«Okey, non stavo ascoltando, lo ammetto. Che dicevi?» Chiese di nuovo, più accondiscendente.
«Dicevo che tra mezz'ora abbiamo storia e sarebbe meglio iniziare a prenderci i libri dall'armadietto. Oggi hai la testa altrove, ragazza! Mi dici a cosa stai pensando?» Domandò Maddy, appoggiando la schiena contro la parete.
«Nulla di che, non preoccuparti.» Rispose Erika frettolosamente, abbassando lo sguardo. A quel punto, l'amica aggrottò la fronte.

«Stai ancora pensando al tizio che hai visto fuori di casa ieri sera? Magari eri solo stanca, tesoro, non aver paura! E poi, se succede qualcosa sai che c'è la grande e forzuta Maddy a proteggerti dalle avversità!» Esclamò scherzosa, imitando una voce grossa nel tentativo di farla ridere. Erika le rispose con un debole sorriso, ma non disse altro, e poi la seguì verso gli armadietti, sovrappensiero.

Le rivolse uno sguardo torvo, mentre cercava di prestare attenzione alle sue parole, ma stranamente, di qualsiasi cosa stesse parlando, la rossa non riusciva a togliersi dalla testa le foto che gli aveva inviato lo sconosciuto. Maddy rideva da sola, per lei si trattava di normale giorno di scuola come tanti altri. Non c'erano mostri sotto i letti o scheletri nell'armadio che avrebbero potuto distruggere la sua quotidianità e ignorava ciò che si trovava all'esterno.

Ma quel mostro l'aveva seguita, spiata, fotografata e chissà cos'altro. Era riuscito a trasformare la vita di quella libraria in un semplice diversivo, e non aveva alcuno scrupolo a fare lo stesso con le persone a cui teneva. Chiunque fosse o qualunque cosa volesse, quell'uomo non stava scherzando e l'andamento degli eventi sarebbe dipeso solo da lei. Deglutì al solo pensiero, anche se cercò di non farlo notare. Aveva paura, questo sì, ma non poteva permettere ai suoi timori di diventare realtà, doveva essere forte.

Mentre lentamente riponeva il libro di matematica all'interno dell'armadietto, una forte spinta le fece perdere l'equilibrio, portandola a cadere in avanti. Con l'impatto la ragazza sbatte forte la fronte contro la finestrella metallica, e poi si ritrovò rovinosamente al suolo.
Maddy ovviamente accorse subito in suo aiuto, esclamando il suo nome, e poi si girò ringhiando minacciosa verso la persona che l'aveva spinta.

Jason Harbor. Capelli disordinati, vestiti discutibili e faccia da stronzo. Frequentavano la stessa classe dalle scuole medie e non perdeva mai occasione di umiliarla di fronte al suo gruppetto di bulli da quattro soldi.
«Hai preso una bella botta, Miller! Che dici, la tua testa adesso inizierà a funzionare come si deve?» Ridacchiò perfido, seguito a ruota dai suoi cagnolini. Erika lo odiava. Era solo un ragazzino un po' troppo smorfioso eppure non perdeva mai l'occasione di farla sentire una nullità.

«Levati dai piedi, razza di idiota!» Attaccò subito Maddy, aiutando la sua amica ad alzarsi.
«Che diavolo, Miller, è mai possibile che per difenderti tu abbia sempre bisogno di qualcun altro? Sei davvero patetica, ci credo che i tuoi ti hanno mandato dallo strizza cervelli senza pensarci due volte.» Incalzò con cattiveria.

«Non è così...» Il tono di Erika apparve debole, sommesso, e lei si odiò per la sua codardia. Quell'individuo era un idiota, non conosceva nulla della sua vita e di prendersela a male per persone come lui non ne valeva proprio la pena. Eppure, la rossa non fu in grado di dire altro e iniziò già a sentire gli occhi pizzicare per colpa delle lacrime che minacciavano di scendere giù. Stava diventando insostenibile.

«Porca puttana, perché non te ne vai, Jason? Non abbiamo bisogno della tua presenza!» Gli urlò Madison in faccia, spingendolo indietro per intimare lui e il suo gruppetto di idioti ad andare via.
«Rilassati Morrison, non vogliamo mica che la nostra bambinetta scoppi di nuovo a piangere in mezzo al corridoio.» Le rispose sfacciato, poi finalmente decise di andarsene, non senza rifilare loro qualche altra battuta di scherno.

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