le bambole del re.

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La mattina dopo, ogni oggetto era al suo posto, Thor rastrellava la stanza in cerca di cosa potesse essergli rimasto fuori per sbaglio.
Elisa, aveva provato quella sensazione di valigia incompleta poche volte nella vita, quella fu la volta più stridente: non aveva niente di suo, non sapeva nemmeno dove stavano andando, aveva fatto poche domande la sera prima.
La notte l'aveva passata a vagare e poi era crollata su uno dei divanetti regali della stanza, Thor era stato richiamato per un consiglio, ma lei non faceva parte di quella cerchia di persone quindi non ne aveva saputo nulla.
Era rimasta semplicemente sola, lasciata insieme agli oggetti compressi, in un'altra stanza della cittadella.
Si era toccata spesso il collo, alla ricerca di quel piccolo chicco verde, lo metteva fra le dita, nessuno lo avrebbe mai notato, era così fine eppure così comune, quei gioielli dettaglio che le donne moderne hanno iniziato a portare di nascosto, giusto perché piace ancora a volte sentirsi tali.
Aveva avuto una mezza idea di nominarlo, come quando si vuole inviare un messaggio a qualcuno o si ha voglia di telefonare, così, per niente, per noia pura. Purtroppo, era una situazione troppo complicata per lasciarsi sfuggire un sussurro del genere a tarda notte, un delirio o anche solo un "ti prego non mi fare partire." ed era passata così la notte, persa nei sogni svegli a scegliere le veglie per i momenti belli.
Adesso, stava rifacendo quel innocente gesto, guardando il biondo camminare, diceva:«Benissimo, siamo pronti.» lei annuì, prendendo la sua parte di borse, in realtà erano borse del Dio, non sue. Lei lo seguì, anche perché non aveva idea di dove andare, a loro si unì improvvisamente anche Sif, Elisa, la guardò sentendosi a disagio, la Dea neanche prese in considerazione la sua presenza.
Essere invisibile è così facile in una società come quella degli Asi, così gerarchica e patriarcale, lei camminava ma i suoi piedi erano di altri, le sue mani uguale: stava camminando per Odino, almeno secondo tutti, stava portando qualcosa per Thor e i suoi sensi, beh, almeno due di quelli erano già stati dati a Loki, quindi, tutto sommato non le era rimasto nulla di suo.
Nulla di suo, voleva dire niente che la identificasse come una persona a se stante e quindi visibile.
A quanto capiva sarebbero andati al Bifrost, da lì Heimdall li avrebbe teletrasporarti nel regno della nebbia, oppure anticamera di Hel, là per impedire e sorvegliare i passaggi per Asgard alla radice, sulle sponde dei fiumi che collegano i mondi.
Elisa, sapeva un pochino di "geografia" della mitologia norrenna, ma si ritrovava comunque confusa, preoccupata, arrivarono a camminare sul ponte arcobaleno, lei chiese, non riusciva a trattenersi:«Ma qual è precisamente lo scopo della missione?» Non erano soli, altri cento guerrieri di Asgard erano dietro di loro, davanti a loro, con loro.
«Dobbiamo sorvegliare il Bifrost.»
Lei non capì, solo Heimdall poteva aprirlo? No? Guardò Sif, sembrava annoiata di dover dare una risposta a una sconosciuta, ma lo fece comunque:
«Ci sono delle scorciatoie, che potrebbero portare alla nuova Asgard le armate di Hela; noi andiamo a sorvegliare uno snodo di queste.»
«Capisco.» Thor sembrava stranamente troppo serio:
«In realtà non si ha idea della sua forza in numero di uomini, o della scelta della "strada"» Elisa non era stupida aveva ben capito che le strade erano portali interdimenzionali, questa cosa non la metteva a suo agio, ma nella sua testa si sussurrava che era impossibile essere davvero a proprio agio con una cosa del genere.
«Li uccideremo comunque tutti passassero di lì!» un altro guerriero, sollevava la spada, salutava Thor.
Da lontano Elisa vide la figura del Re, come nessun altro, si fermò, come tutto il piccolo plotone dopotutto, Odino disse poche parole, i preamboli d'incoraggiamento: iniziarono a partire in piccoli gruppi, Thor, Sif ed Elisa andarono nell'ultimo.
Odino si avvicinò strinse Thor, salutò Sif calorosamente, poi guardò Elisa, non era l'unica lì ad andare in veste di serva. Tuttavia, tutti sapevano che c'era stato quel cambio ed era passata al figlio dal padre; quindi erano come sempre in una situazione strana.
Odino, o meglio, Loki si avvicinò, non poteva fare niente, né dire niente, uno sguardo amaro, incompleto, inconcludente fu l'unica cosa che i due poterono scambiarsi, oltre a un:
«Buona fortuna» è strano, come, fortuna, sia una parola simile a loki, soprattutto in alcune lingue che con il nord hanno parenti molto stretti e antenati altrettanto "danesi".
In quel caso, però, era solo un augurio stupido a una spia umana lanciata effettivamente allo sbaraglio nella nebbia.
La prima cosa che vide oltre la luce fu un terreno aspro e la prima cosa che sentì fu il freddo, un clima che era "sopportabile" ma non vivibile, si guardò intorno, tirava poco vento per fortuna, ma era umido molto umido, le rocce nere erano il maestoso protagonista di quel quasi notturno paesaggio, in lontananza si vedeva qualcosa che poteva assomigliare ad una palude o a una foresta confondersi con l'oscurità.
«Sempre meglio, guarda, sempre meglio.» sarcastica, Elisa si ritrovò a canzonare, avrebbe voluto mandare a quel paese Loki per avercela mandata, ma non lo chiamò, no, non doveva chiamarlo.
Non sapeva che doveva fare, seguí solo dopo un po' i due Dei, i guerrieri stavano già montando il campo.
In mezzo alle serve, dopo aver avuto qualche indicazioni da Thor anche Elisa si mise a lavoro.
C'era principalmente da tirare in piedi le tende, in maniera manuale e al contempo, stranamente tecnologica, non sapeva da che parte rifarsi, aprì la custodia, e tirò fuori tutti i pezzi che avevano l'aspetto di tralicci ultraleggeri di una specie di metallo, tutti lunghi almeno un metro, e poi bottoni, bottoncini per collegare, nella "scatola" si trovava anche un piccolo schermo trasparente.
Elisa lo toccò, si aprì uno schema e un video e delle istruzioni, tutti in una lingua che era palesemente l'asgardiano, si era in effetti resa conto che riusciva a sapere le lingue anche senza averle mai studiate, doveva essere opera di qualche trucco di Loki, ma ora, ammetteva di rimanere perplessa:
«I puzzle quanto li odio..»
Farfugliò fra se e se, le istruzioni erano inutili per lei, capì grazie alla fortuna un paio di agganci.
Per fortuna una ragazza arrivò ad aiutarla, una che aveva già visto, Athela, entrambe furono sorprese di vedersi.
«Lo hai mai fatto?»
La ragazza indico una tenda già pronta, annuí, dovevano costruire l'esoscheletro disteso, e poi, successivamente cliccare e guidare dallo schermo.
Athela sembrava molto più a suo agio che quella sera nel corridoio, era una ragazza silenziosa, ma le sue espressioni dicevano tanto. Elisa no, Elisa stava visibilmente meglio a palazzo:«Parti sempre da qui.»
Indicò un pezzo, un aggancio, era una specie di buco a stella. Lo incastrò con un altro, lei guardò tutti i vari pali e paletti, che alla fine, a quanto pareva, dovevano fare una serie di poligoni regolari: la tenda si basava su un poliedro a cupola; ma la costruzione prevedeva di farne una proiezione prima in due dimensioni sul terreno.
«Sono stata spesso in campeggio, ma mai avrei immaginato di finire così.—guardò la ragazza—la sequenza è a memoria, o logica?» Elisa l'aiutava, ma era più veloce la piccola Athela di lei, molto di più.
«Ci ho messo un annetto a imparare la sequenza:è a memoria.» la ragazza parlava sempre a voce bassa, forse la sensazione di paura che aveva provato al palazzo era stata un'illusione, tuttavia, Athela continuava a non guardarla negli occhi, questo le dava fastidio:
«Da dove vieni?»
«Da Est, molto lontano, la mia galassia è stata distrutta molto tempo fa, il nostro popolo si è disperso.»
«Mi dispiace..» lei sorrise, dolce, o questa era il sentimento che provava Elisa: «Anche la terra alla fine è stata spostata..» Elisa rimase piuttosto alibita, per un attimo, poi fece finta di averlo sempre saputo in maniera impacciata:«Sì, sì..»
La ragazza una volta finito di fare la proiezione, fece allontanare Elisa, con lei prese in mano lo schermo, Athela era lì con il suo padrone Mijord, ma lei no, alla fine fu Elisa ad aprire l' argomento:«Sono qui con Thor.»
«Sono felice per voi, lui è un bravo padrone.» quella parola l'ammazzava, padrone, padrone non lo mandava giù, sussurrò:«Detto fra noi: li considero più clienti che padroni.»  Athela non capiva propriamente questa idea di libertà che avevano altre razze, lei per prima aveva fatto la serva fin da piccola, per lei era normale dire "padrone" e altrettanto averne paura.
La struttura di tralicci fu percorsa da una specie di scossa magica e si alzò prendendo forma, Elisa cominciava davvero ad aver bisogno di caldo.
Fu Athela poi a chiedere, timidamente, mentre il campo di forza si trasformava in una specie di tessuto mimetizzato con l'ambiente circostante, entrando:
«Cosa avete visto nelle stanze d'Odino?» lei ridacchiò, Elisa, non capiva propriamente dove volesse andare a parare, ma non le piaceva affatto:«Lusso, una vasca da bagno veramente bella, mobili pregiati, ma penso tutta Asgard sia così..»
«Lui, lui non vi ha?» lei non capì, o meglio Elisa capì che stava cercando informazioni riguardo Odino.
«Non sono stata di suo gradimento credo, o meglio sono piaciuta a Thor..» cercava di essere espansiva lei, voleva capire cosa sapeva, come mai aveva subito approcciato con lei come fosse in pericolo?
Athela annuì, tutta nervosa voleva andarsene, le dette lo schermo, ma Elisa non voleva che se ne andasse:
«Perché me lo chiedi?»
ma non riuscì a trattenerla con le parole, vide nello schermo un lucchetto, lo cliccò, come immaginato la tenda si chiuse con loro dentro:
«Senti, capisco che tu non ti fida, ma ora mi hai messo paura e curiosità, più di quanto ne avessi: per favore, puoi parlare con me di questa cosa? Perché l'altra sera sei scappata di fretta?»
Athela avrebbe voluto scappare, ma non poteva, sospirò, nervosa:
«Non posso, cioè..»
«Per favore, cosa pensi che potrei mai fare?»
Voleva che lei si fidasse, si guardarono negli occhi, la ragazza verde sospirò, e si sedette a terra.

 La regina di LokiWhere stories live. Discover now