26. Belén è un barbone in confronto a te

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Dopo che i nostri genitori sono morti è stata lei ad accudirci.

Mi ricordo ancora quando, per la prima volta, sono entrata in casa sua: la porta dava sul corridoio con pareti bianche, a sinistra c'era la cucina e a destra il salotto e, infine, andando avanti c'erano due camere da letto e poi il bagno.

Appena ho messo piede in quell'appartamento ho sentito un calore strano pervadermi dentro: mi sentivo benissimo. Ero ancora una bambina e non sapevo veramente cosa significasse aver perso i genitori ma lei me lo ha fatto capire.

All'inizio è stata cattiva con me: continuava a ripetermi che era solo colpa mia se i miei genitori erano morti e che, se non avessi fatto tante storie, loro sarebbero ancora qui con lei. Ogni volta che mi ripeteva questa frase, sempre la stessa, una crepa si apriva nel mio cuore.

Una sola parola detta da lei, per me, acquisiva un significato enorme: poteva essere buono quando speravo che mi riuscisse a perdonare oppure cattivo quando mi urlava contro quanto l'avessi delusa.

Max non c'era più per me, così mi sono dovuta arrangiare da sola: io contro tutti.

Ogni giorno per me era catastrofico perché il suo rancore nei miei confronti aumentava sempre di più. Il suono dei suoi passi era diventato per me la personificazione della paura. Tutto il male era riferito a lei e alle sue parole taglienti come lame affilate. La scuola era diventata il mio rifugio felice, la mia unica casa.

Mi trattava con meschinità e arroganza e si meritava tutto l'odio del mondo, ma da parte mia non c'era nemmeno un briciolo di rabbia.

Non riuscivo a provare rancore per lei perché, in fondo, sapevo che mi voleva bene. Anche se le parole che mi diceva, e a volte anche gli schiaffi, mi rimbombavano nella testa io non riuscivo proprio a non amarla. Insomma: faceva parte della mia famiglia come potevo odiarla?

Ogni volta che le maestre delle elementari mi chiedevano come andasse a casa ero costretta a mentire: dicevo che mi trovavo bene e che non avrei potuto desiderare di meglio.

A casa piangevo moltissimo e, probabilmente, avrei potuto far nascere il fiume più grande al mondo con le mie lacrime. Mi è capitato solo una volta di farlo davanti a lei perché, come conseguenza, avevo avuto un segno rosso sulla faccia. Continuava a ripetermi che dovevo essere forte e che non potevo permettermi di piangere davanti a lei perché ero una "Fermi" e non dovevo mai mostrarmi debole davanti agli altri.

La situazione a casa è andata avanti così fin quando, in seconda media, è cambiato tutto. Me lo ricordo ancora quel giorno: mi stava ancora facendo la predica in salotto e, per la seconda volta, sono scoppiata in lacrime. Ha iniziato a dirmi che non meritavo di essere al mondo quando, con tutto il coraggio che avevo acquistato nei vari anni, l'ho abbracciata.

All'inizio sembrava non crederci e poi, dopo alcuni secondi, mi ha stretta a se: ce l'avevo fatta, l'avevo conquistata.

Da quel momento la mia vita ha avuto un senso compiuto: quando arrivavo a casa trovavo sempre un piatto caldo ad aspettarmi e non parole ostili. Quando stavo male avevo sempre due braccia aperte pronte ad aspettarmi e non il temuto silenzio.

Finalmente tutti i pezzi del puzzle erano andati al loro posto: tutto combaciava perfettamente.

La mia vita era composta, all'improvviso, da sorrisi e calore e non più pianti e vuoti di stato d'animo. Mi sentivo bene con me stessa, veramente, e questo ricuciva tutte le ferite che mi erano state fatte. Certo, la perdita dei miei genitori mi apriva ancora delle brecce nel cuore, però avevo lei e questo mi bastava.

Mi ricordo che una volta mi disse:
"Quanto sei diventata bella: Belén è un barbone in confronto a te, mio piccolo fiorellino."

E, subito dopo aver finito la frase, mi strinse in un caloroso abbraccio. Le sue parole mi rimbombavano nella testa e non riuscivo ancora a credere che fosse stata proprio lei a pronunciarle. Le lacrime mi scendevano lentamente sulle guance, come se volessero godersi anche loro quel piccolo, ma importante, momento. Forse sapevano già che, a breve, lei non ci sarebbe stata più per me.

SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti. Come state? Spero bene.
Questo è un capitolo molto importante per la storia perché si capisce veramente quanto Samanta abbia sofferto. La domanda di questo capitolo è: secondo voi di chi sarebbe la tomba?
Io, come al solito, resto con la bocca chiusa.
Se vi è piaciuto il capitolo commentate e lasciate una piccola stellina
Un bacio e al prossimo capitolo,
Sofia

Prendimi per mano- tu che sai farloWhere stories live. Discover now