quasi come se avesse sfiorato quei petali appena come una goccia di pioggia, li bagnò anche una lacrima.
-"Ciao amore..."
Sussurrò lasciando cadere il fiore sulla lapide.
Quel giorno aveva deciso per la prima volta in assoluto di fare visita alla tomba, la sua paura era quella di arrivare a destinazione e non trovare la forza di entrare.
Dentro di sé sentiva il cuore stringersi ma nessuna lacrima cadde in più dai suoi occhi turchesi pietrificati nel ricordo che si riproduceva amaro più e più volte nella sua testa, ancora vivido.
-"Ti prometto che prenderò quei gioielli... costi quel che costi Leo.
Penserai che sia una follia, ma niente ci fermerà, finché saremo..."
Si alzò con pesantezza, sospirò:
"Insieme-"
Ripeté nella sua mente sovraffollata di pensieri e un petto incapace di continuare a tacere quello che da troppo tempo cercava ormai di esternare al mondo.

Camminò verso l'uscita recuperando sé stessa e ricominciando finalmente a respirare.
Si voltò a guardare di nuovo quella tomba contando fino a tre, poi varcò la soglia del cancello.
Entrò nell'auto, strinse le mani sul volante e guardò avanti a lei prendendo un respiro prima di ripartire.
Ferma nel traffico di Parigi guardava qualche gocciolina cadere sul parabrezza e ripensò alle parole dette a Leo.
E se non avesse potuto compierle?
E se gli eroi li avessero vinti che ne sarebbe stato di Gabriel?
Che ne sarebbe stato di lei?
Sarebbe rimasta accanto a lui se si fosse trattato di sprofondare nell'oblio?
Strinse forte il volante e ripensò agli avvenimenti degli ultimi tempi:
Leo sarebbe probabilmente tornato... ma sarebbe davvero stato come prima? Gabriel occupava quasi tutti i suoi pensieri, la notte si svegliava di soprassalto per ritrovarsi in camera da sola quando invece aveva potuto sognare di rimanere tra le sue braccia.
L'intimità che avevano recentemente ottenuto e la fatica che stavano facendo per fare un passo e dopo un altro indietro per ritornare al punto di partenza che li stava sfinendo.
Per quanto sarebbe potuta andare avanti quella farsa?
Voleva l'amore, rivoleva tutto quello che aveva avuto con Leo, eppure in quel futuro non vedeva altro che il viso del suo stilista preferito, pur sforzandosi di convincere sé stessa del contrario.
Amore...
Ricordava ancora come fosse avere una relazione stabile? Così bella dal sembrare eterna?
Il suo viso accuratamente sbarbato e con qualche piccola ruga, sotto le dita smaltate di lei che gli carezzavano le guance morbide...
E poi quegli occhi spettacolari, di un grigio unico al mondo, che brillavano proprio come quando veniva sconfitto e aveva bisogno di conforto, ma stavolta con un sentimento diverso...
E quel profumo squisito col quale si ricopriva e la faceva impazzire.

Scosse la testa e poggiò la fronte sul volante: non poteva continuare su quella strada o sarebbe ritornata al punto di partenza...
E a volte fidarsi di quello che una sciocca mente innamorata dice è autolesionismo, lo aveva imparato bene con gli anni, per questo si manteneva distante dai suoi sentimenti e da quelli altrui, rifiutando rapporti duraturi che, una volta morto Leo se ne erano andati con lui.
Solo una cosa non era svanita del tutto di quello che era stata un tempo ed era lo spirito libero che cresceva dentro di lei e che per anni aveva dovuto soffocare, ma non sarebbe stato così ancora a lungo, aveva dei progetti da seguire e questo significava abbandonare ciò che era stata per tanto tempo.

La sera prima aveva provato un tuffo al cuore quando era rietrata in camera e aveva trovato lo stilista sedito in un angolo, immobile come la statua del Pensatore di Rodin, dopo che i due giovani l'avessero riaccompagnata a casa.
-"Ti stavo aspettando."
La voce di Gabriel era rimbombata nella sua testa, seguita da un sospiro di sollievo, aveva le mani dietro la schiena e guardava altrove:
-"È tardi... stai bene?"
Lui si era alzato sfoggiando, pure nell'oscurità, l'altezza che rendeva così elegante e sopraffina grazie a movimenti lenti e ipnotici: aveva annuito con frenesia portandosi una mano alla tempia per nascondere gli occhi stanchi.
-"È solo stanchezza, ho fallito un'altra volta."
Aveva fatto un passo verso di lui ma Gabriel in risposta aveva indietreggiato.
-"Voleva chiedermi qualcosa?"
Chiese Nathalie mentre lo vedeva avviarsi verso la porta per uscire.
Avrebbe voluto girarsi e dirle una volta per tutte che sì, aveva delle domande, domande alle quali non si rispondeva, domande che gli procuravano una sensazione di solletico allo stomaco ogni volta che la vedeva e una pugnalata dritta nel cuore ogni volta che si allontanava.
Avrebbe voluto dirle tante cose:
che le voleva bene, prima di tutto, scontato il fatto che l'avesse aspettata fino alle tre del mattino nella sua stanza per mera preoccupazione...
Che voleva che stesse attenta con la sua vita, ripensando alla scena ammirata pochi secondi prima dalla finestra della sua stanza.
Aveva stretto i pugni più forte dietro la schiena, si era morso la lingua guardando solennemente verso di lei e aveva sussurrato delle parole che gli erano morte in gola a metà risposta:
-"L'ho dimenticato."
Era senz'altro troppo buio perché potessero vedersi, si notavano appena le loro sagome nella penombra, ma le loro voci in quei minimi sussurri era come se facessero eco nelle loro teste e nonostante adesso fossero vicini era come se tra loro ci fosse una parete, contro la quale avevano definitivamente rinunciato di combattere per attraversarla.
Nathalie aveva rotto ogni tipo di distanza mettendogli una mano sulla guancia, come aveva desiderato fare innumerevoli volte, accarezzandolo dolcemente col pollice:
-"Domani è un altro giorno."
Gabriel non aveva risposto, dopo aver stretto nel palmo la dolce mano che gli aveva dato quel minimo conforto si era allontanato, senza nemmeno voltarsi: il suo cuore era come se stesse per uscirgli dal petto pur di
raggiungerla ma il suo corpo aveva intenzione di reagire in maniera del tutto diversa, come un meccanismo di protezione automatico da ciò che non poteva permettersi di provare.•°
E così ripartiva il traffico... sbattè ripetutamente gli occhi come se si stesse risvegliando da una sorta di trance: ogni singolo ricordo o sogno terminava con lui.
Arrivò velocemente alla mansione e corse in camera per farsi una lenta doccia, una doccia che la aiutasse a calmarsi e a vedere tutto più chiaro.
Entrò in camera dando un forte spintone alla porta ma si bloccò di netto guardando cosa c'era davanti a lei:
era un pianoforte da camera bianco, in legno, con una "N" dorata incisa su un fianco, situato in un angolo vuoto tra il letto e il muro di fianco al balcone.
Si strofinò gli occhi convinta di sognare ma era reale... lo toccò con la mano tremante per l'emozione e lo shock:
Era suo? Questo si domandava. Sfiorò i tasti e ascoltò ogni singola cosa: come il tasto scendesse lentamente fino a sprofondare del tutto, il suono vuoto dei martelletti che scattavano, la sensazione del legno sotto le sue dita:
"Gabriel? Perché l'hai fatto?"

〖Shallow𝄞〗 𝑮𝒂𝒃𝒆𝒏𝒂𝒕𝒉 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora