Capitolo 15

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Era buio e un freddo spettrale era calato sul corpo di Ania. La ragazza si guardò intorno confusa, cercando di capire dove si trovasse, quando una voce la scosse nel profondo.

«Non devi fidarti. Mentono, sono abili ingannatori, maestri della persuasione e della seduzione. Cercheranno di impossessarsi della tua mente, non devi permetterglielo!»

Sebbene cercasse in tutti i modi di dar voce alle infinite domande che le affollavano la mente, la bocca restò serrata in un mutismo pieno di terrore.

«Ricordati, mia cara. Non devi fidarti» riprese la voce, calma e gelida. Spietata.

Dal canto suo, Ania non riusciva proprio a capire da dove provenisse quella voce. Che fosse solamente un frutto della sua fervida immaginazione non le sembrava più plausibile a quel punto; era reale, tanto quanto tutta quella faccenda sugli esseri strambi e sui mezzosangue che aveva ormai accettato. Con un sospiro incerto, si lasciò sfuggire il dubbio che le premeva disciogliere più degli altri.

«Perché cerchi di avvertirmi?» chiese in un sussurro a stento udibile perfino a sé stessa. Ebbe paura della risposta ancor prima che la voce gliela fornisse, stavolta così vicina da farla tremare di paura.

«Sono il tuo nemico più fidato e sleale. Ma tu sai già chi io sia, anche se non lo ricordi... e purtroppo non è ancora giunto il momento di far riaffiorare la tua memoria. Ciò che dovevo comunicare l'ho detto, nonostante mi continui a sembrare superfluo. O non rammenti nemmeno il motto della tua casata?» chiese infine.

Ania non si accorse affatto dell'abile manovra diversiva che la voce aveva messo in atto per eludere la sua domanda, almeno in parte. Era troppo impegnata a osservare tutti i particolari di un'immagine che le aveva riempito la mente, apparendo come una fotografia sbiadita di un momento dimenticato da tempo.

Sebbene quello che le parve un ricordo non fosse molto chiaro, si stupì di quanto trovasse bella e familiare la statua argentea raffigurante due giovani che nell'impeto di un bacio appassionato si pugnalavano a vicenda. Tragica e splendente, nel ricordo era illuminata dalla luce del tramonto che si divertiva con giochi di luce e ombra a renderla più sinistra e ostile di quanto già fosse. Ai piedi dei due amanti traditori, v'erano scolpite delle ali ricurve e squamose, tagliate, dalle quali sgorgava una scia, dipinta di un rosso vivido come quello del sangue, che andava a formare una scritta funesta.

«Chiunque può tradire chiunque» ripeté a voce alta, insieme al suo invisibile compagno di pensieri.

«Tienilo bene a mente. L'αιµα θηριωδης* ti aspetta, non fallire. Sii la sacerdotessa e sorgi. Sii l'ingannatrice e sottomettiti. Ma soprattutto sii la dragona e fulmina, brucia, distruggi, crea. Non fidarti, mai. Nemmeno di te stessa.» Dette queste parole, scomparve, lasciandola nel buio più assoluto finché non si svegliò ansimante.

La vista del cielo stellato lasciò titubante Ania, ma poi decise di scendere dal divano dove l'avevano fatta coricare la sera precedente, in attesa che la casa creasse una nuova stanza tutta per lei, o così almeno le avevano detto. Quando i suoi piedi, scalzi, furono a contatto con l'erba umida, spalancò gli occhi sorpresa e lanciò un urletto per poi saltare indietro sul divano. Guardandosi attorno, si accorse di trovarsi in una radura illuminata dalla pallida luce lunare.

Fu solo quando alzò gli occhi verso la luna che il ricordo del sogno la investì, quasi letteralmente. Spalancò le braccia per poi accasciarsi sul divano a causa del forte impatto, fin troppo violento per i suoi gusti.

O stava impazzendo lei, o il mondo che la circondava. La seconda ipotesi era un po' più confortante rispetto alla prima e perciò appoggiò con tutta se stessa quella. Anche perché non aveva molta scelta, come scoprì quando rialzò lo sguardo: ai margini della radura si erano disposte delle figure piuttosto sinistre, accerchiandola. E ora stavano marciando verso di lei, con dei ghigni stampati sul volto, che si facevano sempre più vicini e maligni.

Contest Collaborativo ContinuoWhere stories live. Discover now