41 - Incastrato

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Mi ero fatto incastrare come un pirla dal professor Vernavola e ora mi ritrovavo a lavorare incessantemente alla presentazione per il congresso accanto alla ragazzina dagli occhi di ghiaccio.

Alzai lo sguardo dal computer per osservarla mentre trascriveva i dati, ammettendo con fastidio che non riuscivo a togliermi dalla testa quell'asciugamano. Non ero mai stato uno di quei ragazzi che si fissavano sull'aspetto esteriore e non riuscivo a capire come l'immagine di lei, bagnata che si chinava a terra alla ricerca di quelle monetine, potesse ancora colpirmi con così tanta forza. Forse era stato lo shock di trovare una persona con gli occhi così simili a quelli di Asia o forse era solo troppo tempo che non scopavo.

-C'è qualcosa che non va?-

La voce di Sara mi riscosse da quei pensieri e io sollevai lo sguardo verso quegli occhi così azzurri, così trasparenti che quasi provavo dispiacere per lei, nel sapere che non avrebbe mai potuto celare nulla di sé stessa. Un profondo dolore era come scritto a lettere cubitali su quelle iridi glaciali e, benchè lei provasse a controllarlo, benchè provasse a controllare l'intero mondo che la circondava, certe cose non si potevano arginare.

-Hai dimenticato di mettere una virgola lì. - la corressi con noia, tentando di celare le mie riflessioni.

-E mi fulmini solo per questo?- ribattè lei seccata con quel suo carattere pungente che stavo imparando ad apprezzare.

-Ho ben dieci motivi di nome "Sciatico" per fulminarti...- ribattei ghignante, sapendo di metterla in difficoltà.

Il rossore sulle sue guance infatti, non si fece attendere a lungo, dandole un'aria decisamente buffa, culminata da un suo borbottio in sottofondo che suonava tipo: "Te la sei cercata".

Incapace dal trattenermi dallo stuzzicarla ancora, continuai: - ...Ma se quelli non bastassero, lo farebbe la tua mancanza di attenzione ai particolari: il testo è tutto decentrato e le maiuscole sono messe a cazzo...forse la punteggiatura è il meno, hai ragione.-

Ignorando le mie provocazioni, Sara si alzò dalla scrivania per andare a recuperare le altre cartelle ed io la seguii con lo sguardo prendendomi qualche secondo per osservare le sue gambe e il suo sedere stretto nei jeans.

Forse avevo realmente un problema.

- Sai cosa credo? Credo che tu abbia bisogno di prenderti una pausa...-

Le sue parole mi stupirono tanto che mi sfuggì la domanda: - Con te?-

Il lieve rossore divenne un concentrato scarlatto, mentre si sedeva nuovamente accanto a me: -No! Intendevo in generale! Dovresti uscire ogni tanto...-

Alzai il sopracciglio scettico di fronte a quella proposta e mentii spudoratamente: - Io esco.-

- Consegnare pizze non equivale ad uscire...- fece lei, prendendo a sfogliare i fogli tra le sue mani.

Quel suo commento era riuscito ad innervosirmi, chi era lei per giudicare la mia vita? Per consigliarmi una pausa? Cosa sapeva di me? Nessuno lì dentro aveva la minima idea della mole di lavoro che portavo avanti, nessuno poteva dire di conoscermi davvero, nessuno.

-...e io penso che una serata senza pensieri è quello di cui tutti avrebbero bisogno. - ed aggiunse non so se rivolto sè stessa o a me:- D'altra parte non si può sempre pensare ai propri problemi.-

La guardai per qualche minuto, mentre si attorcigliava sovrappensiero i capelli e, senza pensarci troppo, mormorai sollevato: - Hai ragione, per oggi abbiamo finito.-

I suoi occhi azzurri mi guardarono confusi:- In che senso?-

-Puoi andare a casa.- spiegai stranamente tranquillo.

Primum non nocereWhere stories live. Discover now