Capitolo 33

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Giulia guardava Clara, la dolce Clara che era la sua roccia in quella segregazione. Lei era grata a Clara di esserci, di aver condiviso con lei le sue sofferenze; le aveva raccontato, grazie alla lingua dei segni, cosa le era capitato a Pisa.

Quando Giulia ripensava a sua madre, cosa strana per lei dato che la madre era scomparsa quando lei aveva solo cinque anni, allora pensava a Clara, per Giulia era una specie di madre adottiva, una figura da rispettare. Quando era triste Clara c'era, nelle notti dove faceva gli incubi le accarezzava il capo e le asciugava le lacrime dal volto; Clara c'era nei momenti di gioia anche se rari, ma Giulia aveva paura di cosa sarebbe successo se un giorno Clara non ci fosse stata più, come sarebbe stato il mondo senza quella luce che lo illuminava così splendente nell'oscurità.

Clara era la sua roccia, con la sua tenacia e la voglia di vivere, era sopravvissuta a Pisa, agli esperimenti degli alieni. Come Giulia, aveva sofferto delle perdite dei suoi cari, erano due animi affini, destinati a incontrarsi in quell'inferno dominato dagli alieni.

Clara le aveva permesso di toccarle il collo, lì dove erano le cicatrici deformi che le avevano lasciato gli alieni, dopo l'intervento per verificare cosa erano le corde vocali; Clara odiava essere toccata lì, eppure da Giulia si era fatta toccare, la sua Giulia, che per lei ormai era come una figlia adottiva.

Cosa sarebbe successo a Giulia se Clara fosse scomparsa? La domanda se la facevano entrambe tutte le notti prima di dormire, avevano entrambe paura di pronunciare la risposta dolente a questo pensiero. Giulia sarebbe stata di nuovo sola, sì, c'erano gli altri ma non erano Clara, non erano la donna che le era stata così vicino fino ad ora.

Anni dopo questa riflessione

L'urlo le venne spontaneo, senza che si accorgesse di stare gridando, uno squarcio nella quiete notturna. Si era svegliata con il suo solito incubo: sua madre veniva trascinata via e Giulia, troppo piccola per poterla tirare a sé, doveva guardare, piangere e gridare.

La ragazza d'istinto si era alzata dalla sua branda, sapeva già dove andare quando si svegliava da un sogno del genere; con passo felpato si direzionò verso la branda di Clara, lei l'avrebbe cullata nel sonno, come faceva di solito, nel suo silenzio materno l'avrebbe stretta, accarezzandole il capo con mano delicata, facendole capire con il suo silenzio che tutto andava bene e che non doveva avere paura, perché Clara era lì con lei.

Giulia alzò la coperta, qualcosa era diverso dal solito, stavolta Clara non si muoveva, non aveva neanche aperto gli occhi al gesto della ragazza. Giulia d'istinto pose la mano sulla giugulare della donna ormai consumata dagli anni, non sentiva niente. Sgranò gli occhi, incredula dell'assenza di battito; la ragazza posò la testa sul petto immobile di Clara, non sentiva respirazione e quel petto, di solito così caldo e accogliente, ora le sembrava freddo e ostile.

«NO! NO! NO!» urlò Giulia, ormai accasciata sul pavimento dinanzi alla branda di Clara, la sua mano stringeva quella ossuta della donna. Lei gridava, non si rendeva neanche conto di quanto gridasse: tutti nella stanza si svegliarono terrorizzati e spaventati, gli attacchi alieni li avevano resi un branco di bestie spaventate. Tutti avevano paure e incubi da affrontare, ma ora quell'urlo li portò nella amara realtà, la luce fu accesa e le persone si alzarono per vedere cosa fosse successo.

Giulia non si rendeva conto cosa accadeva accanto a lei troppo presa dalla tristezza, le lacrime che le colavano sul viso, le urla che le uscivano dalla bocca, la sua mano che stringeva quella esanime di Clara. La sua Clara era morta, non si sarebbe mai più svegliata, non sarebbe mai più stata al suo fianco.

Giulia sì rese conto che gli altri erano svegli solo quando due uomini tentarono di separarla da Clara.

«NO! Lasciatemi, voglio stare con lei!» gridava, mentre portavano via il cadavere della donna, poi fu tutto buio attorno a lei.

Due giorni dopo

Giulia si sveglio, non sapeva dove fosse, non era il dormitorio, ma una stanza tutta bianca illuminata da una luce fredda. Sgranò gli occhi «CLARA!» si guardo intorno nella stanza spoglia, non c'era nessuno «CLARA! Dove sei?» esclamò ancora.

Sentì il soffio della porta automatica, una donna in camice con una mascherina sulla bocca entrò, la guardò con aria preoccupata «Giulia...» le disse con tono calmo.

«Dov'è Clara?» la ragazza guardava quegli occhi che si riempivano di lacrime e, anche se non capiva chi ci fosse dietro alla maschera, comprendeva dai gesti cosa le stava per comunicare.

«Giulia, mi dispiace così tanto ma...» le disse, tentando di accarezzarle il volto, ma la ragazza si scansò, troppo scossa dalla verità che le si mostrava davanti. Clara non c'era più e non sarebbe mai più tornata, questa era la verità che Giulia doveva accettare, ma una parte di lei non ci riusciva. La parte di lei ancora bambina, quella bambina di cinque anni che aveva visto portare via sua madre, la bambina che non era mai cresciuta, rimanendo sempre nascosta nel suo subconscio, nella speranza che la madre sarebbe tornata salva e viva. Poi era arrivata Clara, la muta Clara che aveva varcato il suo cuore e che le aveva fatto capire che non era sola, e ora Clara non c'era più, era morta.

Giulia si prese il volto tra le mani e inizio a piangere un pianto isterico, piangeva dal dolore di aver perso la sua seconda madre, piangeva colma di rabbia verso qualcosa che andava ben oltre l'immaginazione, era furiosa con la morte che le aveva tolto per la seconda volta nella sua vita una madre.

Passarono i giorni e Giulia si isolo più e più, neanche chi le stava vicino riusciva a penetrare il muro che lei si era costruita intorno per il lutto di Clara.

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enola_pfau_1991 

Premetto che non so scrivere ste cose, non sono una da spazio della scrittrice spesso li trovo noiosi e privi di senso ma eccomi qui.

Che dire, sinceramente non so di cosa parlare, per il tempo che ho scritto non ho provato emozioni ed anche se non sembra dallo scritto non vuol dire che lo è.

Mi hanno toccato le figure di Clara e Giulia, che a mia interpretazione avevano un legame speciale.

Ringrazio alla carissima RomBones per avermi fatto partecipare

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