Capitolo 13

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«Credo di aver calpestato una cacca di cane.» esclamò Noel, esaminandosi schifato la suola dell'anfibio, sorreggendosi con il palmo appoggiato al muro del vicolo.

Elisa gli fece segno di tacere, portandosi l'indice alle labbra. «Eccoli lì!» saltellava agitata, con i grandi occhi verdi fissi su un punto preciso: «Cerchiamo di non farceli sfuggire di nuovo.»

«Lo sapevo che dovevamo afferrarla appena scesi dal treno. Ma tu non mi vuoi mai ascoltare» protestò il ragazzo, osservando il bar dall'altro lato della strada.

Elisa scosse la testa come se fosse una questione ormai chiusa: «La vecchia è appena entrata. Ma l'uomo è ancora con lei.»

La ragazza teneva lo sguardo basso sui quadretti rossi e bianchi che ornavano la tovaglia. Elisa sentì una stretta al cuore. Sapeva cosa stava provando e si era prefissata il compito di proteggere tutte le persone come Ania.

«Non avremo un'altra occasione: tu distrai l'uomo e io la porto via.»

Noel le posò una mano sulla spalla, fermandola: «No, tu distrai l'uomo.»

Elisa alzò gli occhi al cielo e infilò le mani nelle tasche della giacca nera elegante: «Va bene, ma non spaventarla. Dovrà imparare a fidarsi di noi.»

La donna attraversò le strisce pedonali e si avvicinò alla coppietta. Diego stava chiedendo ad Ania se volesse qualcosa da mangiare. Stringeva tra le dita il menù, come se lo scontro al cimitero non fosse mai avvenuto. Ma Ania scuoteva la testa e i capelli, non più legati nella coda, le ricadevano arruffati dietro al collo.

«Scusatemi» Elisa li interruppe ed esibì un sorriso: «Avrei bisogno di un aiuto a spingere la mia auto. Si è bloccata in mezzo alla strada e non so quando arriverà il carroattrezzi.»

Diego le rifilò uno sguardo vagamente irritato, quando la donna cercò in tutti i modi di convincerlo facendo battutine sui suoi muscoli. Guardò Ania, come se non la volesse lasciare sola, ma lei gli disse semplicemente: «Vai, ti aspetto qui» e fissò l'uomo che aveva sconvolto la sua vita aiutare quella donna dai folti riccioli ramati.

Ania scrutò oltre la vetrina della caffetteria, dove Venerina stava scegliendo una fetta di torta dal bancone di esposizione e poi si ritrovò a sospirare nervosa.

Aveva guidato a fatica per fuggire dallo scontro al cimitero. Le mani ancora le tremavano e fare una sosta per mangiare le era parsa un'idea così surreale. Pensò di chiamare sua madre. Ma che cosa poteva fare la sua famiglia per lei? Si sentiva fragile, in pericolo. Il Conclave davvero poteva risolvere tutto?

«Ciao.» Una voce la riscosse dai dubbi e incrociò lo sguardo di un paio di occhi nocciola, appartenenti a uno sconosciuto. Forse avevano la stessa età ma la barba lo invecchiava. Si passò le dita nel ciuffo di capelli neri che gli ricadeva sulla fronte, forse cercando qualcosa da dirle, e poi adocchiò l'angolo dove la rossa era sparita con Diego.

Quel gesto non sfuggì ad Ania. «Non è che sei un Grownight, vero?» Si tappò immediatamente la bocca per la sfrontatezza con cui quelle parole avevano preso forma.

Il ragazzo le sorrise: «Cosa?» Alzò le mani come se avesse a che fare con un animaletto selvatico: «Non so di cosa tu stia parlando» aggiunse, sedendosi al posto che prima era stato di Diego.

«Chi ti ha detto che puoi sederti qui?» protestò Ania, attirando l'attenzione degli altri clienti.

«Sei sempre così acida?» Il ragazzo sollevò il sopracciglio, studiandola. Il cellulare di Ania vibrò e lei si affrettò a tirarlo fuori dalla tasca, ignorando quello sconosciuto. Era Alessandra. La stava chiamando e si ricordò che le aveva dato buca. Avrebbero dovuto incontrarsi già da un'ora.

Contest Collaborativo ContinuoWhere stories live. Discover now