Capitolo 11

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In genere un cancello chiuso non sarebbe stato un ostacolo insuperabile per Venerina, ma non tutti i cancelli erano plasmati nel ferro. Qualcosa di strano aleggiava nell'aria, e la signora Bini lo aveva percepito. Quella nebbia non era emersa dal suolo senza motivo, e la sensazione che vaghe ombre fossero in agguato era forte nel suo animo. Mentre si dirigeva verso l'uscita del cimitero, l'anziana signora tese guardinga le orecchie. Quell'atmosfera era troppo cupa perché fosse una coincidenza...

Improvvisamente accadde l'inimmaginabile.

Diego e la signora Bini si scambiarono un'occhiata allarmata, intuendo che qualcosa stava accadendo in quel cimitero. Erano lì. Li avevano trovati.

L'umida terra consacrata iniziò a ribollire, rimestando le fradicie zolle in superficie, mentre la spettrale nebbia s'intorbidiva attorno al trio. Stava succedendo qualcosa. Qualcosa di oscuro e imprevisto.

«Abbiamo poco tempo. Corriamo!» intimò la signora Bini, riscuotendo Diego dalla statica espressione di panico che gli aveva contratto il volto sudato. Ania si voltò verso l'anziana, sollevando un sopracciglio, e trasalì quando adocchiò il motivo del suo timore.

Il fango lentamente stava iniziando a rigurgitare affilate punte di metallo, le quali crescevano e lievitavano senza sosta, rivelando il profilo di una serie di luride sbarre che bloccavano l'uscita principale del cimitero.

La signora Bini superò Ania, incespicando sugli alti tacchi, e le afferrò il braccio con le gelide mani.

«Che succede?» biascicò la ragazza, sentendosi strattonare dell'anziana donna verso la direzione opposta all'uscita.

«È un'imboscata, cara ragazza. Non c'è più tempo...» rispose sbrigativamente la signora Bini, trascinando frettolosamente Ania tra le monolitiche tombe: «Diego, per la miseria!»

Il ragazzo si riscosse finalmente, e con un'ampia falcata superò una lapide, iniziando a correre per raggiungere le altre due. Ania gettò un'occhiata dietro di sé, e deglutì con forza. Un nero cancello gotico era fuoriuscito dalla melma, espellendo le sbarre di metallo dalla terra come lunghi tentacoli ferrosi e bloccando completamente l'entrata del macabro cimitero. Uno strano alone percettivo saturava la nebbia intorno a quella spigolosa inferriata, come se quella stesse emanando una cupa energia oscura da tutte le sue nere cuspidi.

«Come hanno fatto a trovarci?» ansimò Diego, raggiungendo la signora Bini. Ania imprecò mentre quasi inciampava su una radice sporgente. La nebbia si stava facendo sempre più consistente, e impediva loro di vedere dove stessero mettendo i piedi.

«Non ha importanza adesso. Dobbiamo difenderci» lo liquidò Venerina, arrestandosi bruscamente davanti a una delle tante tombe sparse per il cimitero.

Ania sussultò per l'improvviso arresto e boccheggiò in avanti, fissando l'ampia stele davanti alla quale la signora Bini si era fermata. La tomba era un sarcofago squadrato non dissimile dagli altri sepolcri del cimitero, completa di una fotografia sbiadita in bianco e nero e una scritta fronzoluta in caratteri dorati che indicava il nome del proprio ospite.

EDOARDO GERMINATI 1891-1945

«Che vuoi fare? Non possiamo fermarci adesso!» esclamò Diego, poggiando una mano sulla spalla dell'anziana signora.

«Non abbiamo scampo. Dobbiamo difenderci!» ribatté Venerina, allontanando il ragazzo da sé con espressione accigliata: «Disegna un cerchio protettivo e tieni Ania al sicuro.» Detto questo la donna si genuflesse sulla mota, deponendo la borsa di coccodrillo davanti a sé, e assunse un'espressione concentrata.

Lugubri mulinelli neri stavano apparendo nella nebbia lattiginosa, vorticando con violenza qualche decina di metri sopra le loro teste. La signora Bini si guardò intorno allarmata, ed estrasse dalla borsa un piccolo sacchetto di iuta, mentre Diego afferrava delicatamente la gelida mano di Ania.

Contest Collaborativo ContinuoWhere stories live. Discover now